Con gli occhi del cuore. Quando musica e radio vanno in onda tra i banchi di scuola

Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Massimo Granieri e Franco Nembrini apparso su «L’Osservatore Romano» del 14 dicembre 2024.


Con gli occhi del cuore

Quando musica e radio vanno in onda tra i banchi di scuola

Massimo Granieri: In uno studio di Radio Vaticana va in onda una puntata di Tracce su Tracce, trasmissione che analizza la spiritualità nelle canzoni. Durante un confronto tra fonici e giornalisti, nasce l’idea di portare la radio nelle scuole. L’ispirazione diventa subito un progetto, accompagnato da un dubbio: gli studenti parteciperanno? La risposta arriva rapidamente, la mia scuola accoglie la proposta e nelle classi, durante l’ora di religione, lavoro per preparare l’incontro con contenuti di senso.

Così un mercoledì di dicembre, gli studenti dell’Istituto Superiore di Istruzione Pacinotti-Archimede di Roma condividono in diretta radio le canzoni che più li rappresentano, in un dialogo senza censura, un racconto di sé e degli altri senza filtri. Al termine della diretta, la scuola si conferma il luogo in cui l’ascolto può abbattere le barriere generazionali, lo spazio in cui guardare ai ragazzi con occhi nuovi.
Prima di andare via, rivolgo ai colleghi docenti una domanda: «Oggi, in quest’aula, il tuo cuore cosa ha visto?». Seguono le loro risposte.
Professoressa Chiara Sicoli: Arrivo a scuola e da fuori sento scrosci di applausi e incitamenti. La trasmissione è già nel vivo penso, sì perché si va in onda in una delle sedi della mia scuola, o forse come l’etichetta richiederebbe “della scuola che dirigo”. Mai avrei potuto immaginare quello che ho visto e vissuto varcando la porta dell’aula magna piena di studenti e studentesse dalle prime alle quinte classi. Ragazzi attenti ad ascoltare il racconto di un loro compagno che con cuffia e microfono rispondeva alle domande con naturalezza e un pizzico di emozione. I suoi amici vicino, un po’ a lato, quasi a supportarlo e fargli sentire come in quel momento lui fosse la voce in diretta dei loro pensieri. E poi parte la musica. I ragazzi che affollano l’aula magna cantano all’unisono una canzone e li guardo: sono felici insieme.

In postazione i giornalisti chiamano me e la vicaria dell’istituto, professoressa Anna Lucia Crichigno, per un’intervista. Senza che nessun docente abbia dovuto chiedere il silenzio, ascoltano attenti, annuiscono quando parlo di loro, di quanto non sia sempre facile capirli fino in fondo. Scorgo i loro sguardi quasi sorpresi quando dico che spesso dovremmo impegnarci di più a comprendere le loro ragioni. Sorridono quando sottolineo che siamo in controtendenza e quest’anno forse all’occupazione si preferirà un’esperienza di cogestione. Sono stupita dalle loro espressioni e dal calore che trasmettono con un linguaggio non verbale. Mi rallegro nel pensare quanto senso sta dando al mio lavoro e al mio impegno quotidiano questa esperienza pazzesca, questa diretta radiofonica che non dà il tempo a nessuno di creare infingimenti o sovrastrutture, ma che si rivela vera e viva.
Durante la pausa, molti studenti, invece di scappare via nel piazzale interno, si fermano a parlare con me. Vogliono attenzione, mi pongono domande, ascoltano le mie riflessioni, chiedono consigli, semplicemente si presentano. «Tanta roba», direbbero loro… Grazie alla musica e alla radio siamo sulla stessa lunghezza d’onda, la sintonia tra di noi è quasi tangibile. E così ti ritorna chiaro il motivo per cui hai scelto questo complicato lavoro: orientare donne e uomini del domani, cercando il senso della vita nelle loro emozioni.
Professoressa Elisabetta Vincenzi: Un mercoledì mattina la scuola si è trasformata in una zona libera dove gli studenti hanno potuto raccontarsi tra applausi, cori e sorrisi di giovani e professori. Guardavo i nostri ragazzi mentre parlavano delle loro speranze, delle difficoltà e delle paure, dei successi e delle cadute, delle amicizie e delle solitudini. È stato come “vederli” per la prima volta e il giorno seguente, tornata in aula, li ho guardati con occhi diversi.
Professoressa Eleonora Carinci: Mi ha toccato profondamente la capacità dei ragazzi di esporsi con coraggio, in diretta radio. La loro emozione è stata il cuore pulsante dell’esperienza. Si percepiva negli occhi, nei gesti, nelle parole spezzate dalla commozione e poi ricomposte dall’energia del gruppo. Ho percepito la bellezza della fragilità condivisa e il valore di un’educazione che non si ferma tra i banchi di scuola. Profondamente autentici davanti a un microfono, gli studenti ci hanno mostrato che il coraggio di essere sé stessi è il riflesso della gioia più pura: quella di essere umani.

Franco Nembrini: Ho appena letto le testimonianze di don Massimo, della dirigente professoressa Sicoli e delle professoresse Vincenzi e Carinci: sembra di leggere una fiaba in cui per magia un castello decrepito e tetro si trasforma in un palazzo luminoso, pieno di musiche e colori e dove ombre tristi e a volte cattive si trasformano in persone gioiose e amabili. Fa impressione pensare che in una scuola che porta con sé tutte le carenze e i limiti che studenti e famiglie ben conoscono possa accadere quel che è accaduto al Pacinotti-Archimede.

«Una esperienza pazzesca», per dirla con le parole della dirigente, un luogo che si trasforma in una «zona libera» (professoressa Vincenzi), dove «si è potuto godere della bellezza della fragilità condivisa» (professoressa Carinci). Come in ogni favola che si rispetti provo a trarre la morale di questo evento straordinario. 1. Bisognava che uno cominciasse. Cioè avesse il coraggio di stimare i tentativi, le fatiche e i drammi dei suoi alunni tanto da farne il tema di una puntata radiofonica, credendoci al punto da trascinare una intera troupe a registrare l’evento tra i banchi. 2. Ci voleva il coraggio di una dirigente e di alcuni colleghi, che hanno saputo scommettere su quel tentativo, su quel gesto di stima, condividendolo e portandone insieme la responsabilità. 3. Il risultato è stato clamoroso: dove un adulto stima i propri ragazzi (siano essi studenti o figli è la stessa cosa) questi rispondono con serietà, con lealtà, con entusiasmo. 4. Adesso viene il bello. Lo sguardo che si è guadagnato reciprocamente, la stima degli insegnanti per gli studenti e per le loro attese e la stima dei ragazzi per i loro insegnanti e per le loro proposte deve essere il metodo di ogni ora di lezione, di ogni attività dell’Istituto.

Se è vero che almeno per una mattina è accaduto il miracolo dell’educazione, cioè di uno sguardo vero che ha fatto dire «è stato come vederli per la prima volta», a questo sguardo va sacrificato tutto. Perché possa ripetersi, diventare familiare, motivare la fatica e il sacrificio del lavoro e dello studio. Grazie Pacinotti.