Lunlunedì | Marmartedì | Mermercoledì | Giogiovedì | Venvenerdì | Sabsabato | Domdomenica | 8 Luglio 2021 | 9 Luglio 2021 | 10 Luglio 2021 | 11 Luglio 2021 |
---|---|---|---|---|---|---|
12 Luglio 2021 |
13 Luglio 2021-: Santa Clelia Barbieri (1847-1870)-: Santa Clelia Barbieri (1847-1870)13 Luglio 2021 - Santa Clelia Barbieri Clelia Barbieri nacque il 13 febbraio 1847 nella contrada volgarmente chiamata le "Budrie", appartenente civilmente al comune di S. Giovanni in Persiceto (BO), ecclesiasticamente alla Archidiocesi di Bologna, da Giuseppe Barbieri e Giacinta Nannetti. I genitori erano di censo diverso: Giuseppe Barbieri proveniva dalla famiglia quasi più povera delle " Budrie ", mentre Giacinta dalla famiglia più in vista; lui garzone dello zio di Giacinta, medico condotto del luogo, lei la figlia di Pietro Nannetti benestante. Per il matrimonio contro corrente, Giacinta benestante sposò la povertà di un bracciante e da una casa agiata passò ad abitare nella umilissima casetta di Sante Barbieri, papà di Giuseppe; tuttavia si costituì una famiglia cementata sulla roccia della fede e della pratica cristiana. Al battesimo amministratole lo stesso giorno della nascita, per espresso volere della mamma, la neonata ricevette i nomi di Clelia, Rachele, Maria. La mamma insegnò precocemente alla piccola Clelia ad amare Dio fino a farle desiderare di essere santa. Un giorno Clelia le domandò: " Mamma, come posso essere santa "? Per tempo la Clelia imparò pure l'arte del cucire, di filare e tessere la canapa, il prodotto caratteristico della campagna persicetese. All'età di 8 anni, durante l'epidemia colerica del 1855 Clelia perdette il babbo. Con la morte del babbo, per generosità dello zio medico, la mamma, Clelia e la piccola sorellina Ernestina passarono ad abitare in una casa più accogliente vicino alla chiesa parrocchiale. Per Clelia le giornate divennero più santificate. Chiunque avesse voluto incontrarla poteva trovarla immancabilmente o a casa, a filare o cucire, o in chiesa a pregare. Sebbene era nell'uso del tempo accostarsi per la prima volta alla Comunione quasi adulti, Clelia per la sua precoce preparazione catechistica e spirituale vi fu ammessa il 17 giugno 1858, a soli undici anni. Fu un giorno decisivo per il suo futuro, perché visse la sua prima esperienza mistica: contrizione eccezionale dei peccati propri e altrui. Premette su di lei l'angoscia del peccato che crocifigge Gesù e addolora la Madonna. Dal giorno della prima Comunione, il Crocifisso e la Madonna Addolorata ispireranno la sua spiritualità. In pari tempo ebbe una intuizione interiore del suo futuro nella duplice linea contemplativa e attiva. In adorazione dinanzi al Tabernacolo appariva come una statua immobile, assorta in preghiera; a casa era la compagna maggiore delle ragazze costrette al lavoro. Con maturità precoce all'età trovava nel lavoro il suo primo modo di rapporto con le ragazze, poiché alle " Budrie " il lavorare, specialmente la canapa, era l'unica fonte per tirare avanti la vita. Ma Clelia vi aggiungeva qualcosa che nell'ambiente era particolarmente suo: lavorare con gioia, con amore, pregando, pensando a Dio e addirittura parlando di Dio. Clelia non è Marta che si affaccenda tutta presa dal servizio per le cose del mondo, tuttavia si prodiga compiutamente, appassionatamente al servizio delle creature più amate da Gesù, i poveri, tanto che le sue tenere mani portano i segni della più dura fatica. Clelia non è Maria che tutto lascia, esclude e abbandona per immobilizzarsi estatica nel gesto di devozione e di amore. Eppure non ha altro pensiero, non ha altri affetti e si muove e cammina immersa in Lui, come una sonnambula. Dopo il ritiro delle ragazze nella " Casa del maestro " cominciarono fatti straordinari, come altrettanti attestati della Provvidenza a favore della piccola comunità che altrimenti non avrebbe potuto perseverare. Essi venivano propiziati dalle sofferenze fisiche e morali di Clelia nella notte oscura dello spirito e nelle umiliazioni più incomprensibili da parte di persone che avrebbero dovuto invece comprenderla. La sua fede però era sempre proverbiale come pure il suo raccoglimento nella preghiera. Nel ritiro delle " Budrie " si respirava un clima di fede, una vera fame e sete di Dio, un istinto missionario pieno di creatività e di fantasia, affatto poggiato sopra i mezzi organizzativi che mancavano. Clelia ne era l'anima. Il gruppo iniziale lievitò e attorno a esso anche il numero dei poveri, dei malati, dei ragazzi e ragazze da catechizzare e istruire. A poco a poco la gente vide Clelia in un ruolo di guida, di maestra nella fede. Cominciarono così, nonostante i suoi 22 anni, a chiamarla " Madre ". La chiameranno così fino alla morte che avverrà prestissimo. La tisi che l'accompagnava subdolamente, esplose violenta appena due anni dopo la fondazione. Clelia morì profetizzando a colei che la sostituirà: " Io me ne vado ma non vi abbandonerò mai ... Vedi, quando là in quel campo d'erba medica accanto alla chiesa, sorgerà la nuova casa, io non ci sarò più... Crescerete di numero e vi espanderete per il piano e per il monte a lavorare la vigna del Signore. Verrà giorno che qui alle " Budrie " accorrerà tanta gente, con carrozze e cavalli... ". E aggiunse: " Me ne vado in paradiso e tutte le sorelle che moriranno nella nostra famiglia avranno la vita eterna ... ". La morte la colse nella soddisfazione di andare incontro allo Sposo verginale, il 13 luglio 1870. La profezia di Clelia in morte si è avverata. La Congregazione delle Suore Minime dell'Addolorata si è sviluppata e si sviluppa. E' diffusa in Italia, in India, in Tanzania. Oggi le suore nell'imitazione della Beata Clelia, in umiltà nel proficuo loro lavoro assistenziale sono intorno alle trecento, divise in 35 case. Con i suoi 23 anni, al giorno della morte, Clelia Barbieri può dirsi la fondatrice più giovane della Chiesa.
PREGHIERA (Preghiera composta dal cardinale Giacomo Lercaro, arcivescovo di Bologna)
Signore Iddio, Padre nostro clementissimo, nella tua bontà guardasti con singolare predilezione alla Santa Clelia e con l'abbondanza delle tue grazie e dei carismi dello Spirito Santo la preparasti ad essere, semplice e giovanissima vergine, la madre spirituale di una ampia famiglia di Figlie, che in umiltà e sacrificio servissero a Gesù nelle persone dei fratelli più umili e sofferenti. Noi ti benediciamo, Padre Santo, per questa effusione della tua generosità; per l'intercessione di Madre Clelia ti chiediamo ... e quello spirito di carità e di servizio, che il Signore Gesù lasciò a noi come oggetto del suo nuovo comandamento e segno indubbio della nostra genuina adesione al Vangelo. Esaudisci, o Padre, l'umile nostra preghiera, che ti porgiamo per mezzo di Cristo, Figlio Tuo e Signore nostro, nello Spirito Santo. Amen.
|
14 Luglio 2021-: San Camillo De Lellis (1550-1614)-: San Camillo De Lellis (1550-1614)14 Luglio 2021 - San Camillo De Lellis Era il secondo figlio, atteso per molto tempo, dei nobili Giovanni de Lellis e Camilla de Compellis: Camillo, un gigante di forza, di coraggio, di carità, di dolcezza. In effetti tutta la vita di Camillo fu straordinaria. Egli nacque il 25 maggio 1550 a Bucchianico di Chieti nell’Abruzzo; nel mese dì marzo di quello stesso anno moriva a Granada Giovanni di Dio, un altro grande santo della sanità. Fu battezzato col nome di Camillo in ossequio alla madre, nome che significa “ministro del sacrificio”. Camillo fu un fanciullo vivace e irrequieto, imparò a leggere ed a scrivere e poi via, allorché a tredici anni gli morì la madre, nei tumulti di una vita vagabonda. Al seguito del padre, militare di carriera negli eserciti spagnoli, cominciò a frequentare le compagnie dei soldati, imparandone linguaggio e passatempi, fra i quali il gioco delle carte e dei dadi. Preparatosi anche nel mestiere, mentre si stava arruolando nell’esercito della “Lega santa”, improvvisamente gli morì il padre Giovanni, col quale doveva imbarcarsi. All’evento luttuoso seguì la comparsa di una dolorosa ulcera purulenta, forse da osteomielite, alla caviglia destra. Ciò costrinse Camillo a recarsi a Roma per il suo trattamento all’ospedale San Giacomo degli Incurabili. Parzialmente guarito, Camillo pensò che gli conveniva proprio fare il militare mercenario e con la seconda Lega fu mandato, al soldo della Spagna, prima in Dalmazia e poi a Tunisi. Fu congedato nel 1574, perse ogni suo avere al gioco e fu accolto dai Cappuccini di San Giovanni Rotondo non lontano da Manfredonia a fare il manovale, dopo avere girato qua e là in cerca di elemosina. Le buone parole di un frate di quel convento e la grazia del Signore trasformavano il cuore e la vita di quello sbandato ormai quasi venticinquenne e nel febbraio 1575 avvenne la conversione. La piaga, che intanto si andava estendendo alla gamba, lo riportò al San Giacomo di Roma, dove, con ben altro spirito rispetto al primo ricovero, cominciò, più che a pensare a se stesso, a rendersi conto dello stato di abbandono e di miseria in cui si trovavano i malati, alla mercé di un personale indifferente ed insufficiente. Si mise a servire i suoi compagni sofferenti e lo faceva in maniera così delicata e diligente che gli amministratori lo promossero responsabile del personale e dei servizi dell’ospedale. Ma non riuscendo a cambiare la situazione generale, Camillo ebbe l’ispirazione, una volta dimesso, di convocare un gruppo di amici che, consacratisi a Cristo Crocifisso, si dedicassero totalmente alle prestazioni verso gli ammalati. Essi formeranno più avanti la Compagnia dei Ministri degli Infermi che Sisto V, papa dal 1585 al 1590, approvava nel 1586, con il permesso ad ognuno di portare l’abito nero come i Chierici Regolari, ma con il privilegio di una croce di panno rosso sul petto, come espressione della Redenzione operata dal dono del Preziosissimo Sangue di Cristo. Intanto Camillo trovava il tempo per studiare e nel 1584 veniva ordinato sacerdote a S. Giovanni in Laterano. In quel tempo esisteva a Roma il grande ospedale o arcispedale di Santo Spirito, che Innocenzo III, papa dal 1198 al 1216, aveva fondato nel 1204 come Hospitium Apostolorum e che proprio Sisto V aveva provveduto a rinnovare ed a ingrandire. Qui prese ben presto servizio Camillo coi suoi compagni e per ventotto anni egli ebbe ogni attenzione per quei malati, nei quali spesso contemplava misticamente Gesù Cristo stesso. Egli riuscì anche ad esigere che le corsie fossero ben arieggiate, che ordine e pulizia fossero costanti, che i pazienti ricevessero pasti salutari e che i malati affetti da malattie contagiose fossero posti in quarantena. Nel frattempo papa Gregorio XIV elevava la Compagnia ad Ordine religioso e l’8 dicembre 1591 il sacerdote, con venticinque compagni, fece la prima professione dei voti, aggiungendo ai tre abituali di povertà, castità e obbedienza, il quarto voto, vale a dire quello di “perpetua assistenza corporale e spirituale ai malati, ancorché appestati”. Nella pratica della carità i Ministri degli Infermi, che diventeranno poi i Camilliani, stabilirono il seguente paradigma: il corpo prima dell’anima, il corpo per l’anima, l’uno e l’altra per Iddio. Per un certo tempo il sacerdote Camillo governò personalmente l’Ordine, fondando Case in parecchie città d’Italia, ma nel 1607 vi rinunciò per qualche dissenso sorto tra i confratelli e riprese a tempo pieno l’assistenza ai malati, ai poveri, ai diseredati. L’ulcera della caviglia non l’abbandonò mai e, dopo la comparsa di patologia renale e gastrica, egli moriva il 14 luglio 1614. I suoi resti mortali restano sepolti nella piccola chiesa di Santa Maria Maddalena a Roma. Don Camillo de Lellis da Bucchianico venne beatificato nel 1742 e proclamato santo quattro anni dopo da Papa Benedetto XIV. Leone XIII lo dichiarò, nel 1886, patrono degli infermi e degli ospedali, Pio XI lo proclamò patrono degli infermieri nel 1930 e Paolo VI, qualche decennio più tardi, protettore particolare della sanità militare italiana. La sua festa liturgica ricorre il 14 luglio. L’Ordine dei Camilliani ha avuto un progressivo sviluppo lungo gli abbondanti quattro secoli che costituiscono la sua storia, fatti salvi alcuni momenti difficili nel Settecento e nell’Ottocento. Nel tempo si sono formate comunità di religiose e poi le Ministre degli Infermi ed ancora sono sorti in varie parti del mondo gruppi di laici, uomini e donne, che hanno fatto proprio il carisma e la missione di San Camillo: tutti insieme, Ordine in testa, costituiscono “La Famiglia Camilliana”.
ORDINI ET MODI CHE SI HANNO DA TENERE NELLI HOSPITALI IN SERVIRE LI POVERI INFERMI XXVII Prima ognuno domandi gratia al Signore che gli dia un affetto materno verso il suo prossimo acciò possiamo servirli con ogni charità così dell'anima, come del corpo, perché desideriamo con la gratia di Dio servir a tutti gl'infermi con quell'affetto che suol una amorevol Madre al suo unico figliuolo infermo. XXVIII Perché le cure, maneggi delle cose temporali impediscon lo Spirito 6 et charità verso il prossimo, pero ognuno si guarderà di non lasciarsi indur da nissuno ad haver' simili maneggi in detti Hospitali come sono maneggi di danari e d'altre robbe, havere cura al governo della [p. 7] casa et maneggiare entrate di Hospitale. Pertanto ogn'uno si guarderà con ogni diligentia di non fare contro detto ordine, et se alcuno presumerà di fare o vero procurare il contrario per se ò vero per altri subito s'intenda quel tale esser fuora della Compagnia ancorché fusse il Superiore di tutti. XXIX Si usi diligentia di trovarsi quando li Medici fanno la visita 7 poter poi cibarli all'hora, e con li cibi che haveranno ordinato massime quelli che staranno più aggravati, et anco per pigliare informatione di altre cose per servitio dell'infermi. XXX Quando mangiano detti Infermi ognuno habbia cura d'aiutar alli più gravi usandoci molta diligentia in farli magnare, e poi debbia referirlo à l'infermiero, o, altro Superiore di quello che haverà magnato massime quando alcuno non havesse magnato a sufficientia. XXXI Stando presente à dett'infermi quando magnano ogn' uno cerca con charità incitarli con parole amorevoli a farli magnare accomodandoli la testa alta, et altre cose secondo che lo Spirito santo gl'insegnarà, et questo si faccia tutto con volontà delli Infermi. XXXVII Se alcuno gli sarà imposto qualch'officio particulare in servitio dell'infermi procuri con charità e diligentia possibile farlo, et obedisca non solo alli Superiori delli Hospitali come à Christo ma ancora a tutti li Offitiali et servitori di quello per amor di Dio. XXXVIII Quando si faranno li servitij communi ognuno procuri di fare il debito suo, et non restar di farlo salvo che per occupatione che gli sarà imposta dal Superiore ò vero per indispositione corporale, et altri impedimenti, ma altri fratelli che si trovaranno à far detti servitij chi vedrà che alcuni manchano, non ardiscano di mormorare, ma si persuada piu presto chè quelli siano occupati in altre cose, è, così habbino legitima scusa, XXXIX Ognuno con ogni diligentia possibile si guarderà di non trattar' li poveri infermi con mali portamenti, cioè usandoci male parole, et altre cose simili, ma piu presto trattare con mansuetudine et charità, et haver riguardo alle parole che il Signore ha detto, Quello che avete fatto à uno di questi minimi [p. 10] l'havete fatto a me, però ognuno risguardi al povero come à la persona del Signore. XL Tutto quel tempo ch'avanza da servitij communi, et particolari ognuno che non sarà impedito procuri se non in tutto almeno in parte spenderlo fra li poveri infermi con aiutarli in qualche cosa della quale haveranno bisogno nel corpo et nell'anima ricordandogli qualche cosa spirituale insegnandoli il Pater noster, Ave Maria, Credo, et altre cose appartenenti alla salute, et principalmente havendo cura di dar qualche ricordo di ben morire a quelli che saranno vicini alla morte, XLI Circa la diligentia et cura che si ha da tenere de l'anima dell'infermi la prima sarà questa, Ognuno procuri quando visita qualch'infermo saper da lui se è ben confessato, cioè con le circunstantie necessarie alla buona confessione et quelli che si trovarà che non saranno ben confessati esortarli a confessarsi ben quanto prima, insegnandoli le dette circunstantie, et dandoli altri ricordi spirituali, et esortarli à far la confessione generale, et se conoscerà che ne habbiano bisogno avvertirà il Padre Confessore quanto prima con consenso però dell'infermo. XLII Quelli fratelli che si troveranno nelli Hospitali procurino diligentemente che detti Infermi quando si haveranno da communicare vadino ben preparati insegnandoli come si hanno da apparecchiare prima della Communione e come si hanno da portar poi, et più avvertischino che molti Infermi si trovano che non mandano. |