8 Maggio 2025

La Quaresima della Pastorale giovanile diocesana

Tre ausili per la preghiera da parte del Servizio diocesano per la pastorale giovanile, per vivere al meglio il periodo della Quaresima. Li presenta il direttore del Servizio don Alfredo Tedesco, con un video pubblicato sulla loro pagina Facebook.

Il primo sussidio è realizzato in collaborazione con la diocesi e avrà come tema centrale la famiglia; all’interno, il sacerdote firma un box che riguarda i giovani e gli adolescenti. Il secondo sussidio avrà invece una vocazione prevalentemente giovanile e potrà essere utilizzato in presenza ed online per animare i momenti con i ragazzi. Come terzo ausilio per la preghiera, «pubblicheremo le riflessioni sui Vangeli delle domeniche di Quaresima – annuncia don Tedesco –. Sarò infatti ospite di Tv2000 nella trasmissione L’ora solare, per commentare e riflettere sui brani della Parola di Dio. Consideriamo il tempo di Quaresima un grande dono».

12 febbraio 2021

E’ tornata alla casa del Padre Maria, mamma di don Lima

Il Cardinale Vicario Angelo De Donatis,

il Consiglio Episcopale e il Presbiterio della Diocesi di Roma,

sono vicini al dolore di Don Edimilson Lima,

sacerdote fidei donum presso l’Arcidiocesi di San Salvador di Bahia (Brasile),

per la morte della sua cara mamma

Maria,

di anni 92

e, assicurando preghiere di suffragio, invocano Dio Padre,

ricco di misericordia, perché conceda a Maria il premio

della vita eterna e dia conforto ai suoi familiari.

I funerali saranno celebrati in Brasile

12 febbraio 2021

Nell’Aula della Conciliazione del Palazzo Lateranense presieda la sessione di chiusura della fase diocesana della causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio Guglielmo Giaquinta

Nell’Aula della Conciliazione del Palazzo Lateranense presieda la sessione di chiusura della fase diocesana della causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio Guglielmo Giaquinta.

La festa della Fiducia solo per la comunità del Seminario

Quest’anno la Festa di Maria Madre della Fiducia ricorrerà sabato 13 febbraio e sarà celebrata nel Pontificio Seminario Romano Maggiore solo dalla comunità, per via delle disposizioni governative volte a contenere il propagarsi dell’epidemia di Covid-19.

Tutti gli altri potranno seguire le celebrazioni della festa sui canali social del Seminario, a partire dai primi Vespri, in programma venerdì alle 19, presieduti dal vescovo ausiliare per il settore Nord Guerino Di Tora. Sabato alle 7.30 la giornata sarà aperta dalle lodi, guidate dal cardinale Augusto Paolo Lojudice, arcivescovo metropolita di Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino; alle 11.30 ci sarà la Messa celebrata dal cardinale vicario Angelo De Donatis. La Messa del cardinale vicario sarà trasmessa anche in diretta su Telepace e in streaming sulla pagina Facebook della diocesi di Roma. Infine, sempre il 13 alle ore 19 si terranno i secondi Vespri con il cardinale Enrico Feroci.

8 febbraio 2021

Giornata del malato 2021: la Messa per i volontari e il sussidio per le parrocchie

L’11 febbraio, memoria liturgica della Beata Vergine di Lourdes, si celebra la Giornata mondiale del malato. Gli anni passati la diocesi di Roma celebrava sempre una Giornata diocesana del malato nella domenica più vicina a quella data. Ma quest’anno, a causa delle restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria, sarà rimandata al 22 maggio. Intanto «proponiamo alle singole comunità parrocchiali una celebrazione eucaristica la sera di giovedì 11, con delle intenzioni di preghiera specifiche per i malati della parrocchia», anticipa il vescovo delegato per la Pastorale sanitaria monsignor Paolo Ricciardi. E annuncia, per domenica 14 febbraio, alle ore 16, la celebrazione della Messa nel Santuario nuovo del Madonna del Divino Amore «solo per i volontari della pastorale sanitaria – dice il vescovo –, che in questo tempo di pandemia non hanno più potuto prestare servizio negli ospedali, riversandosi nelle attività parrocchiali e approfittando di questo tempo per la formazione personale. A loro vogliamo dire il nostro grazie, creando un momento di condivisione nella preghiera». La celebrazione sarà presieduta dal vescovo Ricciardi.

“Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli (Mt 23,8). La relazione di fiducia alla base della cura dei malati” è il tema della Giornata. «La Giornata mondiale del Malato – spiega ancora il presule – ci offre, ogni anno, la possibilità di vivere momenti di riflessione e celebrativi per crescere nella carità di Cristo, come singoli e come comunità. Nella linea del programma pastorale della nostra diocesi, l’ascolto del Malato si pone al centro della nostra attenzione per sviluppare “la relazione di fiducia” che è determinante per l’annuncio del Vangelo, a coloro che sono provati nel corpo e, spesso anche, nello spirito. Si propone di vivere la sensibilizzazione di questa Giornata con un itinerario da giovedì 11 a domenica 14 Febbraio, in base alle possibilità e al coinvolgimento che si potrà mettere in atto».

Per illustrare l’itinerario legato alla Giornata del malato, l’Ufficio diocesano per la pastorale sanitaria ha preparato un sussidio. Per la data di giovedì, le parrocchie e le comunità sono invitate alla recita del Rosario con i Misteri della Luce e a celebrare l’Eucarestia. La giornata di venerdì 12 dovrà invece essere dedicata alle visite ai malati per portare loro la Comunione, con la consegna dell’immaginetta di Lourdes; nelle chiese potrà essere recitato il Rosario con i Misteri del Dolore, seguito dalla Messa con formulario del Messale Mariano “Maria, Salute degli infermi”. Sabato 13, invece, il vescovo Ricciardi sarà protagonista di un incontro on line dedicato all’ascolto dei malati; l’appuntamento rientra nel cammino di formazione per le équipe pastorali ma è rivolto a tutti, e si terrà in diretta streaming sulla pagina Facebook della diocesi di Roma. Per il 14 febbraio, come detto si terrà la Messa per i volontari al Divino Amore, mentre per le altre comunità parrocchiali e religiose si propone uno schema di preghiera dei fedeli e si richiama per la riflessione personale o comunitaria l’omelia pronunciata dal cardinale vicario Angelo De Donatis nella Giornata del malato del 2018.

7 febbraio 2021

Al via il corso sulla Pastorale dei rom (il link per iscrizioni)

Foto di Cristian Gennari

«Poche realtà sociali hanno tanto bisogno di essere conosciute e ri-conosciute come la realtà rom; oggi lo possiamo (e lo dobbiamo) fare anche alla luce di una storia di più di quarant’anni di politiche fallimentari a livello di accoglienza e di integrazione, soprattutto nella nostra città, legate non in ultimo alla scelta infelice dei campi». A sostenerlo è il vicegerente e arcivescovo Gianpiero Palmieri, che presenta così il nuovo percorso formativo dedicato alla pastorale dei rom e dei sinti, promosso dal coordinamento pastorale dei rom e sinti della diocesi di Roma.

Nove incontri su Zoom, il giovedì alle 19 a partire dal 25 febbraio, dal titolo “Smascherati… per dare vita ad una nuova fraternità!”. Il corso «non è riservato solo a tutti gli operatori che già da tempo sono attivi in questo settore pastorale – sottolinea ancora l’arcivescovo, delegato diocesano per la Pastorale dei migranti e dei rom –, ma è aperto e raccomandato a tutti coloro che vogliono approfondire la conoscenza di un popolo e della sua cultura, e sono disponibili a mettere in discussione stereotipi e pregiudizi, per cogliere onestamente la realtà per quella che è davvero, senza interpretazioni di parte».

L’itinerario formativo si snoda in tre aree di intervento: “Un nuovo modello di fraternità”, “Una fotografia della realtà”, “Evangelizzati ed evangelizzatori”. La prima è «necessaria per riflettere e acquisire categorie comuni che ci permettano di affrontare la questione pastorale dell’integrazione con uno sguardo comunitario e condiviso», spiega ancora momnsignor Palmieri. Quanto alla seconda area, anticipa, «ci permette di interpretare al meglio ciò che si è fatto e si sta facendo, in modo da poter leggere i segni dei tempi e offrire visioni profetiche». “Evangelizzati ed evangelizzatori” è invece incentrato su «cosa possiamo fare oggi nelle nostre comunità cristiane – aggiunge l’arcivescovo – e ci offre strumenti di intervento e buone prassi che possono essere rinnovate».

Tra i relatori dei diversi appuntamenti ci saranno il salesiano don Salvatore Policino; il direttore della Fondazione Migrantes don Gianni De Robertis; il direttore dell’Ufficio Migrantes diocesano monsignor Pierpaolo Felicolo; Alessandro Luciani e Susanna Placidi della Comunità di Sant’Egidio; Carlo Stasolla dell’Associazione 21 Luglio e lo stesso vicegerente. Il corso dà voce ai rom stessi, a chi è più in contatto con loro, alle associazioni.

«Il percorso formativo – riflette ancora monsignor Palmieri – vuole aiutare ad aprire gli occhi e a fare memoria di questa storia della presenza rom a Roma, imparando a trovare le parole giuste per dare il nome vero alle cose, magari dando parola ai rom, e promuovendo azioni che vadano nella direzione del bene comune, del bene di tutti. Diversamente la storia non cambierà; o forse cambierà in peggio, accentuando l’isolamento e la ghettizzazione, la diffidenza e il rifiuto, brodo di cultura delle diverse forme di disagio sociale e di piccola o grande deriva criminale». Al cuore dell’iniziativa diocesana c’è, naturalmente, il servizio al Vangelo. «Proprio il Vangelo – conclude il vicegerente – si rivela per noi la chiave interpretativa fondamentale capace di dare forma ad un nuovo modello di integrazione, ad una proposta pastorale che metta “rom” e “gaggé” nella condizione di convertirsi, di accogliersi, di stimarsi».

Clicca qui per iscriverti

Scarica il volantino con il programma

11 febbraio 2021

Vademecum per l’ascolto dei giovani

“È tempo di sottoscrivere un patto educativo globale per e con le giovani generazioni, che impegni le famiglie, le comunità, le scuole e le università, le istituzioni, le religioni, i governanti, l’umanità intera, nel formare persone mature”. Papa Francesco (Videomessaggio per la Pontificia Università Lateranense del 15/10/2020)

Carissimi sacerdoti ed equipe pastorali,
con queste poche righe vogliamo descrivere la procedura di ascolto per gli adolescenti e giovani sul nostro territorio della diocesi di Roma. Si tratta soprattutto di chiarire il “come” dovrebbe avvenire quindi dei passi operativi che usano però strumenti abbastanza flessibili ed elastici (L’incontro proposto è costituito dalla visione di uno o più video in miniserie prodotti dal Servizio diocesano di Pastorale Giovanile, ascolto delle storie di vita, focus group e dunque la stesura di un piccolo verbale di quanto detto). L’obiettivo è di affrontare il movimento di ascolto a partire dalle realtà più vicine alle realtà parrocchiali fino ad arrivare ai ragazzi che frequentano le scuole superiori durante l’IRC (e non solo). Tale ascolto richiede il coinvolgimento di varie figure educative descritte in seguito (vedi “soggetti dell’ascolto diretto ed indiretto”). Attraverso questa procedura ci proponiamo di ottenere un campione sufficientemente rappresentativo delle nostre realtà giovanili. E’ bene ricordare il motivo di questa operazione: l’annuncio del Vangelo se non parte da un ascolto intriso di una relazione autentica e disinteressata rischia di essere ideologico ed inadeguato ai tempi. Probabilmente scopriremo di non dover fare però cose nuove, ma “nuove tutte le cose”. Auspichiamo di riuscire riformare alla luce di tutto questo nelle nostre prassi in campo di Pastorale Giovanile. A livello di arco temporale immaginiamo che questa operazione sarà portata avanti da gennaio a giugno. Naturalmente vista la situazione di emergenza sanitaria che stiamo vivendo non escludiamo di vivere questi momenti attraverso l’ausilio degli strumenti digitali (ad esempio piattaforme).

ASCOLTO INDIRETTO
È bene seguire 3 passi per l’ascolto indiretto con diversi livelli di coinvolgimento. I dati vengono raccolti dalle diverse figure dedicate all’ascolto indiretto.
Primo passo
1. Luogo: parrocchia
2. Soggetti: Sacerdoti ed equipe pastorale (in particolare coloro che – tra loro – sono stati delegati all’ascolto dei giovani)
3. Convocano e ascoltano: i catechisti dei gruppi adolescenti, gli animatori di adolescenti ed eventuali genitori sensibili al tema.
4. Contenuto dell’incontro: discussione sul fine dell’ascolto della realtà giovanile di Roma a partire dai giovani che frequentano la parrocchia. Presentazione del video. Spiegazione della tecnica del focus group.
5. Verbale sulla discussione

Secondo passo 2
1. Luogo: Prefettura. Il motivo di questa scelta è che la prefettura risulta essere una “cellula” più significativa per un lavoro territoriale più condiviso.
2. Soggetti: Servizio diocesano di Pastorale Giovanile (don Alfredo Tedesco ed Equipe di Pastorale Giovanile).
3. Convocano e ascoltano: tutti coloro che si dedicano all’ascolto dei giovani nelle parrocchie e gli insegnati di Religione della zona (Riferimento primario è la scuola superiore).
4. Contenuto: discussione sulla realtà dei ragazzi delle parrocchie del territorio della prefettura e gli avvalentesi dell’iRC. Focus group, dibattito sulla serie di video prodotti dalla diocesi.
5. Verbale sulla discussione

Terzo passo
Questo passaggio costituisce di fatto un vero e proprio patto educativo globale perché presuppone un’alleanza educativa a 360 gradi.
1. Luogo: qualsiasi (il più possibile rappresentativo di tutta la realtà territoriale).
2. Soggetti: tutti coloro che si dedicano all’ascolto dei giovani nelle parrocchie.
3. Convocano e ascoltano: tutti gli educatori (insegnanti di altre materie, allenatori di squadre sportive, etc)
4. Contenuto: video e focus group, discussione su tutti i ragazzi del territorio della prefettura. 5. Verbale sulla discussione.

ASCOLTO DIRETTO
Quanto descritto finora ha convocato e formato le figure delegate (ascolto indiretto), ma attiva simultaneamente un ascolto diretto delle diverse categorie. Infatti nel primo passo si ascoltano i giovani dei gruppi parrocchiali. Nel secondo passo ci si propone ad arrivare attraverso la scuola a tutti giovani liceali. I contenuti digitali dei video saranno pubblicati sui canali social (Fb, Istagram e Youtube) di Pastorale Giovanile Roma perciò Attraverso la funzione dei commenti si stimolerà anche il dibattito diretto sugli stessi social.

SOGGETTI DELL’ASCOLTO DIRETTO ED INDIRETTO
Offriamo a questo punto una descrizione più dettagliata delle figure tenute in considerazione
ASCOLTO INDIRETTO
a) Sacerdoti – I parroci, vice parroci e i sacerdoti che diverso titolo di occupano della formazione dei giovani, sono fondamentali per il loro ruolo di coordinamento all’interno delle parrocchie e per il rapporto che hanno con i ragazzi, sia per il percorso di fede e sia per le scelte di vita (cosa fare dopo la scuola?).
b) Equipe pastorali parrocchiali – Costituite nell’estate 2018, in seguito al convegno diocesano, animano l’ascolto dei giovani nel proprio territorio. Devono diventare i referenti, insieme ai sacerdoti, di tutte le iniziative parrocchiali riguardanti i giovani
c) Catechisti dei gruppi adolescenti– Sono di centrale importanza per i giovani e adolescenti nei momenti del catechismo di comunione e cresima. Fondamentali per capire i reali bisogni dei ragazzi, ma anche e forse soprattutto dei genitori, che vedono in loro un punto di riferimento a cui rivolgersi.
d) Animatori di pastorale di giovanile – Referenti importantissimi, perché conoscono i ragazzi all’interno di una dinamica meno istituzionale, riuscendo così a cogliere gli aspetti più autentici del loro carattere e percepirne le problematiche e difficoltà. Ascoltarli ci dà la chiave per aprire il mondo dei giovani e riuscire a far sentire la parrocchia la loro casa. Dobbiamo cercare di far divenire gli oratori dei centri di ascolto, dove i ragazzi possono sentirsi liberi di esprimere le loro emozioni e le loro problematiche.
e) Insegnati di religione – Punti di riferimento imprescindibili per la crescita e lo sviluppo dei ragazzi, in una età così difficile, come quella del liceo. Dobbiamo costruire con loro un canale privilegiato, anche con l’ausilio dell’Ufficio Scuola, per creare una rete a livello territoriale che parta dai licei.
f) Insegnati di altre materie – Sono sostanziali per lo sviluppo umano e culturale dei giovani. Possiamo operare, ove possibile, con l’approvazione dei presidi, all’interno delle scuole, con progetti studiati ad hoc (Es. alternanza scuola lavoro…), e inoltre dobbiamo cercare di integrare nel nostro lavoro pastorale in parrocchia gli insegnanti, sia per parlare con i ragazzi e sia per condividere con noi alcuni aspetti dei giovani, di cui, ovviamente, noi non possiamo renderci conto.
g) Gli allenatori sportivi – Per la loro funzione vengono visti spesso come veri e propri maestri di vita. Diviene quindi fondamentale interagire con loro, per comprendere questo aspetto sostanziale del tempo libero dei giovani. Dobbiamo integrarli all’interno di un discorso più ampio favorendo progetti, che li veda coinvolti all’interno delle parrocchie, unendo sport e pastorale.

ASCOLTO DIRETTO
h) Ragazzi in parrocchia – Vanno coinvolti i ragazzi del post cresima, che spesso, entrando nella difficile età dell’adolescenza, rifiutano l’ambiente dell’oratorio, sia perché lo vedono legato ad un’età a cui sentono di non appartenere e si perché lo leggono come scelta imposta per loto. Nostro compito è far sentire la loro presenza fondamentale, come animatori all’interno di un “gruppo”, che sia trasversale, sia per fasce di età che per interessi ed attività (sport, teatro… sfruttando gli spazi parrocchiali, spesso abbandonati o dati troppo facilmente in gestione).
i) Giovani nelle scuole – Possono essere rappresentanti di classe o istituto ed hanno 4 la possibilità di proporre, con il beneplacito del consiglio docenti, situazioni di ascolto, come nel complesso momento delle autogestioni. Dobbiamo chiedere loro come vedono il mondo della scuola e i loro coetanei. Creare progetti all’interno dei grandi licei romani, inserendo giovani sacerdoti nella realtà scolastica, possano formare dei punti giovani scolastici che sappiano ascoltare, ma anche creare attività intra-pastorali.
j) Luoghi di aggregazione – Frequentare gli spazi dove i giovani si ritrovano, non con un immediato e semplicistico intento di evangelizzazione, ma con l’intenzione di ascoltare, osservare e capire.
k) Punti giovani –Sono delle realtà valide (circa 6/7), complementari a quelle parrocchiali, in cui i giovani fanno esperienze forti e possono esprimersi in un ambiente che non sentono limitante o giudicante. Dobbiamo capire perché queste realtà funzionano, sostenerle e riuscire ad ampliarle. La parte esperienziale deve fornirci informazioni sul grido di aiuto dei giovani. Istituire dei luoghi di accoglienza, provvedendo all’ospitalità dei ragazzi, che possono fare così esperienza di vita insieme.
l) Gruppi parrocchiali – Organizzare la vita della parrocchia, includendo i giovani in ogni aspetto. Le Messe per i ragazzi, sono veramente pensate per loro? Sarebbe utile farla seguire da momenti di catechesi e condivisione di progetti specifici per loro. La Caritas parrocchiale ha un programma per i giovani, anche universitari, che sia fonte di esperienza e cammino? Nelle parrocchie dove questo non è possibile, dobbiamo intervenire noi con programmi studiati ad hoc, anche inter-parrocchiali, che possano coinvolgere i ragazzi delle realtà più piccole
m) Mondo digitale – Dobbiamo migliorare le competenze degli operatori pastorali con progetti di aggiornamento per il virtuale e il digitale. Va resa fruibile ogni iniziativa che si svolge dal vivo, anche online permettendone così la partecipazione a tutti.

Il Centro di Pastorale giovanile, in collaborazione con gli altri Centri pastorali, sta preparando alcuni video, pensati per essere strumenti operativi per lo stimolo e l’ascolto dei giovani.

Mettersi in ascolto di un malato

RICORDIAMOCI CHE IN PARROCCHIA CI SONO ANCHE,
ANZI SOPRATTUTTO I MALATI

Ognuno di noi fa prima o poi esperienza della malattia, direttamente o indirettamente. La nostra vita (e la nostra famiglia) è sempre condizionata da chi ha problemi nella salute. Quando la sofferenza si affaccia alla nostra porta, tutto cambia. Pensiamo alle famiglie segnate dalla malattia di un bambino o di un giovane; pensiamo a quando un giovane genitore sta male; pensiamo agli anziani e alla cura che richiedono continuamente.
Spesso la malattia si tende a nascondere. È uno spazio “delicato” e “sacro” che riguarda anche l’intimità del nostro corpo, per cui difficilmente ne parliamo. Anche in una comunità parrocchiale la malattia ci può isolare. Se è vero che, quando si sa che qualcuno è malato, c’è una mobilitazione nella preghiera (è indicativo che quando si lascia che i bambini facciano preghiere spontanee, la maggior parte di loro prega per i malati, soprattutto per i nonni); d’altra parte c’è una sorta di “isolamento”.
Può succedere che i malati – in particolare quelli che non possono uscire di casa o sono ricoverati – siano “dimenticati” anche dalla comunità. Si sa che da loro vanno i ministri della comunione e ogni tanto possiamo chiedere come stanno.
Nel tempo della pandemia ci siamo resi conto della fragilità di ciascuno di noi e di come sia importante, nella malattia, sentirsi cercati, chiamati, coinvolti, anche semplicemente sapendo che siamo ricordati nella preghiera nella messa parrocchiale o che la nostra storia possa servire da aiuto e da sostegno a qualcun altro.
Se noi sapessimo quante delle nostre attività vanno avanti grazie alla preghiera e alla sofferenza offerta dei malati della parrocchia, questo basterebbe per restituire qualcosa del dono che è la loro testimonianza per noi.

Scrive don Tonino Bello:

Che cosa stiamo a fare noi ammalati, che senso ha il nostro vivere oggi, in un mondo che corre sui binari dell’efficienza e del produttivismo? Se noi dovessimo lasciare la croce su cui siamo confitti (e non sconfitti), il mondo si scompenserebbe. È come se venisse a mancare l’ossigeno nell’aria, il sangue nelle vene, il sonno nella notte. La sofferenza tiene spiritualmente in piedi il mondo. Nella stessa misura in cui la passione di Gesù sorregge il cammino dell’Universo verso il traguardo del Regno.
…La malattia non è il frutto dei nostri peccati personali. Perché il Signore non dà la sofferenza e il dolore a seconda dei meriti e dei demeriti di una persona. Tutto ciò che riguarda la sofferenza è un mistero che ci trascende e va oltre di noi. Questa esperienza dell’abbandono nelle braccia di chi ti vuol bene è segno. Segno e forse anche strumento dell’abbandono totale nelle braccia di Dio.

1. UN MISTERO CHE CI TRASCENDE

Ogni persona è un mistero.
Quando è malata lo è ancora di più.
Per questo è importante entrare nella sua vita con rispetto, come davanti al roveto ardente, levandoci i sandali, sapendo di stare per attraversare uno spazio sacro, che ci rivela non solo qualcosa di importante per l’altro, ma anche per noi.
Nel visitare un malato, siamo suoi ospiti, è casa sua. Sarà lui, o un suo familiare, ad aprirci le porte della sua casa e del suo cuore e a farci entrare. Non siamo noi a dettare i tempi, ma sarà lui, se ha fiducia in noi, a rivelarci la sua vita e a insegnarci la vita.
Uno degli errori che spesso facciamo, infatti, è quello di credere di essere capaci di ascoltare solo perché il nostro ruolo di sacerdoti, di operatori sanitari, di volontari, in un certo senso “ci abilita” e ci spinge a farlo, in forza della chiamata e del servizio che viviamo.
In realtà però, forse, oltre che un dono, saper ascoltare è una capacità, una abilità, un talento che vanno imparati, sviluppati e perfezionati. In particolare, nel “nostro essere accanto al malato”, il saper ascoltare richiede capacità particolari, in quanto si tratta di fornire la “medicina dell’accoglienza”, la “terapia distensiva e lenitiva” dinanzi alle paure e alle ansie di chi sta vivendo un momento delicato della sua esistenza.
Colui che abbiamo davanti, che sia in un letto di ospedale, in un hospice, o che sia su una sedia a rotelle in una struttura o a casa, è una persona che vive una realtà che non è la nostra, che noi vediamo, ma non sperimentiamo direttamente nella nostra carne e sulla nostra pelle.
Noi non sappiamo cosa significa convivere con “menomazioni fisiche”, “stomie”, “flebo”, “traverse assorbenti” ed altre cose che obbligano a vivere una esistenza sempre dipendente da altri… Tutto questo lo “vediamo”, ma non lo “viviamo”.
Inoltre le persone malate sono diverse e siamo diversi noi che le vogliamo aiutare. Non c’è un unico modo di farlo, valido sempre e comunque.
La malattia càpita, a volte lentamente e a volte improvvisamente, nel contesto della vita di una persona e ha quindi conseguenze importanti, sul piano psicologico, sociale e spirituale. Modifica il rapporto con il corpo e con l’anima, con le persone di famiglia e i colleghi di lavoro. Mette in crisi la persona, con un disorientamento della propria identità che non viene sempre facilmente risolto. Anche la fede e la preghiera possono andare in crisi.
La persona dà alla malattia il nome di pericolo, di ostacolo, di perdita, con le varie emozioni di paura, rabbia, tristezza. La malattia può essere anche vissuta come sfida, per cui si può reagire combattendo o soccombere. Non di rado qualcuno può attribuire alla malattia un senso di colpa o di punizione. Ma può essere vissuta anche con significati spirituali e religiosi importanti.

2. ENTRARE, ESSERE ACCOLTI

Non siamo noi ad accogliere, ma siamo noi che veniamo accolti.
Da credenti entrare nella stanza di un malato significa entrare in una piccola chiesa, il cui letto è un altare (e la sua sedia una “sede”), e su quel letto c’è un Cristo Crocifisso a cui noi portiamo un Cristo Risorto, con la Speranza e l’Amore…
A volte potremo avere la paura del “rifiuto” o il timore del “silenzio” o dello “sguardo”. Il dolore e la sofferenza hanno bisogno dei loro spazi. Certe reazioni nascono da questo e se capita che veniamo “respinti” non ne dobbiamo fare una questione personale. È solo una reazione al dolore che non ha nulla a che fare con noi come persone.
Occorre chiedere il discernimento per saper intuire i bisogni di quel momento anche se non vengono espressi direttamente.

3. ASCOLTARE

Ascoltare non vuole dire “stare in silenzio”, “tacere quando uno parla” o soltanto “sentire”.
Vuol dire avere quella capacità di andare interiormente al di là delle parole che ci vengono dette, di saper comprendere le emozioni di chi si sta aprendo con noi e che ci sta dando una fiducia immensa mentre si racconta: significa condividere in modo “empatico” le sue paure, le sue aspettative, le sue speranze, e quanto il suo vissuto interiore esprime.
Un ascolto attento ed empatico permette al malato di trovare, attribuire e legittimare, attraverso la narrazione di sé e delle proprie esperienze, un significato alla sua vita e alla sua storia, ricostruendo una personale biografia che la malattia interrompe e destabilizza, ma che può anche dare un senso diverso alla vita, non solo passata e presente, ma anche per decisioni e scelte per il futuro.
Ricordiamo che ci sono cose che vanno capite attraverso la cosiddetta “comunicazione non verbale”. Il tempo ci aiuterà ad intuire di cosa ha necessità la persona malata, prima che la chieda o che si trovi nella impossibilità di chiederla. È il punto di arrivo di un cammino di esperienza, fatto con un umiltà e pazienza. Pensiamo in particolare ai malati che per patologie invalidanti non possono esprimersi come vorrebbero. La capacità, la sensibilità di capire il bisogno in quel momento è fondamentale per la sua serenità.
È importante comunque partire sempre dalla dimensione orizzontale per arrivare eventualmente a quella verticale. Ci sono persone che hanno bisogno di iniziare un rapporto umano e amicale – quindi “orizzontale” – con il sacerdote, il volontario o il ministro straordinario, per poter arrivare poi ad un rapporto con il Signore, magari attraverso la riconciliazione e i sacramenti, facendo pace con se stessi, con la vita, arrivando così alla dimensione “verticale”. Ad esempio, quando si passa nei reparti la domenica, chiedendo: “Chi fa la comunione?”, con questa domanda rischiamo di escludere un eventuale dialogo con tutti coloro che non vogliono o non possono riceverla. Sarebbe più opportuno un incontro con tutti e, dopo il dialogo, intuire chi vuole ricevere l’Eucaristia”.

4. UN INCONTRO CON CRISTO

L’incontro con Cristo è per noi e per il malato.
Siamo chiamati a riconoscere Cristo sulla Croce ma anche a fare in modo che la persona veda Cristo accanto alla Croce.
È chiaro che va visto in ogni malato Gesù sofferente, ma va fatto in modo che la nostra testimonianza, il nostro modo di accostare, la nostra sensibilità e delicatezza sia testimonianza e visibilità da parte del paziente, di vedere il volto di Gesù misericordioso che si china sulle sue ferite, del corpo e quella lasciate nel tempo dalla vita.
Al malato non serve spiegargli la “teologia della sofferenza”, sarebbe fuori luogo. È lui che ce l’insegna a noi, anche inconsapevolmente.
A questo proposito è indicativo cosa ha detto papa Francesco ai futuri sacerdoti dei collegi di Roma:

(Il sacerdote è) una persona normale, umana; va a fare visita a un malato e lo ascolta, e gli prende la mano, in silenzio: questo è umano. Ma se non capisce nulla dell’umano va dal malato e [dice:] “queste sofferenze sono le sofferenze di Cristo e lei con queste sta redimendo il mondo con Cristo, vada avanti…”, anche il povero malato non capisce nulla, rimane più solo di prima, perché almeno prima pensava: “Quando verrà il prete almeno mi darà qualche consolazione”. Abbiate la capacità umana di perdere tempo con i malati, ascoltando. La capacità umana di accarezzare bene… Sentite bene questo: se voi non sapete accarezzare bene come padri e come fratelli, è possibile che il diavolo vi porti a pagare per accarezzare. State attenti. Abbiate la capacità umana di essere padri.

5. ALCUNE INDICAZIONE PER…

I sacerdoti

Il sacerdote, con attenzione e rispetto, può aiutare il malato a vivere il suo stato provando a vivere la consapevolezza di avere accanto il Signore in modo del tutto particolare.
Per i sacerdoti accostarsi al malato viene prima del donargli la grazia dei sacramenti. Il sacramento (confessione, eucaristia, unzione, necessari alla persona credente malata per ricevere la forza per vivere e affrontare la prova) arriva dopo aver creato un rapporto con l’altro.
Non sia il “devo dare l’unzione a tutti i costi”, il “devo confessarti o darti la Eucarestia” a condizionare un rapporto relazionale che è la prima cosa da instaurare. Il malato non va visitato solo per portargli la comunione; il sacerdote deve mostrare per loro la cura come quella del buon pastore verso le pecore malate .
Teniamo a mente l’incontro di Gesù con la Samaritana e tutti i passi riportati nel vangelo, in cui prevale la gradualità con cui il Signore entra nella vita della persona o del malato che gli sta davanti.
Per capire il malato, disabile o sofferente, e per poterlo aiutare è importante rispondere a una serie di domande: chi è questa persona? Quale malattia o disabilità sta vivendo? Quale sofferenza sta provando? Come la sta vivendo? Con chi la sta vivendo? Dove la sta vivendo? Su quale aiuto può contare?

Gli operatori sanitari

L’operatore sanitario, medico o infermiere, sa (o dovrebbe sapere) che si mette dinanzi ad una persona e non ad una malattia, cercando di entrare in contatto con la sua tensione interiore e non prestando attenzione solo ai sintomi: chi ha avuto esperienza di trovarsi qualche volta da “guaritore” a “ferito”, sa quanto si aspetta con trepidazione l’arrivo del medico al mattino che si pone ai piedi del letto in attesa di “buone novità” sul nostro stato di salute. E quante volte abbiamo fatto esperienza che al nostro posto, ha “parlato la cartella clinica”, senza mai incrociare lo sguardo del dottore che si rivolgeva a noi solo con frasi secche, spesso lapidarie, con fretta di finire il giro letti seguito da un numero di tirocinanti assembrati con occhi puntati su di noi, soprattutto se i nostri malanni ci costringevano ad essere seminudi, al di là di ogni senso del pudore.
Il malato non è un numero di letto, un sintomo, ma ha un nome e cognome.

I volontari e i ministri della comunione

Così i volontari e i ministri straordinari della comunione non sono solo “assistenti” o “portatori dell’eucaristia”. Nella gratuità del loro servizio, entrambi hanno la possibilità di entrare in modo più confidenziale nel vissuto quotidiano del malato, raccogliendo forse più di altri le attese, i timori, l’intimità di chi assistono e servono con amore e dedizione.
I volontari, adeguatamente preparati, hanno necessità di approfondire anche i diversi aspetti psicologici che crea una situazione di malattia; devono essere educati all’ascolto, senza correre il rischio di buttare sul malato le loro difficoltà, i loro malanni, quasi a voler “consolarli” dicendo che in fondo tutti hanno i loro problemi.
Così i ministri della comunione sanno di essere mandati lì dalla comunità cristiana, dal parroco, e quindi sono chiamati a offrire il volto bello della Chiesa che si prende cura con amore traboccante di tutti coloro che sono nella necessità, in particolare degli infermi, come ha fatto Gesù.
Gli uni e gli altri sono chiamati a stare vicino ai malati, senza mai sostituirsi ai familiari o ai medici. A volte infatti si corre il rischio – in virtù della fiducia e della confidenza data dal malato – di andare oltre con giudizi, valutazioni sullo stato della malattia o con discorsi sulle relazioni familiari che non sono di pertinenza.

“Tu non sei la tua malattia”

Ciò che va valorizzato è quel rapporto “io-tu” costitutivo e basilare per dare al paziente la reale percezione che non si senta né solo, né trascurato.
La persona malata sa che c’è qualcuno lì per lei, pronto a dare il suo tempo, senza fretta, senza sentenze e giudizi, in grado di saper sostenere senza imbarazzo i silenzi e gli umori, e soprattutto senza trasformarli in questioni personali (mi ha trattato male, non vuole aprirsi, ce l’ha con me, è contro la chiesa, sono risentito per ciò che ha detto, etc.) Questo apre le porte a forme di dialogo interiore che più facilmente permettono ai sacerdoti l’ingresso alla dimensione spirituale e sacramentale che è spesso il punto di arrivo e non di partenza; agli operatori sanitari un “prendersi cura” della persona che “ha e non è una malattia”.

6. ALCUNE INDICAZIONI PER IL DIALOGO

Diamo ora alcune semplici indicazioni che non sono affatto esaustive né tantomeno possono pretendere di essere un “manuale comportamentale”, ma che, frutto di anni intensi vissuti accanto a chi sta è malato o sta per lasciare la vita, possono risultare utili per iniziare un approccio che poi gradualmente va sviluppato.
È ovvio che qui non si parla di – e – a malati con situazioni facilmente guaribili e in grado di riprendere velocemente la loro vita normale, ma ci si riferisce a persone con patologie invalidanti e croniche e a quelle le cui terapie non rispondono più efficacemente al miglioramento o a processi di guarigione.

COSA NON DIRE
COSA DIRE
Come va?
Come stai?
Come va in questo momento?
Come ti senti oggi?
Ti capisco

Non mi è facile capire cosa provi, ma dimmi in che modo posso aiutarti, come starti vicino
Bisogna avere pazienza
Sii forte! Coraggio…
Di pazienza ne hai tanta… Sei tu che mi infondi coraggio

Non ti arrendere
Non morirai.
Penso sia faticoso vivere questa situazione con il tempo che sembra interminabile e non passa mai
Sappi che non sei solo e che io ci sono
Guarirai
Sconfiggerai
la tua malattia Facciamo un passo alla volta, giorno per giorno, con gradualità e con fiducia. In questo momento che stai attraversando, facciamo leva sulle risorse che abbiamo (la fede, le amicizie, gli affetti, gli interessi)
La sofferenza
ti toglie la lucidità
Posso solo immaginare quanto sia difficile in questo momento di sofferenza riconoscere che la vita è un dono prezioso
Non starci troppo a pensare, a volte pensare fa male Mi sentirei onorato se tu condividessi i tuoi pensieri con me

Inoltre, come già detto, ricordiamo che c’è una comunicazione non verbale a volte più importante ed efficace di quella verbale: lo sguardo, il sorriso, le lacrime, la carezza, lo stringere la mano, l’abbraccio. Sono gesti fondamentali, sempre nel rispetto degli spazi e dei tempi delle persone malate.

La famiglia del malato

Una parola per i familiari e parenti che vivono e “convivono” con situazioni di disabilità, di malattia degenerativa e di perdita per decesso di un loro caro, una mamma, un papà, un fratello, un nonno, un figlio.
A volte capita di entrare in situazioni in cui il clima, pur essendo fortemente provato e sofferente, è aperto, accogliente e desideroso di preghiera, che viene richiesta al sacerdote, al ministro della Eucarestia, al volontario
Non di rado gli operatori sanitari rimangono ad ascoltare le emozioni e le parole di sfogo che escono dal cuore dei familiari.
Ma capita anche l’opposto: esistono nuclei familiari che sono molto chiusi e che non vogliono nessuno. In quel caso ogni tipo di approccio è scoraggiato da atteggiamenti di tensione, rabbia e gesti “sbrigativi” che percepiamo come “non ti avvicinare, non è il caso, lascia stare” …
Non dobbiamo fare altro che rispettarli e stare al nostro posto. Non è incuranza pastorale, a comprensione di situazioni particolari che vanno vissute con modo diverso da come vorremmo. Noi ci proponiamo ma non ci imponiamo.

7. INDICAZIONI PER L’ACCOMPAGNAMENTO ALLA MORTE

Accompagnare una persona alla morte significa aiutarla a riconoscere che la sua storia è unica e irripetibile. E quindi si può morire anche nel modo ad essa più congeniale, rispettando la cultura, la religione, la provenienza.
Occorre aiutare la persona a fare spazio ai sentimenti che prova, perché il dolore ha bisogno del suo spazio e si esprime attraverso tante forme.
L’avvicinarsi della morte è anche l’occasione per ogni persona per “perdonarsi” e per “perdonare”. Il sacerdote in questo è uno strumento unico della grazia di Dio per riconciliare la persona con se stessa, con Dio e con gli altri.

Cosa “non” dire (in situazioni di malattia terminale)

COSA NON DIRE
COSA DIRE
Quando esci da qui, riprenderai le tue cose

Che tu abbia questo desiderio, è una cosa buona. È giusto che sia cosi, ma siamo chiamati a vivere giorno per giorno concentrandoci sull’oggi e facendo tutto quello possiamo, in attesa di raggiungere al tempo opportuno gli obiettivi.

Queste frasi, questo passo della Bibbia ti aiuterà”

Se pensi possa esserti di aiuto, puoi sostenerti spiritualmente con qualche passo della Scrittura, ma se ti fa piacere ne possiamo parlare e riflettere insieme

per entrare in paradiso bisogna prendere la propria croce. oppure
Dio dà la croce a chi ha la capacità di portarla…
Io non ho parole ne ho la spiegazione del perché sia accaduto a te e in questo momento della tua vita.
Non ho una riposta e questa è la cosa più sincera che posso dirti. La cosa certa è che non sei solo in questo percorso
La cura esiste da anni…ma non la dicono per questione di soldi e di interessi Immagino che sei molto stanco/a e sfiduciata/o, e non è il caso di “frasi fatte e consolatorie”, ma dobbiamo mettercela tutta avendo fiducia nei medici e nel piano di cura che stanno applicando. Non esistono farmaci miracolosi, ma le terapie che fai hanno il loro tempo

Cosa “dire” o cosa “fare”

Non cambiare mai atteggiamento
Davanti ad un malato noi siamo con il nostro carattere e la nostra personalità; occorre mantenere lo stile relazionale di sempre, in modo da aiutare la persona a non sentirsi “diversa” e tantomeno a farle percepire “pietismo” e farle “pesare” il suo stato di malattia. Se è una persona che non conosciamo, è importante darle del “lei”, chiedendo con cortesia, per una maggiore confidenza, se possiamo darle del “tu”.

Non siamo noi a decidere cosa fare
Occorre chiedere al malato: “come posso essere veramente di aiuto?”, incoraggiando il dialogo. La persona malata “non deve essere e comportarsi come vogliamo noi”, e non è lei a stare ai nostri tempi e ritmi, ma è il contrario, noi ci dobbiamo adeguare a lei. Può vivere momenti di silenzio o essere di poche parole.
Occorre incoraggiarla a esprimere le proprie emozioni, ma non forzarla a parlare. E, se inizia a parlare di un argomento, non sta a noi cambiarlo, ma bisogna seguirlo.

Sostenere il silenzio
Sulla scia di quanto detto prima, la persona può non avere voglia di dire una parola. Chi non parla non significa che non ascolta. Magari standogli accanto, ci si accorge che il suo sguardo è rivolto alla tv, o è fuori la finestra… sembra attenta ad altre cose ma di fatto poi, “guarda altrove ma non vede” … Non bisogna sentirsi “umiliati” o “indesiderati”, non bisogna farne una questione personale che ci spinge a dire “cosa sono venuto a fare ?” , “a che serve stare qui se non mi calcoli”… in realtà, ha solo bisogno del “nostro silenzio e della nostra presenza fisica… mentre i suoi silenziosi pensieri la spingono chissà dove, magari nei profondi percorsi della paura o delle sue intime domande. Al suo “ritorno” si accorgerà che siamo stati li ad attenderla con pazienza ed amore.

In fase di “delirio”
Quando una persona è in fase di delirio, dicendo cose senza senso, bisogna assecondare questi voli pindarici, rispondendo alle sue stranezze. Anche questo è un segno di attenzione.

L’ascolto è un’arte che si impara ascoltando. In particolare con il malato. La sua casa, o la sua stanza, non è il luogo dove io posso sfogarmi soffocando lui e la sua famiglia delle mie parole, o soffocando le sue parole con le mie. Mai debba capitare che un malato “non sopporti” la nostra presenza “perché troppo invadente e poco rispettosa”.
8. QUANDO UNA PERSONA MUORE

Cosa assolutamente “non” dire ai familiari (soprattutto ai piccoli) quando muore una persona cara

– “Gesù ha scelto la mamma per tenerla accanto a sé’’
– “Gesù prende i fiori più belli per piantarli nel suo giardino”
Infondiamo così il pensiero che Gesù ci abbia rubato qualcosa di bello, per averlo lui

– “È partito/a per un lungo viaggio”
Se c’è una partenza, per quanto lungo possa essere il viaggio, si presuppone ci sia anche un ritorno

– “È matura/o, è pronto/a per il regno dei cieli”
Dicendo così, si invita a sperare di non essere mai maturi…

Dinanzi a perdite “incomprensibili” quale quella di un figlio, il nostro “saper stare accanto” necessità di accortezza e delicatezza. Il silenzio è più eloquente di frasi fatte inopportune e che non consolano. Se la circostanza lo permette, non abbiamo paura di “abbracciare” e, in silenzio, mentre raccogliamo le lacrime e i perché di un familiare, in particolare di un genitore.
“Amiamo e preghiamo” senza la fretta di dover dire sempre qualcosa a tutti i costi. Non è sempre necessario e non è opportuno parlare. Questo è un “ascolto” di un dolore che non capiremo mai.
Così accade quando entriamo in contatto con la famiglia: ascoltare più che parlare.
Gesù pazientemente ci vede e ci ascolta in silenzio tutti i giorni per tutto il giorno e sa entrare in noi al momento giusto e nei modi più delicati.

PER LA PARROCCHIA
Promuovere la giornata mensile del malato (l’11 di ogni mese) in cui dedicare una celebrazione eucaristica per pregare in particolare per i malati della parrocchia, preceduta o seguita da un momento di preghiera (adorazione, rosario, lectio su qualche brano di guarigione…); in quella giornata si può raccontare una storia di vita, e coinvolgere in particolare i bambini e i ragazzi che si vedono in quel giorno a pensare a qualcosa per i malati. Nelle visite agli infermi nelle case, i sacerdoti possono raccontare ai malati cosa si sta vivendo in parrocchia e chiedere loro di pregare per sostenere le diverse attività della vita pastorale.

PER L’EQUIPE PASTORALE

– Realizzare una mappa delle realtà sanitarie presenti nel territorio, distinte per categorie, indicando la qualità dell’assistenza presente (c’è un cappellano? Ci sono religiose? Ci sono ministri della comunione o volontari?)
– Individuare una rete di soggetti (sacerdoti cappellani, religiose, volontari, medici, operatori, collaboratori della parrocchia) con cui condividere riflessioni e progetti
– Individuare nell’equipe, se non c’è già, qualcuno che faccia da referente della pastorale della salute, per tenere i rapporti con chi in parrocchia si prende cura dei malati e in collegamento con l’ufficio di Pastorale della Salute della Diocesi.
– Allo stesso modo, chiedersi se c’è una pastorale della terza età e quali attenzioni si hanno nei confronti degli anziani, di chi vive la vedovanza, di chi sperimenta di più la solitudine.
– Focalizzare poi l’attenzione sulle persone con disabilità e le loro famiglie, chiedendoci se la nostra parrocchia ha spazi e occasioni per accogliere e sostenere queste persone.

RACCONTARE STORIE DI VITA

Conoscere le storie delle persone malate, il loro grido, la loro sofferenza, ma anche la loro testimonianza di fede, è importante per le altre persone della comunità, per crescere nell’unione con il Signore. Quante volte infatti la testimonianza di un santo nella malattia ci ha edificato! In ogni parrocchia ci sono storie semplici di vita quotidiana che, pur nella sofferenza, possono essere edificanti, perché vediamo come Dio agisce nella vita delle persone.

PER I GIOVANI
Contattando l’ufficio si può pensare, insieme al Servizio per la Pastorale Giovanile della Diocesi, a qualche progetto per offrire ai giovani un’esperienza di conoscenza o di servizio ad alcune strutture sanitarie, case per disabili o case per anziani.

PER I CATECHISTI, I RAGAZZI E I BAMBINI
“Adotta un malato (o un nonno)!”.
In collaborazione con l’Ufficio Catechistico possiamo fornirvi materiale e proposte per aiutare i bambini e i ragazzi del catechismo a mettersi “in collegamento” con gli anziani o i malati della zona.

AI BAMBINI
Nel territorio della vostra parrocchia ci saranno sicuramente alcuni anziani che non stanno bene in salute, conosciuti dal parroco o dai ministri della comunione. Forse ci saranno anche una o più “case di riposo” dove risiedono molti anziani insieme. Queste persone hanno bisogno di sapere che sono pensate, amate. Forse alcune di loro non hanno i parenti vicini. Cosa potete fare per loro?
Intanto far sentire che sono importanti! A piccoli gruppi, insieme ad un adulto, potete andarli a trovare, ogni tanto…
E ogni settimana a turno qualcuno può scrivere per loro un biglietto o fare un disegno, e magari per Natale e per Pasqua fare loro un regalino.
Sicuramente voi avete molta fantasia e, insieme agli adulti, troverete altri modi per far sentire gli anziani più protagonisti della Comunità!

Scarica il materiale stampabile

Sull’ascolto dei malati il quinto incontro per le équipe pastorali

Si terrà sabato 13 febbraio, in diretta su Nsl (canale 74) e in streaming sulla pagina Facebook della diocesi di Roma, il quinto incontro del percorso di formazione e animazione per le équipe pastorali. Al centro ci sarà il tema dell’ascolto dei malati, in occasione della Giornata mondiale del malato, che la Chiesa celebra l’11 febbraio e che a livello diocesano vedrà una Messa riservata ai volontari domenica 14 al Santuario del Divino Amore.

Sabato 13 – come di conseuto alle ore 10 – si partirà con la lettura di un brano biblico: Atti 5, 12-16. Inrterverrà quindi don Francesco Filannino, che interverrà su “All’annuncio del Regno di Dio è sempre abbinata la cura degli infermi”. Seguiranno lacune testimonianze: quella di suor Laura Cortese, Figlia di San Camillo; di Nicoletta, volontaria presso il Policlinico Universitario di Tor Vergata; e infine tre brevi video con le voci di tre persone che si sono trovate ad affrontare la malattia personalmente o in una persona cara.

Le conclusioni e la parte più operativa sarà affidata alle riflessioni del vescovo Paolo Ricciardi, delegato diocesano per la Pastorale sanitaria.

10 febbraio 2021

Verso la Settimana Sociale di Taranto: le schede dell’Ufficio per la pastorale sociale

La Settimana Sociale dei Cattolici di Taranto si svolgerà dal 21 al 24 ottobre, ma è già iniziato un percorso di avvicinamento all’appuntamento che avrà per tema “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. #tuttoèconnesso”. La “cultura della cura” è infatti al centro di un itinerario di riflessione portato avanti dall’Ufficio diocesano per la pastorale sociale.

«Per prepararci a questo appuntamento – spiegano dall’Ufficio – siamo chiamati, come tutte le diocesi, a offrire il nostro contributo attraverso la condivisione delle esperienze e delle fatiche delle nostre comunità, perché possano diventare, in una relazione condivisa di valori e fiducia, lievito e testimonianza di un futuro possibile di giustizia e pace per tutti. Per fare in modo che questo percorso sia organico e “connesso” dobbiamo mettere in comune ciò che nei vostri territori viene espresso in termini di prassi, riflessioni, analisi, esperienze».

L’Ufficio pertanto ha preparato alcune schede utili per condividere le diverse esperienze virtuose, affinché possano «diventare patrimonio a cui tutti possano attingere al fine di trasformarle in esperienza collettive che responsabilizzino la preoccupazione di tutti, indistintamente, per la nostra “casa comune”». Le linee guida offrono inoltre l’occasione di cogliere alcuni spunti di riflessione e di ricerca, legati alla necessità di approfondire a livello comunitario queste tematiche.

In particolare, l’Ufficio ha preparato una sceda di rilevamento delle attività e delle esperienze presenti nelle comunità e sul territorio; una guida per riflettere a livello di comunità sulla Settimana Sociale; un questionario pensato soprattutto per i più giovani sull’ecologia integrale, la pace, l’impegno sociale e la giustizia.

«È un cammino necessariamente da fare insieme – sottolineano l’incaricato dell’Ufficio monsignor Francesco Pesce e il vicedirettore Oliviero Bettinelli – e lo accompagneremo con occasioni di approfondimento sulle tematiche attraverso aggiornamenti sul sito della Pastorale Sociale che vi verranno segnalati, momenti di formazione generale sui temi proposti e, là dove lo riterrete possibile e opportuno, incontri e scambi all’interno delle vostre comunità».

Clicca qui per la scheda 1

Clicca qui per la scheda 2

Clicca qui per la scheda 3

10 febbraio 2021

La chiusura della fase diocesana della causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio Guglielmo Giaquinta

La sessione di chiusura dell’inchiesta diocesana sulla vita, le virtù eroiche e la fama di santità e di segni del Servo di Dio Guglielmo Giaquinta, vescovo di Tivoli e fondatore dell’Opera Pro Sanctitate, si svolgerà venerdì 12 febbraio 2021 alle ore 12 nella Sala degli Imperatori costituita per il Tribunale nel Palazzo Apostolico Lateranense. Il rito – che verrà trasmesso in streaming sulla pagina Facebook della diocesi di Roma e su questo canale Youtube – sarà presieduto dal cardinale vicario Angelo De Donatis. Sarà presente la postulatrice Marialuisa Pugliese. I membri del Tribunale diocesano di Roma presenti saranno: il delegato episcopale monsignor Francesco Maria Tasciotti; il promotore di giustizia don Giorgio Ciucci; il notaio attuario Marcello Terramani.

Terzo di quattro figli, Giaquinta nasce a Noto (Sr) il 25 giugno 1914, ma ben presto la sua famiglia si trasferisce a Roma. Qui, nel novembre 1927 entra al Pontificio Seminario Romano Minore quindi, nel 1933, al Pontificio Seminario Romano Maggiore. Viene ordinato sacerdote il 18 marzo 1939. Nell’ottobre dello stesso anno inizia il Corso di diritto presso il Pontificio Ateneo Lateranense Sant’Apollinare; conseguirà la laurea in “utroque iure” nell’anno accademico 1946/47; contemporaneamente svolge il suo ministero pastorale, dapprima come collaboratore e poi come vice parroco nella comunità di Santa Maria ai Monti. Nel 1946 è nominato promotore di giustizia e difensore del vincolo presso il Tribunale del Vicariato di Roma, dove in seguito svolgerà anche il compito di giudice. Sempre in Vicariato, negli anni ricopre i ruoli di responsabile dell’Ufficio disciplina del clero e di segretario generale. Assume anche l’incarico di rettore della chiesa della Madonna di Loreto al Foro Traiano (1949) e di assistente diocesano della Donne di Azione cattolica.

Giaquinta in Vicariato a via della Pigna
Giaquinta con Madre Teresa e il cardinale Ugo Poletti nel 1975

«Sacerdote austero, fedelissimo alla preghiera, sempre disponibile al dialogo – così lo ricorda la postulatrice che lo ha conosciuto personalmente – venendo a contatto con la ricerca e le attese di tanti uomini, scopre sempre più chiaramente la sete divina, cioè il desiderio da parte di Dio di raggiungere ogni creatura con il suo amore e la sua salvezza; nella contemplazione e nella riflessione teologica intuisce nella chiamata alla santità la vocazione fondamentale dell’uomo». Iniziano infatti sotto la sua guida i primi incontri della Pro Sanctitate, mentre nel 1950 nascono le Oblate Apostoliche, consacrate in vita fraterna. È del 1957, poi, la prima Giornata della santificazione universale, mentre il 2 febbraio 1960 arriva il riconoscimento ecclesiastico del movimento. Nel 1962 inizia l’attività dei Convegni sacerdotali e il gruppo degli Apostolici Sodales, ispirati alla spiritualità del Cenacolo.

Nel 1968 monsignor Giaquinta viene nominato vescovo di Tivoli; durante gli anni di episcopato ricopre diversi incarichi nella Conferenza episcopale, tra i quali la presidenza della Commissione per il clero. Continua la sua predicazione di esercizi spirituali e si intensifica la sua attività di scrittore: sono di questo periodo le sue opere più celebri, come L’amore è rivoluzione (1973), La rivolta dei samaritani (1977) e Il Cenacolo (1981). Per motivi di salute rassegna le dimissioni nel 1986; l’anno successivo torna a Roma. «Paziente e sereno nella malattia che si va aggravando – racconta Pugliese –, ma con lo sguardo luminoso fino alla fine, monsignor Giaquinta si spegne al Policlinico Gemelli il 15 giugno 1994».

«Ho conosciuto il fondatore quando avevo 17 anni – rievoca la postulatrice – e sono subito rimasta colpita non tanto dalla sua persona, quanto dalla forza del suo messaggio: tutti siamo chiamati a essere santi. Un messaggio che ha polarizzato la mia vita e che ha portato alla decisione di consacrarmi all’apostolato. La santità è amore, una stupenda storia d’amore, un’alleanza intessuta tra Dio e l’uomo e tra tutti gli uomini: all’infinito amore del Padre siamo chiamati a rispondere con un massimo di amore verso Dio e verso i fratelli».

Clicca qui per seguire la diretta Youtube

9 febbraio 2021

E’ entrato nella luce della Resurrezione monsignor Settimio Fiorini

Il Cardinale Vicario Angelo De Donatis,

il Consiglio Episcopale e il Presbiterio della Diocesi di Roma,

annunciano che ieri, 8 febbraio,

è entrato nella luce della Resurrezione

il Rev.do

Mons. Settimio Fiorini

di anni 88

Economo del Pontificio Collegio Urbano «De Propaganda Fide»

dal 1968 al 2002,

Vicerettore del Pontificio Seminario Romano Maggiore

dal 1962 al 1968,

Vicario parrocchiale della Parrocchia della Trasfigurazione

di Nostro Signore Gesù Cristo dal 1959 al 1962

e, ricordandone il generoso e fecondo servizio pastorale,

lo affidano all’abbraccio misericordioso di Dio

e alla preghiera di suffragio dei fedeli,

invocando la pace e la gioia del Signore.

I funerali sono stati celebrati oggi, martedì 9 febbraio 2021, alle ore 10.30,

nella chiesa di Santa Prassede all’Esquilino

(Via Carlo Alberto, 47)

9 febbraio 2021

Articoli recenti