La sera di venerdì 30 settembre, si è svolta nella cornice della basilica di San Giuseppe al Trionfale, l’assemblea rivolta alle équipe pastorali e gli organi di partecipazione del settore Ovest, guidata dal vescovo ausiliare monsignor Baldassare Reina. L’oggetto dell’incontro era la presentazione e l’avvio del secondo anno di cammino sinodale della diocesi, presentata quest’anno nei vari settori, che ha per titolo “I cantieri di Betania”.
«Restare contemplativi nell’azione, misurare la quantità delle parole, allontanare la tentazione dell’invidia, l’essere salvi perché Dio è morto per me e non perché io muoio per i molti servizi!». Per prime risuonano le parole di don Giacomo Pavanello, parroco di San Giuseppe Cottolengo a Valle Aurelia, che spezza la Parola in una breve lectio divina. Il brano proclamato è, non a caso, l’episodio evangelico della duplice ospitalità delle sorelle di Betania che accolgono il Signore Gesù nella loro casa (Lc 10, 398-42). «Entrambe sono necessarie: Maria poiché simbolo di una nuova sponsalità e Marta emblema della diaconia. Marta, tuttavia, rischia di vivere il suo servizio dando tutto senza la capacità di farsi uno con l’altro. Occorre quindi capire qual è il bene che dobbiamo fare, quello che vuole il Signore!». Nella riflessione di don Giacomo la reazione di Marta è un metro utile a tutti per capire se si vive il proprio servizio e il proprio incarico secondo la logica di Dio, ovvero ricercando la comunione con Lui, oppure esclusivamente con il servizio stesso, e la parte “buona” scelta da Maria è quella che sa generare vita.
La parola passa poi a Miriam Fioravanti, coordinatrice dell’équipe sinodale diocesana, incaricata di illustrare la relazione stesa sulla base dell’ascolto delle 334 parrocchie di Roma e di tutte le realtà che insistono nel suo territorio come le associazioni, le famiglie religiose, le carceri e gli ospedali. «La Chiesa è in debito di ascolto nei confronti del popolo di Dio che chiede una Chiesa più povera e coerente, che sia più sale che dolcificante». Queste le prime parole che tratteggiano il volto che la Chiesa di Roma è chiamata ad assumere: una Chiesa alla quale è riconosciuta ancora l’autorità per parlare del mistero del dolore e per accompagnare nella sofferenza e che deve lavorare per costruire, nelle sue realtà particolari, relazioni autentiche e non esclusivamente funzionali.
È stato dato spazio all’ascolto delle voci dei giovani, che hanno sete di Dio ma che non riconoscono più nella Chiesa una interlocutrice valida; dei sacerdoti, che chiedono di essere sostenuti nel loro servizio, in quanto chiamati dai fedeli ad essere padri e punti di riferimento; dei laici, ai quali è necessario dare più spazio poiché portano la vita al centro; delle famiglie; degli anziani e dei malati: dei carcerati e delle comunità etniche. La relazione ha pertanto illustrato le istanze di tutto l’universo che compone la nostra compagine diocesana e si è conclusa con una presa di coscienza: «Sì, vi è una crisi di fede, ma bisogna prenderne atto solo per rialzarsi in quanto c’è un forte desiderio di abitare il cambiamento d’epoca e siamo chiamati a far fare esperienza di risurrezione anche ai lontani!».
Infine è la volta del vescovo monsignor Reina, chiamato a illustrare alle équipe del suo settore la via che dovranno intraprendere per lavorare nelle e insieme alle loro comunità specifiche. «Cosa ci si aspetta da questo anno? Non cose da fare… ma quali passi fare!», indica il vescovo, che articola il suo intervento in tre punti programmatici. Innanzitutto occorre «mantenere uno stile di ascolto e il desiderio di camminare insieme!». Occorre una attitudine costante all’ascolto: ascolto della Parola di Dio, del Popolo di Dio, del Magistero e delle storie di ognuno. In secondo luogo è necessaria «una riflessione a partire dal lavoro fatto l’anno scorso per arrivare ai ‘cantieri’ di quest’anno». L’immagine del cantiere è stata scelta proprio perché tiene conto della progettazione, richiede il reperimento dei materiali necessari, ed è una operosità corale in quanto richiede diverse maestranze per un unico obiettivo.
Il terzo punto dell’intervento del vescovo è il progetto del cammino sinodale diocesano di questo anno. Dall’episodio di Marta e Maria e dal lavoro svolto lo scorso anno sono stati individuati tre possibili cantieri da attuare nelle parrocchie: 1. Il cantiere “della strada e del villaggio”; 2. Il cantiere dell’“ospitalità e della casa”; 3. Il cantiere della “diaconia e della formazione”. Ogni cantiere può essere racchiuso in una parola chiave. Per il primo la parola è “Territorio” ed è il cantiere chiamato a conoscere la propria realtà territoriale, ad ascoltare chi vi lavora e chi vi abita e a discernere per capire qual è la migliore modalità di presenza. Per il secondo invece la parola è “Famiglia” e deve avere come obiettivo la maggiore fraternità delle comunità parrocchiali, una Chiesa famiglia di famiglie, dove tutti passano dall’essere collaboratori ad essere corresponsabili. Per il terzo, infine, la parola è “Formazione” e il suo compito sarà quello di porre l’accento sulla formazione degli operatori pastorali e di tutto il popolo alla preghiera, all’ascolto della Parola, alla vita spirituale.
La metodologia proposta ad ogni parrocchia è quella di scegliere un solo cantiere in una assemblea parrocchiale entro fine ottobre; in essa inoltre saranno definiti i confini del cantiere scelto al fine di poter approfondirlo e cominciare a costruire, alla luce del libro degli Atti degli Apostoli, scelto come immagine di Chiesa in costruzione. Entro il mese di marzo ogni parrocchia è chiamata a presentare una restituzione sul lavoro svolto che, racchiuso in una sintesi diocesana, sarà presentata a Papa Francesco alla Veglia di Pentecoste 2023 a fine maggio.
3 ottobre 2022