In vent’anni di attività 531 persone provenienti da 61 Paesi hanno varcato la soglia di Ferite Invisibili, il servizio della Caritas di Roma dedicato alla cura dei migranti sopravvissuti a tortura, violenze intenzionali e traumi estremi. Sono giovani – l’età media è di 26 anni – spesso senza famiglia, arrivati dopo percorsi segnati da persecuzioni, guerre, detenzione, sfruttamento. Tra loro ci sono anche 157 minori, molti dei quali non accompagnati, che portano ferite profonde e silenziose.
All’attività di questo servizio – un progetto promosso dalla Caritas di Roma nel 2005 e riconosciuto dall’Ufficio delle Nazioni Unite dell’Alto Commissario per i Diritti Umani all’interno della rete sovranazionale di sostegno e cura alle vittime di tortura – è dedicato il nuovo numero di Sguardi, il Quaderno di approfondimento che porta il titolo “Accogliere è già curare”. Il Rapporto è stato presentato oggi, 5 dicembre, nel corso della giornata di studi “Quando le ferite sono invisibili. Corso base sul riconoscimento dei segnali di vulnerabilità delle vittime di violenza”, ospitata dal Polo della carità “Don Pino Pugliesi” al Tiburtino III, che ha visto la partecipazione di 70 operatori sociali.
La pubblicazione nasce come percorso di formazione condivisa dell’équipe multidisciplinare di Ferite Invisibili – psicologi, psicoterapeuti, psichiatri, mediatori linguistico-culturali, operatori sociali – e riflette sulla complessità del prendersi cura di persone la cui sofferenza non è sempre visibile ma incide in profondità sulla vita presente e sul futuro. Il Quaderno affronta temi centrali come il valore terapeutico dell’accoglienza, la qualità della relazione con le vittime di traumi, il ruolo delle somatizzazioni come linguaggio del dolore, il trauma transgenerazionale che coinvolge minori e famiglie immigrate e l’importanza del “progetto di vita” come parte integrante del percorso di guarigione.
La maggior parte dei pazienti giunti a Ferite invisibili sono richiedenti protezione internazionale (44,3%), mentre il 26,8% si è rivolto al Servizio dopo averla ottenuta (tra cui 11,7% di pazienti rifugiati e 6,3% con protezione sussidiaria). Il 16,3% dei pazienti non aveva alcuna scolarizzazione e, al momento della prima visita, il 17,1% non parlava italiano, il 56,8% lo parlava in modo insufficiente, il 23,0% in modo sufficiente e il 3,3% molto bene. Al netto di un 26,8% di casi in cui una diagnosi formale non era registrata in cartella clinica, quella di gran lunga prevalente è stata il disturbo da stress post-traumatico (79,7%), seguita da quella di depressione (10,4%).
Complessivamente sono stati effettuati 6.877 colloqui psicoterapeutici con una media di quasi 13 sedute a paziente, a sottolineare la complessità e la delicatezza dell’approccio terapeutico. Nel 28,3% dei casi è stato anche ritenuto utile affiancare lo psichiatra per una terapia farmacologica. Nel 71,8% dei casi si è fatto ricorso alla mediazione linguistico-culturale. Infine, sono state rilasciate 234 certificazioni dello stato di salute psicofisica attestanti le violenze subite, nella maggior parte dei casi utilizzate dai richiedenti protezione internazionale a sostegno e dimostrazione del loro diritto alla protezione.
Il Quaderno racconta la storia del Servizio e la sua evoluzione, a partire dalla conferenza internazionale “One Billion” promossa dalla Caritas di Roma nel 2024 con i Ministri della Salute dei paesi in guerra, fino al riconoscimento nella rete Onu per il sostegno alle vittime di tortura. Ripercorre l’intuizione clinica, culturale e pastorale che ha portato a creare un luogo dove la cura che va oltre la psicoterapia, ma passa attraverso un ambiente capace di far sentire al sicuro: una porta sempre aperta, un campanello con il disegno di una foglia, simbolo del servizio, un tè caldo offerto con semplicità, il tempo necessario per costruire fiducia.
Il Quaderno Sguardi n. 6/2025 è disponibile sul sito caritasroma.it/
5 dicembre 2025













