25 Agosto 2025

«Grazie per tutto quello che avete fatto!»: la lettera del cardinale vicario sul Giubileo dei giovani e l’invito all’assemblea diocesana con Papa Leone

Foto Gennari

Di seguito il testo integrale della lettera del cardinale vicario

Carissimi,
all’indomani del Giubileo dei Giovani, insieme al Consiglio Episcopale, sento il bisogno di esprimere a ciascuno di voi un sentito “grazie” per tutto quello che avete fatto in questi mesi di preparazione e, in particolare, nell’ultima settimana culminata nella Veglia di sabato е nella commovente Celebrazione Eucaristica di ieri mattina presiedute dal nostro Vescovo.

Quando abbiamo iniziato a ragionare su questo grande evento, il Dicastero per la Nuova Evangelizzazione guidato da S.E. Mons. Fisichella, ci ha affidato la cura dell’accoglienza dei giovani pellegrini; con prontezza e disponibilità ci siamo messi all’opera, organizzando con dedizione ogni aspetto in modo da arrivare preparati e offrire un servizio degno della bellezza di quanto abbiamo vissuto.

Desidero rivolgere un particolare ringraziamento all’Ufficio per la Pastorale Giovanile a partire dal suo direttore, don Alfredo Tedesco, per l’impegno profuso e per il cammino di accompagnamento che ha saputo offrire in questo ultimo anno. Si è rivelata provvidenziale l’intuizione di istituire una rete di referenti di Pastorale Giovanile per ciascuna Prefettura. I 36 sacerdoti incaricati hanno svolto un servizio prezioso, spesso forse nascosto agli occhi dei più, ma molto utile per sollecitare le singole comunità, per mappare i luoghi destinati all’accoglienza, per sostenere gli animatori e per segnalare le difficoltà per tempo, al fine di trovare soluzioni adeguate e tempestive. La scelta dei referenti di prefettura è la dimostrazione che, quando usciamo fuori dai nostri confini e facciamo rete con chi ci sta accanto e con la realtà della Diocesi, le cose funzionano davvero e hanno il sapore di un’autentica fraternità ecclesiale.

In questo sentimento di gratitudine vi chiedo di includere i tantissimi volontari che ci hanno supportato sia a livello diocesano che nelle singole comunità parrocchiali. E’ stato bello vedere la generosità di tanti fratelli e sorelle che, secondo le loro possibilità, hanno fatto ciò che hanno potuto per rendere più bella e più familiare l’accoglienza.

Credo che siamo riusciti a mostrare il volto di una Chiesa che vuole essere fedele alla sua intima vocazione di “madre di tutte le Chiese” nella carità e nella comunione. E quando vediamo i frutti di tale impegno ci sentiamo incoraggiati e scopriamo il lato bello della nostra Diocesi, colma di vitalità e freschezza.

In queste ultime settimane di certo non sono mancati gli imprevisti o le difficoltà. La macchina organizzativa è stata molto complessa e abbiamo messo in conto che qualcosa avrebbe potuto non funzionare alla perfezione. Se da parte nostra, come Diocesi, non siamo stati pronti nell’affrontare qualche problematica vi chiedo scusa; mi sento di dire che ce l’abbiamo messa tutta cercando di rispondere con dedizione ad ogni richiesta di supporto.

Celebrato il Giubileo dei Giovani è tempo di un po’ di riposo nel corpo e nello spirito prima di riprendere le attività del prossimo anno pastorale.

Come accennato durante la celebrazione del 24 giugno scorso, considerato il particolare anno che abbiamo vissuto, segnato in particolare dalla morte di Papa Francesco e dall’inizio del ministero di Papa Leone XIV, abbiamo pensato di posticipare a settembre la consegna delle linee pastorali.

Il nostro Vescovo ha accettato con gioia di accompagnare Lui stesso l’avvio dell’anno pastorale e verrà nella nostra Basilica Cattedrale il 19 settembre p.v., nel pomeriggio, per tracciare il cammino della nostra Chiesa all’interno di una grande Assemblea Diocesana. Alla ripresa delle attività riceverete una lettera con tutti i dettagli di quel momento; intanto desidero condividere questa gioia perché possiamo sin da adesso alimentarla con la preghiera.

A voi e ai vostri collaboratori auguro di trascorre un’estate serena e ristoratrice.

Ancora una volta grazie di cuore. In questo giorno speciale ci affidiamo all’intercessione del Santo Curato D’Ars perché ci custodisca nell’umiltà e nel desiderio di crescere nella santità.

A ciascuno di voi chiedo preghiere per il mio servizio e vi abbraccio tutti con profondo affetto.
Buona estate!

Baldassare Card. Reina
Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma

4 agosto 2025

«Grazie a tutti!». Il Papa benedice i fedeli dal Gemelli in occasione dell’Angelus

foto diocesi di Roma / Gennari

Alle 12 di questa mattina, 23 marzo, Papa Francesco si è affacciato da un balconcino al secondo piano del Policlinico Gemelli – dove era ricoverato dal 14 febbraio – per un saluto e una benedizione ai fedeli prima di tornare a Santa Marta, dopo una degenza di 38 giorni: «Grazie a tutti. Vedo questa signora coi fiori gialli. È brava». Poche parole quelle pronunciate dal Pontefice, che ha salutato alzando il pollice, dopo aver consegnato alla Sala Stampa della Santa Sede il suo testo dell’Angelus per la terza domenica di Quaresima.

Francesco concentra il suo pensiero sulla «pazienza di Dio» che ha avuto modo di sperimentare durante «questo lungo tempo di ricovero»; una pazienza «riflessa nella premura instancabile dei medici e degli operatori sanitari, così come nelle attenzioni e nelle speranze dei familiari degli ammalati. Questa pazienza fiduciosa, ancorata all’amore di Dio che non viene meno, è davvero necessaria alla nostra vita, soprattutto per affrontare le situazioni più difficili e dolorose».

Il Pontefice ancora una volta si riferisce alla ripresa di pesanti bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza, con tanti morti e feriti: «Chiedo che tacciano subito le armi; e si abbia il coraggio di riprendere il dialogo, perché siano liberati tutti gli ostaggi e si arrivi a un cessate il fuoco definitivo. Nella Striscia – dichiara nel testo Papa Francesco – la situazione umanitaria è di nuovo gravissima ed esige l’impegno urgente delle parti belligeranti e della comunità internazionale».

Un pensiero di speranza va invece alla situazione del Caucaso Meridionale: «Sono lieto che l’Armenia e l’Azerbaigian abbiano concordato il testo definitivo dell’Accordo di pace. Auspico che esso sia firmato quanto prima e possa così contribuire a stabilire una pace duratura nel Caucaso meridionale».

Infine Francesco ringrazia tutti coloro che stanno ancora pregando per lui: «Anch’io prego per voi. E insieme imploriamo che si ponga fine alle guerre e si faccia pace, specialmente nella martoriata Ucraina, in Palestina, Israele, Libano, Myanmar, Sudan, Repubblica Democratica del Congo».

Lasciato il Policlinico Gemelli, Papa Francesco ha voluto raccogliersi in preghiera nella Basilica di Santa Maria Maggiore davanti all’icona della Salus Populi Romani; un cambio di percorso prima del suo rientro in Vaticano.

23 marzo 2025

«Gesù asciuga le nostre lacrime»: a Lisbona la Via Crucis con Papa Francesco

Foto DiocesiDiRoma/Gennari

Da Lisbona Roberta Pumpo

Hanno cantato, hanno scambiato gadget con i pellegrini di altri Paesi, hanno pregato. All’arrivo di Papa Francesco sono esplosi in grida di giubilo. Per ore il popolo della Gmg ha atteso Bergoglio, nel pomeriggio di venerdì 4 agosto nel parco Edoardo VII dove si è svolta la Via Crucis. Il caldo del pomeriggio non li ha scoraggiati. In 800mila hanno invaso le vie a nord del centro storico di Lisbona intonando canti a Maria, coinvolgendo i gruppi che incontravano sul loro cammino. La loro attesa è stata premiata dal Papa che nel lungo percorso sulla papamobile li ha salutati e benedetti.

La “Colina do Encontro”, “Collina dell’Incontro”, come è stato ribattezzato il parco in occasione della Gmg, era una distesa di bandiere sventolate da pellegrini provenienti dal lontano Vietnam e dalla più vicina Francia, dall’Honduras e dalla Germania. Tutti uniti da una sola fede, quella in Cristo Gesù, che «aspetta con il suo amore e la sua tenerezza per consolare e asciugare le lacrime» di ognuno, ha affermato il vescovo di Roma. «Tu qualche volta piangi?» ha chiesto il Papa ai pellegrini, aggiungendo che i «cuori chiusi sono brutti», così come lo sono «i momenti di solitudine». Ma non bisogna scoraggiarsi, ha aggiunto, perché «Gesù vuole riempire la paure di ognuno con il suo amore e la sua consolazione». Anche amare può far soffrire, può comportare dei rischi «ma bisogna correrli – ha avvertito il Santo Padre –, vale la pena farlo». Ancora: «Gesù con la sua tenerezza asciuga le nostre lacrime nascoste. Vuole colmare con la sua vicinanza la nostra solitudine, vuole colmare le mie paure, le tue paure oscure, con la sua consolazione vuole spingerci ad abbracciarci. Amare è rischioso, e lui sa meglio di noi che amare è rischioso. Amare è un rischio, e vale la pena correrlo, e lui ci accompagna sempre, è sempre vicino a noi in ogni tappa della vita Oggi faremo il cammino con lui, della nostra sofferenza, delle nostre ansie, delle nostre solitudini. Ognuno di noi pensi alle proprie sofferenze, alle proprie ansie, alle proprie miserie che fanno paura. Ci pensi e pensi alla voglia che l’anima torni a sorridere. E Gesù cammina verso la croce, perché la nostra anima possa sorridere».

Le 13 stazioni della Via Crucis erano tutte incentrate sulle ansie dei giovani di oggi, da quella per il futuro incerto anche a causa delle guerre e degli attentati, delle violenze nelle relazioni e degli abusi sui minori. Trattato il tema della solitudine con la testimonianza di Esther, spagnola di 34 anni, da 10 su una sedia a rotelle a causa di un incidente stradale. Poi una gravidanza interrotta, il vuoto dentro fino all’incontro con il Signore. «Mi sono confessata, dopo molti anni, provando un profondo pentimento per tutta la sofferenza che ho provocato a questo Padre che tanto mi ha amato – ha detto –. Egli mi ha insegnato a vivere in altra maniera e a ritornare in Chiesa, dove sapevo che sempre mi aspettava».

Nella settima stazione la testimonianza di João, 23 anni, portoghese che ha raccontato come l’isolamento causato dalla pandemia lo ha costretto a guardarsi dentro e a tornare ai tempi in cui è stato vittima di bullismo. «Spesso ho rimandato la riflessione sui segni lasciati dalla pandemia – ha spiegato –. E in quell’atto di rinvio, che è di inerzia, ho capito che la pandemia mi aveva cambiato e reso tante volte più arido. La fede mi aiuta sempre quando cado. La fede in una Chiesa pellegrina, dove nessuno resta fuori e, ispirata alla testimonianza della Madonna, si alza e sceglie come percorso le case e i cuori di coloro che si sentono ai margini. Insieme, come umani, è possibile vincere ogni isolamento, ogni individualismo».

Infine la parola è passata a Caleb, americano di 29 anni, che dopo il divorzio dei genitori e sprofondato nella depressione. «Ho lottato con l’autolesionismo – ha raccontato –, sono diventato tossicodipendente e ho desiderato porre fine alla mia vita. Ho lasciato che il dolore mi portasse ad abbracciare i miei desideri egoistici». Fino all’incontro con Cristo che ha sanato la sia anima. «Dopo aver provato tutto ciò che questo mondo ha da offrire – ha concluso –, Lui è l’unico che mi ha veramente saziato».

Questa sera, sabato 5 agosto, nuovo appuntamento di Papa Francesco con i giovani al Parco Tejo “Campo da Graça”, dove si terrà anche la Messa conclusiva di domenica.

5 agosto 2023

«Fate attenzione a come ascoltate»: l’intervento del cardinale nei settori della diocesi

«Affinare la dimensione contemplativa dell’ascolto». Si potrebbe riassumere in questa frase l’obiettivo che la diocesi di Roma si pone per i prossimi anni, in linea con il cammino sinodale partito il 10 ottobre. A ribadirlo è stato il cardinale vicario Angelo De Donatis, che ha incontrato i sacerdoti dei diversi settori della diocesi e i cappellani impegnati in vari ambiti della pastorale.

Punto di partenza è l’intervento di Papa Francesco dello scorso 18 settembre, durante l’udienza con la diocesi in Aula Paolo VI. «Non dobbiamo “risistemare” la diocesi (tentazione “funzionalista”) – ricorda il vicario in proposito –, ma ascoltare lo Spirito Santo; Egli ci dona il coraggio di camminare in avanti accettando di attraversare lo squilibrio, in vista di una nuova e più evangelica “forma di Chiesa”». Ancora, prosegue il vicario, «dobbiamo tenere in mente che a Roma servono almeno cinque anni perché un cambiamento importante “entri” e diventi realtà, come affermava il Cardinale Poletti; e superare una certa autoreferenzialità e frammentarietà ecclesiale (comunità che bastano a sé stesse, che non dialogano tra loro) per un atteggiamento di apertura e di ascolto degli altri, dentro la comunità cristiana e fuori di essa, è un passaggio che richiede del tempo».

Ascolto in primo piano, dunque. «Dobbiamo insistere sull’ascolto – sono ancora le parole del cardinale De Donatis –. Il rischio infatti è di ripetere le cose che abbiamo sempre fatto, anche nell’evangelizzazione, senza chiederci più se il Signore ce le chiede ancora, se sono davvero necessarie per la testimonianza evangelica oggi. Non possiamo troppo frettolosamente concludere di aver già ascoltato, di aver già capito questo tempo e i nostri contemporanei».

«Ho scelto allora per il nostro anno pastorale questo titolo sintetico: “Fate attenzione a come ascoltate” – aggiunge il porporato – preso da Lc 8,18, un brano che segue la parabola del seminatore. Gesù aggiunge poi questa frase: “perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche ciò che crede di avere”. È questa la legge dell’ascolto: proprio quando pensiamo che non ci sia più nulla da ascoltare, quando ci convinciamo di “avere”, di “possedere” la conoscenza degli altri o persino la Parola di Dio, proprio allora il Signore ci farà comprendere che la realtà è tanto più grande e più ricca di quello che immaginavamo, che la Parola di Dio chiedeva di essere scoperta e incarnata in modi diversi da quelli in cui siamo abituati a trovarla. Quando invece curiamo davvero l’ascolto, quando facciamo attenzione a come ascoltiamo, allora sperimentiamo che ci viene donata una ricchezza sempre più grande: per grazia scopriamo sempre meglio come Dio sia presente e agisca nella realtà, intuiamo il suo disegno di amore sempre molto più grande del nostro ristretto orizzonte».

L’intervento integrale del cardinale De Donatis

Udienza di Papa Francesco alla diocesi del 18 settembre

Lettera della Cei ai presbiteri e agli operatori pastorali

Lettera della Cei agli uomini e alle donne di buona volontà

Indicazioni operative per il cammino sinodale

Scheda delle Beatitudini con Questionario Sinodale

Suggerimenti liturgici per l’apertura del cammino sinodale

22 ottobre 2021

«È Maria a camminare verso di noi»: partito il pellegrinaggio diocesano a Lourdes

«Tutto comincia con un cammino breve… Piccoli passi, per affrontare la lunga avventura della evangelizzazione. Anche noi abbiamo affrontato un viaggio per venire qui a Lourdes. Per molti di voi è un appuntamento a cui non è possibile mancare; per altri è la prima volta. Abbiamo lasciato le nostre case, le nostre attività e, fatto questo breve tragitto tra l’Italia e i Pirenei, ci apprestiamo a ritrovare la forza per un tragitto più lungo, quella della vita cristiana. Per questo abbiamo bisogno di Maria che sa cosa significa mettersi in cammino». È iniziato ieri (lunedì 28 agosto) il pellegrinaggio diocesano a Lourdes, guidato dal cardinale vicario Angelo De Donatis. Il porporato ha presieduto la Messa di apertura – concelebrata, tra gli altri, dal cardinale Enrico Feroci, dal vescovo Benoni Ambarus e dal vescovo Guerino Di Tora –, durante la quale ha proposto ai partecipanti alcune riflessioni sul senso di questo tradizionale cammino di fine agosto.

Nella cittadina sui Pirenei «scopriamo, con commozione, che è Maria ad essersi messa in pellegrinaggio verso di noi – spiega il cardinale De Donatis –. Sì, ti viene incontro, desiderando di incontrarti e subito, come qualcuno che prende le nostre valigie, ci vuole alleggerire, ci vuole dire: “Eccomi, sono arrivata, ti sono venuta incontro, ti aspettavo da tempo. Non aver paura, non sono forse io tua madre?” Forse anche nel cenacolo queste furono le parole per i discepoli, di nuovo umanamente smarriti dopo l’ascensione al Cielo del loro Signore. I discepoli trovano lei, trovano la loro madre, il loro conforto, il loro porto sicuro e lei prega con loro nell’attesa dello Spirito Santo. Infatti, già ricolmata della Grazia dello Spirito, Maria sa cosa significa essere sospinta da quel Vento ed essere illuminata da quel Fuoco. Per questo è lì, nel cenacolo. Per questo è qui, a Lourdes, ad attenderci e ad accompagnarci, a consolarci e a incoraggiarci».

E ancora: «Di solito la parola “Grazie” si dice alla fine. Noi vogliamo dire Grazie all’inizio, pur non sapendo cosa accadrà in questi giorni. Forse ci sono alcune aspettative, ma il Signore va sempre oltre le nostre attese. Noi chiediamo solo di essere annoverati tra i fratelli di Gesù, tra i suoi familiari, che con Maria desiderano vederlo. Vogliamo sentirci dire ancora che i suoi fratelli sono coloro che ascoltano la Parola e la mettono in pratica».

29 agosto 2023

«Don Angelo tra noi un raggio del tuo amore»

Foto Diocesi di Roma / Gennari

«Grazie per questo abbraccio. Mi sento avvolto da grande affetto e da una bella amicizia. Grazie a Papa Francesco per l’esperienza così bella di questi anni. È stato meraviglioso aver conosciuto la Diocesi, aver visitato tutte le comunità e vedere quello che lo Spirito Santo sta compiendo. Un’abbondanza di grazia in tutte le realtà». Un fragoroso applauso ha accolto le parole del cardinale Angelo De Donatis, a lungo vicario del Papa per la diocesi, da poco nominato penitenziere maggiore, che sabato 20 aprile ha salutato i sacerdoti e i fedeli al termine della Messa con il rito di ordinazione presbiteriale di 11 sacerdoti, celebrata nella basilica di San Pietro. I nuovi presbiteri sono Lorenzo Vincenzo Colombo, nato a Roma, che con i suoi 25 anni è il più piccolo del gruppo e più giovane prete di Roma; Matteo Colucci, trentenne romano; Rafael Malacrida, nato a San Pedro, Buenos Aires, nel 1993; Adrian Martian, di Braia, in Romania, ventisettenne; Renato Pani, romano di 34 anni; Fabio Pulcini, di Alzano Lombardo (Bergamo), 35 anni; Nicola Pigna, 32enne di Benevento; Salvatore Plastina, di Paola (Cosenza), 45 anni; Francesco Scavone, nato a Potenza nel 1994; Roberto Ibarra, nato a Santiago del Cile 34 anni fa; e Silviu Simionca, 37 anni, originario di Bistrita, in Romania. Già nell’omelia il cardinale De Donatis aveva accennato un saluto ringraziando «tutti e ciascuno per il servizio pastorale» svolto negli ultimi sette anni, dal 26 maggio 2017, quando Papa Francesco lo nominò vicario generale di Sua Santità per la diocesi di Roma. «Mi affido alla vostra preghiera perché dovunque io sia possa rimanere nel sacerdozio di Cristo», ha detto il porporato.

Il vicegerente Baldo Reina, interpretando «i sentimenti e le emozioni dei sacerdoti e di tutti i fedeli», ha ringraziato il cardinale De Donatis. Di seguito il suo “grazie”, a nome di tutta la diocesi:

Signore di misericordia e di pace, ti ringraziamo perché sei sempre presente in mezzo a noi, perché animi la chiesa, tuo corpo mistico, con il dono dello Spirito che tutto rinnova e vivifica
Ti ringraziamo per il dono dei nuovi presbiteri, appena consacrati e chiamati a portare nel mondo il tuo profumo e testimoniare a tutti il tuo amore.
Ti ringraziamo per i pastori, che dentro una vita segnata da limiti e peccati, rendono presente il tuo prenderti cura di tutti, soprattutto dei più deboli.
Quest’assemblea riunita attorno all’altare e sulla tomba dell’apostolo Pietro rinnova la professione di fede in Te e ancora una volta accoglie da Te il mandato missionario che la sospinge in ogni angolo di questa città per dire a tutti il tuo paziente amore.
Ti ringraziamo, o Signore, perché sostieni il nostro cammino e lo fai con volti e nomi concreti. Ti ringraziamo per i Pastori che in quest’ultimo tratto di strada hanno servito questa diocesi: don Angelo, Padre Daniele e don Riccardo. Attraverso il Santo Padre li hai chiamati a servire altri filari della tua vigna.
In particolare questa sera vogliamo ringraziarti per don Angelo. La sua presenza nella nostra diocesi sin dai primi passi della vita sacerdotale è stato un raggio del tuo amore: come formatore in Seminario, a servizio di alcune comunità parrocchiali e nell’ultimo periodo come Vescovo Ausiliare e come Vicario del Papa. Ti ringraziamo per la sua mitezza, il suo sorriso, la sua accoglienza nei confronti di tutti e, in particolare, dei sacerdoti.
Nel tuo disegno provvidente hai voluto che servisse la chiesa di Roma in questo tempo; come figlio obbediente è stato al suo posto e ha fatto in modo che, in mezzo alle tante tempeste della storia, la porzione di chiesa a lui affidata, mantenesse dritta la rotta.
Il nostro “grazie”, o Signore, raccoglie il grazie di tante persone che lo hanno incontrato in questi anni e da lui sono rimasti edificati: famiglie, seminaristi, sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose; tanti volti e tante storie che hanno potuto sperimentare, grazie al suo umile servizio la tua bontà paterna.
Insieme ai figli e alle figlie di questa chiesa ti chiediamo di continuare ad assisterlo nel nuovo servizio che gli è stato affidato. A noi chiedi di fare tesoro ti quanto ci ha trasmesso in tanti anni di ministero sacerdotale; di raccogliere il suo insegnamento e di tradurlo per interpretare al meglio le tante sfide di questo tempo, ricordandoci che nulla è più dolce dell’amore!
Nella piena obbedienza alla tua volontà ci impegniamo a servire e ad amare la tua chiesa come don Angelo ci ha sempre testimoniato. Assistici con la Tua sapienza, illuminaci con la Tua intelligenza, sostienici con la Tua forza.
Fa che, mettendo da parte ogni umana resistenza, rinnoviamo la piena disponibilità a realizzare il Tuo Regno in questo frammento di storia che ci chiedi di abitare per essere pellegrini di speranza credenti e credibili.
La Vergine della Fiducia, tua e nostra Madre, ci prenda per mano; prenda per mano don Angelo e tutti i pastori. Ci regali Lei, la donna dell’ascolto e dell’obbedienza, la virtù del silenzio e dell’operosità umile anche quando si è sotto la Croce, perché rimanga sempre viva la luce della Risurrezione.
A Te, o Signore, la lode e la gloria, oggi e per tutti i secoli dei secoli. Amen

21 aprile 2024

«Dio vi ha voluti qui a Roma per dare il vostro contributo»: i battesimi dei catecumeni appartenenti alle comunità internazionali

«L’attesa mette alla prova i nostri desideri e, se sono autentici, li fa crescere: sono certo che in questi mesi abbiate sentito crescere il desiderio dei sacramenti nel vostro cuore. E oggi, finalmente – è il caso di dirlo –, il desiderio giunge alla meta: all’unione piena col Signore Gesù, mediante il battesimo, la cresima, l’Eucaristia». Nella festa dei santi Pietro e Paolo, patroni di Roma, il cardinale vicario Angelo De Donatis ha celebrato, nella basilica di San Giovanni in Laterano, la Messa con il battesimo dei catecumeni appartenenti alle comunità internazionali (gli altri catecumeni, lo ricordiamo, hanno ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana nelle loro parrocchie di appartenenza). Un giorno di festa per Claudia, Ivone, Luigi Francesco, Shkelzen, Robin, Michael.

Il cardinale ripercorre il cammino verso i sacramenti intrapreso dai sei. Diverso, in questo 2020 segnato dalla pandemia, da quello che era stato preventivato. «Qui, nella cattedrale di Roma, abbiamo vissuto insieme il rito di elezione a fine febbraio – ricorda il porporato –. Non potevamo immaginare, allora, quello che avremmo affrontato di lì a poco a causa del coronavirus: la chiusura di quasi tutte le attività, la quarantena a casa, le notizie angoscianti, il distanziamento, la sospensione di tutte le celebrazioni. Ci saremmo dovuti ritrovare a Pasqua per completare la vostra iniziazione cristiana, e invece siamo stati costretti ad aspettare. Voi per primi avete atteso, accompagnati dai vostri catechisti».

In cattedrale erano presenti rappresentanti della Missione Cattolica Latinoamericana, della Comunità Albanese, della Comunità Malgascia e della Comunità Ghanese, che il cardinale vicario non ha mancato di salutare e ringraziare. «Quest’anno ho voluto che i battesimi dei catecumeni appartenenti alle comunità internazionali fossero celebrati insieme in cattedrale – ha sottolineato il vicario –: è un segno dell’affetto che abbiamo per voi e dell’unità della Chiesa che nasce da molti popoli. Oggi simbolicamente sono riunite qui tutte le comunità internazionali presenti in Roma. Ricordate questo: per la Chiesa e per la città di Roma voi siete una ricchezza». Neppure Pietro e Paolo, ha rimarcato il cardinale De Donatis, «erano romani di nascita».

«Pietro e Paolo – ha insistito nell’omelia – non sono nati romani, ma sono diventati romani, perché qui hanno dato la vita per Cristo. Alcuni di voi sono arrivati a Roma da pochi anni, altri vivono qui da lungo tempo. Qualcuno è venuto per motivi di lavoro, qualcun altro per ritrovare la famiglia, qualcuno per lasciarsi alle spalle una situazione difficile. Non importa il motivo per cui siete arrivati. L’importante è che vi sappiate accolti e che abbiate fede in Dio, che vi ha voluti qui a Roma per dare il vostro contributo. Non siete ospiti, ma concittadini, e avete una missione da svolgere, sia nella Chiesa che nella società».

«Oggi – ha aggiunto – viene spontaneo ricordarci di quei luoghi della terra dove non è possibile seguire la chiamata di Dio senza rischiare la vita, quei luoghi dove i nostri fratelli cristiani sono perseguitati a causa della loro fede. Essere qui a Roma, nel centro della cristianità, ci aiuta a ricordarci di loro con affetto e a pregare per tutti loro».

Leggi l’omelia del cardinale De Donatis

30 giugno 2020

«Dio ti ha amato e ti ha chiamato»: la lettera del cardinale ai sacerdoti che festeggiano il 25° di ordinazione

Roma 21-04-2013Basilica di San Pietro, Papa Francesco, celebra la messa con il rito della ordinazione presbiteralePh: Cristian Gennari/Siciliani

«Cosa resta, infatti, di venticinque anni – o quaranta – di sacerdozio, se non quel tanto Amore che Dio riversa ogni giorno con fedeltà nella nostra vita, attraverso le nostre mani, continuando a fidarsi di noi che, con il passare del tempo, siamo maggiormente consapevoli delle nostre debolezze? Cosa resta se non l’amore che noi abbiamo riversato nel cuore della gente affidata, nei momenti belli come nei periodi difficili, nel tempo dell’entusiasmo e nel tempo della fragilità?». Il cardinale vicario Angelo De Donatis scrive ai sacerdoti che avrebbero festeggiato il venticinquesimo anniversario di ordinazione presbiterale oggi, 14 maggio.

Il cardinale e il gruppo di presbiteri avrebbero dovuto «celebrare insieme al Monastero di Santa Scolastica di Civitella San Paolo», ricorda nella lettera. E lo faranno appena sarà possibile, assicura il vicario del Papa per la diocesi di Roma. Intanto «sei chiamato a vivere il 14 maggio in modo diverso – sottolinea il cardinale De Donatis –, in un tempo di isolamento inaspettato in cui il Signore ci sta prendendo per mano per educarci di nuovo. La festa con gli altri è rimandata, ma tu in quel giorno la vivrai ugualmente con Lui, nell’intimità e nell’amore della prima giovinezza, lodandolo e ringraziandolo perché ti ha amato, ti ha chiamato e ha dato sé stesso per te».

«Ti invito, come ti diceva il Papa – si legge ancora nella lettera – a rinnovare l’impegno di essere ministri, innanzitutto, dell’amore vicendevole tra gli stessi sacerdoti, in una singolare fratellanza tipica della vocazione e del ministero presbiterale. Sai bene come sia importante – e faticoso – essere fratelli tra sacerdoti; molti di voi lo sperimentate tra compagni di classe, nell’amicizia nata dai giorni del seminario, oppure lo vivete ora nel presbiterio parrocchiale. La fraternità sacerdotale è il dono più bello che ci possiamo fare e la testimonianza più credibile per la nostra gente».

Leggi il testo integrale della lettera

14 maggio 2020

«Dio non ci abbandona nel momento della prova»: il pellegrinaggio per la pace al Divino Amore

di Michela Altoviti

Il dolce sguardo della Madonna del Divino Amore che tiene tra le braccia Gesù Bambino ha vegliato sul pellegrinaggio diocesano “Su di te sia pace”, che ha avuto luogo nella notte tra sabato 19 e domenica 20 marzo. Una copia dell’icona mariana miracolosa ha infatti guidato dalla basilica di San Giovanni in Laterano al santuario di Castel di Leva i 7mila pellegrini che con fede e devozione, guardando in particolare al conflitto tra Russia e Ucraina, hanno pregato per il dono della pace nel mondo, perché «la preghiera può tutto anche nelle situazioni più disperate», come ha detto il cardinale Angelo De Donatis, che ha presieduto il pellegrinaggio.

Fin dalle 20 in cattedrale si erano riuniti davanti all’icona della Regina della pace tanti fedeli per la preghiera personale silenziosa, che dalle 23.30, con la basilica ormai gremita, si è fatta comunitaria. A guidarla, il vicario del Papa, che ha invitato ciascuno a «rinnovare la fiducia in Dio, che non ci abbandona nel momento della prova». I numerosi pellegrini hanno quindi lasciato San Giovanni in Laterano illuminando la notte con le candele accese e con i colori giallo e blu della bandiera dell’Ucraina ma anche con quelli dell’arcobaleno, simbolo biblico di pace. Prima di imboccare l’Appia Antica, lungo la quale sono ancora visibili i resti archeologici e i luoghi legati alla predicazione a Roma di san Pietro e di san Paolo, la processione ha costeggiato l’ospedale San Giovanni Addolorata mentre dalle finestre illuminate del nosocomio diversi infermieri e operatori sanitari si affacciavano per un segno di devozione all’immagine mariana.

Percorrendo quindi l’antica “regina viarum” dei Romani, i fedeli hanno superato la chiesetta di Santa Maria in Palmis, più nota con il nome di “Quo vadis”, recitando il Rosario non solo in italiano ma, guidati nella prima parte della preghiera, anche in altre lingue – spagnolo, rumeno, tedesco, ungherese, francese e polacco -, per aprire lo sguardo al bisogno universale di pace, a cui hanno richiamato anche i brani scelti dai messaggi per la pace dei pontefici Paolo VI, Giovanni XXIII e Benedetto XVI. Un pensiero speciale è stato rivolto agli abitanti della Polonia, con un ringraziamento per lo spirito di accoglienza dimostrato in queste settimane nei confronti dei profughi ucraini. Prima di procedere su via Ardeatina, la processione ha superato la basilica intitolata a San Sebastiano. All’altezza delle Fosse Ardeatine – dove alcuni abitanti della zona si sono uniti al pellegrinaggio uscendo di casa in piena notte mentre la luna, quasi pellegrina dall’alto, diffondeva il suo chiarore in un cielo limpido – le migliaia di fedeli hanno sostato per «ricordare il luogo di un eccidio e di tali barbarie che pensavamo impossibile potessero ripresentarsi mentre in questi giorni sentiamo purtroppo ancora parlare delle fosse comuni scavate in Ucraina per seppellire i morti», ha sottolineato il cardinale Enrico Feroci, invitando tutti alla preghiera. Sempre il titolare della diaconia della parrocchia di Santa Maria del Divino Amore ha ricordato ai presenti una devozione antica, propria dell’ultimo tratto del cammino che conduce alla meta. «Giunti all’ultimo dosso prima della strada in discesa che porta al santuario – ha detto Feroci – i pellegrini si fermavano e inginocchiandosi baciavano la terra per ringraziare la Madonna. Anche noi ci fermiamo qui per chiedere alla Madre di essere degni di vederla nel santuario a lei dedicato». Il porporato ha inoltre spiegato che gli antichi pellegrini «una volta giunti qui gridavano “Grazie, Madonna” e lo vogliamo fare anche noi perché abbiamo la certezza che Lei ascolterà la nostra richiesta».

Intorno alle 5.30, quando il cielo da scuro cominciava a farsi più chiaro perché il buio della notte lasciava spazio agli spiragli di luce arancione e viola dell’alba, i pellegrini hanno raggiunto la grotta naturale di tufo adiacente alla torre del primo miracolo. Qui il cardinale De Donatis ha celebrato la Messa conclusiva del pellegrinaggio – alla quale hanno preso parte in totale circa 10mila persone – ringraziando «tutti voi che avete partecipato e anche tutti coloro che hanno organizzato questa occasione che la Madonna ci ha offerto». Tra i concelebranti, oltre al cardinale Feroci, i vescovi ausiliari Benoni Ambarus, Dario Gervasi, Paolo Ricciardi e monsignor Pierangelo Pedretti, segretario generale del Vicariato.

Nella sua omelia il vicario del Papa ha sottolineato come «è più difficile credere nella luce nei momenti difficili», quelli pieni di domande «come quelle che ci facciamo al giorno d’oggi quando dopo la pandemia ci ritroviamo a vedere le immagini di una guerra sanguinosa». Tuttavia «in questa notte di pellegrinaggio, così come nella notte della nostra vita, Dio c’è e c’è stato, non ci ha abbandonato – ha detto ancora il cardinale -, anzi, ci ha osservato, ci ha ascoltato e ha camminato con noi», perciò «in questa vigilia di primavera ci rivolgiamo alla Madre con speranza perché interceda presso il Figlio, con cuore di figli, come abbiamo fatto per tutta questa notte».

21 marzo 2022

«Difendere il pianeta per difendere le sue creature»: il presidente dell’Europarlamento Sassoli al primo incontro sulla Laudato si’

«Non ci si può prendere cura della nostra casa comune, senza denunciare e combattere le ingiustizie e senza prendersi cura dei nostri fratelli e sorelle, soprattutto quelli più poveri e bisognosi». Il cardinale vicario Angelo De Donatis è intervenuto così, ieri sera (lunedì 11 novembre), al primo incontro del ciclo “Insieme per la nostra casa comune”: una serie di appuntamenti per riflettere sull’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco, in programma un lunedì al mese fino a giugno nella basilica di San Giovanni in Laterano. Ospite della prima serata il presidente del Parlamento europeo David Sassoli, mentre Elena Sofia Ricci ha letto alcuni brani dell’enciclica e il Cantico delle creature di san Francesco d’Assisi.

«L’enciclica del Papa ci indirizza in un cammino in cui il coraggio e la capacità di dialogo devono manifestarsi e svilupparsi – ha detto il presidente dell’Europarlamento –. Un’enciclica che è conciliare. Cita tutti: i padri ortodossi, teologi protestanti, i vescovi della Chiesa cattolica. È un’enciclica che racconta i sentimenti di uomini che hanno perso la bussola e cercano di ritrovarla». Sassoli ha parlato a braccio per quasi un’ora, al leggio ricavato da un tronco offerto dalle Suore di Santa Maria dell’Acero. «Questa enciclica riconcilia tutto sulla capacità di difendere il pianeta per difendere le sue creature. Questione sociale, economica e ambientale sono le stesse facce di una questione che abbiamo di fronte a noi». E allora l’Europa che cosa può fare?, si è chiesto il presidente del Parlamento europeo. L’Europa, la risposta, «non può servire solo gli standard di vita degli europei. Dobbiamo custodire qualcosa che valga non solo per noi, ma per tutti gli altri». «Se non riusciamo a fermare il meccanismo della globalizzazione, cerchiamo di regolarlo. Come fare? Il Papa ci dà il segreto: il dialogo. Con le altre religioni, con gli uomini, tra i popoli».

Il cardinale De Donatis ha concluso la serata con l’invito a «non sottrarsi alle proprie responsabilità». «Nessuno può negare ogni responsabilità, è Dio a chiedercelo prima ancora delle generazioni future». Quindi, un gesto simbolico: il dono di un albero di mandorlo, che rappresenta la rinascita della natura dopo il freddo dell’inverno, a David Sassoli.

Leggi l’intervento integrale del cardinale vicario

12 novembre 2019

«Da soli affondiamo, affidiamoci al Signore»

Scende la pioggia sul sagrato della basilica di San Pietro. Papa Francesco è solo. Accanto a lui il Crocifisso della chiesa di San Marcello al Corso, l’icona di Maria Salus Populi Romani di Santa Maria Maggiore. «Da settimane sembra che sia scesa la sera», esordisce, commentando il brano del Vangelo di Marco in cui si narra della tempesta che colpisce la barca su cui viaggiano gli apostoli. «Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città – prosegue il Santo Padre –; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti. Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: “Siamo perduti”, così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme».

Immagini e parole già entrate nella storia, seguite da casa da milioni di persone, in diretta televisiva o in streaming sui social media. «La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità – continua Francesco – e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità. Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli».

Ci si salva insieme, ma ci si salva affidandosi al Signore. «Non siamo autosufficienti, da soli; da soli affondiamo – sono ancora parole del Pontefice –: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai».

Infine la benedizione, per tutti. «Cari fratelli e sorelle, da questo luogo, che racconta la fede rocciosa di Pietro, stasera vorrei affidarvi tutti al Signore, per l’intercessione della Madonna, salute del suo popolo, stella del mare in tempesta. Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio. Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balia della tempesta. Ripeti ancora: “Voi non abbiate paura” (Mt 28,5). E noi, insieme a Pietro, “gettiamo in Te ogni preoccupazione, perché Tu hai cura di noi”».

Leggi il testo integrale della meditazione di Papa Francesco

28 marzo 2020

«Cristo è al centro del pellegrinaggio, Maria è strumento per arrivare al Figlio»: tra celebrazioni e preghiera il pellegrinaggio a Lourdes

Celebrazioni, fiaccolate, processioni, momenti dedicati alla preghiera personale, senza dimenticare la visita ai luoghi in cui la Vergine apparve alla piccola Bernadette Soubirous. Iniziato sabato, si concluderà mercoledì 31 il pellegrinaggio della diocesi di Roma a Lourdes. Organizzato come di consueto dall’Opera Romana Pellegrinaggi, è guidato quest’anno da sei vescovi ausiliari, poiché il cardinale Angelo De Donatis è impegnato a Roma con il Collegio cardinalizio. Ma il vicario ha voluto far sentire la sua vicinanza ai pellegrini, ai quali ha inviato un messaggio, letto dall’amministratore delegato dell’Orp monsignor Remo Chiavarini: «Carissimi pellegrini, vi chiedo di portare alla Vergine Maria, presso la Grotta di Massabielle, le intenzioni di preghiera che sono nel cuore del nostro vescovo Papa Francesco e di tutta la comunità diocesana di Roma».

Ad aprire ufficialmente il pellegrinaggio, la celebrazione della Santa Messa nella Basilica del Santo Rosario, sabato pomeriggio, presieduta dal vescovo Guerino Di Tora e dedicata alla memoria del cardinale Angelo Dell’Acqua, di cui ricorre il cinquantesimo anniversario della scomparsa. Il compianto cardinale vicario della diocesi di Roma morì proprio durante il pellegrinaggio diocesano a Lourdes. Dedicata al cardinale Dell’Acqua anche la processione aux flambeux, che si è tenuta sabato sera.

Tra i momenti da ricordare di questi primi giorni di pellegrinaggio, anche la Messa internazionale nella Basilica sotterranea di San Pio X, presieduta dal vescovo Paolo Ricciardi. «𝐿𝑎 𝑔𝑟𝑜𝑡𝑡𝑎 𝑒̀ 𝑖𝑙 𝑐𝑢𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑖 𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑢𝑜𝑚𝑜 𝑒 𝑑𝑖 𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑑𝑜𝑛𝑛𝑎 – ha ricordato durante l’omelia – 𝑑𝑜𝑣𝑒, 𝑠𝑒 𝑒𝑛𝑡𝑟𝑎 𝑙𝑎 𝑙𝑢𝑐𝑒 𝑑𝑖 𝐷𝑖𝑜, 𝑐𝑎𝑚𝑏𝑖𝑎 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜. 𝐿’𝑖𝑛𝑐𝑜𝑛𝑡𝑟𝑜 𝑐𝑜𝑛 𝐷𝑖𝑜 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜 𝑖𝑙𝑙𝑢𝑚𝑖𝑛𝑎 𝑐𝑜𝑛 𝑙’𝑎𝑚𝑜𝑟𝑒. 𝐴𝑓𝑓𝑖𝑑𝑖𝑎𝑚𝑜𝑐𝑖 𝑐𝑜𝑛 𝑢𝑚𝑖𝑙𝑡𝑎̀ 𝑎 𝑙𝑢𝑖, 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑐ℎ𝑖 𝑠𝑖 𝑙𝑎𝑠𝑐𝑖𝑎 𝑠𝑜𝑟𝑝𝑟𝑒𝑛𝑑𝑒𝑟𝑒 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑒 𝑠𝑜𝑟𝑝𝑟𝑒𝑠𝑒 𝑑𝑖 𝐷𝑖𝑜».

Ancora, la processione eucaristica delle 17 con la benedizione dei malati, guidata dal vescovo Dario Gervasi: «L’Ostia adorata durante tutto il giorno presso la tenda dell’adorazione diventa il centro della preghiera e dell’adorazione del pellegrinaggio in cammino. Cristo è al centro del pellegrinaggio, Maria è strumento per arrivare al Figlio».

29 agosto 2022

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