PASTORALE della SALUTE
Diocesi di Roma – Giornata di Spiritualità
Domenica 11 Marzo 2018
Chi è mio Prossimo
LUCA 10
25Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: “Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”. 26Gesù gli disse: “Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?”. 27Costui rispose: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso“.
28Gli disse: “Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai“.
29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: “E chi è mio prossimo?”.
30Gesù riprese: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre.
33Invece un Samaritano,
che era in viaggio,
passandogli accanto,
vide e
ne ebbe compassione.
34Gli si fece vicino,
gli fasciò le ferite,
versandovi olio e vino; poi
lo caricò sulla sua cavalcatura,
lo portò in un albergo
e si prese cura di lui.
35Il giorno seguente,
tirò fuori due denari e
li diede all’albergatore, dicendo:
“Abbi cura di lui;
ciò che spenderai in più,
te lo pagherò al mio ritorno”.
36Chi di questi tre ti sembra
sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?”.
37Quello rispose: “Chi ha avuto compassione di lui”.
Gesù gli disse:
“Va’ e anche tu fa’ così“.
Gesù ci vede…
Lasciarsi guardare
La parabola di Gesù parte dalla domanda: “Chi è il mio prossimo?” e presenta una situazione particolare: un agguato contro un povero uomo e l’indifferenza di chi gli passa accanto. I sacerdoti e i leviti infatti consideravano cosa impura toccare il sangue di un moribondo.
Ma un samaritano si ferma. I samaritani – come sappiamo – erano malvisti dai Giudei, per motivi storici e religiosi. Eppure un samaritano si ferma.
Proviamo a pensare noi – come uomini e donne, prima ancora di essere operatori socio-sanitari – nei panni dell’uomo lasciato mezzo morto. E a pensare a Colui che ci guarda con amore: Gesù, il Buon Samaritano dell’umanità.
Gesù ci vede così come siamo. Non giudica, non fa considerazioni. Ci ama e basta. A noi sta lasciarci guardare da Lui, allo stesso modo con cui Gesù ha guardato i discepoli (Gv 1,42) o il giovane ricco (Mc 10,21). Lasciarsi guardare da Gesù – nelle varie situazioni della vita: casa, lavoro, intimità, relazioni, discussioni, servizio… – è il primo passo per un discorso di guarigione.
“Mezzi morti”
Lasciarsi sollevare
Il ferito della parabola non ha nome perché in lui ci ritroviamo tutti… quante volte è accaduto nella nostra personale o lavorativa di trovarci come mezzi morti! In quei momenti Gesù, forse a nostra insaputa, è intervenuto, ci ha accolto e ci ha raccolto. Egli si presenta come colui che rialza ognuno di noi dalle pesantezze della vita e dona la certezza e la fiducia di poterci rinnovare nella gioia di amare e di essere amati.
Ha compassione di noi
Lasciarsi amare
Tutto il mondo davanti a te, come polvere sulla bilancia,
come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra.
Hai compassione di tutti, perché tutto tu puoi,
non guardi ai peccati degli uomini, in vista del pentimento.
Poiché tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato;
se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure creata.
Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non vuoi?
O conservarsi se tu non l’avessi chiamata all’esistenza?
Tu risparmi tutte le cose, perché tutte son tue, Signore, amante della vita.
(Sap 11,22-26)
Il Samaritano ha un atteggiamento di attenzione e di premura. Egli ha compassione. In greco e in aramaico il verso ha radici che richiamano un coinvolgimento interiore (“sentire con le viscere”) che sa di amore materno.
Il popolo ebreo ha passato un tempo momenti difficili e si è rivolto al Signore lamentandosi dicendo: «Ci hai abbandonati, ci hai dimenticati!». «No! – ha risposto per mezzo di Isaia Profeta – può forse una mamma dimenticare il proprio bambino? ma anche se succedesse, mai Dio dimenticherà il suo popolo». Anche noi che siamo qui, abbiamo gli stessi sentimenti; noi siamo oggetti da parte di Dio di un amore intramontabile. Sappiamo: ha sempre gli occhi aperti su di noi, anche quando sembra ci sia notte. E’ papà; più ancora è madre. Non vuol farci del male; vuol farci solo del bene, a tutti. I figlioli, se per caso sono malati, hanno un titolo di più per essere amati dalla mamma. E anche noi se per caso siamo malati di cattiveria, fuori di strada, abbiamo un titolo di più per essere amati dal Signore.
(Giovanni Paolo I)
Gesù compatisce noi, “patisce – con” noi. Egli conosce bene gli uomini. Sa i nostri limiti, vede le nostre ferite e i nostri peccati: i silenzi, le incomprensioni, le delusioni, il rischio dell’abitudine… a noi sta lasciarci amare da Lui, ritrovare nel suo Amore divino tutta la grazia della fede.
Si fa a noi vicino
Lasciarsi avvicinare
“Il maestro è qui e ti chiama!” (Gv 11,28)
Gesù non se ne sta lontano. Egli si avvicina a noi. Si è avvicinato a tal punto da morire sulla croce, per darci la certezza della Vita. “Non ti ho amato per scherzo” amava ripetere il crocifisso a Sant’Angela Merici.
Anche noi, soprattutto in questo cammino nuovo, lasciamoci avvicinare da Gesù. Non chiudiamogli la porta della nostra casa e del nostro cuore.
Ci fascia le ferite con olio e vino
Lasciarsi curare
Il Samaritano non si ferma a mani vuote davanti al ferito. Porta con sé il necessario per dargli sollievo. Si tratta dell’ “olio della consolazione e del vino della speranza” necessari a ciascuno di noi ogni giorno. Il samaritano fa atti concreti e li fa con amorevolezza, attenzione affettiva senza limiti, fino all’eccesso.
Gesù entra in contatto “fisico” con noi – come noi facciamo con i “nostri” malati.
Sfiora gli occhi dei ciechi, tocca con le dite le orecchie e gli occhi di un sordomuto, prende per mano la suocera di Simone ammalata e la figlia di Giairo morta, si lascia toccare il mantello dall’emorroissa.
Ci carica sul suo giumento
Lasciarsi guidare
Non camminare di fronte a me. Non ti potrei seguire;
non camminare dietro a me. Non ti potrei vedere;
cammina accanto a me e sarai mio amico.
Gesù si fa compagno di viaggio. Si pone al passo di coloro a cui offre la sua cura, per farli sentire amati e guidarli verso una piena guarigione. L’importante è fidarsi di Lui e affidarsi a Lui con tutto il cuore, come a Colui di cui non si può fare a meno.
Ha cura di noi
Lasciarsi guarire
Gesù lascia quell’uomo in un albergo, immagine della Chiesa che ci custodisce con affetto fino al Suo ritorno. Oggi è la Chiesa a guarirci, a sostenerci, a donarci fiducia. Ci sentiamo tranquilli in questo “albergo”?
Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto. Curare le ferite, curare le ferite… E bisogna cominciare dal basso.
Papa Francesco
Va’ e anche tu fa’ così.
I discepoli sono posti sulla scia del Maestro, impegnati a vivere una medesima attitudine di compassione, non a parole, ma in gesti e fatti concreti.
Se siamo stati guariti da Cristo, occorre metterci anche noi a disposizione degli altri bisognosi di aiuto.
Che cosa siamo capaci di fare?
- In quest’ultimo periodo sperimentiamo la presenza di Gesù nel nostro lavoro?
- che cosa significa, in concreto, accettare la sua guarigione nella nostra esistenza?
Ci lasciamo:
- Guardare?
- Sollevare?
- Amare?
- Avvicinare?
- Curare?
- Guidare da Lui?
- Guarire dalla sua Chiesa?
- “Va’ e anche tu fa lo stesso”. Guariti dal Signore Gesù siamo divenuti operatori di guarigione per gli altri, specie per i malati? O anche per i colleghi…?
Parabola di oggi…
Da Gerusalemme – la città posta sul monte, la sposa del gran Re – l’uomo scendeva verso Gerico, nella pianura del gran lago salato, sotto il livello del mare. Scendeva per le vie tortuose e impervie della storia, quando, ad una svolta della strada, incontrò i Tempi Moderni. Non erano di natura loro briganti, non peggio di tanti altri Tempi, ma si accanirono subito contro la persona, non trovando di loro gusto la sua pace, che rispecchiava ancora la luce della città di Dio.
Gli rubarono prima di tutto la fede, che bene o male aveva conservato fino a quel momento come un fuoco acceso sotto la cenere dei secoli. Poi lo spogliarono dell’umanità e della fedeltà, della gioia; infine le tolsero la serenità dell’amicizia, la solidarietà con il vicinato, l’ospitalità sacra per i viandanti e i dispersi… Lo lasciarono così semivivo sull’orlo della strada e se ne andarono a banchettare con il Materialismo, l’Individualismo, l’Edonismo, il Consumismo, ridendo tutti assieme della sorte sventurata dell’uomo. Passò per quella strada un sociologo, vide l’umanità, la studiò a lungo e disse: “Ormai è morta”, andando oltre. La trovò un prete e si mise a sgridarla: “Dovevi opporti ai ladroni! Perché non hai resistito meglio? Eri forse d’accordo con chi ti calpestava?”. Le venne accanto uno psicologo e sentenziò: “L’umanità non poteva andare avanti così. Meglio così!”.
Passò alla fine il Signore, ne ebbe compassione e si chinò sull’uomo a curarne le ferite, versandovi sopra l’olio della sua tenerezza e il vino della speranza. Poi, caricatolo sulle spalle, lo portò fino alla Chiesa e gliela affidò, perché ne avesse cura, dicendo: “Ho già pagato per lei tutto quello che c’era da pagare. L’ho comprato con il mio sangue e voglio farne il mio dono prezioso. Non lasciarlo più solo sulla strada, in balia dei Tempi. Ristoralo con la mia Parola e il mio Pane. Al mio ritorno, ti chiederò conto di lui”.
Quando si riebbe, l’uomo ricordò il volto di Dio chino su di lui.
Assaporò tutta la gioia di quell’Amore e chiese a se stesso: “Come ricambierò per la salvezza che mi è stata donata?”. Guarito dalle sue divisioni, dalla sua aridità, dalla sua solitudine egoista, si propose di tornare per le strade del mondo a guarire le ferite del mondo. Si sarebbe fermato vicino a tutti i malcapitati della vita per assisterli e dire loro che c’è sempre un Amore che salva, un Amore che si ferma accanto a chi soffre, a chi è solo, a chi è disprezzato, a chi si disprezza da se stesso, avendo dilapidato tutta la propria umana dignità. Alla finestra della sua casa avrebbe messo una lampada, sempre accesa, come segno per gli sbandati della notte, e la sua porta sarebbe rimasta sempre aperta, per gli amici e per gli sconosciuti, perché chiunque – affamato, assetato, stanco – potesse sedersi alla mensa della fraternità universale.