Monsignor Paolo Ricciardi nominato vescovo di Jesi

Foto Diocesi di Roma / Gennari

Il Santo Padre ha nominato vescovo di Jesi monsignor Paolo Ricciardi, finora vescovo ausiliare per il settore Est, responsabile dell’ambito della Chiesa ospitale e “in uscita” nonché presidente della Commissione regionale per il servizio della Salute della Conferenza episcopale laziale. L’annuncio è stato dato dal cardinale vicario Baldassare Reina, nella Sala della Conciliazione del Palazzo Lateranense alle ore 12 di oggi, martedì 28 gennaio 2025.

Nato a Roma il 14 marzo 1968, monsignor Ricciardi ha compiuto gli studi presso il Pontificio Seminario Romano Maggiore e ha poi conseguito la Licenza in Teologia biblica presso la Pontificia Università Gregoriana. È stato ordinato presbitero il 2 maggio 1993 per la diocesi di Roma. Nominato ausiliare della diocesi di Roma il 23 novembre 2017, è stato ordinato vescovo il 13 gennaio 2018. Tra i vari incarichi ricoperti, ricordiamo quelli di assistente al Pontificio Seminario Maggiore (1993 – 1998), di vicario parrocchiale a Nostra Signora di Guadalupe a Monte Mario (1998 – 2003), di addetto dell’Ufficio Catechistico e Servizio per il Catecumenato del Vicariato (2001 – 2003). Ancora, è stato parroco a Santa Silvia dal 2003 al 2015 e parroco a San Carlo da Sezze dal 2015 al 2018; ha prestato il suo servizio come membro del Collegio dei Consultori, segretario del Consiglio Presbiterale, commissario straordinario dell’Arciconfraternita di San Gregorio Magno dei Muratori, delegato diocesano pro tempore dell’Ordo Virginum, direttore dell’Ufficio diocesano per il clero e referente dell’Ambito per la cura del diaconato, del clero e della vita religiosa.

Il cardinale Reina, nell’annunciare la nomina, ha ringraziato il vescovo Ricciardi «a nome di tutta la Chiesa di Roma» e ne ha sottolineato «la bontà, la mitezza, la pacatezza nel tratto». Il presule, dal canto suo, ha ripercorso i suoi «2623 giorni» da ausiliare della diocesi di Roma, «un tempo pieno, bellissimo e faticoso insieme, ricco soprattutto di tanta grazia da parte di Dio e di tante mancanze da parte mia». Dopo soli «ventiquattro anni di sacerdozio, con bellissime esperienze parrocchiali – ha proseguito –, la chiamata all’episcopato mi ha aperto da subito alla conoscenza della realtà dei luoghi di cura, dei malati e di quanti si adoperano per loro. Mi sono arricchito, riscoprendo l’essenziale, relativizzando tanti problemi che io credevo importanti. Quando si incontrano persone allettate, genitori di bambini malati, operatori che dedicano la vita a chi soffre, si capisce quanto siamo noi malati nel cuore. Si capisce che basterebbe così poco per essere più cristiani, più umani, più fratelli. Basterebbe così poco, anche tra noi, per essere più accoglienti, più aperti, più semplici, per recuperare la gentilezza. Quel “poco” è nel tesoro del cuore: alcune stanze di ospedale, dove ho amministrato la cresima a malati terminali; incontri in casa di persone disabili; momenti di fraternità con i cappellani; incontri sulla Parola nelle case dei diaconi permanenti che ringrazio e a cui voglio un gran bene; i sette presbiteri e i venti diaconi che ho avuto la gioia di ordinare in questi anni; i momenti di formazione permanente che ho proposto ai preti intorno ad un camino per chiederci solamente “come stai?”; l’accompagnamento dell’Ordo Virginum nel cammino di discernimento e di vita; l’esperienza di momenti belli con le religiose».

Il vescovo ha voluto esprimere a tutti il suo grazie, senza dimenticare parole di affetto per la diocesi che si prepara ad accoglierlo. «Forse proprio perché Dio sa che amo la familiarità delle relazioni – ha detto –, mi concede ora di essere pastore di una diocesi con dimensioni umane, ricca di storia e di fede, dove vado prima di tutto ad imparare. Grazie al vescovo Gerardo per la sua testimonianza di fedeltà e di amore; grazie ai sacerdoti di Jesi, ai religiosi e alle religiose, ai diaconi; a tutti coloro che ancora non conosco, ma che già amo. Non so quasi nulla di questa Chiesa che mi attende, ma so che mi attende e soprattutto che Cristo mi precede a Jesi. Questa è un’ulteriore occasione che Dio mi dà per santificarmi e santificare. Mi affido anche a san Settimio che, consacrato vescovo da Papa Marcello, dopo il 308 partì da Roma per andare a Jesi. Possa anch’io, come lui, perdere la testa per Dio e per la Chiesa che mi è affidata».

28 gennaio 2025