In occasione del S. Natale, come momento augurale per tutti noi, viene proposta la riflessione comune del nostro collega Eugenio La Rosa (Liceo scientifico A. Righi). Il Natale ci invita ad essere segno di speranza viva in questo periodo così drammatico perché malgrado tutto ” davanti a questo mistero, a questa realtà così tenera, così bella, così vicina ai nostri cuori, il Signore ci dia la grazia dello stupore, per incontrarlo, per avvicinarci a Lui, per avvicinarci a tutti noi” (Papa Francesco). Auguri
Oggi si è impressa
la divinità nell’umanità,
affinché anche l’umanità
fosse intagliata nel sigillo della divinità[1].
[…]
Sia Benedetto lui che la nostra bocca
non è all’altezza di rendergli grazie,
poiché troppo grande è il suo dono
per chi è dotato di parola.
E neppure i sensi sono all’altezza
di rendere grazie alla sua bontà.
Quanto più gli rendiamo grazie,
è poca cosa.
Ma poiché non c’è beneficio
a tacere e patire il danno,
renda la nostra debolezza
una melodia di ringraziamento[2].
Sant’ Efrem il Siro, Inni sulla Natività
Secondo la tradizione della Chiesa il Natale non è solo un evento che ha cambiato definitivamente il corso della storia, ma anche un Mistero che “si compie in noi allorché Cristo ‘si forma’ in noi”[3]. È proprio nel Mistero del Natale che si radica l’origine dell’Admirabile commercium, la felice formula patristica che sintetizza il nucleo essenziale del messaggio cristiano: Dio assunse la natura umana affinché l’uomo potesse essere divinizzato.
Nel prepararci ad accogliere il Signore che viene, la logica dell’incarnazione ci invita a riflettere sul Natale a partire dalla nostra condizione concreta di uomini e donne impegnati nella Scuola: sappiamo come il periodo natalizio, che le circolari annunciano col loro linguaggio burocratico, rischia di esser vissuto da tanti studenti e da tanti colleghi come il mero ripetersi di una prassi della quale, al di là degli aspetti consumistici, si è ormai smarrito il significato più autentico. E forse, prendendo atto della natura profondamente ferita del mondo contemporaneo, siamo stati costretti a constatare che il pensiero del Natale suscita talvolta la nostalgia per qualcosa che appare irrimediabilmente perduto, se non addirittura una fredda indifferenza.
Anche noi inoltre, proprio in questi giorni, potremmo sentirci stanchi e oppressi: le guerre diffuse in tutto il mondo, le morti innocenti, la povertà, e ancor più le nostre infedeltà e le nostre debolezze potrebbero offuscare la gioia per l’arrivo del Natale. È però proprio alla nostra umanità, forse ferita e intimorita, che l’Angelo del Signore torna a ripetere, ancora oggi, «Non temete, ecco io vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi è il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,10-12).
Il canto di Sant’Efrem invita il cristiano a benedire “colui che è stato piegato dalla sua misericordia a prendersi cura della nostra infermità”[4]. Il confronto con gli studenti e i colleghi, al pari della nostra esperienza personale, ci ricorda ogni giorno quanto sia radicato il bisogno di cura che ciascun uomo porta con sé, e che si esprime nelle forme più disparate. È proprio l’incontro con Colui che cura le nostre infermità ad illuminare il senso del Natale, ed a farci desiderare ogni anno una rinnovata esperienza di intimità col Mistero del Verbo che ha assunto la nostra umanità per renderci partecipi della Sua vita divina.
Sant’Efrem indicò quel Mistero esprimendo le sue intuizioni teologiche con il linguaggio della poesia: gli Inni ci aiutano a crescere nella consapevolezza che il pensiero non può mai rendere completamente ragione del Mistero per cui “l’Eterno entra nel tempo, il Tutto si nasconde nel frammento, Dio assume il volto dell’uomo”[5]. Il Natale arriva come puro dono della Grazia dinnanzi al quale, come insegna Sant’Efrem, siamo chiamati a rendere una melodia di ringraziamento.
[1] Sant’Efrem il Siro, Inni sulla Natività e sull’Epifania, Milano 2003, p. 136.
[2] Ibidem, p. 160.
[3] Cfr. CCC, 526.
[4] Sant’Efrem il Siro, cit., p. 149.
[5] Cfr Ioannes Paulus II PP., Fides et ratio, n.12.