4 Settembre 2025

Monsignor Paolo Ricciardi nominato vescovo di Jesi

Foto Diocesi di Roma / Gennari

Il Santo Padre ha nominato vescovo di Jesi monsignor Paolo Ricciardi, finora vescovo ausiliare per il settore Est, responsabile dell’ambito della Chiesa ospitale e “in uscita” nonché presidente della Commissione regionale per il servizio della Salute della Conferenza episcopale laziale. L’annuncio è stato dato dal cardinale vicario Baldassare Reina, nella Sala della Conciliazione del Palazzo Lateranense alle ore 12 di oggi, martedì 28 gennaio 2025.

Nato a Roma il 14 marzo 1968, monsignor Ricciardi ha compiuto gli studi presso il Pontificio Seminario Romano Maggiore e ha poi conseguito la Licenza in Teologia biblica presso la Pontificia Università Gregoriana. È stato ordinato presbitero il 2 maggio 1993 per la diocesi di Roma. Nominato ausiliare della diocesi di Roma il 23 novembre 2017, è stato ordinato vescovo il 13 gennaio 2018. Tra i vari incarichi ricoperti, ricordiamo quelli di assistente al Pontificio Seminario Maggiore (1993 – 1998), di vicario parrocchiale a Nostra Signora di Guadalupe a Monte Mario (1998 – 2003), di addetto dell’Ufficio Catechistico e Servizio per il Catecumenato del Vicariato (2001 – 2003). Ancora, è stato parroco a Santa Silvia dal 2003 al 2015 e parroco a San Carlo da Sezze dal 2015 al 2018; ha prestato il suo servizio come membro del Collegio dei Consultori, segretario del Consiglio Presbiterale, commissario straordinario dell’Arciconfraternita di San Gregorio Magno dei Muratori, delegato diocesano pro tempore dell’Ordo Virginum, direttore dell’Ufficio diocesano per il clero e referente dell’Ambito per la cura del diaconato, del clero e della vita religiosa.

Il cardinale Reina, nell’annunciare la nomina, ha ringraziato il vescovo Ricciardi «a nome di tutta la Chiesa di Roma» e ne ha sottolineato «la bontà, la mitezza, la pacatezza nel tratto». Il presule, dal canto suo, ha ripercorso i suoi «2623 giorni» da ausiliare della diocesi di Roma, «un tempo pieno, bellissimo e faticoso insieme, ricco soprattutto di tanta grazia da parte di Dio e di tante mancanze da parte mia». Dopo soli «ventiquattro anni di sacerdozio, con bellissime esperienze parrocchiali – ha proseguito –, la chiamata all’episcopato mi ha aperto da subito alla conoscenza della realtà dei luoghi di cura, dei malati e di quanti si adoperano per loro. Mi sono arricchito, riscoprendo l’essenziale, relativizzando tanti problemi che io credevo importanti. Quando si incontrano persone allettate, genitori di bambini malati, operatori che dedicano la vita a chi soffre, si capisce quanto siamo noi malati nel cuore. Si capisce che basterebbe così poco per essere più cristiani, più umani, più fratelli. Basterebbe così poco, anche tra noi, per essere più accoglienti, più aperti, più semplici, per recuperare la gentilezza. Quel “poco” è nel tesoro del cuore: alcune stanze di ospedale, dove ho amministrato la cresima a malati terminali; incontri in casa di persone disabili; momenti di fraternità con i cappellani; incontri sulla Parola nelle case dei diaconi permanenti che ringrazio e a cui voglio un gran bene; i sette presbiteri e i venti diaconi che ho avuto la gioia di ordinare in questi anni; i momenti di formazione permanente che ho proposto ai preti intorno ad un camino per chiederci solamente “come stai?”; l’accompagnamento dell’Ordo Virginum nel cammino di discernimento e di vita; l’esperienza di momenti belli con le religiose».

Il vescovo ha voluto esprimere a tutti il suo grazie, senza dimenticare parole di affetto per la diocesi che si prepara ad accoglierlo. «Forse proprio perché Dio sa che amo la familiarità delle relazioni – ha detto –, mi concede ora di essere pastore di una diocesi con dimensioni umane, ricca di storia e di fede, dove vado prima di tutto ad imparare. Grazie al vescovo Gerardo per la sua testimonianza di fedeltà e di amore; grazie ai sacerdoti di Jesi, ai religiosi e alle religiose, ai diaconi; a tutti coloro che ancora non conosco, ma che già amo. Non so quasi nulla di questa Chiesa che mi attende, ma so che mi attende e soprattutto che Cristo mi precede a Jesi. Questa è un’ulteriore occasione che Dio mi dà per santificarmi e santificare. Mi affido anche a san Settimio che, consacrato vescovo da Papa Marcello, dopo il 308 partì da Roma per andare a Jesi. Possa anch’io, come lui, perdere la testa per Dio e per la Chiesa che mi è affidata».

28 gennaio 2025

San Giovanni dei Fiorentini e l’accoglienza per i più fragili

Foto Diocesi di Roma / Gennari

I colori del logo del Giubileo spiccano sulla porta d’ingresso. Un ascensore porta direttamente nel salone centrale. Sulla parete di destra sono incise le parole di san Filippo Neri: «Beati voi giovani che avete del tempo per fare del bene». Una quarantina di sedie sono disposte ai due lati della stanza, mentre sul fondo si intravede un proiettore. Regna il silenzio, ma ben presto verrà sostituito dalle voci e dall’allegria di tanti ospiti e volontari. È stato inaugurato mercoledì con la benedizione del cardinale vicario Baldo Reina, lo spazio di accoglienza del Giubileo per persone fragili e con disabilità, realizzato dal Circolo S. Pietro nei locali dell’Oratorio San Filippo Neri della basilica di San Giovanni Battista dei Fiorentini.

Grazie all’impegno di 70 volontari, sarà aperto dalle 12 alle 17 ogni mercoledì per le udienze generali di Papa Francesco e ogni sabato e domenica, in occasione degli eventi giubilari. L’obiettivo, hanno spiegato i promotori, è proseguire anche dopo l’Anno Santo, affinché diventi un punto di riferimento per tutte le famiglie.

Prima della benedizione, il cardinale ha celebrato la Messa. «Il centro non è soltanto un luogo di passaggio ma molto di più – ha detto nell’omelia che è stata tradotta simultaneamente nella lingua dei segni da un’interprete –. I nostri fratelli in difficoltà sono al centro dell’attenzione e dell’accoglienza della Chiesa». Infine, ha invitato a essere per gli ospiti «un segno concreto di speranza». Uno di loro ha assistito in carrozzina nelle prime file alla celebrazione. Il porporato l’ha visto e si è fermato a salutarlo per qualche secondo, prima di raggiungere l’altare maggiore.

Finita la celebrazione, in molti si sono spostati all’interno dei nuovi locali che sono stati ristrutturati senza barriere architettoniche. È stato aggiunto un piccolo ascensore e un montascale. Subito dopo l’ingresso, c’è una zona di prima accoglienza, per lasciare in sicurezza bagagli ed effetti personali, poi una sala allestita come ludoteca, un’area relax con poltrone reclinabili e separé per la privacy, un angolo dove trovare bevande calde o riscaldare pietanze, una stanza dove mangiare con comodità e vedere la televisione, e naturalmente non mancano i servizi igienici.

«Siamo qui con il cuore pieno di speranza – ha sottolineato Niccolò Sacchetti, il presidente del Circolo S. Pietro, che ha affisso sul muro della ludoteca una croce e un quadro della Vergine Maria -. Il progetto è partito subito dopo l’udienza di giugno con Papa Francesco – ha aggiunto –. Il Santo Padre ci invitò ad aprire un cantiere della carità. Vogliamo che diventi un punto di riferimento per Roma e per tutte le persone in difficoltà». Gli ha fatto eco monsignor Franco Camaldo, assistente ecclesiastico del Circolo. «Il nostro motto è “Preghiera, azione e sacrificio”. Ci impegneremo per far rifocillare non soltanto il corpo, ma anche lo spirito delle persone che arriveranno». A fianco lui, Maria Luisa Campa, coordinatrice del gruppo dei volontari. «Saranno divisi in squadre – ha spiegato –. Abbiamo già stilato un programma per 90 giorni di apertura. Ci stiamo preparando a vivere il presente, ma anche il futuro del centro».

Presenti nelle prime file anche don Luigi D’Errico, referente del settore disabili e catechesi dell’Ufficio catechistico della diocesi di Roma, e padre Alfredo Feretti, direttore del Centro La Famiglia, il primo consultorio sorto nella città di Roma. Una preghiera per Papa Francesco ha introdotto la benedizione. Subito dopo, il cardinale Reina ha invitato tutti a leggere in coro le parole di san Filippo Neri incise sulla parete. «È un privilegio servire gli altri – ha detto il porporato, che poi ha visitato tutte le stanze –. In questo modo riceviamo dagli altri la benedizione del Signore». L’inaugurazione si è conclusa poi con un’Ave Maria e con la consegna di una stola al cardinale vicario da parte della comunità indiana del Kerala della chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini, presentata dal parroco don Roberto Paoloni. Foto e sorrisi hanno chiuso il sipario, che però è pronto essere subito riaperto. (di Giuseppe Muolo da Roma Sette)

26 gennaio 2025

Udienze

Udienze

Riunione Direzionale

Riunione Direzionale

Giornata della Memoria: l’omaggio della diocesi di Roma

La mattina di lunedì 27 gennaio, una delegazione della diocesi di Roma composta dal vescovo Paolo Ricciardi, da monsignor Marco Gnavi e, tra gli altri, da padre Sergio Cavicchia, parroco di San Saba, e padre Luigi Murra, parroco di Santa Maria in Portico in Campitelli, si è recata a Largo 16 Ottobre 1943, dove è stata accolta dal rav Riccardo Di Segni. Ad attenderli anche Marco Mosè Di Porto.

Nella ricorrenza della Giornata della Memoria si è ascoltato il salmo 130, recitato in ebraico dal Rabbino Capo e si sono deposti dei fiori ai piedi delle lapidi che ricordano l’orrore della deportazione nel campo di sterminio di Auschwitz, dove giunsero stipati in carri bestiame, 1250 ebrei romani. Ne ritornarono solo sedici. Gli altri furono tutti inghiottiti dalla folle ferocia della Shoà. Settimia Spizzichino scrisse dei “milioni di anni di vita rubati” alle vittime innocenti del genocidio, mentre una delle due lapidi poste sul muro del Palazzo Vallati recita “e non cominciarono neppure a vivere” in ricordo dei neonati sterminati nei lager nazisti.

È stato un gesto umile, ma denso di significato. La tragedia del genocidio degli ebrei resta quale ferita dolorosa che inquieta le coscienze e non può essere dimenticata. Giacomo Debenedetti scrisse un piccolo volume, che narrava con passione e stupore gli eventi tragici dello Shabbat profanato dalle SS e da chi collaborò alla sciagurata cattura di donne, uomini, bambini, anziani. Non fu cronaca, ma storia, drammatica storia nel quadro di un’Europa travolta dalla guerra e dall’utopia malefica e antisemita del Terzo Reich. I discendenti dei sopravvissuti e noi che siamo vivi, cristiani ed ebrei, sentiamo il dovere della memoria. Il dovere della difesa della vita. Perché occorre vivere nella storia e non fermarsi alla cronaca, perché il futuro sia migliore.

27 gennaio 2025

Incontro di formazione sulla Giustizia Riparativa al Seminario Maggiore (Servizio past. carceraria)

Incontro di formazione sulla Giustizia Riparativa al Seminario Maggiore (Servizio past. carceraria)

Visita Pastorale alla parrocchia di San Saturnino

Visita Pastorale alla parrocchia di San Saturnino

Un incontro in ricordo di don Roberto Sardelli con il cardinale Reina e il sindaco Gualtieri

Avrebbe compiuto novant’anni il prossimo 30 gennaio don Roberto Sardelli, sacerdote della diocesi di Roma ma anche insegnante, scrittore, sempre vicino ai più umili. Il suo nome è legato soprattutto all’impegno per dare un alloggio dignitoso ai cosiddetti “baraccati”, coloro, cioè, che negli anni Sessanta e Settanta, vivevano accampati a ridosso dell’Acquedotto Felice. Fu con loro che decise di andare a vivere don Roberto, quando, giovane sacerdote, nel 1968, fu mandato come collaboratore parrocchiale a San Policarpo. Proprio nella sua parrocchia (piazza Aruleno Celio Sabino, 50) e nel giorno del suo compleanno, alle ore 18, verrà ricordato, con un convegno promosso dalla diocesi di Roma. “Non abbiamo paura dei profeti. Il ricordo di don Roberto Sardelli a 90 anni dalla nascita” è il titolo dell’appuntamento, che sarà aperto dai saluti del cardinale vicario Baldo Reina, del sindaco Roberto Gualtieri e del parroco della comunità dell’Appio Claudio, don Claudio Falcioni. Interverranno poi monsignor Guerino Di Tora, vescovo ausiliare emerito della diocesi di Roma; Grazia Napoletano, collaboratrice della Scuola 725; Paolo Berdini, umanista e saggista. Paola Aversa, della Caritas diocesana di Roma, illustrerà il programma di housing sociale dell’organismo diocesano intitolato al sacerdote scomparso nel 2019. Le conclusioni saranno affidate a monsignor Benoni Ambarus, vescovo delegato per l’Ambito della diaconia della carità.

Nato a Pontecorvo, in Ciociaria, nel 1935, alunno del Collegio Capranica, ordinato sacerdote nel 1965, don Sardelli aveva frequentato la scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani, prima di andare in Francia per studiare l’esperienza dei “preti operai”. Tornato a Roma, fu mandato come collaboratore a San Policarpo e lì don Roberto scoprì, a poche centinaia di metri dall’edificio parrocchiale, la baraccopoli che sorgeva nei pressi dell’Acquedotto Felice, dove vivevano 650 famiglie italiane arrivate da Sicilia, Calabria, Abruzzo e Basilicata. Decise così di condividere la loro vita e, acquistata una baracca da una prostituta, si trasferì tra i baraccati, trasformando la sua casupola nella “Scuola 725”, dal numero civico che la contrassegnava. Qui teneva lezioni per i ragazzi della zona, spesso costretti ad abbandonare gli studi o confinati nelle classi differenziali. Con loro scrisse la “Lettera al sindaco” per chiedere migliori condizioni di vita per i baraccati, ai quali le case popolari furono assegnate nel 1974. Da quel lavoro di riflessione e scrittura nascerà anche un libro, “Non tacere”. Lo stesso titolo del docufilm realizzato nel 2008 sulla vicenda della Scuola 725 dal regista Fabio Grimaldi con la collaborazione dello stesso sacerdote. Dopo lo sgombero della baraccopoli, nel 1973, don Sardelli si dedicò alle collaborazioni giornalistiche con Paese Sera, l’Unità, Liberazione, ma anche con riviste del mondo cattolico. Negli anni Ottanta fondò lo Studio Flamenco per avvicinarsi al mondo rom e sinti attraverso la danza, mentre negli anni Novanta si occupò dei malati di Aids. Nel novembre 2018, l’Università Roma Tre gli conferì una laurea magistrale honoris causa in Scienze pedagogiche. Si è spento nella sua Pontecorvo il 18 febbraio 2019.

A don Roberto Sardelli è intitolato il programma di housing sociale della Caritas di Roma, che mira a offrire un alloggio adeguato a persone senza dimora e famiglie in difficoltà e che è nato grazie a un fondo iniziale frutto del lascito testamentario del sacerdote.

«La profezia di don Roberto – dichiara il cardinale Reina – deve costituire uno sprone per la nostra comunità ecclesiale nel contrastare le diseguaglianze che affliggono la nostra società. Il suo è stato un esempio per tutti».

21 gennaio 2025

Udienze

Udienze

“Educare allo sport”, in partenza il corso

Progettista sportivo, manager sportivo, coordinatore sportivo, educatore esports, mediatore sportivo. Sono questi i profili nei quali ci si potrà specializzare grazie al secondo percorso formativo di 40 ore “Educare allo sport 2025”, promosso dall’Ufficio nazionale per la pastorale del tempo libero, del turismo e dello sport della Cei con la Sezione Sport e Tempo libero della diocesi di Roma, l’Istituto superiore di Scienze Religiose Ecclesia Mater e la Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport.

Il corso prevede 30 ore di modulo base comune a tutti e 10 di modulo specialistico in base alla figura scelta. Le lezioni on line inizieranno il 17 febbraio e si terranno ogni lunedì dalle 18 alle 19.30. L’ultimo appuntamento è previsto in presenza, a Roma. Tutte queste figure saranno il riferimento per gli Avamposti “Sport4Joy” della Cei, ma in generale per tutte le realtà sportive presenti nelle parrocchie.

Per le iscrizioni c’è tempo fino al 14 febbraio su https://forms.office.com/e/z1yWXmrJme

Scarica la brochure

27 gennaio 2025

San Pancrazio, c’è spazio per la creatività

Foto Diocesi di Roma / Gennari

Ripensare la propria missione, aprirsi al territorio, accogliere. È il cammino pastorale intrapreso dalla parrocchia di San Pancrazio, a Gianicolense, affidata ai carmelitani scalzi dal 1670. Giovedì e sabato tutte le realtà hanno presentato il proprio impegno al cardinale vicario Baldo Reina, in visita pastorale.

Immersa nel parco di Villa Doria Pamphili è «una comunità con tantissime potenzialità – dice padre Angelo Campana, parroco a San Pancrazio da poco più di due anni –. È un territorio con una forte impronta culturale e una significativa presenza di artisti». Al suo arrivo ha trovato una realtà che, «segnata dalla pandemia, aveva perso l’aspetto comunitario». Al termine di un lungo e partecipato cammino di discernimento sono stati ricostituiti il Consiglio pastorale e quello degli affari economici, rivalutati gli spazi come le catacombe, visitabili il mercoledì e il giovedì, i campi da tennis, il teatro, l’oratorio «ad uso dei parrocchiani e al servizio del territorio», evidenzia il parroco.

Stimolare e valorizzare le capacità di ognuno sono alcuni degli obiettivi che si è prefissato il sacerdote. C’è spazio per tutti. Per il giovane iraniano studente dell’Accademia delle Belle arti per il quale è stato allestito un laboratorio nel quale esprimere la propria creatività e al tempo stesso insegnare a piccoli e grandi; per il rifugiato politico venezuelano, accolto in parrocchia, che ha avviato il talk “La voce dell’altro” nel quale racconta le storie di chi incontra; per il filmmaker che può esercitarsi al pianoforte. «Si sta creando un ambiente familiare – prosegue padre Angelo –. È importante alimentare i talenti di ognuno per metterli a disposizione di tutti». Nell’ottica della condivisione. «Sarebbe bello se le parrocchie vicine si unissero per condividere le proprie potenzialità – afferma –. A San Pancrazio, per esempio, è inutile avviare il doposcuola perché non c’è richiesta, ma ci sono giovani che vorrebbero offrire questo servizio».

Un punto di forza è l’accoglienza: in parrocchia sono ospitate anche donne vittime di violenza con i loro figli. La solitudine degli anziani è la questione sociale sulla quale porre particolare attenzione. «Gli over 70 soli sono tanti – osserva padre Campana con rammarico –. Bisogna estirpare la povertà umana, porgere l’orecchio. C’è una voce che vuole gridare e pochi disposti ad ascoltare».

Ben avviato il Centro di ascolto, che offre l’accoglienza iniziale per ascoltare i bisogni delle persone. «Ogni sabato pomeriggio dalle 15 alle 18.30 è aperto l’emporio parrocchiale – spiega Marco Mascagni, responsabile del Centro di ascolto e referente Caritas per la XXX prefettura –. Un gruppo di volontari si occupa di reperire i beni attraverso le raccolte nei supermercati e dal Banco alimentare del Lazio. Aiutiamo circa 70 famiglie per le quali elaboriamo strategie di sostegno in concerto con i servizi sociali del XII Municipio. Offriamo anche un servizio di accoglienza psicologica. In questo territorio le priorità sono il reinserimento lavorativo e l’emergenza abitativa. Gli affitti sono molto onerosi e tanti proprietari di casa stanno sfrattando gli inquilini per trasformare gli appartamenti in bed and breakfast». (di Roberta Pumpo da Roma Sette)

26 gennaio 2025

“fattiDirete”, aperte le iscrizioni

Sono aperte le iscrizioni al percorso formativo “fattiDirete”, promosso da Caritas Roma nell’anno pastorale 2024-2025 per gli operatori delle Caritas parrocchiali. L’iniziativa intende rispondere al bisogno di formazione e accompagnamento di chi, ogni giorno, dedica tempo ed energie al servizio della carità nelle comunità locali.

La proposta si articola in sei incontri, di cui cinque in modalità online e uno conclusivo in presenza, pensati per offrire strumenti pratici e momenti di approfondimento su temi cruciali per il servizio caritativo. Gli appuntamenti, che si terranno tra febbraio e marzo 2025 in orario pomeridiano dalle 17.30 alle 19.30, mirano a rafforzare l’identità e il senso di appartenenza degli operatori, aiutandoli a mettere in rete le proprie esperienze e a coltivare una visione comunitaria del loro impegno.

Le iscrizioni al percorso sono aperte fino al 16 febbraio. Per maggiori informazioni è possibile contattare l’Area Comunità e Territorio scrivendo a comunitaeterritorio@caritasroma.it o telefonando al numero 06.888.15130.

27 gennaio 2025

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