La prima cura è la vicinanza. Ce lo ricorda Papa Francesco in occasione della Giornata mondiale del malato 2024 – che la Chiesa celebra l’11 febbraio, memoria della Beate Vergine Maria di Lourdes – dal tema «Non è bene che l’uomo sia solo» (Gen 2,18). «Fin dal principio, Dio, che è amore, ha creato l’essere umano per la comunione, inscrivendo nel suo essere la dimensione delle relazioni – scrive il Santo Padre nel messaggio preparato per l’occasione –. Siamo creati per stare insieme, non da soli. E proprio perché questo progetto di comunione è inscritto così a fondo nel cuore umano, l’esperienza dell’abbandono e della solitudine ci spaventa e ci risulta dolorosa e perfino disumana. Lo diventa ancora di più nel tempo della fragilità, dell’incertezza e dell’insicurezza, spesso causate dal sopraggiungere di una qualsiasi malattia seria». Cercano di alleviare la solitudine dei malati coloro che, ogni giorno, prestano servizio in ospedali e case di cura. Si ritroveranno tutti insieme, con familiari, operatori sanitari e soprattutto loro, i malati, nella basilica di San Giovanni in Laterano, domenica prossima alle ore 16, per la Messa presieduta dal cardinale vicario Angelo De Donatis. Per l’occasione, nella cattedrale saranno esposte le reliquie di santa Bernadette Soubirous, che in questi giorni sono pellegrine a Roma. Verrà inoltre intonato un canto dedicato dedicato alla Vergine Maria che fa parte del musica “Bernadette de Lourdes”, che verrà presentato martedì 6 febbraio alla Filmoteca Vaticana.
«Chi non sta bene, chi non è produttivo, chi non è in grado di fare e di dare è escluso dalla macchina sociale – osserva in proposito il vescovo Benoni Ambarus, delegato per l’Ambito della diaconia della carità –, per cui il malato si trova proiettato in una nuova condizione carica di disagio e incertezza, in cui premono le domande: “Perché proprio io? Perché proprio a me?”. Questo è, in sostanza, il frutto della cultura dello scarto che tanto spesso è denunciata da Papa Francesco». I malati sono spesso, purtroppo, degli scartati. «Per cercare di uscire da questa cultura dello scarto occorre prima di tutto una conversione del cuore e della mente – prosegue il vescovo Ambarus, che permetta di guardare con occhi nuovi la realtà della malattia e, soprattutto, la persona del malato. Il Papa ci indica la direzione di questo sguardo. Solo se siamo in grado di guardare oltre il semplice dato biologico di una patologia o infermità, possiamo allora scorgere la pressante domanda di senso che abita ogni sofferenza, un appello che chiama in causa tutti – dai medici, agli operatori sanitari, ai familiari e alle stesse comunità cristiane – a farsi prossimi e a condividere almeno un po’ del peso di questa sofferenza».
Come fece il Buon Samaritano, richiamato da Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata mondiale. La cura del malato, è l’appello del vescovo, «deve andare oltre la semplice prestazione tecnica, ma deve rispondere in modo olistico a questo appello a farsi prossimi, ad accompagnare la persona segnata dalla fragilità e dalla sofferenza insieme con la sua famiglia, e questa è una missione vera e propria per la Chiesa, a tutti i suoi livelli e in tutti i suoi carismi: offrire una cura che in realtà è un annuncio di salvezza».
Il vescovo Dario Gervasi, delegato dell’Ambito per la cura delle età e della vita, osserva: «”Non è bene che l’uomo sia solo” è una frase che vale per tutta la vita, per tutti, perché ciascuno deve vivere inserito in una comunione e questo vale ancora di più per gli anziani e per i malati. La nostra mentalità produttiva vede negli anziani e nei malati degli scartati, ma non è così. Hanno invece tanto da dare. Hanno la ricchezza della saggezza e sono spesso quelli che ci ricordano la fede. Domenica vivremo un momento di festa in cattedrale insieme a tante associazioni».
5 febbraio 2024