1 marzo 2020, I domenica di Quaresima. Nei giorni del “coronavirus”
Mi permetto di scriverti, con umiltà e rispetto, pensando al lavoro prezioso che fai e al momento particolare che stiamo vivendo, consapevole che non avrai forse neanche il tempo o la voglia per leggere…
Ma, in queste ore di tensione, di fatica fisica e psicologica, vorrei dirti semplicemente grazie, di cuore, e sostenerti, per farti sapere che c’è tanta gente che apprezza il tuo lavoro e che c’è qualcuno che prega per te.
Siamo tutti occupati e preoccupati da questo “coronavirus” che si è messo a circolare per il mondo e che ha scelto anche l’Italia come tappa del suo “sgradito” viaggio; e che sta mettendo scompiglio nei ritmi della nostra vita, già freneticamente scombussolata di suo…
Immagino infatti, conoscendo tante persone, che anche tu hai i tuoi pensieri: gli affetti, la famiglia, i figli, i genitori…; le preoccupazioni per la casa, il lavoro, i soldi, il traffico, le cose che non vanno…; hai le tue passioni, le amicizie, lo sport, i tuoi interessi, il telefono, i messaggi… le cose che vorresti fare e che non puoi fare.
E, per il lavoro che fai, hai il pensiero di tanti altri pazienti con malattie diverse, in particolari quelli gravi, che rischiano di essere ora trascurati, messi in secondo piano.
E magari riesci a sederti, ogni tanto; a prenderti un caffè, a “navigare” un po’ sul tuo cellulare, a scambiare due battute con un amico, a riposare… finalmente. E a chiederti: “Questa è la mia vita?”
Vorrei essere accanto a te, che sei medico, infermiere, operatore, ricercatore… Vorrei esserti accanto, nel caos del pronto soccorso, o mentre rispondi al telefono cercando di dare le varie indicazioni in questo momento – con le svariate domande che immagino arrivino in queste ore –. Vorrei essere accanto a te che amministri un ospedale come anche a quanti, importantissimi, curano la pulizia e il decoro degli ambienti.
E vorrei dirti: “Coraggio…, se tutto questo che fai è per essere accanto a chi soffre, a chi ha paura, a chi è nell’ansia… tu stai compiendo una missione non fatta di gesta eroiche da superuomini – nessuno di noi lo è – ma di piccoli grandi particolari dell’amore”.
Oggi, per i credenti, è la prima domenica di Quaresima, una “quarantena” dello spirito un po’ particolare che non vuole “isolare”, ma mettere sempre più in “relazione”. È il tempo pensato da sempre dalla tradizione cristiana per “mettere ordine” nella vita, per tornare all’essenziale, per eliminare il “virus” del male che c’è in ciascuno di noi e ci impedisce di essere felici, liberi, accoglienti… vivi! Sì, la Quaresima è stata pensata per aiutare i credenti a camminare verso la Vita piena, che è quella della Pasqua…
Se noi avessimo, per le nostre anime, l’attenzione che si ha in questi giorni per curare i corpi attaccati dal virus, saremmo tutti molto più sereni… Purtroppo i malanni dell’anima hanno sintomi che difficilmente riconosciamo subito… presentano patologie che ormai hanno intaccato il cuore e noi non ci accorgiamo più di essere malati davvero, di egoismo, di tristezza, di indifferenza.
Allora vorrei avere una persona come te, che però possa curare la mia anima.
E vorrei essere io per te, in questo momento di “tensione alle stelle”, quel qualcuno che ti sorregge l’anima e ti sostiene lo spirito, e che ti sprona a dire, ogni mattina: “Oggi ricomincio. Oggi incontrerò altre persone, altre storie, altre domande, altre esperienze… E, nonostante la mia fatica, potrò essere per loro un segno di fiducia, di speranza, di umanità”.
Lo vinceremo, certamente, questo virus, con la forza della scienza.
Ma vinceremo ancor più il virus della paura, della sfiducia, della rassegnazione, dell’inimicizia, con la forza della nostra umanità.
Siamo in Quaresima, “l’altra quarantena” dello spirito… Non so se sei credente o no, non mi interessa. Ma so che sei qualcuno che – come me – vuole vivere in pienezza ogni istante dell’esistenza, alleviando le sofferenze dell’altro.
Gesù Cristo ha condiviso queste sofferenze. Ci è entrato fino in fondo, uomo tra gli uomini. E ha vinto il virus dell’odio. Amando fino alla fine, con un amore da morire, per non far morire l’amore.
Se entriamo in questa dimensione, allora riscopriremo ogni piccolo particolare dell’amore: la mano che tendi, la parola che dici, il sorriso con cui accogli.
Perdonami se mi sono permesso di rubarti il tuo tempo, ora più prezioso che mai. Era solo per ringraziarti, per chiedere ancora una volta che ci sia, per me e per tanti altri, uno come te che sappia curare le ferite del cuore.
Umilmente,
Paolo
Vescovo ausiliare di Roma
Delegato per la Pastorale della Salute