Beato Angelo Paoli – Celebrazioni nel suo 3° Centenario della nascita al cielo

Molteplici le iniziative per celebrare il Beato Angelo Paoli, carmelitano, Di lui si scrive che: “Tutto il suo tempo lo dedicò alla cura dei poveri e degli ammalati del vicino ospedale di S. Giovanni in Laterano (era chiamato infatti “Padre dei poveri”)”.

Angelo Paoli, nacque ad Argigliano, in Toscana nel 1642.
Particolarmente dotato di spirito di carità, venne ammesso al Noviziato dei Carmelitani di Siena a 18 anni, dove pronunciò i voti e continuò gli studi, finchè sei anni più tardi fu ordinato sacerdote a Firenze, prestando la sua opera presso il Carmelo di Pisa, Empoli, Montecatini, Cupoli, Monte Catino e Fivizzano.
Aveva una speciale devozione per la Passione di Cristo e provvide a far erigere molte croci sulle colline intorno a Fivizzano e successivamente, trasferitosi a Roma, fu sua l’idea di metterne una al centro del Colosseo.

Nel 1687, infatti, venne trasferito a Roma, nel convento presso la Chiesa dei Santi Silvestro e Martino ai Monti, dove rimase fino alla morte. Tutto il suo tempo lo dedicò alla cura dei poveri e degli ammalati del vicino ospedale di S. Giovanni in Laterano (era chiamato infatti “Padre dei poveri”) e all’ammaestramento dei novizi. Non sopportando la vista del Colosseo, luogo per lui bagnato dal sangue dei martiri, che era ormai ridotto ad un bivacco o usato per scorciatoia per i carri e di notte rifugio per gente di ogni specie, chiese insistentemente al Papa Clemente XI di poterlo sistemare.
Il Pontefice, sia pur titubante, gli diede il permesso ed il frate, con l’aiuto di volontari, si mise personalmente al lavoro per chiudere gli archi con delle mura massicce e le porte con colonne attraversate da grossi ferri. Inoltre all’interno pose tre grosse croci di legno ed altre tre le pose sul Monte Testaccio – un altura composta con frammenti e terraglie di epoca romana – per renderlo simile al Calvario.
Papa Clemente XI, come il suo predecessore Innocenzo XII, gli offrì la porpora cardinalizia, proposta che egli rifiutò categoricamente perché “sarebbe stato di danno ai poveri che non avrei potuto più aiutare”.

Fra gli ammiratori di Padre Angelo c’erano cardinali, alti prelati, nobildonne ed egli utilizzò queste amicizie altolocate a fin di bene, per realizzare un suo progetto. Nelle periodiche visite negli ospedali aveva notato che i malati, specialmente i più poveri, uscendo in convalescenza, s’aggiravano per la città ancora deboli e non del tutto guariti.
E come c’era da aspettarsi, ricadevano spesso ammalati. Padre Angelo li aiutava collocandoli presso alcune famiglie; ma quando gli ammalati furono molti allora pensò di costruire uno ospizio per i convalescenti, al fine di ospitarli fino a quando non si fossero completamente ristabiliti. Così, fra molte difficoltà e l’incredulità di tanti, sorse nello “stradone” tra il Colosseo e la Basilica di San Giovanni, un ospizio, aperto ad ammalati e poveri; ogni volta che arrivava un nuovo ospite, Padre Angelo suonava un piccolo organo posto nella cappellina dell’edificio, per festeggiare il nuovo arrivato.


La Provvidenza non faceva mai mancare i benefattori e tanta era l’abbondanza di pane e cibarie che arrivavano all’ospizio, che Padre Angelo li distribuiva ai poveri che si radunavano alle porte del convento di San Martino ai Monti.
Il convalescenziario, oltre ad essere una fondazione assistenziale, aveva una forte connotazione sociale: lì i malati in attesa di guarire completamente, imparavano un mestiere per potersi inserire nella società e non essere di peso a nessuno.

Padre Angelo non si fermava mai e il suo ‘tempo libero’ lo utilizzava confezionando scapolari della Madonna del Carmine che poi distribuiva e a chi lo esortava a riposarsi, rispondeva con delicatezza: “Il carmelitano gusta il riposo di San Giovanni, quello che si gusta sul petto di Gesù, mediante l’orazione!”.
A proposito dei poveri diceva: “Chi strapazza i poveri, strapazza Dio, perché nei poveri s’ha da riconoscere Iddio benedetto.”
Morì il 20 gennaio 1720 e nel 1781 papa Pio VI riconobbe le sue virtù eroiche, anche per via di molti miracoli che gli si attribuiscono, sia in vita che dopo la morte.