
L’Osservatore Romano del 2 febbraio 2019 - Articolo
La quotidianità ritmata da impegni fissi e incontri inaspettati è il tessuto in cui le consacrate nell’Ordine delle vergini sono chiamate a intrecciare la propria regola di vita con le circostanze che la Provvidenza dà loro da vivere in seno alla Chiesa diocesana.
Per l’Ordo virginum questa flessibilità a volte è fatica, spesso è bellezza perché permette di stare al passo con il mondo, diventando obbedienza alla realtà. Anche nel nostro mondo, che cambia così velocemente, non muta la natura del cuore dell’uomo, che vive in pienezza solo nella relazione con Dio.
La vergine consacrata, immagine della Chiesa Sposa che vive nelle pieghe della storia, offre se stessa, perché nel suo grembo “vuoto” accada l’incontro tra il Signore Gesù e l’uomo di oggi. Quando si apre alla fecondità dello Spirito, il grembo “vuoto” genera uno sguardo materno verso tutti, che rende capace di amare i figli che vengono donati, ciascuno secondo le sue necessità, e tutti con medesimo ardore e tenerezza. Madre e sorella perché partecipe delle gioie e delle speranze della sua gente. Dio l’ha scelta nel popolo di Dio come segno profetico per essere testimone con la vita che Lui è vicino e attende trepidante proprio nell’ordinarietà della vita, come uno Sposo che vuole condividere tutto con l’Amata.
Annalisa Vigani
Pubblicato su L’Osservatore Romano del 2 febbraio 2019