Pedofilia, la Cei: un referente e uno sportello in ogni diocesi

Il segretario Russo su Salvini che citofona ad un presunto pusher: «Un atteggiamento poco felice. Mattarella ha richiamato tutti alla cultura della responsabilità»

 

 

ROMA. Con uno sportello di ascolto per segnalazioni e denunce ed un referente per ognuna delle 227 diocesi italiane entra in pieno funzionamento il Servizio nazionale per la tutela dei minori creato dalla Conferenza episcopale italiana a novembre 2018.

«Abbiamo completato le nomine di tutti i referenti diocesani in Italia», ha annunciato il presidente, l’arcivescovo di Ravenna Lorenzo Ghizzoni, in occasione della conferenza stampa che ha concluso il Consiglio episcopale permanente (20-23 gennaio). «Ora tutte le diocesi hanno un referente diocesano che sarà collaboratore del vescovo per far crescere il servizio per tutela minore e le persone vulnerabili, un’attività pastorale da svolgere in collaborazione con la pastorale giovanile e famigliare, la Caritas, e che dovrà coinvolgere organismi, associazioni, movimenti, parrocchie e scuole cattoliche».

Seconda novità, «si sarà anche un centro di ascolto per la tutela dei minori e, in particolare, una persona deputata a questo compito, che può raccogliere lamentele e denunce». Una persona che sarà prevedibilmente diversa dal referente diocesano, e «che dovrà essere preparata per dedicarsi a questo ascolto», ha spiegato il presule, «un facilitatore, meglio se laico e meglio se donna, fornito di telefono, indirizzo mail, eventuale luogo per un incontro riservato con persone che vogliano fare segnalazioni o denunce». Entro maggio le diocesi italiane sono tenute a «comunicare la costituzione di questi centri di ascolto alla Santa Sede».

La Cei, ha poi preannunciato Ghizzoni, pubblicherà prossimamente quattro «strumenti», testi già allo stadio di bozza quasi finale, che serviranno ai referenti e ai loro collaboratori per affrontare il problema pedofilia. I documenti sono relativi alla definizione del problema, «perché non dobbiamo dare per scontato cosa sono gli abusi, i luoghi dove avvengono, chi sono gli abusatori, le ferite nella vita degli abusati»; all’identificazione della «buone prassi da instaurare nelle parrocchie a tutela dei minori», comprese le questioni relative alla privacy, la sicurezza dei luoghi, la scelta dei collaboratori; un terzo strumento riguarda la «comunicazione».

E, infine, un quarto testo sui seminari, i noviziati e la formazione affettiva e sessuale dei futuri preti e religiosi: «Siccome si è detto che l’origine di almeno una parte degli abusi è in personalità di chierici, preti o religiosi, che avevano immaturità già nella fase iniziale del loro cammino – ha detto Ghizzoni – allora dobbiamo andare all’origine, potenziare e migliorare il sistema formativo dei futuri chierici». Gli oltre duecento referenti diocesani di tutta Italia si incontreranno il 7, il 14 e il 21 marzo in tre incontri che avranno luogo a Roma, Napoli e Milano. «Vorremo – ha detto monsignor Ghizzoni – che la tutela minori entrasse a far pare della pastorale ordinaria. Non una pastorale straordinaria né un intervento per riparare danni di qualche caso purtroppo avvenuto, una cultura della prevenzione che entra nella pastorale ordinaria a vantaggio di minori, di famiglie di tutti noi».

Quanto all’ipotesi di una ricognizione statistica degli abusi sessuali sui minori avvenuti in passato nella Chiesa italiana, Ghizzoni ha detto, in risposta alle domande dei giornalisti, che non ci sono ancora «dati complessivi» e che la Chiesa fa «fatica» a raccoglierli, ed ha sottolineato che anche i paesi che hanno pubblicato simili statistiche, Stati Uniti, Germania e Australia, sono riusciti a mettere insieme «dati parziali e tendenziali». Sono in corso contatti, in particolare con la garante del Governo italiano per l’infanzia e l’adolescenza, per una ricognizione che attinga ai data base comunali e regionali. «Posso dire che i vescovi italiani hanno tutti preso coscienza della gravità della situazione e nelle diocesi ci si sta muovendo con decisione con interventi, indagini fatte in modo molto più attento, e questo forse permetterà anche negli anni futuri di avere un ritorno di situazioni che magari oggi sono ancora sotto il velo e potrebbero venire fuori». Quello di fare il punto sul passato è comunque « un obiettivo che manteniamo e speriamo di poterci arrivare».

Il segretario generale della Cei, monsignor Stefano Russo, ha poi affrontato i temi dell’attualità politica, in risposta alle domande dei giornalisti. Parlando del segretario della Lega Matteo Salvini, che in campagna elettorale in Emilia Romagna ha citofonato ad un presunto pusher tunisino, «io – ha detto il vescovo – eviterei di andare sui casi particolari, non mi permetto di esprimere giudizi ma richiamerei anche la nostra attenzione alle parole che ci ha detto il Presidente a fine anno quando ha parlato di cultura della responsabilità come presidio di libertà e di attenzione ai principi della nostra Costituzione repubblicana. Quello mi sembra il richiamo più importante che possiamo anche noi fare», ha sottolineato Russo.

Quello del leader leghista, quindi, «non è stato un atteggiamento particolarmente felice, però proprio in virtù del fatto che abbiamo una tornata elettorale davanti a cui vengono dati anche significati profondi vorrei evitare di entrare nei particolari e dare giudizi sulle persone». Monsignor Russo, più in generale, ha auspicato che alle elezioni dell’Emilia Romagna ci sia una «significativa partecipazione» ed ha rimarcato che «sarà importante cercare di capire come far sì che per il bene comune si riesca a diminuire questo livello di conflittualità: non possiamo vivere in un costante clima di campagna elettorale in cui qualsiasi situazione diventa l’occasione per esaltare gli schieramenti opposti. Pensare al bene comune significa ridurre questa conflittualità così forte che si sta da diversi anni manifestando».

Estratto da “La Stampa” – © RIPRODUZIONE RISERVATA