8 Agosto 2025

Il cardinale vicario invita alla preghiera per Benedetto XVI

«Accogliendo la richiesta di Papa Francesco al termine dell’udienza generale di ieri, invito tutte le comunità di Roma a unirsi in preghiera per Benedetto XVI, le cui condizioni di salute si sono aggravate, a motivo dell’avanzare dell’età». Inizia così la lettera inviata dal cardinale vicario Angelo De Donatis alla diocesi di Roma.

Nella celebrazione delle Messe di oggi e dei prossimi giorni, scrive ancora il cardinale, «accompagniamo il nostro caro vescovo emerito nel momento della sofferenza e della prova, invocando il Signore perché “lo consoli e lo sostenga in questa testimonianza di amore alla Chiesa fino alla fine”».

Con questa intenzione sarà celebrata anche la Messa di domani, 30 dicembre, alle 17.30 nella basilica di San Giovanni in Laterano, cattedrale di Roma, che sarà presieduta dal cardinale vicario Angelo De Donatis. La celebrazione sarà trasmessa in diretta su Telepace (canale 75) e in streaming sulla pagina Facebook della diocesi di Roma.

29 dicembre 2022

Il cardinale vicario Angelo De Donatis prende possesso del titolo presbiterale di San Marco

Domenica 7 ottobre, memoria liturgica di san Marco I Papa, alle ore 19, nella basilica parrocchiale di San Marco al Campidoglio (piazza omonima, nei pressi di piazza Venezia), il cardinale vicario Angelo De Donatis prenderà possesso del titolo presbiterale di San Marco. Gli fu assegnato da Papa Francesco in occasione della sua nomina cardinalizia, nel Concistoro dello scorso mese di giugno.

Il rito della presa di possesso «sottolinea il legame tra il vescovo di Roma e il suo clero», osserva il direttore dell’Ufficio liturgico del Vicariato di Roma, padre Giuseppe Midili. Simboleggia il fatto che «i più stretti collaboratori del Santo Padre hanno un incarico nella sua diocesi».

Il cardinale De Donatis prenderà possesso del titolo della parrocchia dove ha svolto il suo ministero di parroco per dodici anni, dal 2003 al 2015.

4 ottobre 2018

Il cardinale vicario Angelo De Donatis positivo al coronavirus: «Offro la mia preghiera per tutta la comunità diocesana e per gli abitanti della città»

Oggi, lunedì 30 marzo 2020, il cardinale Angelo De Donatis, vicario generale della diocesi di Roma, dopo la manifestazione di alcuni sintomi, è stato sottoposto al tampone per il Covid-19 ed è risultato positivo. È stato ricoverato al Policlinico Universitario Fondazione Agostino Gemelli IRCCS. Ha la febbre, ma le sue condizioni generali sono buone, ed ha iniziato una terapia antivirale. I suoi più stretti collaboratori sono in autoisolamento in via preventiva.

«Sto vivendo anche io questa prova, sono sereno e fiducioso – dichiara il cardinale De Donatis –! Mi affido al Signore e al sostegno della preghiera di tutti voi, carissimi fedeli della Chiesa di Roma! Vivo questo momento come un’occasione che la Provvidenza mi dona per condividere le sofferenze di tanti fratelli e sorelle. Offro la mia preghiera per loro, per tutta la comunità diocesana e per gli abitanti della città di Roma!».

30 marzo 2020

Il cardinale Reina: il «grido silenzioso» di Roma per la pace

Foto Gennari

«Dov’è oggi la pace?», si chiede il cardinale vicario Baldo Reina. Le sue parole risuonano in tutta la basilica di San Lorenzo fuori le Mura. Raggiungono tutti. Anche chi è rimasto in piedi in fondo alla chiesa. È un fiume in piena il porporato. Le sue domande si susseguono una dopo l’altra. Sono le stesse di tante persone che non riescono a trovare risposte. «Perché si continua a ragionare con la logica della guerra? – aggiunge – Fino a quando durerà questa miopia? Fino a quando l’uomo farà valere la legge del più forte? E in nome delle armi e di tanti miliardi penserà di mettere a tacere il bisogno di pace?».

Interrogativi che lui stesso affida al Santissimo Sacramento. «La nostra preghiera è un’invocazione d’aiuto a Gesù. Vogliamo dire basta alla guerra – rimarca -. A Lui presentiamo questa umanità che sembra smarrita, accecata dall’odio, dalla vendetta e dal desiderio di produrre nuove armi per portare ancora morte, come se non bastasse il grido di dolore di tante vittime innocenti e di persone che ancora oggi piangono i loro cari».

Continua a leggere su Romasette.it

27 giugno 2025

Il cardinale Reina: «Roma è ferita dalle disuguaglianze ma il Giubileo risveglia umanità, la speranza non sia uno slogan»

Foto Gennari

«Roma è una città ferita dalle disuguaglianze, ma ricca di umanità e desiderosa di speranza». Il cardinale vicario Baldo Reina racconta il volto di una Chiesa che, in questo Giubileo, si fa prossima alle persone, alle famiglie, ai giovani, ai poveri. Un percorso che interpella la comunità ecclesiale a uscire, ascoltare, accompagnare. Dalle disuguaglianze urbane alla riscoperta della fede, passando per l’impegno concreto delle parrocchie, illuminando il presente e rilanciando la sfida di essere davvero testimoni credibili del Vangelo.

Eminenza, come sta attraversando la diocesi di Roma questo tempo giubilare? Quali segni sta leggendo nelle comunità che incontra?
Già nel 2023 abbiamo iniziato un cammino in preparazione al Giubileo, riflettendo sul convegno del 1974 e realizzando cinque incontri su altrettante povertà: abitativa, educativa, sanitaria, lavorativa e relazionale. Da lì è emerso un dato chiaro: Roma è attraversata da forti disuguaglianze. Una città che accoglie, ma che ospita “più città” al suo interno. Le periferie nascono già ferite, il centro è diventato un luogo di passaggio. Non è più abitato ma attraversato da turisti, pendolari, lavoratori. Abbiamo voluto arrivare al Giubileo con questa consapevolezza, cercando di essere una Chiesa che lancia segnali di speranza. Penso, ad esempio, al fondo per l’emergenza abitativa dedicato a don Roberto Sardelli, o ai doposcuola gratuiti per i figli degli immigrati: oggi presenti in circa ottanta parrocchie.

Il suo sguardo viene da un’altra terra. Che cosa l’ha colpita di Roma nei primi mesi del suo ministero?
Vengo da una realtà molto più piccola, Agrigento. L’impatto con Roma non è stato semplice, ma mi sono messo subito in gioco con la visita pastorale. Ogni sera, tornando a casa, porto nel cuore i volti di tanti volontari, famiglie, religiosi, sacerdoti che si spendono ogni giorno nei quartieri più difficili. È questo che mi incoraggia.

A livello pastorale e culturale, quali risposte sta generando il cammino giubilare?
Le comunità si stanno interrogando. I dati del Censis, con cui abbiamo collaborato, mostrano che il 95% dei battezzati non frequenta più le parrocchie. C’è stato un forte scollamento, soprattutto dopo la pandemia. Ma sento riemergere una domanda di fede più sostanziale, meno formale. Le periferie nascono già ferite, il centro è diventato un luogo di passaggio. Non è più abitato ma attraversato da turisti, pendolari, lavoratori.

C’è davvero spazio per un annuncio credibile tra le nuove generazioni?
Assolutamente. I ragazzi oggi soffrono, spesso in silenzio. Chiedono di essere ascoltati, non giudicati. Quando abbiamo accolto il corpo di Pier Giorgio Frassati a Santa Maria sopra Minerva, la basilica si è riempita in pochi minuti. I giovani si sono avvicinati in preghiera, con rispetto. Cercano testimoni credibili. Lo vedo anche nei percorsi esigenti guidati da sacerdoti come don Fabio Rosini o don Alessandro Di Medio. Più si alza l’asticella, più i giovani rispondono. Chiedono senso, profondità, autenticità.

Frassati e Acutis sono modelli ancora validi per i ragazzi?
Sì, lo sono. Acutis è vicino al mondo digitale, Frassati rappresenta un modello di vita concreta, sportiva, impegnata. Sono esempi capaci di parlare al cuore dei ragazzi. L’importante è proporli in modo non retorico, ma come compagni di strada. E le nostre comunità giovanili, nonostante le difficoltà, stanno offrendo esperienze significative.

Dalla carità quotidiana ai problemi strutturali, come sta rispondendo la Chiesa di Roma ai bisogni della città?
La generosità delle nostre comunità è straordinaria. La quasi totalità delle parrocchie ha un centro d’ascolto e una Caritas. L’Emporio della Carità, che promuoviamo da alcuni anni, restituisce dignità: chi ha bisogno entra e sceglie ciò che serve, senza ricevere pacchi preconfezionati. Stessa cosa per i doposcuola: quando li abbiamo proposti, la risposta è stata immediata. Ma ci sono problemi strutturali enormi, soprattutto sul fronte dell’abitare. Gli affitti sono insostenibili. Ci sono studenti costretti a rinunciare all’università perché non trovano una stanza. Continuo a fare appello alla politica, alle istituzioni: servono scelte coraggiose.

Il Giubileo dei giovani ha portato entusiasmo in città. Cosa si aspetta da questo incontro?
Abbiamo accolto circa 150mila giovani nelle parrocchie e negli istituti religiosi. È stato bellissimo vedere la città animata da gruppi, canti, volti pieni di entusiasmo. Il mio desiderio è che questo non resti un evento, ma diventi l’inizio di un accompagnamento stabile. Vorrei che i ragazzi scoprissero che la Chiesa è una casa accogliente, dove sperimentare la pienezza della vita.

Famiglia e giovani sono spesso i due volti della fragilità. Come li state sostenendo?
Nei consigli pastorali emergono sempre due categorie: i giovani e le famiglie. Come diocesi stiamo lavorando molto sulla pastorale familiare, con una rete di referenti nelle prefetture per essere presenti là dove le famiglie vivono. Sappiamo che non esiste la famiglia perfetta: accompagnare è la parola chiave. Papa Francesco, e ora anche Papa Leone, ci chiedono di camminare con le famiglie, in tutte le loro forme.

Cosa desidera che resti, davvero, da questo Giubileo della Speranza?
Mi auguro che il tema scelto da Papa Francesco – la speranza – non sia uno slogan. Se sarà vissuto come responsabilità, può diventare un’eredità preziosa. Testimoni di speranza significa esserlo nei gesti quotidiani, nelle relazioni, nel modo in cui trattiamo le persone. Se ci riusciamo, sarà davvero un’eredità viva. E condivisibile.

di Riccardo Benotti – Agenzia Sir

31 luglio 2025

Il cardinale Reina: «Il riarmo dell’Europa porterà altro sangue. Basta violenze contro i migranti in Libia»

Il vescovo Baldo Reina (foto DiocesiDiRoma/Gennari)

Riportiamo di seguito l’intervista al cardinale vicario Baldo Reina pubblicata oggi, 9 giugno, sul quotidiano “La Stampa”. L’autore è Giacomo Galeazzi.

«Dopo gli orrori delle guerre mondiali, dei campi di sterminio, delle deportazioni di massa pensavamo di aver appreso abbastanza dalla storia per poter dire di “no” alle guerre o, in ogni caso, saperle arginare con la diplomazia e i negoziati. E invece abbiamo superato la regola del “occhio per occhio, dente per dente” che quanto meno imponeva una proporzione al male legandola a quello subito», dice il cardinale vicario di Roma Baldo Reina a cui il Papa ha affidato anche il Pontificio Istituto Teologico per la Famiglia.

Cosa provoca l’escalation?

«Oggi è tutto moltiplicato all’ennesima potenza; la difesa la si fa coincidere col riarmo pensando che dalla produzione di armi possa nascere la pace. La guerra è sempre una sconfitta. La corsa alle armi è una sconfitta che si macchia di altro sangue. All’Europa è mancata un’operazione culturale e antropologica su ampia scala in grado di recuperare le radici cristiane e umanistiche e farle diventare punto di crescita. Il grande progetto delle “famiglie di nazioni” alimentato dal pensiero politico di De Gasperi, Schumann e Adenauer non è riuscito a strutturarsi in maniera compiuta e i capisaldi valoriali che lo sostenevano non sono stati assimilati fino al punto da diventare cultura condivisa. L’unità, allora, è stata prettamente economico-finanziaria con diverse velocità di crescita e di sviluppo non accompagnate da un progetto comune».

Qual è il ruolo dell’Italia?

«Da decenni l’Italia avrebbe dovuto capire che il Mediterraneo era (ed è) un vero e proprio ponte che collega il nord e il sud del mondo, l’oriente e l’occidente. Questa posizione strategica, se interpretata bene poteva (e potrebbe) consentire all’Italia di giocare un ruolo strategico da un punto di vista geopolitico. Invece tutto è stato letto con la lente del fenomeno immigratorio, ancora una volta con la logica del braccio di ferro per stabilire se accogliere o respingere quanti arrivavano dal continente africano o dal Medio Oriente. Certe miopie, a volte, si pagano a caro prezzo».

Cosa propone Leone XIV?

«Serve una riflessione sui macro-fenomeni. A  farsene carico dovrebbe essere l’intero occidente e coloro che lo governano.  Leone XIV di fronte agli scenari di guerra continua a chiedere che i nemici si incontrino; che si realizzino i negoziati, le mediazioni e tutto ciò che può attenuare le tensioni per trovare vie concrete di conciliazione. Dall’incontro e dal dialogo può nascere e crescere una società veramente umana perché l’uomo è per sua natura essere-in-relazione. Senza la relazione o muore o uccide. L’autoreferenzialità, l’egoismo, l’orgoglio sono tutte facce della medesima malattia che impoverisce l’uomo perché non gli permette di vedere l’altro  con la conseguenza che mentre uccide si uccide».

È   la guerra “globale”?

« Ciò a cui oggi stiamo assistendo non è “semplicemente” una guerra tra popoli rivali circoscritti dentro territori ben delimitati ma è il massacro di un’umanità che ha fatto l’abitudine alla guerra, il cui cuore rischia di lasciarsi “anestetizzare” dall’apatia e dalla rassegnazione alla banalità del male. L’impegno etico non lo si può improvvisare, non può essere uno slogan: è frutto di formazione, di condivisione di valori, di visione del mondo e della vita. I sentieri affascinanti e ripidi del “sapere” hanno ceduto il passo agli algoritmi pensati per annebbiare il “ben dell’intelletto”. Senza pensiero critico non c’è ricerca della pace».

È pure una crisi educativa?

«Sì. Tutto sembra esserci sfuggito di mano. Basta stare qualche ora tra i corridoi di una scuola o ascoltare qualche genitore per rendersi conto della fatica che tutti fanno e facciamo ad educare e anche del respingimento dei giovani nei confronti degli adulti. Il nostro tempo è stato definito “senza padri” eppure di padri e di madri si ha bisogno non solo per venire al mondo ma anche per saperci stare. Si ha voglia di un patto tra le generazioni? La mia sensazione è che camminiamo tutti su rette parallele pensando di avere ognuno ragione o, quanto meno, ognuno le proprie ragioni. Prima che del patto forse serve ascoltarsi. Dobbiamo uscire dalla strettoia che da ragione ad alcuni e torto ad altri per entrare in un sentiero fatto di ascolto sincero, di compartecipazione senza giudizio, di comprensione senza etichette. Ho conosciuto tanti giovani straordinari con forme di ribellione e di disagio da fare paura ma che chiedevano semplicemente di essere ascoltati e accolti con le loro ferite e fatiche e ho ascoltato genitori ed educatori altrettanto frustrati nei loro fallimenti che aspettavano che qualcuno desse loro un’altra possibilità».

C’è pace senza giustizia?

«La giustizia è il pilastro fondamentale per ogni convivenza sociale. Riconoscere all’altro ciò che gli è proprio e ancor prima riconoscerlo soggetto con una propria dignità, indipendentemente da ciò che possiede o che opera è il punto di partenza di ogni intento di autentico sviluppo umano. Le disuguaglianze sono sotto gli occhi di tutti; ormai sono diventate la normalità. Senza giustizia non potrà esserci pace perché le disuguaglianze provocano rabbia sociale e generano conflitti difficilmente sanabili. Tutto questo ragionamento non può prescindere dall’urgenza di evangelizzare l’economica finanziaria il cui strapotere è palese. Nella visione cristiana l’altro è sempre mio fratello. Se accogliamo questo principio allora è possibile costruire legami autentici fra popoli diversi e con quanti arrivano da altri continenti (per lo più impoveriti da paesi più ricchi). Guardare l’altro con la giusta empatia permette di riconoscere che ha i miei stessi bisogni di pace, di giustizia, di benessere, di sviluppo, di serenità; così come prima ancora di guardare il colore della pelle bisognerebbe fermarsi a conoscere la sua storia, se ha vissuto dei drammi, se è dovuto scappare da guerre o dalla fame, se ha dovuto subire umiliazioni indicibili, se ha sofferto. Solo allora posso esprimere un giudizio e orientare le mie scelte».

A cosa si riferisce?

«Ho visto un video sui centri di detenzione in Libia. Quelle immagini mi tornano costantemente alla mente. E se a subire quelle torture fosse stata mia sorella o mia nipote? Fino a quando l’altro è lo straniero non potremo mai farci portatori di istanze etiche. Faremo solo discussioni da salotto. È importante ricordare che la cultura cristiana è incentrata sul riconoscimento dell’alterità. Siamo tutti sulla stessa barca, nessuno si salva da solo. Sulle migrazioni devono  misurarsi le organizzazioni sovranazionali. Se un tempo c’era la necessità di difendersi da un blocco territoriale oggi c’è l’urgenza di trovare strade nuove per non rimanere schiacciati dentro blocchi che non dialogano più o che ragionano solo per occupare o adottano strategie finanziarie per imporsi sull’altro».

 

9 giugno 2025

Il cardinale Reina nominato Gran Cancelliere dell’Istituto GPII Matrimonio e Famiglia

Il Santo Padre ha nominato Gran Cancelliere del Pontificio Istituto Teologico «Giovanni Paolo II» per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia il Cardinale Baldassare Reina, Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma e Gran Cancelliere della Pontificia Università Lateranense. Lo ha comunicato, oggi 19 maggio, la Sala Stampa della Santa Sede.

L’Istituto è stato fondato con la Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio del Papa Francesco “Summa familiae cura” dell’8 sett. 2017. Tale Istituto succede, sostituendolo, al Pontificio Istituto “Giovanni Paolo II” per Studi su Matrimonio e Famiglia, stabilito dalla Costituzione Apostolica “Magnum Matrimonii Sacramentum” del 7 ott. 1982.

Si articola in una sede centrale a Roma, in sette sezioni estere negli Stati Uniti (Washington D.C.), in Messico (México D.F., Guadalajara e Monterrey), in Spagna (con due sedi distinte, una a Valencia e altra a Madrid), in Brasile (Salvador de Bahia), in Benin (Cotonou), in India (Changanacherry, Kerala) e Centri associati in Libano (Beirut), nelle Filippine (Bacolod) e nella Repubblica Dominicana (Santo Domingo).

Il cardinale Reina inaugura la Biblioteca Inclusiva

È stata inaugurata ieri mattina (lunedì 23 giugno 2025), presso la Sala Teatro di DiSCoLazio a Roma, la Biblioteca Inclusiva dedicata a Luciana Pennarossa, studentessa dell’Università La Sapienza affetta da una patologia rara. È stata poi scoperta la targa dedicata al professor Antonio Ruberti, già rettore della Sapienza e Ministro dell’Università a cui è dedicato lo studentato, alla presenza del figlio Albino Ruberti. Alla cerimonia hanno preso parte il cardinale vicario Baldo Reina, la rettrice della Sapienza Antonella Polimeni, l’assessore regionale al Personale, alla Sicurezza urbana, alla Polizia locale, agli Enti locali e all’Università, Luisa Regimenti, e il presidente di DiSCo Lazio, Simone Foglio.

Il cardinale Reina ha portato il saluto e la vicinanza del Vicariato alla comunità universitaria: «Ringrazio il presidente Foglio per l’invito. Ho accettato volentieri perché mai come in questo momento abbiamo bisogno di fare squadra tutti insieme tra le istituzioni. Oggi con questa iniziativa abbiamo messo al centro delle nostre azioni i ragazzi e il loro futuro, ed è questa la giusta impostazione che purtroppo non sempre viene applicata».

Anche il presidente di DiSCo Lazio, Simone Foglio, ha evidenziato il valore sociale e culturale dell’iniziativa: «Sono particolarmente felice di questa bellissima mattinata, soprattutto per la presenza nutrita di rappresentanze studentesche e dei delegati delle varie Università che hanno partecipato all’ evento. Ovviamente la giornata è stata impreziosita dalla presenza del Cardinale Vicario che ringrazio per aver accettato il nostro invito e per le parole di pace e speranza rivolte ai dipendenti DiSCo e gli studenti e le studentesse presenti»

24 giugno 2025

Il cardinale Reina ha inaugurato Casa “Beata Anuarite”

Un’oasi di speranza dedicata alle donne vittime di violenza e protette internazionali che consenta loro di rafforzare l’autonomia abitativa, economica e relazionale, completare percorsi formativi o lavorativi, costruire una rete sociale e territoriale, superare i traumi legati a violenza. È questo lo scopo di Casa “Beata Anuarite”, promossa dalla Caritas diocesana di Roma in collaborazione con le suore Francescane ausiliarie laiche missionarie dell’Immacolata e l’Associazione Laicale Missionaria.

È stato ieri il cardinale Baldo Reina, vicario del Papa per la diocesi di Roma, durante la visita alle donne residenti e alle religiose, a dedicare la struttura alla Beata Clementina Anuarite, una giovane suora dell’attuale Repubblica Democratica del Congo, un’insegnante appartenente alla comunità di Jamaa Takatifu della congregazione delle Suore della Sacra Famiglia. Nel 1964, insieme ad alcune consorelle, fu rapita da un gruppo di soldati appartenenti alle milizie ribelli e assassinata per aver resistito a un tentativo di stupro. A lei, uccisa perché donna e perché ha difeso la sua identità e la sua fede in un clima politico complesso e violento, è stata dedicata una struttura che ospita donne rifugiate, vittime di tratta e sfruttamento, costrette a lasciare i loro Paesi perché in pericolo di vita per motivi di genere, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinione politica.

Ad accompagnare il porporato c’erano il direttore della Caritas diocesana di Roma Giustino Trincia, suor Michela Russo, presidente delle Francescane ausiliarie laiche missionarie dell’Immacolata, e suor Clementina Iezzi, già presidente dell’Associazione Laicale Missionaria.

L’appartamento di semiautonomia si inserisce nell’ambito di un percorso di promozione sociale pensato per donne che, dopo una fase di accoglienza protetta in comunità o centri antiviolenza, iniziano a vivere in modo più indipendente ma con un supporto ancora attivo, per consolidare la loro posizione lavorativa, economica e familiare al fine di divenire pienamente autonome e autosufficienti nella soddisfazione delle proprie necessità e bisogni. Attiva dal 2020 nella zona del Trullo, la casa ha 6 posti di accoglienza ed ha accolto 23 donne, 11 delle quali nel 2024, con una permanenza media di circa dieci mesi. Le donne nigeriane sono state le ospiti più numerose (10) seguite da altre nazionalità: Repubblica Democratica del Congo, Senegal, Costa d’Avorio, Somalia, Etiopia, Burkina Faso, Iraq, Tunisia, Siria.

«In questa casa – ha detto il cardinale Reina – sperimentiamo quella che Papa Francesco chiamava la fantasia dell’amore. Un sentimento che nasce dalla compassione e che poi si mette in movimento, come è successo al Buon samaritano, generando tutta una serie di azioni e di gesti che vanno dall’occhio che guarda, alle ferite da sanare, al corpo da mettersi sulle spalle. Le due aggregazioni missionarie e la nostra Caritas diocesana hanno aperto il cuore, hanno aperto l’orecchio e hanno dato vita a questa realtà: un luogo in cui c’è spazio per tutti e c’è spazio per l’impegno di tutti».

Casa “Beata Anuarite” è parte di un sistema più vasto di semiautonomia promosso dalla Caritas diocesana di Roma nella Capitale, con la disponibilità di 13 appartamenti che, nel corso del 2024, hanno accolto 84 persone, 35 delle quali minorenni, con 6 nuclei familiari. Queste strutture di accoglienza fanno parte di programmi sociali diversi promossi dall’organismo diocesano: 9 appartamenti sono per l’housing sociale rivolto a persone senza dimora; due – una maschile e una femminile – per protetti internazionali e vittime di violenza; una casa è dedicata a minori stranieri non accompagnati e a neomaggiorenni che completano il loro percorso nelle Case di accoglienza; un appartamento è pensato per persone malate di Aids al termine del loro periodo di degenza nelle Case famiglia.

4 giugno 2025

Il Cardinale Grech e l’arcivescovo Lazzaro You Heung sik scrivono ai sacerdoti di tutto il mondo

In occasione della festa di San Giuseppe, il cardinale Mario GrechSegretario Generale del Sinodo dei Vescovi, e l’arcivescovo Lazzaro You Heung sik, Prefetto della Congregazione per il Clero, scrivono ai sacerdoti di tutto il mondo circa il loro contributo come pastori in mezzo al Popolo di Dio al processo sinodale.

Con questa lettera, i due capi dicasteri vogliono incoraggiare i sacerdoti ad accogliere l’invito di Papa Francesco a “metterci in cammino, insieme, nell’ascolto reciproco, nella condivisione di idee e progetti, per far vedere il vero volto della Chiesa: una “casa” ospitale, dalle porte aperte, abitata dal Signore e animata da rapporti fraterni”.

Leggi la lettera

19 marzo 2022

Il cardinale Fitzgerald prende possesso di Santa Maria in Portico

Il cardinale Michael Louis Fitzgerald prenderà possesso della diaconia di Santa Maria in Portico, concessa da Papa Francesco durante il Concistoro dello scorso 5 novembre. La cerimonia si svolgerà durante i primi vespri di sabato primo febbraio, alle 18.30. Il rito della presa di possesso del cardinale titolare è l’incontro dei fedeli romani con il neo porporato che a pieno titolo è membro del clero romano. Il cardinale titolare sarà accolto sulla soglia d’ingresso dal parroco, padre Davide Carbonaro, che gli presenterà il crocifisso per il bacio.

In chiesa sarà letta la Bolla pontificia nella quale Papa Francesco affida al cardinale Fitzgerald la diaconia di Santa Maria De Porticu, eretta intorno al 590 da Papa Gregorio Magno, nei pressi del carcere Decemvirale. Il titolo fu trasferito a Santa Maria in Campitelli da Papa Alessandro VII il 26 giugno 1662. Papa Chigi fece erigere il santuario di Campitelli come compimento del voto rivolto alla Madonna dalla città di Roma, per la liberazione dalla peste del 1656. Traslò l’icona di Santa Maria in Portico nella nuova abside di Campitelli, invocandola con il titolo di Romanae Portus Securitatis e particolare protettrice della città di Roma. Ancora oggi il 1° febbraio la Chiesa di Roma assieme all’amministrazione capitolina rinnovano questa memoria della predilezione mariana per l’Urbe, compiendo l’omaggio floreale alla Madre di Dio.

27 gennaio 2020

Il cardinale De Donatis scrive ai fidei donum per la Pentecoste

Il cardinale De Donatis e Papa Francesco all'assemblea diocesana del 9 maggio 2019 (foto Cristian Gennari)

«Carissimo, la grande Solennità della Pentecoste mi fa pensare a tanti sacerdoti come te con maggiore intensità e affetto: voi siete i nostri preti che incarnano la missione “fino agli estremi confini della terra” (Mt 28,19), portate nel vostro cuore il fuoco dello Spirito che fece uscire gli Apostoli dal Cenacolo. Siete la nostra Chiesa che impara a “parlare lingue nuove” (cfr. Mc 16,17), rendendo comprensibile in culture diverse dalle nostre – per la medesima effusione dello Spirito – il Vangelo di Gesù e la comunione offerta in Lui». Così il cardinale vicario Angelo De Donatis scrive ai sacerdoti fidei donum, in occasione della Pentecoste.

«Non abbiamo molte occasioni per sentirci e raccontarci come vadano le cose – si legge ancora – ma devi sapere che se anche la comunicazione scritta tra noi ha ampi margini di miglioramento, non cessa mai la mia intercessione per il tuo ministero». Una lettera affettuosa e partecipa, nella quale il porporato coglie anche l’occasione per «aggiornarti di come le cose vanno qui in diocesi», ricordando il cammino pastorale compiuto finora sulle malattie spirituali, il fare memoria, la riconciliazione e il perdono.

«Lo scorso 9 maggio – scrive il cardinale De Donatis – il Papa è tornato a San Giovanni per incontrare la sua diocesi e indicare le linee del prossimo anno, in continuità con il processo di rinnovamento avviato. Ci ha indicata come nuova tappa quella dell’“ascolto con il cuore” (così si è espresso) della città: come Mosè fu inviato al popolo di Dio tribolato in Egitto, così la Chiesa di Roma vorrebbe reimparare ad ascoltare e a capire – grazie a questo ascolto – a che cosa il Signore la chiama e la invia. Si tratterà di mettere al centro delle nostre attività non tanto quello che siamo abituati a organizzare da tempo, ma la creazione di rapporti di amicizia, presenza, fraternità, grazie i quali discernere la presenza di Dio tra noi, qui e ora».

Leggi il testo integrale della lettera

6 giugno 2019

Articoli recenti