12 Settembre 2025

De Gasperi, un «modello di riferimento per la politica italiana ed europea»

Foto Diocesi di Roma / Gennari

Di seguito il discorso pronunciato dal cardinale vicario Baldassare Reina nella sessione di chiusura dell’inchiesta diocesana sulla vita, le virtù eroiche, fama di santità e dei segni del
Servo di Dio Alcide De Gasperi

La storia della Chiesa è costellata di figure che hanno lasciato una scia luminosa dietro di loro. Fra di esse spicca la figura del Servo di Dio Alcide De Gasperi. È una delle figure più significative della storia italiana del XX secolo, un uomo che, con la sua visione politica e la sua capacità di governo, ha saputo guidare l’Italia in una delle sue fasi più difficili. La sua eredità politica non si esaurisce nella ricostruzione post-bellica, ma si estende al consolidamento delle istituzioni democratiche e alla costruzione dell’Europa unita. La sua capacità di mediazione, il pragmatismo e il forte senso dello Stato lo rendono ancora oggi un modello di riferimento per la politica italiana ed europea.

Nato il 3 aprile 1881 a Pieve Tesino, in un Trentino ancora sotto il dominio Austro-ungarico, Alcide De Gasperi crebbe in un contesto culturale bilingue, che influenzò la sua formazione e la sua apertura internazionale. Dopo essersi laureato in Filologia Moderna all’Università di Vienna, il giovane De Gasperi si dedicò all’attività giornalistica e politica, collaborando con il quotidiano “Il Trentino”, impegnandosi nella difesa degli interessi della comunità italiana all’interno dell’Impero Austro-ungarico.

Nel 1911 venne eletto deputato al Parlamento di Vienna, dove si distinse per le sue battaglie a favore dell’autonomia amministrativa e culturale del Trentino. Con la fine della Prima Guerra Mondiale e l’annessione della sua terra all’Italia, De Gasperi si trovò a dover ridefinire il proprio ruolo politico all’interno di un nuovo contesto nazionale, con il Partito Popolare Italiano e si batté per il riconoscimento della partecipazione politica dei cattolici e per una visione dello Stato basata sul pluralismo e sulla giustizia sociale.
Con l’avvento del fascismo, il Partito Popolare venne sciolto e De Gasperi fu perseguitato dal regime. Arrestato nel 1927 e condannato a quattro anni di reclusione, venne poi graziato, ma visse per anni in condizioni di precarietà economica, trovando rifugio nella Biblioteca Apostolica Vaticana. Durante questo periodo, affinò le sue riflessioni politiche e sociali, gettando le basi per la rinascita del cattolicesimo politico nel secondo dopoguerra.

Dopo la caduta del fascismo, divenne uno dei principali protagonisti della fondazione della Democrazia Cristiana, partito che avrebbe guidato l’Italia per decenni. Nel 1945 fu nominato Presidente del Consiglio dei Ministri e guidò il paese nei cruciali anni della ricostruzione e dell’avvio del processo democratico. Durante il suo governo, l’Italia aderì al Piano Marshall; entrò nelle istituzioni europee nascenti e consolidò il sistema democratico, ponendo le basi per il boom economico degli anni successivi.

De Gasperi è stato riconosciuto come un uomo di grande fede e integrità morale. Numerosi testimoni e storici concordano nel descriverlo come un politico mosso da una profonda spiritualità e da una visione cristiana della vita e del servizio pubblico. La granitica fede fu per lui una guida costante, che ispirò ogni sua scelta e azione politica. Egli non si limitò a professarla nel privato, ma la tradusse in un impegno concreto nella costruzione di una società giusta e solidale.

Uno dei tratti distintivi del suo carattere era la capacità di affrontare le difficoltà con serenità e speranza. La sua visione dell’Europa, fondata sulla cooperazione tra i popoli, rifletteva un approccio inclusivo e lungimirante, in netto contrasto con le divisioni nazionalistiche che avevano segnato il continente nei decenni precedenti. Per lui, il confine non era una barriera divisoria, ma un ponte tra culture diverse.

De Gasperi esercitò la politica con senso di giustizia e rettitudine. Non cercò mai il potere per interesse personale, ma lo intese come servizio alla nazione. La sua attenzione ai più deboli e il suo impegno per il bene comune dimostrano come la carità cristiana non fosse per lui un principio astratto, ma una virtù concreta da incarnare nella vita politica.
L’eredità politica di Alcide De Gasperi è ancora oggi oggetto di riflessione per il suo approccio pragmatico, la sua capacità di mediazione e la sua visione strategica.

In un contesto di crisi della politica e delle istituzioni, il suo esempio offre spunti importanti per il dibattito contemporaneo. Uno degli aspetti più rilevanti della sua azione politica è la costruzione dell’Europa unita. De Gasperi fu tra i primi a comprendere che la cooperazione tra gli Stati europei fosse la chiave per garantire pace e stabilità. Il suo contributo al progetto europeo è oggi più attuale che mai, in un momento storico in cui l’integrazione europea affronta sfide complesse e in cui il rischio di frammentazione è sempre presente. Anche la sua idea di politica basata sul dialogo tra le diverse forze sociali e politiche rimane un modello di riferimento. In un’epoca segnata dalla polarizzazione e dal populismo, il metodo di De Gasperi, fondato sul confronto costruttivo e sulla ricerca di soluzioni condivise, appare come un approccio necessario per ricostruire la fiducia nelle istituzioni.

Il Servo di Dio è ricordato non solo come un grande statista, ma soprattutto come un uomo di profonda fede in Dio e rettitudine morale. La sua vita è stata segnata da difficoltà e prove, ma ha sempre affrontato ogni ostacolo con spirito di servizio e una visione cristiana del bene comune; non ha mai perso la fiducia nella Divina Provvidenza e la determinazione nel perseguire la giustizia. Il suo impegno politico non era mosso da ambizioni personali, ma da una sincera vocazione a servire il prossimo, tanto che la sua azione è stata definita “profetica, sacerdotale e regale” nella missione di costruire un futuro migliore per la società.

La figura del Servo di Dio continua a essere di straordinaria attualità: il suo contributo alla costruzione della democrazia italiana, il suo ruolo nell’integrazione europea e il suo modello di leadership politica offrono spunti di riflessione per affrontare le sfide del presente.

In un contesto di crisi della rappresentanza politica, il suo esempio invita a riscoprire il valore del servizio pubblico, della competenza e della responsabilità. Il suo pensiero e la sua azione politica non appartengono solo alla storia, ma costituiscono una risorsa per il futuro, un punto di riferimento per chiunque voglia impegnarsi per il bene comune con serietà e dedizione. Chi lo ha conosciuto direttamente lo descrive come un uomo umile e riservato, ma capace di trasmettere con l’esempio di vita una profonda spiritualità.

La figlia Maria Romana ha raccontato che il padre viveva la fede con coerenza, senza ostentazioni, nutrita quotidianamente con la preghiera e la meditazione. Anche figure di rilievo, come San Giovanni XXIII, hanno riconosciuto la grandezza della testimonianza cristiana del Servo di Dio De Gasperi. Il Pontefice, infatti, parlava di lui come di un uomo ispirato da una visione biblica della vita e del servizio agli altri. La sua eredità spirituale e politica è tuttora viva nella memoria di tanta gente. Il suo esempio di integrità, servizio e impegno per il bene comune rimane un punto di riferimento per la società contemporanea, soprattutto in un’epoca in cui la politica appare spesso priva di valori e idealità.

La Fondazione a lui dedicata porta avanti questo messaggio, promuovendo attività culturali e sociali ispirate ai principi che hanno guidato la sua vita.

Dopo la sua morte, la commozione popolare è stata immensa. Migliaia di persone hanno accompagnato il suo feretro da Trento a Roma, manifestando con gesti spontanei il loro affetto e la convinzione di uomo giusto e virtuoso. Alcuni chiedevano persino la sua intercessione, come dimostrano le invocazioni udite lungo il tragitto: “Alcide, prega per noi!”.
Questo sentimento collettivo di ammirazione si è tradotto in una fama sanctitatis, ovvero nella convinzione diffusa che De Gasperi avesse vissuto in modo esemplare le virtù cristiane. La sua morte, accompagnata da un vasto moto di cordoglio popolare, testimonia quanto fosse percepito non solo come un uomo di Stato, ma come una guida morale significativa per la nazione.
Ci auguriamo che la Chiesa voglia riconoscere l’eroicità delle virtù di Alcide De Gasperi. In un momento storico in cui si avverte la necessità di leader credibili e coerenti, la figura del Servo di Dio De Gasperi emerge come un modello attuale, capace di offrire insegnamenti validi per le persone impegnate in politica e nel sociale. La sua eredità spirituale e politica continua a essere un faro per le future generazioni, dimostrando che l’integrità, la dedizione e il senso del dovere possono lasciare un segno indelebile nella storia di un paese.
Grazie!

28 febbraio 2025

De Donatis: «Roma ha bisogno degli artisti»

Il Beato Angelico «volle essere un cristiano che donava i suoi tesori a Cristo». Le sue opere sono «un regalo suo e di Dio al mondo». Il 18 febbraio, giorno in cui ricorre la memoria liturgica di fra Giovanni da Fiesole – così si chiamava il celebre pittore toscano vissuto a cavallo tra i Trecento e il Quattrocento –, patrono degli artisti, il cardinale vicario ha presieduto la Messa nella basilica di Santa Maria sopra Minerva, dove è sepolto. Al termine della celebrazione eucaristica, animata dalla Cappella Augustea del Conservatorio di Santa Cecilia di Roma, nella stessa chiesa del centro si è tenuto l’incontro del ciclo “Roma by night” – promosso dal Servizio diocesano per la cultura e l’università e dall’Ufficio catechistico diocesano – dedicato a “La luce dell’arte sulla vita degli uomini”, con monsignor Andrea Lonardo, direttore del Servizio diocesano, e Riccardo Lufrani, priore del convento di Santa Maria sopra Minerva e docente di Teologia morale alla Lumsa di Roma.

Il cardinale De Donatis ha concluso la sua omelia con un appello ai tanti artisti presenti nella basilica. «Dobbiamo tornare tutti insieme a far risplendere Roma – ha esortato –, che è stata, era e sarà una luce nel mondo. Io so che ne avete il desiderio e le potenzialità. Roma ha bisogno degli artisti. Roma ha bisogno di testimoni che assicurino che il buono, il bello e il vero esistono e sono raggiungibili. Quando il Beato Angelico rappresentò il Paradiso dipinse uomini e donne che si abbracciano insieme, fra di loro e con gli angeli, perché la vita è condivisione, ed è salvezza raggiunta insieme. Che il Beato Angelico interceda per noi nel raggiungere questa meta».

Leggi l’omelia completa

19 febbraio 2019

De Donatis cardinale, Il Papa: «Servire Cristo nel popolo fedele di Dio…»

A San Pietro sono le 16.35 quando il vicario di Roma si inginocchia davanti al suo vescovo. Sul capo di don Angelo, Francesco impone lo zucchetto e la berretta cardinalizia «rossa come segno della dignità del cardinalato, a significare che dovete essere pronti a comportarvi con fortezza, fino all’effusione del sangue, per l’incremento della fede cristiana, per la pace e la tranquillità del popolo di Dio e per la libertà e la diffusione della Santa Romana Chiesa».
Poi, «dalla mano di Pietro» la consegna dell’anello con l’invito a ricordare che «con l’amore del Principe degli Apostoli si rafforza il tuo amore verso la Chiesa». Infine, dopo la consegna della Bolla di creazione cardinalizia e l’assegnazione del “titulus Marci” (San Marco in Campidoglio ndr.), lo scambio dell’abbraccio di pace tra il Papa e il suo vicario per la diocesi di Roma.

Oltre a De Donatis cardinale, nel Concistoro di oggi, sono stati creati altri due cardinali italiani: Giovanni Angelo Becciu, Sostituto della Segreteria di Stato vaticana fino ad agosto, quando assumerà la guida della Congregazione per le cause dei santi, e Giuseppe Petrocchi, arcivescovo dell’Aquila. Con loro, a ricevere la berretta cardinalizia, Luis Raphael I Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei, in Iraq; Luis Ladaria Ferrer, gesuita spagnolo, dal 1° luglio 2017 prefetto della Congregazione per la dottrina della fede; Konrad Krajewski, polacco, Elemosiniere pontificio; Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi, in Pakistan; Antonio dos Santos Marto, vescovo di Leiria– Fatima, in Portogallo; Pedro Ricardo Barreto Jimeno, gesuita, arcivescovo di Huancayo, in Perù; Désiré Tsarahazana, arcivescovo di Toamasina, in Madagascar; Thomas Aquino Manyo Maeda, arcivescovo di Osaka, in Giappone.

Tre i cardinali non elettori: Sergio Obeso Rivera, arcivescovo emerito di Xalapa, messicano, Toribio Ticona Porco, prelato emerito di Corocoro, boliviano, e Aquilino Bocos Merino, claretiano spagnolo, l’unico non vescovo tra i nuovi cardinali.
A tutti loro, sulla scorta del Vangelo di Marco, il Papa ha ricordato che non serve «guadagnare il mondo intero se si è corrosi all’interno», se si vive «tutti presi da intrighi asfissianti che inaridiscono e rendono sterile il cuore e la missione». In questa situazione – il monito di Francesco – «si potrebbero già vedere gli intrighi di palazzo, anche nelle curie ecclesiastiche».

Ma, niente paura, «mentre siamo sulla strada per Gerusalemme, il Signore cammina davanti a noi per ricordarci ancora una volta che l’unica autorità credibile è quella che nasce dal mettersi ai piedi degli altri per servire Cristo». Il cardinalato non è una promozione, una onorificenza, lo è «servire Cristo nel popolo fedele di Dio, nell’affamato, nel dimenticato, nel tossicodipendente, in persone concrete con le loro storie e speranze, con le loro attese e delusioni, con le loro sofferenze e ferite». Infine il monito del pontefice ai neo cardinali: «Nessuno di voi deve sentirsi “superiore” ad alcuno. Nessuno di voi deve guardare gli altri dall’alto verso il basso. Possiamo guardare così una persona solo quando la aiutiamo ad alzarsi».

da Romasette.it, 28.giugno.2018

De Donatis al Consiglio dei prefetti: «Riconciliamoci con il nostro passato»

«Puntiamo a riconciliarci con il nostro passato, a riconciliarci tra di noi e a riprendere con coraggio il cammino». Così il cardinale vicario Angelo De Donatis esordisce al Consiglio dei prefetti, che si è tenuto ieri, lunedì primo ottobre. Quindi traccia una storia della Chiesa di Roma degli ultimi anni, che «servirà da base – sottolinea –, ma sarà arricchito dalla condivisione dei ricordi e dalla testimonianza di fede di ciascuno di voi».

Poi annuncia: «Il frutto del lavoro di questa mattina sarà poi proposto da vescovi ausiliari negli incontri di settore e dibattuto nelle riunioni dei presbiteri in prefettura. Un momento particolarmente importante (una novità di quest’anno) sarà la realizzazione da qui all’inizio dell’Avvento di un incontro comune di prefettura (una sorta di assemblea comunitaria) a cui tutti sono invitati: laici giovani e adulti, religiosi, diaconi e presbiteri».

Leggi l’intervento completo del vicario

Leggi l’intervento del vescovo Palmieri al Consiglio dei prefetti

2 ottobre 2018

De Donatis ai nuovi sacerdoti: «La vigna che troverete è il miglior seminario»

Omelia del cardinale vicario Angelo De Donatis in occasione delle ordinazioni presbiterali del 3 ottobre 2020

De Donatis a Fatima: «L’umiltà è il nostro “Green pass” per andare in Cielo»

«Ormai questo santuario ci è diventato familiare, è entrato nella “geografia della salvezza” delle nostre vite. Fatima è il punto di ri-partenza che Dio ha scelto per noi quest’anno, in questi tempi così difficili». Lo ha detto stamani il cardinale vicario Angelo De Donatis, nell’omelia della Messa che ha celebrato nel santuario di Fatima, durante il pellegrinaggio diocesano. «Siamo venuti qui cercando Dio e, attraverso Maria, lo stiamo ritrovando – ha osservato il porporato –. A lui abbiamo portato le nostre croci, le nostre prove. E lui ci viene incontro con la sapienza della Croce, stoltezza per il mondo, ricordandoci che solo se siamo crocifissi con Lui potremo gustare la pienezza della Vita». Quindi, la richiesta al Signore di «non toglierci le croci, ma di saperle trovare nella Sua e, con essa, la forza di portarle».

Invitando a guardare a Maria, «madre e maestra spirituale», il cardinale ha ribadito che «se crediamo di essere autodidatti nella fede, facilmente rischieremmo di perderci e di sbagliare». «Se camminiamo soli, lì dove troviamo “buio”, vediamo solo “oscurità”; con lei vediamo il passo prima della luce». Nelle parole del cardinale anche la volontà di «metterci alla scuola di Maria». «Secondo la sua logica, troviamo Fatima» non come «un insieme di segreti che annunciano distruzione e fine; ma una immensa luce di speranza in una storia di difficoltà e di prove». Infine, l’invito all’umiltà, «nostro “Green-pass” necessario per andare in Cielo». «Se vogliamo elevare lo sguardo al Cielo, siamo invitati ad essere piccoli».

De Donatis a Fatima: “A casa di Maria come famiglia”

“A Fatima lo scopo di tutte le apparizioni – e quello del nostro pellegrinaggio – è stato quello di far crescere sempre più nella fede, nella speranza e nella carità: è l’invito alla conversione”. Lo ha detto il vicario del Papa per la diocesi di Roma, il card. Angelo De Donatis, nell’omelia della Messa che ha celebrato oggi pomeriggio a Fatima, all’arrivo del gruppo dei pellegrini che svolgono in questi giorni il pellegrinaggio diocesano. “A Fatima ci stupisce sapere come tre bambini semplici si siano arresi alla forza interiore che li ha invasi nelle apparizioni dell’Angelo e della Madre di Dio – ha aggiunto il cardinale -. Maria entra nella vita semplice e normale di tre pastorelli”.

Guardando alla “dimensione di famiglia” che si è venuta a creare, il vicario del Papa per la diocesi di Roma ha ribadito che “siamo partiti dalle nostre case, dal nostro quotidiano per portare al Signore, attraverso Maria, le nostre intenzioni, le nostre fatiche, le nostre attese, le nostre preoccupazioni”. “c – ha osservato -, ma vediamo che è Gesù a entrare nella nostra casa, nella nostra vita, per offrirci una Luce rinnovata e per invitarci a mettere ordine nel nostro cuore, ridando le giuste priorità”.

Quindi, l’invito ai pellegrini in questi giorni a “mettersi in ascolto” per “imparare a vivere”. Citando Giovanni Paolo II, poi il card. De Donatis ha sottolineato come “anche Maria a Fatima ci richiama a ridare la giusta priorità alle cose di Dio”. “Ammettiamolo: siamo troppo preoccupati delle cose che passano e anche questa pandemia ha rivelato l’innata paura in ciascuno di noi di perdere tutto ciò che appartiene alla terra”. Quindi, la considerazione del cardinale: “Come cambierebbero le nostre abitudini se ci sentissimo fin d’ora cittadini del Cielo! Essere a Fatima significa desiderare la casa del Cielo, non solo come compimento al di là della morte, ma come condizione stabile di chi vive quaggiù ora, occupandosi delle cose di lassù”. Infine, l’invito a “riprendere il gusto di aprire la Bibbia ogni mattina, partendo magari dal Vangelo del giorno; trovare qualche minuto per leggere la Parola e ascoltare Dio che ci comunica qualcosa”.

Leggi il testo integrale dell’omelia

28 agosto 2021

Das Welttreffen der Familien von Rom ist auf 2022 verschoben

Wie in der Mitteilung des Pressebüros des Heiligen Stuhls vom vergangenen 10. April 2020 berichtet wird, “hat der Heilige Vater, zusammen mit dem Dikasterium für die Laien, die Familie und das Leben, beschlossen aufgrund der aktuellen Gesundheitssituation und ihrer Folgen für das Verreisen und Versammeln von Jugendlichen und Familien das nächste Welttreffen der Familien, das im Juni 2021 in Rom stattfinden soll, um ein Jahr auf Juni 2022 zu verschieben”. Auch der Weltjugendtag ist verschoben worden.

Die Familien werden sich im Juni 2022 statt 2021 in Rom treffen. In einem Interview von Vatican News erläutert Kardinal Kevin Joseph Farrell, Präfekt des Dikasteriums für Laien, Familie und Leben, ausführlich die Gründe für diese Verschiebung:

R. – Bei diesen beiden Terminen handelt es sich um zwei internationale Ereignisse, und in der Situation, in der wir uns jetzt befinden, ist es sehr schwierig zu wissen, wie unser Leben nach dieser Pandemie aussehen wird. Das Welttreffen der Familien war für Juni nächsten Jahres geplant, und nun müssen natürlich alle organisatorischen und logistischen Fragen geklärt werden, um sich auf dieses Ereignis vorzubereiten. Jetzt sind wir uns jedoch nicht sicher, wie die wirtschaftliche Situation und die Situation der Menschen und Familien im nächsten Jahr aussehen wird, und es ist nicht sicher, ob im nächsten Jahr viele Menschen aus dem Ausland zu dieser Veranstaltung nach Rom kommen werden können. Und so haben der Heilige Vater und wir im Dikasterium nach Rücksprache mit dem Vikariats hier in Rom und den Verantwortlichen in Portugal, dass es am besten wäre, ein Jahr zu warten, bevor wir mit der Vorbereitung dieser internationalen Veranstaltungen beginnen. So wurde beschlossen, dass der Termin mit den Familien 2022 in Rom und 2023 für die Jugendlichen in Lissabon stattfinden soll. Es besteht Besorgnis über die Zukunft, so wie sie sein wird. Wir hoffen, dass wir zur Normalität unseres Alltagslebens zurückkehren können, aber das ist nicht realistisch. Ich glaube, viele Leute denken, dass es mindestens zwei oder drei Jahre dauern wird, bis sie wieder zur Normalität zurückfinden.

Diese internationalen Treffen bedeuten für eine beträchtliche Anzahl von Menschen die Notwendigkeit zu reisen. Wir wissen nicht, wie die Aussichten für die Zukunft sein werden: Wie wollen Sie vorgehen?

R. – Fast alle Diözesen der Welt organisieren Veranstaltungen in ihrem eigenen Land, und es finden Treffen für Familien und junge Menschen statt. Wir setzen uns weiterhin dafür ein, allen Bischöfen bei der Förderung des Familienlebens zu helfen und arbeiten auch mit jungen Menschen in den Diözesen zusammen. Wir hoffen, dass es diese internationalen Welttreffen weiterhin geben wird, aber wie ich bereits sagte, ist es unrealistisch zu glauben, dass die Menschen innerhalb der nächsten zwei Jahren frei reisen können. Unsere Aufgabe ist nicht nur die Organisation dieser beiden Veranstaltungen, sondern auch die tägliche Arbeit, die wir tun müssen, um das Familienleben und auch das christliche und jugendliche Leben weiter zu fördern.

Der Lockdown, den wir in so vielen Ländern auf der ganzen Welt erlebt haben, lädt uns ein, das Wesentliche und die zentrale Stellung der Familie in den Blick zu nehmen. Welche Lehren können wir aus dieser Situation ziehen?

R. – Ich glaube, dass der Papst jeden Tag eine Botschaft an alle Menschen der Welt gegeben hat: Die Familie ist der zentrale Ort unseres Lebens, sie lehrt uns so viel. Das wir in diesen Tagen gezwungen waren so vereint als Familie zu leben, lehrt uns viele Dinge, z.B. ohne Egoismus zu leben. Was wir erlebten, war eine Gelegenheit, die der Herr uns gegeben hat, zu lernen, den Egoismus vor der Tür zu lassen und jeden Menschen als Bruder oder Schwester zu sehen. Eine Sache, die wir in diesen Tagen lernen konnten, ist, dass die Familie auch ein Ort ist, an dem wir einander kennenlernen können, denn es gibt so viele Dinge im Leben eines jeden von uns, die jeden Tag passieren, dass wir manchmal die Bedürfnisse der Menschen um uns herum nicht erkennen, weil wir so besorgt um uns selbst sind. Dann ist es Zeit zu lernen den Egoismus aus unserem Leben zu verbannen und uns darum zu kümmern, andere Menschen anzuschauen.

Dalle ore 9 nella basilica di San Giovanni in Laterano amministra il Sacramento della Riconciliazione

Dalle ore 9 nella basilica di San Giovanni in Laterano amministra il Sacramento della Riconciliazione

Dalle ore 8.30 riceve i sacerdoti

Dalle ore 8.30 riceve i sacerdoti.

Dalle ore 8.30 riceve i sacerdoti

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Dalle ore 8.30 alle ore 10 riceve i sacerdoti

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