Gli Istituti Secolari di Roma si sono incontrati

Gli Istituti Secolari di Roma si sono incontrati

È stato Don Benoni Ambarus, direttore della Caritas, a dare avvio al nostro ciclo di incontri presso il Seminario romano Maggiore con una presentazione personale e coinvolgente del tema “Abitare con il cuore la città”. Don Benoni ha offerto molti spunti di riflessione in una relazione di 30’ circa. L’incontro è proseguito con un confronto in piccoli gruppi tra i partecipanti su quanto ascoltato. E’ seguito un momento assembleare in cui le domande e le riflessioni sono state stimolo per un ulteriore approfondimento da parte del relatore.

In particolare, segnaliamo alcuni punti significativi:

  • Esiste un netto stacco tra il linguaggio liturgico e la vita di tutti i giorni. Siamo tutti fratelli e sorella alla messa: e nel concreto della vita ­?
  • Il samaritano che interrompe il viaggio per il fratello mezzo morto compie il vero viaggio, quello dentro di sé, oltre che verso l’altro.
  • Il Vangelo e un ferro rovente che ci brucia dentro. Fa male se non siamo anastetizzati.
  • Nel fratello si trova il permanente prolungamento dell’incarnazione per ciascuno di noi.
  • Ascolto del grido della città è prendere consapevolezza di quello che c’è attorno a noi, condividere, uscire dall’indifferenza che ci uccide.
  • Il povero ci aiuta a stare con i piedi per terra

Madelaine Delbrel ci parla della nostre immolazioni fatte di piccole azioni quotidiane in questa sua PASSIONE DELLE PAZIENZE

La passione, la nostra passione, sì, noi l’attendiamo.
Noi sappiamo che deve venire, e naturalmente intendiamo
viverla con una certa grandezza.
Il sacrificio di noi stessi: noi non aspettiamo altro che
ne scocchi l’ora.
Come un ceppo nel fuoco, così noi sappiamo di dover
essere consumati. Come un filo di lana tagliato
dalle forbici, così dobbiamo essere separati. Come un giovane
animale che viene sgozzato, così dobbiamo essere uccisi.
La passione, noi l’attendiamo. Noi l’attendiamo, ed essa non viene.

Vengono, invece, le pazienze.
Le pazienze, queste briciole di passione, che hanno lo
scopo di ucciderci lentamente per la tua gloria, di
ucciderci senza la nostra gloria.

Fin dal mattino esse vengono davanti a noi:
sono i nostri nervi troppo scattanti o troppo lenti,
è l’autobus che passa affollato,
il latte che trabocca, gli spazzacamini che vengono,
i bambini che imbrogliano tutto.
Sono gl’invitati che nostro marito porta in casa
e quell’amico che, proprio lui, non viene;
è il telefono che si scatena;
quelli che noi amiamo e non ci amano più;
è la voglia di tacere e il dover parlare,
è la voglia di parlare e la necessità di tacere;
è voler uscire quando si è chiusi
è rimanere in casa quando bisogna uscire;
è il marito al quale vorremmo appoggiarci
e che diventa il più fragile dei bambini;
è il disgusto della nostra parte quotidiana,
è il desiderio febbrile di quanto non ci appartiene.

Così vengono le nostro pazienze, in ranghi serrati o in
fila indiana, e dimenticano sempre di dirci che sono il martirio preparato per noi.

E noi le lasciamo passare con disprezzo, aspettando –
per dare la nostra vita – un’occasione che ne valga la pena.
Perché abbiamo dimenticato che come ci sono rami
che si distruggono col fuoco, così ci son tavole che
i passi lentamente logorano e che cadono in fine segatura.
Perché abbiamo dimenticato che se ci son fili di lana
tagliati netti dalle forbici, ci son fili di maglia che giorno
per giorno si consumano sul dorso di quelli che l’indossano.
Ogni riscatto è un martirio, ma non ogni martirio è sanguinoso:
ce ne sono di sgranati da un capo all’altro della vita.

È la passione delle pazienze.

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L’intera relazione verrà pubblicata sulla rivista INCONTRO

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