Omelia in occasione della Festa della dedicazione della Basilica Lateranense

Messa in occasione della dedicazione della Basilica Lateranense

Omelia del Cardinale Vicario Angelo De Donatis

Basilica di San Giovanni in Laterano, 9 novembre 2022

 

Ogni volta che ci riuniamo per la dedicazione della nostra Chiesa cattedrale, ciò che celebriamo è la bellezza della Chiesa, Sposa dell’Agnello e Madre di tanti figli!

Come dice il prefazio di oggi: “Nella tua infinita benevolenza hai voluto abitare dove è raccolto il tuo popolo in preghiera, per portare a compimento in noi, con l’incessante aiuto della grazia, il tempio dello Spirito Santo risplendente per santità di vita”.

Mentre preparavo la liturgia di questa sera, questo testo del prefazio mi ha fatto riflettere. Quando noi ci ritroviamo insieme per pregare il Signore, proprio lì dove ci ritroviamo, il Signore viene ad abitare. Questo vale in particolare per questo luogo, in cui da tanti secoli i cristiani di Roma si raccolgono per la liturgia. Quando noi, superando separazioni, particolarismi e diffidenze, ci riuniamo per pregare insieme come Chiesa locale, come Popolo, il Signore è già qui, ci aspetta, ci accoglie. Ciò che attira il Signore non è lo splendore della Cattedrale, ma il vedere il suo Popolo in preghiera.

Direi che il Signore gioisce particolarmente in questo luogo, perché vede tutti i figli della Chiesa radunati. Sappiamo bene che nessuno deve ritenersi indegno di stare qui con noi. Al contrario, qualcuno potrebbe rimane fuori per formare un’élite di persone che si ritengono superiori agli altri: in questo caso, si escluderebbero da soli dalla comunione ecclesiale voluta dal Signore.

Ci raduniamo in questa Cattedrale come segno dell’unità del Popolo di Dio. Questa comunione, creata dal Signore, è il luogo in cui al Signore piace abitare: Egli ci vede insieme e gioisce, e anche noi proviamo il piacere di essere e sentirci suo Popolo (come sottolinea il Papa nell’ultimo capitolo di Evangelii Gaudium).

In questo luogo, nella comunione ecclesiale significata dalla Cattedrale, Egli realizza la sua opera di costruzione: “portare a compimento in noi il tempio dello Spirito Santo, risplendente per santità di vita

Portare a compimento” dice un’opera in divenire, un’opera non ancora compiuta. Ciò che è più importante, è già stato fatto: è stato posto il fondamento, che è Gesù. Gli Apostoli, che questa sera ci fanno da corona rappresentati nei pilastri della Cattedrale, sono i saggi architetti che hanno posto il fondamento della Chiesa. La loro opera continua ancora oggi: ogni battezzato è chiamato a ad essere “pietra viva” di questo edificio spirituale fondato sulla “pietra angolare” che è il Signore. Il Papa, il Cardinale Vicario, i Vescovi e tutti i sacerdoti hanno il compito di vigilare perché venga posto continuamente, senza ambiguità, il fondamento che è Gesù. Solo su questo fondamento ognuno di voi, di noi, può costruire con gioia il tempio di Dio sulla terra, dando il proprio contributo.

Ho detto: “porre il fondamento senza ambiguità”: il nemico è sempre all’opera per distruggere il tempio di Dio. Dentro di noi trova spesso “validi alleati”: le nostre invidie, i rancori mai sopiti, i perdoni mai dati, la volontà di affermare unilateralmente sé stessi, il disprezzo degli altri, e una logica “mercantile” che sempre riappare nella Chiesa, senza che si riesca mai a debellarla completamente. È “quell’avarizia insaziabile che è idolatria”. E non riguarda solo l’accaparramento del denaro, riguarda la relazione tra le persone. È guardare l’altro senza riconoscerlo, senza fargli posto, senza mai ascoltarne la voce, la storia, la vita.

Ci impressiona sentire nel Vangelo che Gesù “s’indigna” per tutto questo e decide di agire con impeto per salvare e purificare il tempio di Gerusalemme. Proprio nel “cortile dei pagani”, proprio nel luogo in cui tutti i popoli sono chiamati a radunarsi per alzare le mani e pregare il Signore, viene introdotto un altro “dio” con la sua logica: il profitto, “l’affare”, il tornaconto personale, magari a scapito dei più poveri. Quel cortile diventa lo spazio del mercato e non più della preghiera di tutti. I figli di Israele possono pregare nei cortili del tempio a loro assegnati, gli stranieri no. La vocazione di Israele di essere una casa per tutti, una luce accesa per tutti i popoli, è vinta dalla logica del primato del guadagno. Di fronte a questo Gesù reagisce con profetico sdegno. Grida nel tempio: questa è la casa di preghiera per tutti i popoli! Voi l’avete trasformata nella grotta dei ladri di cui scrive Geremia!

Lì dove il Popolo, unito e compatto, senza divisioni e differenze, si riunisce per pregare, lì abita Dio. Lì è Dio che accoglie e raduna tutti. Ma se la logica è un’altra: se lo straniero è disprezzato; se il pagano non è riconosciuto come uno che ha anche il diritto di pregare; se il povero che non può comprare neppure due colombe (il sacrificio dei poveri) non può presentarsi a Dio; se il disabile non può entrare perché considerato un maledetto (2Sam 5); se il pubblicano e la prostituta non possono avvicinarsi perché impuri… voi distruggete il tempio di Dio che siete voi.

Comprendiamo allora qual è l’opera dello Spirito: riunirci, riconciliarci, facendo spazio (il primo posto!) ai poveri, i malati, gli stranieri, gli esclusi. Anche San Paolo ci mette in guardia: chi mangia il corpo e il sangue del Signore, senza riconoscere il corpo del Signore nel pane e nel vino eucaristici e nella carne sofferente del fratello, mangia e beve la propria condanna.

Questa sera mi commuove molto vedere qui i presbiteri che festeggiano l’anniversario di ordinazione, il Giubileo sacerdotale dei 25, 50 e 60 anni. Voi siete per il Popolo di Dio, insieme con noi vescovi, saggi architetti dell’edificio spirituale che è la Chiesa. Il nostro ministero è ministero del fondamento della Chiesa, è il ministero di Gesù Cristo. A voi sacerdoti non è chiesto di essere abili organizzatori, né amministratori: ma di essere prodighi della Parola del Signore, come il seminatore; di essere prodighi nel perdono, come il Padre della parabola; di essere prodighi con i beni del padrone, come fa l’amministratore disonesto per assicurarsi l’ospitalità degli amici. Il Signore stasera vi vede e gioisce. E noi sentiamo da dentro il cuore di dirvi il nostro “grazie”, perché con la vostra vita ci avete aiutato a scoprire che il Signore abita in mezzo a noi e ci avete insegnato ad alzare le mani verso il Cielo nella preghiera. Spesso, pagando di persona, siete stati i saggi architetti di una comunione ecclesiale fondata in Gesù e che quindi, proprio per questo, non esclude nessuno.

Pensate: tutti i giorni in questa Cattedrale e in tutte le chiese della città viene offerta a tutti la prodigalità del Signore, perché ognuno possa incontrare la misericordia del Padre. Voi sacerdoti avete la possibilità di collaborare con il Signore perché il fiume della Grazia, lo Spirito Santo, esca come acqua viva dal fianco della Chiesa e possa fecondare di vita nuova tutta la città. Rinnoviamo insieme questa sera le nostre promesse sacerdotali, consapevoli dell’enorme dono che ci è stato fatto con l’ordinazione sacerdotale.

È bello che stasera vi siate radunati anche voi, operatori della Carità della Chiesa. Siete il segno di quella gratuità divina che non esclude nessuno. Voi testimoniate che nella Chiesa il “materiale” che tiene unito il tutto, la linfa vitale che dà vita a tutto il corpo, è la carità. Voi siete a contatto con i poveri e i sofferenti, sempre più numerosi, a contatto con le storie dolorose di tante famiglie. Siete il cuore della Chiesa che si mette in ascolto del grido della città. A Roma un bambino su quattro nasce in una famiglia in povertà assoluta, famiglie che non accenderanno il riscaldamento per tutto l’inverno, che si indebiteranno per pagare le bollette, che non avranno soldi sufficienti per mangiare (o che passeranno il tempo a pensare ad uno sposo o ad un padre che è ritornato indietro nei lager in Libia. È bene che ce le raccontiate queste storie, in modo che diventino la cordicella sferzante di cui Gesù si serve per fare piazza pulita della nostra indifferenza.

Il Signore edifica il suo tempio nella carità. Egli distrugge il cuore indurito e dona un cuore capace di amare, e in questo modo fa di noi esseri spirituali e non carnali, pietre vive scolpite dallo Spirito! Quando la Chiesa respinge, allontana, separa, ecco che viene distrutto il tempio dello Spirito. Allora entra in azione il Risorto: ci raduna, ci riconcilia con Lui e tra di noi, ci risuscita a vita nuova.

La Chiesa è per tutti! Casa di preghiera per tutti!