Per uno sguardo di tenerezza

L’invito a sostenere Papa Francesco con la preghiera e l’annuncio di un percorso di riabilitazione dalla malattia per il quale «si sta facendo davvero aiutare giorno dopo giorno» sono stati condivisi dal vescovo ausiliare Michele Di Tolve, delegato per la Pastorale scolastica e l’insegnamento della religione cattolica, con gli idr della diocesi di Roma sabato, 5 aprile, in occasione del ritiro in vista della Pasqua organizzato nella cappella del Seminario Romano dall’Ufficio per la pastorale scolastica del Vicariato. Caloroso anche l’invito del presule a seguire il Papa nel Giubileo degli ammalati e del mondo della sanità, in programma per il giorno seguente, domenica 6 aprile, anticipando in qualche modo la “sorpresa” che ha visto il pontefice presentarsi sul sagrato di piazza San Pietro per un saluto al termine della Messa solenne presieduta dall’arcivescovo Rino Fisichella.

Nel corso della sua omelia, Di Tolve ha posto l’attenzione sullo «sguardo di tenerezza di Gesù» dal quale «sentirsi guardati come la donna del Vangelo posta in mezzo ad una cerchia di persone con le pietre in mano»; il vescovo ha avvicinato questa immagine evangelica dell’adultera alla situazione che può verificarsi nel mondo della scuola laddove «le persone vengono messe al margine» o anche pensando, in generale, «alle fatiche, alle difficoltà di voi docenti, talvolta messi anche in mezzo» ma mai «per scagliare pietre», sono ancora le parole di Di Tolve, quanto per «essere segno concreto della cultura cristiana che alcuni vogliono nell’oblio». In tali situazioni, nelle quali «a volte è faticoso e può darsi che il cuore si freddi un po’ per la poca considerazione a fronte di tanto impegno e tanta passione», il vescovo ha appunto ricordato ai docenti di sentirsi «guardati con tenerezza da Gesù e dalla Chiesa». Non è possibile cedere allo scoraggiamento poiché, ha ribadito Di Tolve, «lì in mezzo con voi c’è Gesù». Ancora, una considerazione del presule sul fatto che Gesù, di fronte alle accuse alla donna, scrive sulla sabbia «poichè, come ricordano e commentano i padri, i nostri peccati sono scritti sulla sabbia mentre il nostro nome è scolpito nel cuore di Dio». Ancora, il monito per cui «i cristiani sono chiamati a proclamare la bellezza dell’uomo e della donna in un tempo in cui anche le parole vengono usate come pietre» mentre «noi vogliamo imparare da Gesù che dona la sua misericordia». Infatti , ha continuato Di Tolve, «noi possiamo testimoniare questa bellezza e questa liberazione nella Verità che è incisa nelle opere d’arte e scritta nella grande letteratura», favorendo quindi una interdisciplinarietà capace di «togliere il velo della malvagità». Dunque, in forza dello «sguardo di amore e tenerzza di Gesù e della Chiesa – ha concluso il vescovo – non lasciatevi svilire né scoraggiare perché Lui sta lì con voi, con noi, come con quella donna. Il Signore è con noi, in mezzo a noi».

Prima della celebrazione eucaristica, a guidare un tempo di riflessione in preparazione alla Santa Pasqua per gli insegnanti di religione cattolica della diocesi era stata la teologa Rosalba Manes, docente di Teologia biblica alla Pontificia Università Gregoriana. Cuore della meditazione, il capitolo 21 del Vangelo di Giovanni e il racconto della terza apparizione di Gesù ai discepoli dopo la Resurrezione, sul lago di Tiberiade. Nel brano evangelico «c’è l’esperienza di un discepolo che è quello maggiormente presente nel quarto Vangelo, che potrebbe sembrare fallimentare, l’esperienza di Pietro, che invece in questo capitolo è un’esperienza che in qualche modo continua – ha detto l’esperta -. Un modo per recuperare Pietro dal dramma dell’infedeltà, perché in quel dramma c’è ciascuno di noi, nell’esperienza relazionale, nei rapporti, nelle amicizie, nei rapporti fondanti della nostra vita e nella relazione con il Signore». Allora questo capitolo «ci viene consegnato come una sorta di rilettura dei temi del quarto Vangelo, alla luce di tutti quegli eventi vissuti dalla comunità cristiana degli origini – sono ancora le parole di Manes -, e si raccolgono qui due racconti: quello della pesca miracolosa e quello di un’apparizione del Risorto. E vengono rielaborati insieme». Dunque, «Pietro è il protagonista di questa pagina insieme a Gesù – ha sottolineato la teologa -, espressione del discepolo che deve fare un nuovo apprendistato: l’apprendistato dell’alterità umana e l’apprendistato dell’alterità divina», a dire che Pietro è «figura che mostra il travaglio del discepolato e la complessità dell’apprendistato della sequela Cristi». Ancora, Manes ha illustrato come l’iniziativa di Simon Pietro – che annuncia “Io vado a pescare” – rappresenti quasi «un regresso alla vita di un tempo, a ciò che Pietro sapeva fare bene». È, in fondo, quanto «accade a ciascuno di noi quando siamo feriti, delusi dall’esperienza – ha continuato la teologa -: abbiamo il desiderio di tornare indietro, di ritrovare una comfort zone, un luogo dove sentirci a casa, capaci di non sentire più quell’amarezza del fallimento, della delusione» e quello che fa in questa situazione il Risorto con Pietro «è l’accompagnamento spirituale a questo discepolo e questa pagina ci rivela questo lavorio interiore che accade dentro di lui, immagine paradigmatica di quello che accade anche in noi. Da un lato questa fascinazione, questo incanto della divina bellezza che ci seduce, che mette ali al nostro cuore, che fa decollare la nostra vita, che ci fa sentire dentro il desiderio di trasmettere la Sua parola, dall’altro però tutte le resistenze che insorgono in noi, quelle fatiche interiori, la paura di investirsi troppo, di perdere. E Pietro ci rivela appunto com’è il cammino del discepolato: cammino lento, graduale, dove ci sono delle battute d’arresto e dei ricominciamenti. Si riparte. È un cammino di crescita, un cammino in cui è necessario lasciare che il maestro intercetti le sorgenti intime della nostra visione, che le risvegli». Tratto distintivo del Maestro, ha concluso Manes, suggerendo ai docenti di prendere a modello il Risorto nell’esperienza quotidiana con gli alunni, specie quelli pi difficili, sta nel riprendere Pietro «non per giudicarlo, non per umiliarlo, non per rimproverarlo ma per accompagnarlo e metterlo in un cammino di maturazione maggiore, a partire dalle sue fragilità».  Dunque «la terapia del Risorto si dispiega per liberare questo cuore dalla delusione del fallimento» sono infine le parole di Manes, con la domanda “Mi ami tu?”, «una domanda davanti alla quale non si può fuggire. Gesù riaccende, vuole riaccendere l’interruttore della coscienza del suo amico, del suo figliolo» poiché il Maestro «non inchioda nel limite e nella fragilità ma che rialza per aprire orizzonti per dischiudere davanti un futuro pieno di speranza è quello che il risorto fa con Pietro quella mattina sul lago in quell’accompagnamento prezioso che riscrive in qualche modo la storia».

Ad aprire e chiudere il pomeriggio di riflessione e preghiera è stato il direttore dell’Ufficio per la pastorale della diocesi di Roma Rosario Chiarazzo. «Grazie per la vostra partecipazione assidua a questi momenti di riflessione spirituale, organizzati prima del Natale e ora prima della Pasqua, per sentirci insieme una comunità ecclesiale in cammino anche in questo ultimo scorcio di anno scolastico», ha detto ai tanti docenti presenti, ringraziando poi in particolar modo «il vescovo Michele,  coordinatore dell’ambito educativo della diocesi, per l’entusiasmo e la passione con cui ci segue e ci accompagna».