Iniziare il nuovo anno a Gerusalemme è un grande dono. Con la struttura “Filia Sion” gestita dalla diocesi di Roma ci siamo sentiti di casa nei luoghi di Gesù e abbiamo vissuto un’esperienza singolare

Avevo avuto già occasione di andare in Terra Santa durante il periodo natalizio, ma l’esperienza che ho vissuto nei giorni scorsi si è rivelata originale e particolarmente bella rispetto agli altri pellegrinaggi. Innanzitutto perché è stato un felice momento di fraternità sacerdotale. Infatti sono partito con altri tre preti e un vescovo con i quali 25 anni fa da seminaristi formavamo uno dei gruppi del Romano. E nonostante sia trascorso un quarto di secolo ci siamo ritrovati in grande sintonia, sia nella programmazione quotidiana del viaggio, sia nei momenti di preghiera e di condivisione. Ma non solo.

Questa esperienza è stata particolare anche per via di chi ci ha accolto nella Casa Filia Sion della diocesi di Roma, ossia don Filippo Morlacchi: con la sua guida sapiente i luoghi della nascita, morte e resurrezione si sono presentati a noi in maniera più intima e viva. E anche la scelta di non visitare tutti i luoghi possibili ma di fermarsi soprattutto a Gerusalemme è stata “vincente”. Perché ci ha permesso di poter entrare nel profondo della spiritualità e della storia dei luoghi che sono fondamento della nostra fede.

Suggestiva, ad esempio, la visita al Cenacolo, laddove abbiamo potuto cantare i vespri da soli, senza altri turisti, in maniera provvidenziale. O ancora il tempo riservato alla preghiera al Santo Sepolcro, in diversi momenti, ogni volta che potevamo ritagliarci uno spazio libero. E infine la visita al meraviglioso Museo di Israele.

Le uniche due uscite “fuori porta” sono state quelle a Betlemme e a Hebron, luogo di sepoltura di Abramo, Isacco e Giacobbe. La singolarità dei due viaggi risiede nell’aver respirato il clima della quotidianità di questi due luoghi. In quanto la tensione tra ebrei e palestinesi si percepiva con evidenza, nei frequenti controlli armati, nell’assurdità dei muri di divisione tra le diverse aree del territorio, nel contrasto marcato tra povertà e benessere che abbiamo ritrovato anche tra i vari quartieri di Gerusalemme.

Tutto ciò ha dato valore aggiunto al pellegrinaggio, laddove abbiamo avuto conferma che questa terra è santa ma anche martire del peccato dell’uomo. Il Santo Sepolcro piagato dai tanti feudi delle varie religioni è dimostrazione ulteriore che non è lì che occorre cercare Gesù, come egli stesso tenne a dire a Maria Maddalena, a Maria di Giacomo e Salome (Mc 16,1-8), perché il Cristo è risorto. E di questa resurrezione dobbiamo essere testimoni, innanzitutto attraverso la comunione.

Don Francesco Indelicato

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