Avrebbe compiuto novant’anni il prossimo 30 gennaio don Roberto Sardelli, sacerdote della diocesi di Roma ma anche insegnante, scrittore, sempre vicino ai più umili. Il suo nome è legato soprattutto all’impegno per dare un alloggio dignitoso ai cosiddetti “baraccati”, coloro, cioè, che negli anni Sessanta e Settanta, vivevano accampati a ridosso dell’Acquedotto Felice. Fu con loro che decise di andare a vivere don Roberto, quando, giovane sacerdote, nel 1968, fu mandato come collaboratore parrocchiale a San Policarpo. Proprio nella sua parrocchia (piazza Aruleno Celio Sabino, 50) e nel giorno del suo compleanno, alle ore 18, verrà ricordato, con un convegno promosso dalla diocesi di Roma. “Non abbiamo paura dei profeti. Il ricordo di don Roberto Sardelli a 90 anni dalla nascita” è il titolo dell’appuntamento, che sarà aperto dai saluti del cardinale vicario Baldo Reina, del sindaco Roberto Gualtieri e del parroco della comunità dell’Appio Claudio, don Claudio Falcioni. Interverranno poi monsignor Guerino Di Tora, vescovo ausiliare emerito della diocesi di Roma; Grazia Napoletano, collaboratrice della Scuola 725; Paolo Berdini, umanista e saggista. Paola Aversa, della Caritas diocesana di Roma, illustrerà il programma di housing sociale dell’organismo diocesano intitolato al sacerdote scomparso nel 2019. Le conclusioni saranno affidate a monsignor Benoni Ambarus, vescovo delegato per l’Ambito della diaconia della carità.
Nato a Pontecorvo, in Ciociaria, nel 1935, alunno del Collegio Capranica, ordinato sacerdote nel 1965, don Sardelli aveva frequentato la scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani, prima di andare in Francia per studiare l’esperienza dei “preti operai”. Tornato a Roma, fu mandato come collaboratore a San Policarpo e lì don Roberto scoprì, a poche centinaia di metri dall’edificio parrocchiale, la baraccopoli che sorgeva nei pressi dell’Acquedotto Felice, dove vivevano 650 famiglie italiane arrivate da Sicilia, Calabria, Abruzzo e Basilicata. Decise così di condividere la loro vita e, acquistata una baracca da una prostituta, si trasferì tra i baraccati, trasformando la sua casupola nella “Scuola 725”, dal numero civico che la contrassegnava. Qui teneva lezioni per i ragazzi della zona, spesso costretti ad abbandonare gli studi o confinati nelle classi differenziali. Con loro scrisse la “Lettera al sindaco” per chiedere migliori condizioni di vita per i baraccati, ai quali le case popolari furono assegnate nel 1974. Da quel lavoro di riflessione e scrittura nascerà anche un libro, “Non tacere”. Lo stesso titolo del docufilm realizzato nel 2008 sulla vicenda della Scuola 725 dal regista Fabio Grimaldi con la collaborazione dello stesso sacerdote. Dopo lo sgombero della baraccopoli, nel 1973, don Sardelli si dedicò alle collaborazioni giornalistiche con Paese Sera, l’Unità, Liberazione, ma anche con riviste del mondo cattolico. Negli anni Ottanta fondò lo Studio Flamenco per avvicinarsi al mondo rom e sinti attraverso la danza, mentre negli anni Novanta si occupò dei malati di Aids. Nel novembre 2018, l’Università Roma Tre gli conferì una laurea magistrale honoris causa in Scienze pedagogiche. Si è spento nella sua Pontecorvo il 18 febbraio 2019.
A don Roberto Sardelli è intitolato il programma di housing sociale della Caritas di Roma, che mira a offrire un alloggio adeguato a persone senza dimora e famiglie in difficoltà e che è nato grazie a un fondo iniziale frutto del lascito testamentario del sacerdote.
«La profezia di don Roberto – dichiara il cardinale Reina – deve costituire uno sprone per la nostra comunità ecclesiale nel contrastare le diseguaglianze che affliggono la nostra società. Il suo è stato un esempio per tutti».
21 gennaio 2025