ORDO VIRGINUM DIOCESANO

ORDINE DELLE VERGINI

Il dono della verginità nella Chiesa locale

Volti di donna. Giovani e meno giovani. Insegnanti, impiegate, medici, infermiere, pensionate, impegnate in vario modo nell’ambito ecclesiale. Volti dai quali si intuisce la gioia di un incontro vero. Volti sorridenti di spose certe dell’amore di predilezione che l’Amato riserva a ciascuno. Volti di donne che hanno scelto Cristo come unico Sposo della propria vita, continuando a sgranare la quotidianità dei giorni come tutti gli uomini e le donne con i quali condividono le gioie e le ansie dell’esistenza. Donne che scelgono una vita di preghiera e contemplazione o si dedicano all’attività professionale e pastorale, che vivono da sole, in famiglia con i genitori, con una o più sorelle: insomma donne normali che vivono la propria vita ordinaria mantenendosi con il proprio lavoro, gestendo i propri impegni, amando, pregando e servendo la Chiesa.

FOTO 4Il 31 maggio 1970, la Sacra Congregazione per il culto divino e i sacramenti - secondo quanto aveva disposto il Concilio Vaticano II - promulgava il nuovo Rituale della consacrazione delle vergini, approvato da San Paolo VI.  Il nuovo Rito, - operando un ritorno all’esperienza dei primi secoli della Chiesa -, disponeva che potessero essere nuovamente ammesse a questa forma di consacrazione anche le donne in saeculo viventes, quelle donne cioè che intendono vivere lì il dono totale di sé a Cristo nel proprio ordinario contesto di vita, al di fuori dell’appartenenza ad un Istituto religioso.  

In questa forma di consacrazione della donna nella Chiesa - conosciuto e ri-conosciuto fin dal II secolo come autentico ed impegnativo cammino di santità, il cui primo cantore fu Ambrogio di Milano -, alcune donne che apparentemente non si distinguono in nulla dalle altre donne, accettano di vivere nella propria vita il dono di Dio che è la verginità consacrata, testimoniando l’amore unico ed indivisibile di Cristo per ciascun uomo e ciascuna donna.

Se la riscoperta ed il fiorire rigoglioso e pregno di speranza di quest’antica forma di consacrazione affonda le sue radici nella vita delle prime comunità cristiane, allo stesso tempo si è nutrita e si nutre dell’ecclesiologia di comunione del Concilio Vaticano II; del mistero della Chiesa che è Sposa di Cristo, Vergine e Madre; della riscoperta del legame profondo, vitale e indissolubile di ogni battezzato con la propria Chiesa e in particolare con il Vescovo diocesano; dell’intima e feconda unione sponsale a Cristo vissuta non in contrapposizione al sacramento del matrimonio cristiano, ma sottolineando il rapporto complementare e non competitivo tra la vocazione alla vita verginale e la vocazione alla vita matrimoniale.

Attualmente, l’Ordine delle vergini è presente in numerosissime diocesi italiane, e sempre più sono le Chiese locali che si stanno avvicinando a questa realtà; le donne che hanno ricevuto la consacrazione secondo il Rito liturgico sono più di 600 e molto numerose (nell’ordine di centinaia) sono quante stanno compiendo un cammino di formazione specifico o sono interessate ad approfondire la conoscenza di questa forma di vita consacrata.

Molteplici le Chiese locali italiane che negli ultimi anni, e in quest’ultimo periodo in particolare, stanno accogliendo il dono che lo Spirito ispira nel cuore di tante donne e che vivono la grazia di sperimentare il mistero profondo e insondabile del dono della verginità, con la celebrazione dello splendido Rito della consacrazione delle vergini.

Una sovrabbondanza di grazia che rivela la vitalità sorprendente e vivificante del carisma della verginità consacrata in un tempo, qual è il nostro, che sembrerebbe sordo e indifferente ai suoi sobri e misurati richiami. Grazia che è all’opera in ogni parte del mondo: le consacrazioni verginali, infatti, si susseguono ovunque, dagli Stati Uniti alla Francia, che è la culla della riscoperta dell’Ordo; dalla Polonia, alla Repubblica Ceca, dalla Giordania ad alcune nazioni africane, dall’Iraq all’America Latina.

La vergine consacrata non vive il suo carisma attraverso la mediazione storica di un fondatore o di una fondatrice, vive la sua consacrazione in comunione con le sorelle che hanno celebrato lo stesso Rito, attraverso la mediazione della Chiesa, nella persona del Vescovo che, insieme a lei, è il primo responsabile del suo cammino, della sua formazione, del discernimento vocazionale.

Il cammino personale emerge innanzi tutto dal fatto che il rito di consacrazione determina solo lo stato di vita, introducendo la donna nella categoria delle vergini. A questo punto il carisma si diversifica nelle più varie forme esistenziali, sempre rispondenti alla dignità di cui la vergine è portatrice.

Ogni consacrata, nella sua peculiarità di donna e di cristiana, accoglie in una sintesi personale il mistero della sponsalità della Chiesa e della sua verginità feconda, tendendo con tutta la propria esistenza a far risplendere la bellezza dell’unica Sposa di cui è immagine: la Chiesa. È la verginità cristiana il principio unificante a partire dal quale la vergine consacrata rilegge le concrete condizioni della propria vita e la concretizza nella sua storia con uno stile, quello verginale, che è risposta al dono ricevuto. Un dono che ogni consacrata è chiamata a far fruttificare: il dono della verginità sponsale, feconda.  Un dono che trova in Maria, Vergine, Sposa e Madre, il modello da seguire e sul quale modellare la propria vita come il vertice e prototipo della verginità (Leandro da Siviglia). In Maria la consacrata trova uno specchio che riflette nel modo più limpido e fedele tutti i caratteri del proprio carisma, uno specchio che riflette l’immagine della bellezza pura che è chiamata ad incarnare nell’oggi del tempo e della storia.

L’impegno e la tensione costante di ogni consacrata nell’Ordo virginum è quello di essere sposa, facendo in modo che la verginità non rappresenti un’assenza bensì una presenza, la Presenza; non mancanza, ma pienezza. Memore della parola evangelica “Chi può capire capisca” (Mt 19, 12) o chi ha spazio faccia spazio, compito della consacrata è ricordare ai fratelli che nel cuore di ogni persona c’è uno spazio che può essere riempito da Dio solo, che solo l’Amore del Padre, nel Figlio, per lo Spirito, può riempire la nostra solitudine, che nessuna creatura può saziare la fame eterna di amore che esiste nel cuore dell’uomo. La donna vergine è posta nella Chiesa locale perché questo spazio dedicato a Dio solo sia dilatato, per testimoniare che c’è uno spazio nel quale ciascuno è vergine e sposa, che ciascun uomo, riconoscendo di essere creatura e secondo la propria vocazione (di consacrata, di sposo e sposa, di mamma o papà di famiglia, di presbitero, di religioso o religiosa) è chiamato alla verginità.

La testimonianza della vergine è pubblica, resa davanti alla Chiesa, visibile davanti a tutto il popolo di Dio, come dimostra la solennità e la pubblicità che sono proprie del Rito di consacrazione. La donna consacrata testimonia con la propria vita, con la propria semplicità, con il sorriso, con la dedizione, con gli affanni, con lo spazio della propria esistenza che è tutto dedicato allo Sposo. L’antichissima preghiera di consacrazione che rappresenta una sorta di regola di vita per la vergine consacrata (risalente probabilmente al V secolo, da alcuni è attribuita a san Leone Magno) così conclude: «In Te Signore, possiedano tutto, perché hanno scelto Te solo al di sopra di tutto». Probabilmente è questo anelito di totalità e pienezza che affascina tante donne del terzo millennio cristiano le quali, scommettendo sulla propria libertà e mettendo in gioco tutta la propria responsabilità, decidono di vivere la propria vita avendo Cristo come unico Sposo, Lui come gioia, onore, unico volere, Cristo come sollievo nell’afflizione, consiglio nell’incertezza, difesa nel pericolo, pazienza nella prova, abbondanza nella povertà, cibo nel digiuno, medicina nell’infermità.

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