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San Francesco Spinelli (1853-1913)

14 Maggio 2020 @ 0:00

San Francesco Spinelli
 

L’infanzia
Francesco Spinelli nacque a Milano il 14 aprile 1853. I suoi genitori, Bartolomeo Spinelli ed Emilia Cagliaroli, erano bergamaschi d’origine, precisamente di Verdello, e lavoravano al servizio del marchese Emilio Stanga: rispettivamente, erano maggiordomo e cameriera.

A causa delle insurrezioni popolari dovute al ritorno del dominio austriaco su Milano, i genitori pensarono di mandare Francesco a Verdello, perché potesse crescere al sicuro. Per i successivi tre anni fu quindi allevato da Giovanna, una zia della madre, cominciando a sviluppare un carattere riflessivo e un’attenta capacità di osservazione. In particolare, si sentiva attratto dalle celebrazioni in chiesa e dai gesti del sacerdote all’altare.

Tornato dai genitori, che si erano trasferiti insieme ai marchesi Stanga a Vergo, nei pressi di Besana Brianza, Cecchino ricevette da loro un’educazione improntata ai principi religiosi. In particolare, seguiva la madre nelle sue visite ai poveri e ai malati.

 

La guarigione miracolosa e la vocazione sacerdotale

A causa di una caduta dal letto, durante gli anni del ginnasio, Francesco subì una lesione della colonna vertebrale. Fu quindi accolto in casa dello zio don Pietro, ma per le vacanze tornò a Vergo, munito di stampelle.

Un giorno, mentre, come suo solito, pregava davanti alla statua della Madonna de La Salette, esposta nella parrocchiale di Vergo, si sentì spinto a lasciar cadere i suoi sostegni: sotto gli occhi dei presenti, ricominciò a camminare. Da allora cominciò a pensare ancora più seriamente a come ringraziare Dio e la Madonna per il dono ricevuto.
Superati gli esami di maturità, Francesco comunicò ai genitori di voler diventare sacerdote. Entrambi acconsentirono, sebbene il padre, notando la propensione del ragazzo verso i malati, credesse che avrebbe voluto fare il medico.

L’ordinazione sacerdotale si svolse il 17 ottobre 1875 nella chiesa di Gavarno Vescovado, dove monsignor Pierluigi Speranza, vescovo di Bergamo, era temporaneamente a riposo.

L’ispirazione del 1875

Nei giorni delle feste natalizie del 1875, si recò a Roma per il Giubileo. Visitò gran parte delle chiese della città, ormai capitale d’Italia, e sostò a lungo nella basilica di Santa Maria Maggiore, dov’è venerata la “Sacra Culla”, ovvero un reliquiario dove si ritiene siano custoditi i resti della mangiatoia di Gesù bambino.

Quello che gli accadde durante una delle sue meditazioni fu da lui stesso accennato in questi termini: “Mi sono inginocchiato, piansi, pregai e, giovane sacerdote allora, sognai uno stuolo di vergini che avrebbero adorato Gesù in Sacramento”.

Tornato a Bergamo, fu incaricato di continuare a collaborare con don Palazzolo e con lo zio, diventando poi anche insegnante nel Collegio Sant’Alessandro. Intanto, però, non dimenticava l’ispirazione che sentiva di aver ricevuto. Divenne anche molto richiesto come predicatore di ritiri, confessore e direttore spirituale.


L’incontro con Caterina Comensoli

Proprio durante una sua predicazione presso le Suore di Maria Bambina a Bergamo, il suo fervore colpì particolarmente una giovane cameriera, Caterina Comensoli. Si era già consacrata a Dio nella Compagnia di Sant’Angela Merici, ma desiderava fondare una congregazione dedita all’Adorazione Eucaristica perpetua.

Nell’inverno 1882, don Francesco si trovava a Capriate San Gervasio, in occasione delle Quarantore. Caterina lo rivide e chiese di potergli parlare. Andò anche a trovarlo in parrocchia, in quanto aveva accompagnato a Bergamo la sua padrona, la contessa Ippolita Fé d’Ostiani-Vitali, in visita alla sorella Barbara. Nel corso dei loro colloqui, capirono di avere un progetto comune, che esposero prontamente al successore di monsignor Speranza, monsignor Camillo Guindani.

Se da una parte il vescovo era favorevole, visto che a Bergamo non esistevano istituti dediti all’Adorazione perpetua, dall’altra i conti Fé d’Ostiani non volevano privarsi di Caterina. Aiutata da don Francesco, lei ribatté tranquillamente a tutte le accuse.

La nascita delle Suore Adoratrici del SS. Sacramento

Don Francesco, dal canto suo, andava delineando il fine specifico del nuovo istituto religioso: «Adorare perpetuamente il SS. Sacramento, fonte di forze per queste opere ed in riparazione delle offese che a Dio si fanno in questi tempi», ma anche «raccogliere tutti quelli che non sono accettati negli altri ospedali e case di salute, specialmente i poveri».
Il 21 giugno 1883 si svolse la prima Adorazione Eucaristica pubblica, mentre il 15 dicembre, a un anno dalla fondazione, furono celebrate le prime sei vestizioni. Caterina Comensoli, da quel momento in poi, divenne suor Geltrude del SS. Sacramento.

 

Due congregazioni da un’unica ispirazione

Il 4 marzo 1889, don Francesco arrivò a Rivolta d’Adda. Le suore l’accolsero subito e ascoltarono ciò che aveva loro da dire: «Sono qui per continuare l’opera con le figlie decise a seguirmi. Volete unirvi alla Madre di Bergamo? Siete libere: andate, figlie, io vi benedirò; andate e fate del bene. Se però qualcuna vuole restare con me, l’accolgo con tutto il cuore… Sono povero, poverissimo, ma lavoreremo, faremo sacrifici…». Solo una suora si trasferì in casa madre.

Intanto, anche madre Geltrude e le consorelle furono travolte dal fallimento. Anche loro dovettero lasciare Bergamo: furono accolte dal vescovo di Lodi, monsignor Giovanni Battista Rota. L’8 settembre 1891, con decreto vescovile, furono erette le Suore Sacramentine. Madre Geltrude professò i voti perpetui il 26 febbraio 1892 e, dopo un mese, poté ristabilire la congregazione nella casa madre di Bergamo, riottenuta grazie ad alcune donazioni.

Don Francesco chiese e ottenne di essere incardinato nella diocesi di Cremona nel marzo 1889. Poté quindi ripartire insieme alle sue figlie, che nel 1897 furono a loro volta erette in congregazione autonoma, mantenendo il nome originario di Suore Adoratrici del SS Sacramento.

Lo stile di don Francesco

Don Francesco riusciva a unire la contemplazione del Mistero eucaristico alla carità verso i poveri e i disabili. A sua volta indicò alle suore quale dovesse essere il motore delle loro azioni: «Adorate con l’amore più ardente l’Augustissimo Sacramento e attingete da esso la carità a sollievo del prossimo».

Se c’era una predilezione, da parte sua, era per i malati più ripugnanti: li andava a cercare per le strade, li ripuliva e baciava le loro piaghe. Un giorno fu portata da lui una donna colpita da epilessia, con i segni evidenti della malattia: in particolare, aveva la bava alla bocca. Don Francesco, tranquillamente, prese il proprio fazzoletto di tasca e l’asciugò. Accanto a lui c’era una suora, alla quale spiegò: «Negli infelici dobbiamo vedere Gesù Cristo. Saresti contenta se nel giorno del giudizio Egli ti dicesse: Hai avuto schifo di me?».

Mentre la congregazione aveva un nuovo sviluppo, don Francesco continuava a essere invitato in altre parrocchie per predicazioni speciali. Diede poi alle stampe un libro, «Conversazioni eucaristiche», nel quale riportava le sue riflessioni davanti al Santissimo Sacramento.

 

Gli ultimi anni

Consapevole di essere sul finire della vita, il 9 maggio 1910 firmò il proprio testamento, nel quale, tra l’altro, rinnovò il perdono a quanti gli avevano fatto del male: «Rendo pure grazie ai Sacerdoti che mi hanno con zelo e sacrificio coadiuvato. Protesto di amare tutti e di non avere il minimo rancore con alcuno, e a quelli che volontariamente o no hanno concorso a recarmi dispiaceri o danni, prego il Buon Signore renda loro altrettanto di bene e più di quello che mi hanno fatto di male».
Sul finire del 1912 gli fu diagnosticato un carcinoma allo stomaco. Celebrò l’ultima Messa il giorno di Natale, poi si preparò all’ultimo addio alle suore. Alle 21 del 6 febbraio 1913, mentre tutte gli stavano attorno, si spense tracciando il segno della Croce. Undici anni più tardi, la sera del 14 maggio 1924, i suoi resti mortali furono traslati nella chiesa della casa madre delle Suore Adoratrici, a Rivolta d’Adda.

La causa di beatificazione fino al riconoscimento delle virtù eroiche
A fronte della fama di santità che, a quindici anni dalla morte, continuava a circondare don Francesco, fu avviata la sua causa di beatificazione e canonizzazione, per l’accertamento dell’eroicità delle sue virtù. Il 1° marzo 1928 fu aperto il processo informativo presso la diocesi di Cremona. Il decreto sull’introduzione della causa, che all’epoca apriva la fase romana della causa, rimonta invece al 25 gennaio 1952. Il processo apostolico si svolse quindi dal 4 marzo 1953 all’8 marzo 1957.
La sua “Positio super virtutibus” fu consegnata nel 1988 presso la Congregazione delle Cause dei Santi. L’anno successivo, il 14 aprile 1989, i Consultori teologi espressero il loro parere positivo, confermato, il 9 gennaio 1990, dai cardinali e dai vescovi membri della stessa Congregazione.

Così, il 3 marzo 1990, il Papa san Giovanni Paolo II autorizzò la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto con cui don Francesco Spinelli veniva dichiarato Venerabile.

La beatificazione

San Giovanni Paolo II lo beatificò il 21 giugno 1992, domenica del Corpus Domini, presso il santuario di Santa Maria del Fonte a Caravaggio, fissando la sua memoria liturgica al 6 febbraio, il giorno della sua nascita al Cielo.

La canonizzazione

Il miracolo esaminato per ottenere la canonizzazione riguardava un bambino, Ambrozo Maria Diaz, nato il 25 aprile 2007 nel centro di maternità gestito dalle Suore Adoratrici a Kinshasa, in Congo. Mentre la madre s’incamminava verso casa, con lui al collo, rischiò d’inciampare. Per la paura, strinse a sé il bambino, causandogli una forte emorragia.

I tentativi di procurare delle trasfusioni risultavano difficili per lo stato di estrema sofferenza del piccolo, così una delle religiose, suor Adeline, si sentì condotta a chiedere l’intercessione del suo fondatore: accese una lampada di fronte alla sua immagine esposta in cappella e mise un santino sotto il lenzuolo del bambino.

Dopo oltre un’ora, i medici riuscirono a trovare una vena, grande come quella di un adulto: la trasfusione funzionò e il bambino si riprese. In segno di gratitudine, i genitori gli cambiarono nome in Francesco Maria Spinelli Diaz, ma all’anagrafe “Spinelli” fu scritto erroneamente come “Spinto”.

Il 6 marzo 2018, ricevendo in udienza il cardinal Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui la guarigione inspiegabile del bambino era da attribuire all’intercessione del Beato Francesco Spinelli. La sua canonizzazione, insieme a quella di altri sei Beati, è stata celebrata da papa Francesco domenica 14 ottobre 2018.

La sua eredità oggi

Le Suore Sacramentine di Bergamo e le Suore Adoratrici del Santissimo Sacramento di Rivolta d’Adda proseguono autonomamente i loro cammini. Le une hanno scuole, asili d’infanzia e opere educative, mentre le altre, alle stesse opere, uniscono un’attenzione particolare per disabili e malati. Hanno ricevuto il Decreto di lode l’11 dicembre 1926, mentre l’approvazione pontificia definitiva rimonta al 27 febbraio 1932.
Le due congregazioni riconoscono di avere una comune sorgente nella spiritualità eucaristica di don Francesco e di madre Geltrude, che a sua volta è stata canonizzata nel 2009, ma le Sacramentine di Bergamo attribuiscono solo a lei il titolo di fondatrice. Hanno comunque molti momenti di fraternità in comune, specie nelle memorie liturgiche dei rispettivi fondatori.

Alle comunità delle Suore Adoratrici, sparse in Italia, Africa e America Latina, si affianca la Fraternità Eucaristica per laici, che condivide l’insegnamento del fondatore: «Siate sempre là dove c’è un essere umano che soffre».

 

Preghiera

 

Dio Creatore e Salvatore,

Tu domini con l’affetto le creature e le guidi alla salvezza.

Noi ti preghiamo: risana le ferite di questo nostro caro ammalato,

allevia il suo dolore e concedigli la salute del corpo.

Perdona i suoi peccati e liberalo dall’angoscia della malattia.

 

Noi abbiamo fiducia in Te:

Tu hai guarito tanti ammalati,

hai liberato dal carcere i tuoi apostoli Pietro e Paolo,

e hai comandato ai tuoi sacerdoti di assistere gl infermi.

Signore, fa che questo nostro caro malato

sia liberato dal carcere della malattia

e che possa ringraziarti nella tua Chiesa.

Così sia.