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Beato Angelo Paoli, carmelitano (1642-1720)
10 Gennaio 2020 @ 0:00
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Beato Angelo Paoli, carmelitano
Francesco Paoli nacque ad Argigliano, frazione di Casola in Lunigiana (MS), il 1° settembre 1642. Cresciuto in una famiglia cristiana, scelse di indossare l’abito carmelitano con il nome di frà Angelo e pronunciò i voti solenni nel 1667. Fu ordinato sacerdote nel 1671, per poi terminare gli studi filosofici e teologici. Rimase a Firenze fino al 1674, quando dovette tornare in famiglia, ad Arigliano, per motivi id salute. Il 15 agosto di quell’anno fu protagonista di un “miracolo”. La distribuzione del pane ai poveri non aveva mai fine e ancora oggi, in ricordo, annualmente frà Angelo e il fatto prodigioso vengono ricordati.
Nei conventi della Provincia Toscana in cui visse svolse con dedizione e umiltà vari servizi e più volte fu formatore dei novizi. Ovunque cercò il modo per aiutare i poveri nelle loro necessità. Nel 1687 il Priore Generale lo chiamò a Roma per affidargli anche nella città eterna la formazione dei novizi. Qui trascorse più di trent’anni, restandovi fino alla morte. La contemplazione dell’Eucarestia, del mistero della Passione e della Croce, unita alla devozione per la Vergine Maria nutrirono la sua spiritualità fondata sull’incontro e sul dialogo con Dio.
Animatore e direttore spirituale ricercato, si dedicò senza riserve ai poveri, agli ammalati ed ai carcerati, assistiti in ogni modo, anche con iniziative originali e nuove. Nei poveri riconosceva il volto di Cristo, li trattava con rispetto e attenzione, li incoraggiava ad avere fiducia nella Provvidenza e insieme alla riconoscenza per i benefattori. D’altra parte non si stancò di suscitare in tanti laici ed ecclesiastici un amore per i poveri e i malati simile al suo, educandoli al servizio della carità e al rispetto per le persone meno fortunate.
Fece dunque il suo ingresso nella città eterna il 12 marzo 1687, dopo un viaggio lungo e avventuroso. Nel convento dei Ss. Silvestro e Martino ai Monti fu accolto con gioia, la sua fama l’aveva preceduto. Un giorno del mese di luglio, dopo aver fatto la Scala Santa, decise di visitare l’ospedale del Laterano. Quanta miseria umana e spirituale vide in quelle corsie. Tornato dal superiore chiese, nelle ore libere dagli incarichi che ricopriva, di dedicarsi ai malati. Gli fu accordato, a patto che non trascurasse la formazione dei novizi che era sotto la sua responsabilità.
Nei trentatre anni romani il Beato Angelo divenne il “padre dei poveri”, il suo apostolato raggiunse livelli altissimi. Alla sua mensa venivano sfamati fino a trecento poveri al giorno. Si preoccupò inoltre dei malati che venivano dimessi dall’ospedale ma non erano abili a lavorare e aprì un convalescenziario. Organizzò, per quei tempi, servizi innovativi ed efficienti.
Padre Angelo, in mezzo a quanti discutono sulle cause e sugli effetti della povertà e dell’accattonaggio, è l’unico a sperimentare un metodo per limitare il fenomeno. Il ragionamento è molto semplice, pienamente in linea con la fantasia della sua carità e con lo stile misericordioso del suo ministero: le file dei poveri si ingrossano quando un malato è dimesso dall’ospedale, clinicamente guarito, ma ancora inabile al lavoro perché bisognoso di convalescenza.
Nel 1710 decide di aprire una specie di ostello in stile “famiglia allargata”, un ospizio “a porte aperte” in cui accogliere queste persone per accompagnarle, con il riposo e un vitto adeguato, verso il completo ristabilimento, raggiunto il quale ciascuno è indirizzato verso la propria famiglia, dotato di biancheria nuova e di un piccolo gruzzolo che gli consenta di riprendere il proprio lavoro.
Il Colosseo, santuario dei martiri dei primi tempi, per incuria era quasi pericolante e rifugio per gente di malaffare. Padre Angelo si rivolse a Clemente XI, con cui era in amicizia, e ricevette i fondi per alcuni lavori e per chiudere gli ingressi con le cancellate. Innalzò quindi tre croci davanti alle quali ancora oggi si celebra la Via Crucis. Anche sul Monte Testaccio fece mettere tre croci come aveva pure fatto sulle Alpi Apuane, in Lunigiana, sua terra di origine. La sua devozione per la croce era forte, per tutta la vita la tradusse in carità dedicandosi al prossimo, coinvolgendo altre persone che su suo esempio compresero il valore del Vangelo vissuto. Diceva: “chi cerca Iddio deve andarlo a trovare tra i poveri”.
Per due volte rinunziò alla dignità cardinalizia propostagli da Innocenzo XII e Clemente XI.
La mattina del 14 gennaio 1720, mentre suonava l’organo, fu assalito da febbre e portato in cella. L’ultima malattia durò pochi giorni. Alle ore 6.45 del 20 gennaio spirava venerato come un santo, all’età di 78 anni. Al suo funerale accorse tutta Roma, cardinali, nobili e una moltitudine di popolo. Il corpo venne portato in processione, la gente per strada espose gli arazzi delle occasioni solenni. Papa Clemente XI sulla tomba in S. Martino fece scrivere il “venerabile” “padre dei poveri”. Molti miracoli gli furono attribuiti in vita e dopo la morte. Nel 1781 papa Pio VI riconobbe le sue virtù eroiche, oggi, riconosciuto il miracolo, è assunto alla gloria dei beati.
Nel 1999 Giovanni Paolo II, per il 7° centenario della presenza dei Carmelitani nella Basilica di S. Martino ai Monti, disse: “Come non far memoria di quell’umile frate, il Ven. Angelo Paoli, “Padre dei Poveri” e “Apostolo di Roma,” che possiamo definire il fondatore “ante litteram” della “caritas” nel rione Monti? Egli, per primo, collocò la croce nel Colosseo, dandovi inizio al pio esercizio della Via Crucis.”
PREGHIERA
Tua è,
Signore,
la sola Verità.
Quella che noi
qui adesso
afferra.
La nostra sfatta voce
sperando disperata
a te s’aggrappa,
o Padre,
e alla tua Croce.
(Giovanni Testori, Post-Hamlet)
FONTI
-Gianpiero Pettiti, www.santiebeati.it
-Daniele Bolognini, www.santiebeati.it