15 Maggio 2025

«Liturgia da promuovere e custodire»

Tavola rotonda sul tema, La Riforma Liturgica nella Diocesi di Roma. Roma, Pontificio Istituto Liturgico, 31 maggio 2018. S.E. Mons. Angelo De Donatis, Vicario del Santo Padre per la Diocesi di Roma

Pubblichiamo l’intervento del vicario Angelo De Donatis al convegno “La riforma liturgica nella dicoesi di Roma”, promosso dall’Ufficio liturgico diocesano, dal Centro liturgico vincenziano e dal Pontificio Istituto Liturgico, che si è tenuto nella sede di quest’ultimo giovedì 31 maggio.

Desidero avviare questo nostro dialogo – una conversazione semplice, familiare – proprio a partire dal titolo. «Promuovere e custodire la liturgia» è una frase tratta dal discorso che papa Francesco ha ri-volto ai partecipanti al convegno promosso dal Centro di Azione liturgica il 24 agosto 2017. Il papa disse: «I vescovi sono chiamati a promuovere e custodire la liturgia». E io ho aggiunto a quella frase la parola “oggi”, perché vorrei soffermarmi sul modo in cui possiamo promuovere e custodire la li-turgia oggi nella chiesa di Roma, alla luce del magistero di papa Francesco.

Il santo padre, parlando della riforma liturgica (nel suo discorso del 24 agosto 2017) ha detto: «Non si tratta di ripensare la riforma rivedendone le scelte, quanto di conoscerne meglio le ragioni sottese, anche tramite la documentazione storica, come di interiorizzare i principi ispiratori». È questa la pro-spettiva di fondo su cui si muove lo studio che P. Giuseppe ha pubblicato. Il suo volume ha un obiettivo pastorale, come ha scritto nell’introduzione; presenta sì la storia della riforma liturgica a Roma, ma per individuare le strade attraverso cui attuare oggi gli obiettivi del Concilio. E il mio in-tervento questa sera va proprio in quella direzione indicata dal papa: promuovere e custodire oggi la liturgia nella Chiesa di Roma, alla luce del magistero di papa Francesco, per continuare ciò che è sta-to avviato con la riforma conciliare.

Entro così nel vivo della mia riflessione. In questi giorni – dopo l’incontro del santo Padre con la Diocesi, il 14 maggio, nella basilica lateranense – ho riletto il suo discorso in un contesto di medita-zione e di preghiera. Ne ho passato in rassegna i contenuti, per accogliere le linee pastorali che il pa-pa ci ha proposto. Mentre mi preparavo a questo incontro con voi mi sono tornate alla mente quelle linee guida, che il nostro Vescovo ha tracciato per Roma e mi piacerebbe dedurne ora alcune appli-cazioni all’ambito della vita liturgica della Diocesi.

Desidero avviare il mio discorso prendendo spunto dall’obiettivo che il papa ci ha indicato per il prossimo anno. Egli ci ha detto a san Giovanni: «Occorrerà che le nostre comunità diventino capaci di generare un popolo» per essere e diventare sempre più «una Chiesa con popolo, non una Chiesa senza popolo». Ogni volta che preghiamo la seconda preghiera eucaristica lo chiediamo al Padre: «Per la comunione al corpo e al sangue di Cristo, lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo». Lo Spirito ci rende una cosa sola, un solo popolo, un solo corpo, che celebra, che canta le lodi di Dio.
Alla luce della raccomandazione del papa, ecco l’obiettivo: «la liturgia della Diocesi di Roma sia sempre più una esperienza di popolo». Nella verifica abbiamo constatato che talvolta nelle parrocchie ci sono piccoli conflitti, qualche tensione, qualche divisione. Le persone si conoscono poco. La liturgia ci può aiutare a riscoprire la nostra dimensione di popolo, a crescere nella comunione.

Del resto, lo sappiamo, anche il nostro modo di celebrare la liturgia non è immune dalle malattie spi-rituali (che sono state oggetto di riflessione nelle parrocchie durante questo anno pastorale). Corria-mo il rischio di ridurre la liturgia a un’esperienza umana, all’opera di vescovi, di preti, di laici forma-ti, una liturgia di “esperti”, di “laici preparati”, mentre chi non è un frequentatore abituale, non ha un servizio, un incarico, un compito, rischia di sentirsi a margine. C’è il pericolo che la liturgia sia “un’esperienza per noi”, in cui noi facciamo per noi stessi, secondo il nostro gusto, il nostro piaci-mento. È vero che la liturgia richiede competenze, ma i veri esperti della liturgia sono solo gli esperti di preghiera. Se uno vuol valutare quanto sa di liturgia deve chiedersi quanto prega. Quanto tempo trascorre in preghiera. Solo quando abbiamo incontrato Cristo e trascorso tempo con lui siamo in grado di accompagnare gli altri lungo la via che conduce a una confidenza con il Signore, a quello «stare con Lui», di cui ci parlano spesso i grandi santi. Altrimenti la liturgia si riduce a un «fare ri-tuale», a un compiere bei gesti, pronunciare belle parole, ma questo è ben altro dalla preghiera del popolo di Dio, che si rivolge al suo Signore. Certo, è necessario conoscere bene il valore e il senso di ciò che si compie, conoscerne il significato teologico, anche storico, ma tutto questo non basta per celebrare bene. È solo l’inizio; serve un quotidiano stare con il Maestro, imparare da Lui, dialogare con Lui. Allora la liturgia diventa davvero la voce della Chiesa-sposa, che parla al Cristo-sposo.

Il testo completo disponibile nella sezione dei Documenti

1 giugno 2018

«Lievi miglioramenti» per Papa Francesco

Niente ventilazione meccanica durante la notte, alimentazione con cibo solido, fisioterapia. Positive le notizie diffuse oggi dalla Sala Stampa della Santa in merito alle condizioni di salute di Papa Francesco che, come ricordiamo, è ricoverato al Policlinico Agostino Gemelli dallo scorso 14 febbraio per una polmonite bilaterale.

«La scorsa notte scorsa non ha dovuto fare uso della ventilazione meccanica – si legge nella nota –. La situazione del Papa resta stabile e si registrano lievi miglioramenti per quanto riguarda la situazione motoria e respiratoria. I medici stanno procedendo ad una progressiva diminuzione dell’uso della ventilazione meccanica la notte e l’ossigenazione ad alti flussi durante la giornata, procedendo alla somministrazione ordinaria dell’ossigeno attraverso le cannule nasali. La scorsa notte, quindi, il Papa non ha usato la maschera: una buona notizia da accogliere con prudenza, sottolinea la Sala Stampa, perché non vuol dire che non ne farà uso nei prossimi giorni. Serve infatti una progressiva riduzione e non uno stacco definitivo».

Quanto all’attività della giornata, informa ancora la Sala Stampa che «Francesco si è sottoposto alla terapia farmacologica, alla fisioterapia motoria e quella respiratoria, ha svolto un po’ di attività lavorativa e si è dedicato alla preghiera. Continua a seguire una dieta alimentare prescritta dai medici composta anche da cibo solido. Il quadro clinico resta complesso in una situazione di stabilità».

Ma nonostante le condizioni di salute, il Santo Padre ha trovato il tempo di scrivere al direttore del “Corriere della Sera”, che aveva fatto giungere un biglietto di auguri al Pontefice. «Vorrei incoraggiare – scrive il Papa – lei e tutti coloro che dedicano lavoro e intelligenza a informare, attraverso strumenti di comunicazione che ormai uniscono il nostro mondo in tempo reale: sentite tutta l’importanza delle parole. Non sono mai soltanto parole: sono fatti che costruiscono gli ambienti umani. Possono collegare o dividere, servire la verità o servirsene. Dobbiamo disarmare le parole, per disarmare le menti e disarmare la Terra. C’è un grande bisogno di riflessione, di pacatezza, di senso della complessità. Mentre la guerra non fa che devastare le comunità e l’ambiente, senza offrire soluzioni ai conflitti, la diplomazia e le organizzazioni internazionali hanno bisogno di nuova linfa e credibilità. Le religioni, inoltre, possono attingere alle spiritualità dei popoli per riaccendere il desiderio della fratellanza e della giustizia, la speranza della pace».

18 marzo 2025

«La vera felicità non si identifica con la realizzazione di sé»

La santità è «una chiamata rivolta a tutti», ma per accoglierla bisogna entrare in relazione d’amore con il Padre e «affermare che Colui che chiama è Colui che dona». Il terzo incontro del ciclo “Guadete et exsultate”, guidato dal cardinale vicario Angelo De Donatis e da monsignor Marco Frisina, ha approfondito tre delle otto beatitudini del Vangelo di Matteo. Beati i poveri, gli afflitti e i puri sono i primi tre pioli – ha spiegato il porporato nella basilica di San Giovanni– da salire sulla scala che conduce alla felicità.

Si tratta di una felicità, però, che il mondo definisce «paradossale» perché «non si identifica immediatamente con la realizzazione di sé, con il successo nella propria esistenza, con il soddisfacimento di tutti i propri desideri», ma matura nel tempo in una relazione di fiducia e abbandono.

Per il rettore della basilica di Santa Cecilia a Trastevere monsignor Marco Frisina, san Francesco d’Assisi «ha incarnato le beatitudini in maniera piena e straordinaria». Il sacerdote ha raccontato episodi importanti della vita del santo. Nato in una famiglia borghese desiderava diventare cavaliere ma soprattutto «cercava sempre la felicità». Il poverello d’Assisi ha attuato «la rivoluzione di chi non polemizza ma ama» ha aggiunto Frisina, tanto da «aver bruciato la sua vita amando e gioendo. In questo mondo imbarbarito bisognerebbe tornare ad avere la semplicità di Francesco».

Leggi la catechesi completa del cardinale vicario
Leggi la catechesi su san Francesco di monsignor Frisina

11 dicembre 2018

«La strada della pace è l’unica da percorrere per costruire il futuro»

«Buonasera. Mi chiamo Jaroslava. Ho ventuno anni. Un anno fa vivevo a Kharkiv, una città molto vivace. Ogni settimana insieme ai miei amici andavamo alla stazione per distribuire panini e tè caldo ai senza dimora. Oggi è un anno da quando sono dovuta andare via. Kharkiv si trova a trenta chilometri dalla frontiera russa ed è stata una delle prime città che ha conosciuto la guerra. I miei genitori sono venuti da un’altra città per prendere me e mia sorella e portarci un po’ più distanti dal fronte, a Dnipro. A lungo abbiamo dormito vestiti, in una sola camera, sul pavimento, non accendevamo le luci dopo il tramonto e non tiravamo le tende». Jaroslava è molto giovane, ha gli occhi verdi, i capelli biondi lunghi fino alle spalle. E’ una delle quattro persone che ha portato la propria testimonianza nella veglia di preghiera a un anno dall’inizio della guerra in Ucraina. Con lei altre due donne ucraine e il vescovo Pero Sudar, emerito di Sarajevo, che racconterà il conflitto che, negli anni Novanta, insanguinò il suo Paese.

Venerdì 24 febbraio è gremita la basilica di San Giovanni in Laterano, per il momento di preghiera presieduto dal cardinale vicario Angelo De Donatis, alla presenza del vescovo Dioniso Lachovicz, esarca dei cattolici ucraini di rito bizantino in Italia. Presenti anche i vescovi ausiliari della diocesi, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi, numerosi ambasciatori. La veglia è nata dal desiderio di pregare insieme di tutte le realtà della diocesi impegnate nella carità, nell’accoglienza e nel sostegno ai profughi ucraini giunti in Italia: gli Uffici Caritas e Migrantes diocesani, innanzitutto, e poi la Comunità di Sant’Egidio, il Centro Astalli, l’Opera Don Calabria, gli scalabriniani, i comboniani, i vincenziani. Ma sono tanti i gruppi che hanno voluto esserci e dare il proprio contributo, come la comunità congolese, che ha offerto un canto; il Collegio Ucraino San Giosafat; i poveri ospitati nella struttura della Cittadella della Carità Santa Giacinta della Caritas diocesana, che hanno preparato i rami di ulivo poste su tutte le sedie nella cattedrale.

«Permettetemi di rivolgere un pensiero verso tutte le persone che si adoperano per la pace – ha detto il cardinale De Donatis nella meditazione offerta durante la preghiera –. Non scoraggiatevi per favore, continuate! Sappiamo bene che oggi la strada più semplice da percorrere sembra non sia quella della pace bensì la strada della guerra. Ma la strada più difficile, cioè quella della pace, è l’unica che può costruire il futuro. Oggi, come dice Papa Francesco, dobbiamo togliere la guerra dalla storia umana, altrimenti sarà la guerra a togliere l’umanità dalla storia. Che il Signore rinnovi in noi tutti l’impegno di essere operatori di pace, nei piccoli gesti del quotidiano, per essere uomini e donne delle Beatitudini!».

24 febbraio 2023

«La santità, una vita vissuta nella gioia e nell’amore»

«Parlare oggi di chiamata alla santità rappresenta una sfida». Esordisce così il cardinale vicario Angelo De Donatis nella catechesi che ha aperto ufficialmente il ciclo di incontri dedicati all’esortazione apostolica di Papa Francesco “Gaudete et exsultate”. Erano tantissimi i fedeli, ieri sera (lunedì 8 ottobre) nella basilica di San Giovanni in Laterano, che hanno ascoltato le riflessioni del porporato e quelle di monsignor Marco Frisina, rettore della basilica di Santa Cecilia a Trastevere. Tra un intervento e l’altro, la lettura di alcuni brani del documento di Papa Francesco e meditazioni musicali, a cura di studenti dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico” di Roma e del Dipartimento di Musica Antica del Conservatorio “Santa Cecilia” di Roma.

«La santità – ha spiegato il cardinale vicario – non è un’altra cosa rispetto alla vita che facciamo tutti i giorni, ma è esattamente questa nostra stessa esistenza ordinaria vissuta in maniera straordinaria, perché resa bella dalla grazia di Dio, dall’azione dello Spirito Santo ricevuto nel battesimo. Il frutto dello Spirito è infatti una vita vissuta nella nella gioia e nell’amore, e in questo consiste la santità».

Leggi il testo completo della catechesi

Leggi l’intervento completo di monsignor Frisina

9 ottobre 2018

«La santità è di moda, il sogno di Dio su di noi» (video all’interno)

La santità è una «meta desiderabile», una «chiamata che Dio rivolge a ciascuno di noi». Il cardinale vicario Angelo De Donatis dedica a questo tema la catechesi di mercoledì pomeriggio, 29 agosto, in una basilica del Rosario gremita di pellegrini italiani. «Vorrei richiamare l’attenzione su quella lettera così bella sulla santità che ci ha scritto Papa Francesco, in modo che tornando a casa dopo questo bellissimo pellegrinaggio, ognuno di noi è invitato a iniziare la lettura e la meditazione di questa lettera, Gaudete et exsultate». Un testo non lungo, ma di una «bellezza straordinaria», lo definisce il porporato. E annuncia una iniziativa diocesana dedicata all’esortazione apostolica del Santo Padre: degli incontri nella basilica di San Giovanni in Laterano, il secondo lunedì del mese, che prenderanno il via l’8 ottobre.

«Forse qualcuno pensa che questo non sia un tema che ci riguarda», dice il cardinale vicario, ma non è così. «Questa lettera – spiega – è una sfida che va affrontata: cioè mostrare l’attualità perenne della santità cristiana. Possiamo dire che la santità cristiana è di moda». Ancora, «è il sogno che Dio ha su di noi». «Il contrario della santità – prosegue – è accontentarsi di una esistenza mediocre, annacquata, una esistenza inconsistente. Essere cristiani significa ricevere da Dio il dono di una vita bella, di una vita ricca di senso, di una vita piena di gusto. Mettersi in un cammino che renda più vivi e più umani».

Al termine della catechesi, si è tenuto un momento di festa organizzato dall’Opera romana pellegrinaggi, durante il quale è stato fatto un piccolo omaggio a quanti festeggiavano compleanni o anniversari particolari. Tra i premiati, anche una coppia che partecipava al pellegrinaggio per la quarantesima volta. Quindi il cardinale vicario ha avuto un incontro con i consacrati e le consacrate di Roma, a cui ha partecipato anche don Antonio Panfili, vicario episcopale per la vita consacrata. Infine, la recita del Rosario.

30 agosto 2018

«La Quaresima è l’occasione di un’operazione di verità e di libertà»

«La Quaresima è questo tempo opportuno, questa occasione donata per rinnovare il nostro cuore e la nostra mente, un invito alla conversione, ad andare oltre al modo di pensare, di sentire, di agire a cui siamo arrivati. Si tratta del coraggio di fare un passo avanti, di un cambiamento che abbia anche conseguenze visibili che gli altri possono leggere e comprendere». Ha esordito con queste parole il cardinale vicario Angelo De Donatis nella Messa con l’imposizione delle Ceneri celebrata questa mattina (mercoledì 22 febbraio) nella basilica di San Giovanni in Laterano. Seduti nella navata centrale, i dipendenti del Vicariato di Roma e della Pontificia Università Lateranense.

«Gesù invita a una conversione visibile e al tempo stesso denuncia i rischi della visibilità – ha detto il porporato commentando il Vangelo –. Come mai? Gesù sta dicendo che la conversione è un cammino che richiede fatica, attenzione, impegno e coraggio, perché è una scelta che contraddice fortemente la nostra tendenza all’autoconservazione, al dominio sugli altri, alla pigrizia; è una scelta che richiede disciplina. Il Papa nel suo messaggio per la Quaresima sottolinea che l’ascesi quaresimale è un impegno, sempre animato dalla grazia, per superare le nostre resistenze a seguire Gesù. Occorre una capacità di rinuncia a ciò che pulsa dentro di noi come istinto primario, come sensibilità non ordinata e purificata, sono le passioni che ci tengono schiavi».

L’invito, allora, è a intraprendere un cammino ascetico, restando aperti al primato della grazia e della misericordia. «Rinunciare all’ammirazione degli uomini – ha spiegato il vicario – significa lasciare che il Vangelo smascheri quel desiderio di riconoscimento e plauso che abita il nostro profondo. In altri termini la ricerca del consenso, della lode, della fama. Lo possiamo fare in molti modi, ma spesso ciò segnala un’evasione dalla nostra verità intima».

Nel tempo della Quaresima bisogna dunque provare a rispondere alla domanda di Gesù: che cosa cerchiamo? «Il Signore Gesù – ha concluso De Donatis – ci invita a guardare a noi stessi con lo sguardo di Dio che è nel segreto e vede nel segreto dei cuori. La Quaresima è l’occasione di un’operazione di verità e di libertà. Quando la verità è posta davanti a Dio ci libera e non ci schiaccia. Ci solleva e ci fa respirare perché non ci condanna, ci dona una leggerezza che non è di questo mondo, ma è la pace di chi sa accogliere se stesso qui e ora nella luce della misericordia di Dio, che non giudica secondo l’apparenza e accoglie ogni persona nella sua interezza».

Il testo completo dell’omelia del cardinale De Donatis

22 febbraio 2023

«La meta per tutti è la vita nella carità»

«Ogni cammino di santità è in fondo un cammino di conformazione del nostro cuore al cuore di Cristo, per cui la meta è per tutti la vita nella carità, il partecipare alla carità di Cristo per tutti gli uomini, in particolare per i poveri». Lo spiega chiaramente il cardinale vicario Angelo De Donatis, nella quarta catechesi dedicata all’esortazione apostolica di Papa Francesco “Gaudete et exsultate”. Nella basilica di San Giovanni in Laterano, ieri sera (lunedì 7 gennaio), il porporato si è soffermato in particolare sui paragrafi dal 95 al 109 del documento dedicato alla chiamata alla santità nel quotidiano.

«Né l’assenza di dolore, né l’impassibilità, né una certa serenità naturale – ha detto ancora il cardinale De Donatis – sono il segno della santità cristiana, ma è il vivere nell’amore; e l’amore si sa scomodare, vale a dire che sa soffrire, sa compatire, sa perdere la tranquillità perché tutto preso dal bene dell’altro».

Dopo una meditazione musicata dagli allievi del Conservatorio di Santa Cecilia, è seguita la catechesi di monsignor Marco Frisina, rettore della basilica di Santa Cecilia a Trastevere, dedicata alla figura di santa Teresa di Gesù Bambino.

Leggi l’intervento completo del cardinale De Donatis

8 gennaio 2019

«La guarigione del cuore comincia dall’ascolto»: la Messa per i dipendenti del Vicariato presieduta dal cardinale De Donatis

«Chiediamo al Signore di guarire la nostra sordità, la sordità del nostro cuore. La guarigione del cuore comincia dall’ascolto». Il cardinale vicario Angelo De Donatis ha celebrato questa mattina (mercoledì 8 settembre), nella basilica di San Giovanni in Laterano, la tradizionale Messa di inizio anno per i dipendenti del Vicariato di Roma. Un appuntamento atteso, durante il quale il porporato li ha ringraziati «per tutto quello che fate, per come vi spendete tutti i giorni».

Commentando il passo del Vangelo dell’infanzia di Gesù scritto da san Matteo, si è poi soffermato in particolare sulla figura di Giuseppe, e sul suo «dare ascolto» all’angelo. «Giuseppe – ha osservato il cardinale De Donatis – custodisce la vita di Maria mettendola al riparo dalla violenza della legge. Giuseppe obbedisce alla volontà di Dio e si prende cura di Maria».

8 settembre 2021

«La Chiesa è madre dal cuore aperto»: l’incontro dedicato ai giovani. Il libretto della serata

Catechisti, animatori di gruppi giovanili, educatori. Ragazzi impegnati negli oratori, insegnanti di religione, responsabili di movimenti. Sono loro, nella serata di mercoledì 18 settembre, ad affollare le navate della basilica di San Giovanni in Laterano, per il secondo incontro di inizio anno pastorale, il primo dedicato a uno dei tre ambiti su cui la Chiesa diocesana ha deciso di soffermarsi: i giovani. “La Chiesa è madre dal cuore aperto” è il titolo scelto per l’iniziativa, che ha visto i giovani partecipanti dividersi in gruppi di lavoro, in circoli collocati anche nel cortile del Palazzo Lateranense.

«La nostra città è piena di persone e di famiglie che vivono le beatitudini, che ogni giorno lottano e si impegnano per il bene dei loro figli e per il futuro di tutti – ha detto il cardinale vicario Angelo De Donatis –. È dai piccoli come Maria e Giuseppe, è dalle periferie umane come la Nazareth del Vangelo, che il Signore vuol far ripartire una nuova fase della vita della Chiesa e del mondo. A noi è chiesto di ascoltare il grido del dolore e del parto del mondo nuovo, di riconoscere la presenza di Dio e dello Spirito nella vita delle persone e della storia umana. Lì Dio agisce. Solo un cuore abitato dallo Spirito lo sa ascoltare e riconoscere».

Per scaricare il libretto della serata, cliccare qui.

17 settembre 2019

«La chiave per il futuro è la fiducia»: la lettera del cardinale ai sacerdoti e ai diaconi

Il ringraziamento per la «creatività pastorale», l’invito a «non sottovalutare» le indicazioni per evitare il diffondersi del virus, l’esortazione a «non far mancare gli esercizi spirituali al popolo». Si avvicina la festa di san Giuseppe, «padre putativo di Gesù e modello di ogni paternità, anche della nostra», e il cardinale vicario Angelo De Donatis scrive ai sacerdoti e ai diaconi della diocesi di Roma. Un incoraggiamento e un segno di vicinanza e affetto in un momento tanto difficile, esprimendo «affetto e stima» verso ciascuno. «La chiave per leggere il nostro futuro – afferma il vicario – è la parola fiducia».

«Mi consola – si legge nella lettera – osservare quanta dedizione avete verso i fedeli delle vostre comunità: penso a voi parroci vicini agli anziani, agli ammalati e ai poveri, penso all’inventiva di voi viceparroci nel trovare insieme ai catechisti i modi più diversi per contattare i ragazzi, ma soprattutto a voi cappellani della pastorale sanitaria, che siete a rischio di contagio, ai voi cappellani delle carceri. Vedo anche l’enorme generosità di tanti laici, soprattutto dei volontari che non fanno mancare ai poveri il cibo, la casa, il calore umano. Nelle condizioni attuali, la Chiesa di Roma continua con coraggio il suo cammino, senza farsi bloccare ma lasciandosi purificare e attivando quella creatività che è segno di un’autentica carità pastorale».

Leggi il testo completo della lettera

17 marzo 2020

«La carità è linfa vitale della Chiesa»: la Messa di dedicazione di San Giovanni in Laterano

«Questa sera mi commuove molto vedere qui i presbiteri che festeggiano l’anniversario di ordinazione, il Giubileo sacerdotale dei 25, 50 e 60 anni. Voi siete per il Popolo di Dio, insieme con noi vescovi, saggi architetti dell’edificio spirituale che è la Chiesa. (…) È bello che stasera vi siate radunati anche voi, operatori della Carità della Chiesa. Siete il segno di quella gratuità divina che non esclude nessuno. Voi testimoniate che nella Chiesa il “materiale” che tiene unito il tutto, la linfa vitale che dà vita a tutto il corpo, è la carità. Voi siete a contatto con i poveri e i sofferenti, sempre più numerosi, a contatto con le storie dolorose di tante famiglie. Siete il cuore della Chiesa che si mette in ascolto del grido della città». Sono parole del cardinale vicario Angelo De Donatis, che ieri (mercoledì 9 novembre) ha presieduto la Messa di dedicazione della basilica di San Giovanni in Laterano. Alla celebrazione hanno partecipato i sacerdoti che celebravano i giubilei sacerdotali e gli operatori della Caritas diocesana di Roma, ai quali ha conferito il mandato.

«A Roma un bambino su quattro nasce in una famiglia in povertà assoluta – ha proseguito il vicario –, famiglie che non accenderanno il riscaldamento per tutto l’inverno, che si indebiteranno per pagare le bollette, che non avranno soldi sufficienti per mangiare, o che passeranno il tempo a pensare ad uno sposo o ad un padre che è ritornato indietro nei lager in Libia. È bene che ce le raccontiate queste storie, in modo che diventino la cordicella sferzante di cui Gesù si serve per fare piazza pulita della nostra indifferenza».

Il cardinale ha concluso così la sua omelia: «Il Signore edifica il suo tempio nella carità. Egli distrugge il cuore indurito e dona un cuore capace di amare, e in questo modo fa di noi esseri spirituali e non carnali, pietre vive scolpite dallo Spirito! Quando la Chiesa respinge, allontana, separa, ecco che viene distrutto il tempio dello Spirito. Allora entra in azione il Risorto: ci raduna, ci riconcilia con Lui e tra di noi, ci risuscita a vita nuova. La Chiesa è per tutti! Casa di preghiera per tutti!»

Il testo integrale dell’omelia

10 novembre 2022

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