La Corsa di Miguel
Era l’alba del 9 gennaio 1978, proprio pochi giorni dopo la gran Corrida San Silvestre, quando il giovane atleta Miguel Benancio Sànchez fu portato via dai militari dalla sua casa a Buenos Aires. Da quel momento si sono perse le sue tracce. Desaparecido, dicono gli argentini. Scomparso. Una delle 30.000 vittime della dittatura del generale Videla. Ma le sue impronte sono rimaste.


Non solo sulle strade percorse con le scarpe da running ma anche nei fogli scritti a penna. Miguel aveva l’abitudine di annotare sensazioni sulla vita quotidiana, sugli allenamenti e poesie.
Proprio a lui è dedicata la Corsa di Miguel, corsa podistica nata da un’idea del giornalista della Gazzetta dello sport Valerio Piccioni e organizzata dal Club Atletico Centrale in collaborazione con l’Assessorato alle Politiche Sportive del Comune di Roma. Giunta alla sua ventesima edizione, la gara che sostiene le onlus che si impegnano ogni giorno per aiutare chi è in difficoltà, si svolgerà a Roma domenica 20 gennaio. Tre le opzioni: la competitiva e non di 10 km e la passeggiata Strantirazzismo di 3.
In gara anche Athletica Vaticana


A prendere parte alla Corsa di Miguel anche Paul Gabriele Weston di Athelica Vaticana, l’associazione sportiva costituita, e con sede, nello Stato della Città del Vaticano affiliata alla FIDAL (per approfondire riascolta la puntata precedente di Radiopiù Sport).
Proprio a lui, docente alla scuola vaticana di Biblioteconomia abbiamo chiesto come, su esempio di Miguel, il corridore poeta, si conciliano due mondi, apparentemente distanti, come quelli dello sport e della cultura.
“Si conciliano benissimo” spiega Weston. ”Quando corro sento un particolare rilassamento dello spirito che mi invoglia a pensieri elevati come la preghiera, il ringraziamento per il privilegio di poter correre alla mia età e con quella voglia sempre di poter dare il massimo nelle mie possibilità.
Al tempo stesso rifletto e mi vengono delle ispirazioni per le mie ricerche. Sarà per le endorfine o per il vento che sbatte sulla faccia, si riesce a coniugare benissimo lo sforzo atletico e il pensiero spirituale e intellettuale”.
Per te, atleta, che disprezzi la guerra e sogni la pace
Miguel diventa così l’emblema della pace, dell’uguaglianza, della libertà di espressione, dell’inclusione. Valori che anche Atlhetica Vaticana ha fatto suoi.
“La pace e l’inclusività sono due tra le caratteristiche che dovrebbe segnare questa nostra esperienza di Atlhetica Vaticana oltre all’aspetto meramente agonistico” ci racconta ancora il professore. E lo dimostra il fatto che “sia un’iniziativa partita dal basso, da amatori che si incontravano per correre” con “l’esigenza di ritrovarsi e stare insieme”.
Poi, precisa Weston, nel caso di Athletica Vaticana “inclusività” vuol dire tante cose: “avere nella stessa squadra personalità di caratura nazionale e internazionale con dei risultati in Italia e all’estero di grande rilievo e amatori, eppure si riesce a correre insieme”. Ma significa anche accoglienza di chi arriva da lontano. “Abbiamo accolto l’invito di Papa Francesco di segnare un percorso con i migranti. Questo permette di fruire della grande varietà del mondo: la diversità come privilegio e valore aggiunto”. Ma non solo. L’idea è quella includere nella squadra anche giovani che soffrono di vari tipi di disabilità. “Mettersi in sintonia con loro è una grande scuola di vita”.
“Quando si arriva al traguardo ci si stringe la mano, ci si dà una pacca sulla spalla, ci si abbraccia. Ci si rende perfettamente conto in quel momento che chi sta correndo è una persona, un atleta, non un africano, un italiano, un cattolico, un musulmano, o un ateo. Ma una persona che ha avuto come te la stessa forza. Tutte le barriere vengono meno“.
Ascolta il servizio integrale:
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