Giuseppe Cionti
C’è vita oltre il capitalismo liberista e si sta facendo largo anche tra le traversie legate al Covid. Un mondo molto più esteso di quello che si crede ma ancora troppo poco conosciuto. Da qui il senso di una piccola scommessa come quella della Scuola di attivazione politica sulle Economie Trasformative: “Progettare una economia trasformativa per una comunità sostenibile e solidale a Romaâ€, giunto al suo quarto e penultimo incontro ed incentraro sul tema: ““Servizi e territorio per un’altra economiaâ€. Un incontro al quale hanno partecipato Guido Viale Laudato Si’, Andrea Baranes, Banca Etica, Chiara Bassetti, dell’Università di Trento Commonfaire, Alessandra De Santis di ASud, Sofia Costanza, Clara Archibugi di  Scup / Punto in comune, Enzo Vitalesta e Francesca di Carapini, Yaku.
Ad inquadrare il senso della novità introdotta nello stagnante mondo dell’economia e della finanza, dalla cosiddetta “economia circolare†ci hanno pensato l’ecologista e scrittore Guido Viale, dell’associazione Laudato sì e Andrea Baranes, vice presidente di Banca Etica.
Vitale ha ricordato i concetti-cardine dell’Enciclica verde di papa Francesco come quello della “conversione ecologica†che, ha ricordato, “fa da filo conduttore dell’intero documentoâ€. “Il papa non parla di ‘transizione’ ma di ‘conversione’ che, (anche dal punto di vista di fede per i credenti) necessita di un cambio totale di paradigma, una svolta a 360 gradiâ€. Insomma nulla di così vicino al cosiddetto “riformismoâ€, del fare timidamente “un passo per volta. Questo rimanda direttamente anche ad un significato religioso e spirituale quando si fa capire che non è sufficiente una mera riconversione dell’apparato produttivo ma che occorre un cambio negli stili vita che debbono accompagnare le nuove e rinnovate strutture di produzioneâ€.
Una intuizione questa venuta anche dal mondo laico con Alex Langer che 25 anni fa che aveva indicato politicamente la strada. “Alex aveva intuito che, comunque, – ha ricordato Viale – per trovare la strada giusta occorre procedere non con scelte individuali ma condivise ed è quello che fanno, ad esempio, esperienze come quelle dei Gas che oltre a garantire degli sbocchi certi e remunerativi a chi produce, in qualsiasi parte del mondo essi siano, agganciandosi a criteri certi di giustizia, debbono rappresentare anche dei luoghi di aggregazione. I Gas sono realtà che, alla lunga, si mantengono solo se si fanno con persone con le quali si condivide, e debbono sempre porsi come luoghi anche di formazione per fare acquisti mirati e consapevoliâ€.
Altro criterio toccato da Viale, quello della “curaâ€, sul quale Francesco insiste molto.
“Solo un lavoro produttivo e riproduttivo che si prende cura aiuta la comunità a riprodursi anch’essa. Oggi questo aspetto è sostanzialmente sottovalutato e dobbiamo invertire l’ordine dei fattori e subordinare il lavoro produttivo alla cura, se il primo non produce beni per la comunità â€.
Un concetto, quello di cura, da estendere non solo all’uomo e al creato ma anche alle cose e a quanto si produce per innescare un virtuosismo e un equilibrio produttivo che eviti ogni consumo che porta inevitabilmente allo scarto (quando non allo spreco) e a problemi sempre più impellenti di smaltimento e riassorbimento di rifiuti. Da qui altro concetto caro all’economia circolare, quello della manutenzione. “Cioè a tutto ciò che può essere prodotto per essere poi riparato. Questo –   ha insistito Viale – porterebbe ad un grande sviluppo di un lavoro di nuovo artigianato, che si stacca radicalmente da  una visione solo fordista del lavoroâ€.  Un artigianato che, però, dovrà presupporre grossa manualità , amore e attenzione per gli oggetti da riparare, doti indispensabili per valutare  cosa poter riparare e cosa, in ultima istanza, riciclare. “Per questo – ha insistito l’esperto dell’associazione Laudato Sì – occorrono competenze scientifiche e artigianali da acquisire e rinnovare sempre. In questa ottica, la ‘società circolare’ più strutturata dovrà prevedere anche corsi e realtà in grado di istruire quei cittadini che, invece, vogliono fare da se o intraprendere una futura professione remunerata. “Insomma, occorre pensare ad una strutturazione che non concentri tuttoâ€.
Altro elemento alla base di una nuova coscienza “circolareâ€, quello della diffusione di una cultura energetica. “Oggi – ha ricordato Viale – ci sono incentivi ma sono molto limitati e per lo più le procedure per accedervi non sono né semplici né conosciute. Occorrerebbe allora formare squadre multidisciplinari per unire competenze varie per non rendere inefficaci i diversi interventi o farli alla cieca e che, alla fine, risulterebbero inefficaci. Un esempio? L’efficientamento degli edifici dal punto di vista ambientale.
Infine un esempio virtuoso: nel 2025, è stato ricordato, l’Italia dovrà dismettere tutti gli impianti a carbone. Uno sforzo non facile ma necessario in chiave di salvaguardia del creato e che sta trovando un banco di prova importante nel sito del nuovo impianto Enel di Torrevaldaliga a nord di Civitavecchia. Un nuovo impianto che prevederebbe l’utilizzo di pannelli solari e un parco eolico flottante a 30 km dalla costa. Un progetto alternativo che sta trovando l’adesione delle associazioni locali ma anche, per la prima volta, della rappresentanza sindacale delle circa 400 maestranze che vi lavorano che sono arrivate a promuovere due scioperi per sostenere il progetto ad idrogeno verde. “E’ la prima volta che succede per sostenere una riconversione anche da parte degli operai. – ha notato Viale-   Segno che sta cambiando la natura del conflitto al quale siamo abituati: non più solo padroni-operai ma anche sostegno a progetti ecosostenibili e nonâ€.
A cambiare pagina ed a parlare, invece, di “finanza etica†ci ha pensato Andrea Baranes, vice presidente di Banca Etica.
“Oggi – ha detto – viviamo in un paradosso incredibile. Wall street è ai massimi storici, ci sono tanti soldi in circolo, tanto che gli investitori debbono accettare anche tassi negativi. Ma nello stesso momento ci sentiamo dire che non ci sono i soldi per la mobilità sostenibile, per gli investimenti etici o per altro. Mi pare evidente che domanda e offerta non si incontrino più ed è per questo che oltre all’eticità della finanza oggi dobbiamo riflettere sulla sua reale efficienza. I soldi che girano rappresentano il fallimento del mercato e delle sue leggi, anche se ingiuste. Con i cosiddetti derivati è possibile scommettere, ad esempio, sul prezzo futuro del cibo. Girano delle vere e proprie scommesse sul prezzo di grano, mais e altro, Ma i contadini sono di fatto esclusi dall’accesso al credito e ai servizi finanziari spingendo la scommessa verso il baro. L’idea allora non può essere che quella di ripensare al ruolo e all’essenza della finanza. Banca etica vuole entrare in questo mondo, e lo ha fatto, ma in modo diverso. Diamo tutti i servizi ma vogliamo fare in primis un servizio di trasparenza perché si deve sapere dove vanno a finire i soldi che affidiamo ad una banca e questo in totale e completa trasparenza. Su internet è tracciabile ogni investimento e questi percorsi di flussi di denaro che noi destiniamo non alla speculazione ma al sostenere e finanziare realtà come le cooperative o i piccoli produttori. Un settore che stiamo finanziando, ad esempio,  e quello legato ai lavoratori che ricomprano le loro fabbriche che erano state abbandonate e dismesse e, invece, che di vuol far ripartire. Pensiamo che sottrarre fondi al capitale speculativo resti fondamentale per un reale cambio di paradigma economico anche per sostenere nei fatti chi vede oggi la mission di una azienda non rinchiusa nell’unico obiettivo di massimizzare gli introiti ma in quello di avere attenzione all’ambiente, alla sostenibilità e alle personeâ€.
Chiara Bassetti, artefice della piattaforma Commonfaire ha parlato, invece, di “economie collaborativeâ€, spiegando che si stratta di iniziative dal basso che vogliono opporsi al cosiddetto “capitalismo di piattaforma†che tanto sta prendendo piede, soprattutto in un periodo dominato dal distanziamento  sociale. Si tratta di realtà che hanno un carattere non marcatamente commerciale ma più di scambio prevalentemente di beni e non di servizi. In particolare una esperienza come quella di Commonfaire nasce da un progetto europeo rivolto a soggetti in difficoltà in tre paesi come la Croazia, l’Italia e l’Olanda. Giovani precari, migranti, gruppi e comunità impegnati in realtà come fabbriche da recuperare, centri d’arte indipendenti, Gas o altro. E’ stato cambiato il nome originario del progetto dopo un confronto con le persone che hanno chiesto di mettere in rilievo l’importanza della comunità in esperienze di welfare indirizzate al bene comune. Una piattaforma condivisa che si oppone ai “concetti estrattivi e vuole mettere in campo e supportare micro-politiche per valorizzare necessità e talentiâ€.  “Un supporto a chi vuole mettere in piedi forme economiche che rispettino sia i desideri dei singoli che delle comunità per i beni comuni. L’originario spazio dato alle informazioni su come accedere alle opportunità di welfare nei singoli Paesi, è stato spiegato, ora è divenuto “secondario†sulla piattaforma , mentre continuano ad essere centrali i racconti e la messa in connessione di  buone pratiche e storie che si è deciso di condividere.
Infine a spiegare il senso e le prassi legate alla cosiddetta “economia circolareâ€, ci ha pensato Alessandra De Santis dell’associazione ASud.
“Col tempo – ha detto nel suo intervento – le stesse attività dell’uomo hanno portato a non riesce più a riprodurre i beni consumati. Basti pensare che degli studi qualificati ci dicono che già oggi occorrerebbero 4,7 Italie se tutti vivessero con lo stile di vita degli italiani. Da qui la necessità di una economia sostenibile. Parliamo di economia circolare perché si tratta di pratiche economiche alternative alle attuali economie lineari cioè basate solo sull’estrazione ed il consumo di risorse naturali, senza nessuna gestione corretta dei rifiuti. Un consumo umano controllato e calibrato su quanto necessario in termini anche di ettari di terra da utilizzare. Per molto tempo, – ha ripercorso la storia dell’economia circolare la De Santis –  si è parlato di economia del riciclo ed oggi abbiamo ben 114 definizioni di economia circolare a partire dall’anno 1966 in pieno boom economicoâ€.
Ma quali sono i principi cardine di una progettazione sostenibile? Innanzitutto, è stato spiegato, deve essere pensata fin da subito per soluzioni che portino un prodotto ad essere facilmente riparabile e scomponibile. Insomma che,  a fine vita, sia facilmente rigenerabile nei suoi componenti e materiali. Prodotti modulari e dotati di grande versatilità per una semplice sostituzione delle sue parti e componenti. “Una azienda che fa economia circolare – ha quindi sostenuto la De Santis – deve tenere presente anche il tipo di energia che si utilizza e capire quali flussi di materiali e maestranze sono reperibili nel territorio dove è allocata. Solo dopo aver guardato al proprio territorio si deve guardare più in là . In questo senso c’è una precisa gerarchia da rispettare: prima viene il locale e poi si può allargare il proprio raggio di azioneâ€.