25 Agosto 2025

«Non tiratevi indietro!». L’appello del vicario ai ragazzi riuniti al Divino Amore

«Comincia ogni giornata alzando le mani, a prostrarti davanti al Signore, a lasciarti nutrire da una pagina di Vangelo, a lasciarti coccolare e riscaldare dall’incontro con la sua Parola. Pian piano senza accorgertene, quasi istintivamente, i tuoi pensieri, i tuoi occhi, le tue parole, le tue mani, i tuoi piedi cominceranno, nella sfida della ferialità, a scrivere la bellezza ordinata del Vangelo che contagerà gli occhi di chi incontreremo e comincerà a sperimentare anche lui, anche lei, l’infinita dolcezza di avere su di sé gli occhi fissi del Signore!». È una esortazione a vivere la vita in pienezza, con gioia. Un invito a non «tirarsi indietro» quello che il cardinale vicario Angelo De Donatis ha lanciato agli oltre mille giovani riuniti al Santuario del Divino Amore per “Panama a Roma!”, nella Messa celebrata alle 5.30, ancor prima dell’alba.

La liturgia eucaristica ha concluso la nottata, organizzata dal Servizio diocesano per la pastorale giovanile per far vivere la Giornata mondiale della gioventù a tutti quei ragazzi, romani e non solo, che non hanno potuto raggiungere Panama, per motivi economici, di studio, di lavoro. Il cardinale De Donatis, riprendendo l’invito del Santo Padre a prendere esempio dalla Vergine, ha esortato i giovani partecipanti: «Imitiamo Maria, che con il suo Sì, frutto di un cuore limpido e luminoso, ha generato Colui che è il compimento di ogni cosa, Colui cui non possiamo fare a meno di guardare con l’integrità gioiosa di tutta la nostra vita».

Leggi l’omelia completa del cardinale De Donatis.

 

28 gennaio 2019

«Non rinunciate ai grandi sogni!»: l’appello del Papa

«Non rinunciate ai grandi sogni!». Questo l’accorato invito che Papa Francesco ha rivolto alle delegazioni dei giovani di Panama e Portogallo – due piccoli gruppi per via della pandemia di Covid-19 –, ma idealmente a tutti i ragazzi del pianeta, riuniti nella basilica di San Pietro per la Messa di ieri, domenica 22 novembre, al termine della quale è avvenuto il passaggio dei simboli della Giornata mondiale della gioventù. La Croce della Gmg e l’icona di Maria Salus Populi Romani sono passati dai giovani centroamericani a quelli portoghesi; la città di Lisbona ospiterà infatti il raduno internazionale nel 2023.

Papa Francesco ha invitato a puntare in alto, a «non vivacchiare», ma a vivere per «realizzare grandi sogni di Dio in questo mondo», che hanno bisogno di «grandi scelte». La vita, ha continuato, «è il tempo delle scelte forti, decisive, eterne. Scelte banali portano a una vita banale, scelte grandi rendono grande la vita. Noi, infatti, diventiamo quello che scegliamo, nel bene e nel male». Il Santo Padre ha quindi richiamato i giovani a non lasciarsi contagiare dalla «febbre dei consumi che narcotizza» e «dall’ossessione del divertimento». Al contrario, solo scegliendo l’amore siamo spinti «a passare dai perché al per chi, dal perché vivo al per chi vivo».

23 novembre 2020

«Non lasciamoci sfuggire questa occasione»: la prima Messa del cardinale De Donatis da Lourdes

«Eccomi, eccoci di nuovo a Lourdes, in un anno tutto particolare, con un’emozione diversa, con un’intenzione unica, con la consapevolezza di un privilegio nel rappresentare tantissimi altri pellegrini di Roma, d’Italia e del mondo che quest’anno non sono potuti partire, per diversi motivi che conosciamo». Il cardinale vicario Angelo De Donatis ha celebrato, questa sera alle 19, la prima Messa da Lourdes, dando così il via ufficiale al pellegrinaggio diocesano nella cittadina francese.

Una tradizione, quella del cammino diocesano di fine agosto, che quest’anno «non era scontata», anzi era «un azzardo, una scommessa» come ha sottolineato monsignor Remo Chiavarini, amministratore delegato dell’Opera romana pellegrinaggi, che ha organizzato il viaggio. «Essere qui oggi ha del miracoloso, è una gioia grande», ha ribadito monsignor Chiavarini, ricordando come il pellegrinaggio si sta svolgendo nel rispetto di tutte le norme di sicurezza sanitaria previste in Francia e in Italia: distanziamento fisico e obbligo di mascherina, anche all’aperto nello spazio del Santuario mariano.

Alla pandemia sono state dedicate anche le parole del cardinale De Donatis nella celebrazione delle ore 19. «Questo periodo – ha infatti sottolineato nell’omelia – non è stato una “parentesi”, ma piuttosto un tempo in cui siamo “stati arati” per fare di noi “il terreno buono” che accoglie il seme dei doni di Dio, nel buio, nel silenzio e nella prova. Il seme è cresciuto, notte e giorno, “come, noi stessi non sappiamo” (cfr. Mc 4,27), in un modo originale rispetto ai nostri piani. Papa Francesco nell’omelia della Messa di Pentecoste ha detto: “Peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi”».

Gli effetti della crisi si vedono anche nella cittadina di Bernadette: molti alberghi e ristoranti chiusi, mentre il Santuario sta iniziando ad accogliere i primi gruppi di pellegrini in arrivo dopo diversi mesi. «Quest’anno – ha detto De Donatis – è stato per l’umanità un inizio di crisi, economica, sociale, psicologica, relazionale. Ma anche per noi cristiani è stato ed è un tempo in cui abbiamo dovuto rinunciare a tante sicurezze, per essere invitati a ricominciare, facendoci piccoli. È stato commovente sapere che tante famiglie, soprattutto nella settimana santa, siano diventate veramente piccole chiese domestiche, dove i genitori hanno aiutato i figli a pregare e a vivere l’attesa della Pasqua e dove i figli hanno accompagnato i genitori sulla via della semplicità».

Infine, la conclusione: «Non lasciamoci sfuggire questa occasione, non perdiamo di vista Lui. Se siamo chiamati ancora ad essere distanziati socialmente e a mettere una mascherina, da Lui corriamo senza problemi, non temendo di abbracciarlo forte, di stringerci a Lui senza maschere, nella verità della nostra vita e nella nudità della nostra fragilità. Maria ci sarà da guida».

Leggi l’omelia del cardinale De Donatis

24 agosto 2020

«Miglioramenti consolidati», sciolta la prognosi. Stamattina la Messa del cardinale vicario al Gemelli

Sta meglio, Papa Francesco. Non lascia dubbi la nota diffusa ieri sera dalla Sala Stampa: «I miglioramenti registrati nei giorni precedenti – si legge infatti – si sono ulteriormente consolidati, come confermato sia dagli esami del sangue che dall’obiettività clinica e dalla buona risposta alla terapia farmacologica. Per tali motivi i medici nella giornata di oggi hanno deciso di sciogliere la prognosi. Tuttavia, in considerazione della complessità del quadro clinico e dell’importante quadro infettivo presentato al ricovero, sarà necessario continuare, per ulteriori giorni, la terapia medica farmacologia in ambiente ospedaliero».

La nota prosegue, come ormai d’abitudine, a tracciare un breve resoconto della giornata vissuta dal Santo Padre: «Questa mattina ha potuto seguire gli Esercizi spirituali in collegamento con l’Aula Paolo VI, ha poi ricevuto l’Eucarestia si è recato nella Cappellina dell’appartamento privato per un momento di preghiera. Nel pomeriggio si è nuovamente unito agli Esercizi spirituali della Curia, seguendo in collegamento video. Durante la giornata ha alternato la preghiera al riposo».

Nella mattinata di oggi, martedì 11 marzo, alle ore 8.30, il cardinale vicario Baldo Reina celebrerà la Messa al Policlinico Gemelli, dove Papa Francesco è ricoverato dal 14 febbraio scorso.

11 marzo 2025

«Lourdes è una casa in cui tornare»: la Messa internazionale

 

«Durante la tredicesima apparizione, il 2 marzo 1858, Maria si rivolge a Bernadette dicendole: “Vada a dire ai sacerdoti che si costruisca qui una cappella e che vi si venga in processione”. Se siamo qui, a distanza di 165 anni, è perché ben più di una cappella è stata costruita; questo è un luogo che parla a tutti, che parla al cuore, che ci invita a costruire su solide fondamenta. La roccia della grotta di Massabielle è insieme solidità e riparo, fortezza e tenda. Per tutti, questo luogo, è una “casa” in cui torniamo sempre volentieri, sapendo che c’è una madre ad aspettarci». È il terzo giorno del pellegrinaggio diocesano a Lourdes (mercoledì 30 agosto) e il cardinale vicario Angelo De Donatis, presiedendo la Messa internazionale, condensa in poche parole il senso di questo cammino.

«Il pellegrinaggio a Lourdes – spiega nell’omelia – per fare una verifica sulla stabilità della nostra casa, sul tempio che è la nostra vita. Occorre controllare se si sono verificate crepe, se c’è qualcosa da aggiustare. Sicuramente occorre chiedere il perdono, vivendo una bella confessione con il sacramento della riconciliazione, per rendere di nuovo pulita questa casa. Essere qui, inoltre, pur provenendo da storie e da paesi tanto diversi, significa riconoscere la bellezza della Chiesa come unico splendido tempio, casa sulla roccia che vuole essere aperta per quanti domandano asilo, accoglienza, fraternità. Essere qui, infine, è un invito a verificare se questa casa, che sia la nostra vita o la Chiesa, ha come base Gesù che la tiene unita».

Proprio per questo i partecipanti sono tutti degli «affezionati del pellegrinaggio diocesano e sono stati già a Lourdes, anche più volte», racconta don Savino Lombardi, assistente spirituale dell’Opera Romana Pellegrinaggi. «È un appuntamento che piace, che porta serenità, che fa comunità diocesana», aggiunge. C’è chi viene da trent’anni, come una coppia di anziani coniugi, nonni, che quest’anno hanno deciso di coinvolgere anche la nipotina Ilaria, sedicenne. «In realtà anche io sono stata già a Lourdes una volta, ma avevo solo 2 anni e non ricordo nulla – sottolinea la giovane –. Ora sto vivendo tutto con consapevolezza, sto facendo tante esperienze nuove. Durante la Messa di questa mattina ho anche portato una delle bandiere al momento dell’Eucarestia». Con lei anche la zia Mariarita: «A Lourdes mi colpisce sempre la grande fede di tutti i pellegrini».

Leggi l’omelia integrale del cardinale De Donatis

30 agosto 2023

«Liturgia da promuovere e custodire»

Tavola rotonda sul tema, La Riforma Liturgica nella Diocesi di Roma. Roma, Pontificio Istituto Liturgico, 31 maggio 2018. S.E. Mons. Angelo De Donatis, Vicario del Santo Padre per la Diocesi di Roma

Pubblichiamo l’intervento del vicario Angelo De Donatis al convegno “La riforma liturgica nella dicoesi di Roma”, promosso dall’Ufficio liturgico diocesano, dal Centro liturgico vincenziano e dal Pontificio Istituto Liturgico, che si è tenuto nella sede di quest’ultimo giovedì 31 maggio.

Desidero avviare questo nostro dialogo – una conversazione semplice, familiare – proprio a partire dal titolo. «Promuovere e custodire la liturgia» è una frase tratta dal discorso che papa Francesco ha ri-volto ai partecipanti al convegno promosso dal Centro di Azione liturgica il 24 agosto 2017. Il papa disse: «I vescovi sono chiamati a promuovere e custodire la liturgia». E io ho aggiunto a quella frase la parola “oggi”, perché vorrei soffermarmi sul modo in cui possiamo promuovere e custodire la li-turgia oggi nella chiesa di Roma, alla luce del magistero di papa Francesco.

Il santo padre, parlando della riforma liturgica (nel suo discorso del 24 agosto 2017) ha detto: «Non si tratta di ripensare la riforma rivedendone le scelte, quanto di conoscerne meglio le ragioni sottese, anche tramite la documentazione storica, come di interiorizzare i principi ispiratori». È questa la pro-spettiva di fondo su cui si muove lo studio che P. Giuseppe ha pubblicato. Il suo volume ha un obiettivo pastorale, come ha scritto nell’introduzione; presenta sì la storia della riforma liturgica a Roma, ma per individuare le strade attraverso cui attuare oggi gli obiettivi del Concilio. E il mio in-tervento questa sera va proprio in quella direzione indicata dal papa: promuovere e custodire oggi la liturgia nella Chiesa di Roma, alla luce del magistero di papa Francesco, per continuare ciò che è sta-to avviato con la riforma conciliare.

Entro così nel vivo della mia riflessione. In questi giorni – dopo l’incontro del santo Padre con la Diocesi, il 14 maggio, nella basilica lateranense – ho riletto il suo discorso in un contesto di medita-zione e di preghiera. Ne ho passato in rassegna i contenuti, per accogliere le linee pastorali che il pa-pa ci ha proposto. Mentre mi preparavo a questo incontro con voi mi sono tornate alla mente quelle linee guida, che il nostro Vescovo ha tracciato per Roma e mi piacerebbe dedurne ora alcune appli-cazioni all’ambito della vita liturgica della Diocesi.

Desidero avviare il mio discorso prendendo spunto dall’obiettivo che il papa ci ha indicato per il prossimo anno. Egli ci ha detto a san Giovanni: «Occorrerà che le nostre comunità diventino capaci di generare un popolo» per essere e diventare sempre più «una Chiesa con popolo, non una Chiesa senza popolo». Ogni volta che preghiamo la seconda preghiera eucaristica lo chiediamo al Padre: «Per la comunione al corpo e al sangue di Cristo, lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo». Lo Spirito ci rende una cosa sola, un solo popolo, un solo corpo, che celebra, che canta le lodi di Dio.
Alla luce della raccomandazione del papa, ecco l’obiettivo: «la liturgia della Diocesi di Roma sia sempre più una esperienza di popolo». Nella verifica abbiamo constatato che talvolta nelle parrocchie ci sono piccoli conflitti, qualche tensione, qualche divisione. Le persone si conoscono poco. La liturgia ci può aiutare a riscoprire la nostra dimensione di popolo, a crescere nella comunione.

Del resto, lo sappiamo, anche il nostro modo di celebrare la liturgia non è immune dalle malattie spi-rituali (che sono state oggetto di riflessione nelle parrocchie durante questo anno pastorale). Corria-mo il rischio di ridurre la liturgia a un’esperienza umana, all’opera di vescovi, di preti, di laici forma-ti, una liturgia di “esperti”, di “laici preparati”, mentre chi non è un frequentatore abituale, non ha un servizio, un incarico, un compito, rischia di sentirsi a margine. C’è il pericolo che la liturgia sia “un’esperienza per noi”, in cui noi facciamo per noi stessi, secondo il nostro gusto, il nostro piaci-mento. È vero che la liturgia richiede competenze, ma i veri esperti della liturgia sono solo gli esperti di preghiera. Se uno vuol valutare quanto sa di liturgia deve chiedersi quanto prega. Quanto tempo trascorre in preghiera. Solo quando abbiamo incontrato Cristo e trascorso tempo con lui siamo in grado di accompagnare gli altri lungo la via che conduce a una confidenza con il Signore, a quello «stare con Lui», di cui ci parlano spesso i grandi santi. Altrimenti la liturgia si riduce a un «fare ri-tuale», a un compiere bei gesti, pronunciare belle parole, ma questo è ben altro dalla preghiera del popolo di Dio, che si rivolge al suo Signore. Certo, è necessario conoscere bene il valore e il senso di ciò che si compie, conoscerne il significato teologico, anche storico, ma tutto questo non basta per celebrare bene. È solo l’inizio; serve un quotidiano stare con il Maestro, imparare da Lui, dialogare con Lui. Allora la liturgia diventa davvero la voce della Chiesa-sposa, che parla al Cristo-sposo.

Il testo completo disponibile nella sezione dei Documenti

1 giugno 2018

«Lievi miglioramenti» per Papa Francesco

Niente ventilazione meccanica durante la notte, alimentazione con cibo solido, fisioterapia. Positive le notizie diffuse oggi dalla Sala Stampa della Santa in merito alle condizioni di salute di Papa Francesco che, come ricordiamo, è ricoverato al Policlinico Agostino Gemelli dallo scorso 14 febbraio per una polmonite bilaterale.

«La scorsa notte scorsa non ha dovuto fare uso della ventilazione meccanica – si legge nella nota –. La situazione del Papa resta stabile e si registrano lievi miglioramenti per quanto riguarda la situazione motoria e respiratoria. I medici stanno procedendo ad una progressiva diminuzione dell’uso della ventilazione meccanica la notte e l’ossigenazione ad alti flussi durante la giornata, procedendo alla somministrazione ordinaria dell’ossigeno attraverso le cannule nasali. La scorsa notte, quindi, il Papa non ha usato la maschera: una buona notizia da accogliere con prudenza, sottolinea la Sala Stampa, perché non vuol dire che non ne farà uso nei prossimi giorni. Serve infatti una progressiva riduzione e non uno stacco definitivo».

Quanto all’attività della giornata, informa ancora la Sala Stampa che «Francesco si è sottoposto alla terapia farmacologica, alla fisioterapia motoria e quella respiratoria, ha svolto un po’ di attività lavorativa e si è dedicato alla preghiera. Continua a seguire una dieta alimentare prescritta dai medici composta anche da cibo solido. Il quadro clinico resta complesso in una situazione di stabilità».

Ma nonostante le condizioni di salute, il Santo Padre ha trovato il tempo di scrivere al direttore del “Corriere della Sera”, che aveva fatto giungere un biglietto di auguri al Pontefice. «Vorrei incoraggiare – scrive il Papa – lei e tutti coloro che dedicano lavoro e intelligenza a informare, attraverso strumenti di comunicazione che ormai uniscono il nostro mondo in tempo reale: sentite tutta l’importanza delle parole. Non sono mai soltanto parole: sono fatti che costruiscono gli ambienti umani. Possono collegare o dividere, servire la verità o servirsene. Dobbiamo disarmare le parole, per disarmare le menti e disarmare la Terra. C’è un grande bisogno di riflessione, di pacatezza, di senso della complessità. Mentre la guerra non fa che devastare le comunità e l’ambiente, senza offrire soluzioni ai conflitti, la diplomazia e le organizzazioni internazionali hanno bisogno di nuova linfa e credibilità. Le religioni, inoltre, possono attingere alle spiritualità dei popoli per riaccendere il desiderio della fratellanza e della giustizia, la speranza della pace».

18 marzo 2025

«La vera felicità non si identifica con la realizzazione di sé»

La santità è «una chiamata rivolta a tutti», ma per accoglierla bisogna entrare in relazione d’amore con il Padre e «affermare che Colui che chiama è Colui che dona». Il terzo incontro del ciclo “Guadete et exsultate”, guidato dal cardinale vicario Angelo De Donatis e da monsignor Marco Frisina, ha approfondito tre delle otto beatitudini del Vangelo di Matteo. Beati i poveri, gli afflitti e i puri sono i primi tre pioli – ha spiegato il porporato nella basilica di San Giovanni– da salire sulla scala che conduce alla felicità.

Si tratta di una felicità, però, che il mondo definisce «paradossale» perché «non si identifica immediatamente con la realizzazione di sé, con il successo nella propria esistenza, con il soddisfacimento di tutti i propri desideri», ma matura nel tempo in una relazione di fiducia e abbandono.

Per il rettore della basilica di Santa Cecilia a Trastevere monsignor Marco Frisina, san Francesco d’Assisi «ha incarnato le beatitudini in maniera piena e straordinaria». Il sacerdote ha raccontato episodi importanti della vita del santo. Nato in una famiglia borghese desiderava diventare cavaliere ma soprattutto «cercava sempre la felicità». Il poverello d’Assisi ha attuato «la rivoluzione di chi non polemizza ma ama» ha aggiunto Frisina, tanto da «aver bruciato la sua vita amando e gioendo. In questo mondo imbarbarito bisognerebbe tornare ad avere la semplicità di Francesco».

Leggi la catechesi completa del cardinale vicario
Leggi la catechesi su san Francesco di monsignor Frisina

11 dicembre 2018

«La strada della pace è l’unica da percorrere per costruire il futuro»

«Buonasera. Mi chiamo Jaroslava. Ho ventuno anni. Un anno fa vivevo a Kharkiv, una città molto vivace. Ogni settimana insieme ai miei amici andavamo alla stazione per distribuire panini e tè caldo ai senza dimora. Oggi è un anno da quando sono dovuta andare via. Kharkiv si trova a trenta chilometri dalla frontiera russa ed è stata una delle prime città che ha conosciuto la guerra. I miei genitori sono venuti da un’altra città per prendere me e mia sorella e portarci un po’ più distanti dal fronte, a Dnipro. A lungo abbiamo dormito vestiti, in una sola camera, sul pavimento, non accendevamo le luci dopo il tramonto e non tiravamo le tende». Jaroslava è molto giovane, ha gli occhi verdi, i capelli biondi lunghi fino alle spalle. E’ una delle quattro persone che ha portato la propria testimonianza nella veglia di preghiera a un anno dall’inizio della guerra in Ucraina. Con lei altre due donne ucraine e il vescovo Pero Sudar, emerito di Sarajevo, che racconterà il conflitto che, negli anni Novanta, insanguinò il suo Paese.

Venerdì 24 febbraio è gremita la basilica di San Giovanni in Laterano, per il momento di preghiera presieduto dal cardinale vicario Angelo De Donatis, alla presenza del vescovo Dioniso Lachovicz, esarca dei cattolici ucraini di rito bizantino in Italia. Presenti anche i vescovi ausiliari della diocesi, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi, numerosi ambasciatori. La veglia è nata dal desiderio di pregare insieme di tutte le realtà della diocesi impegnate nella carità, nell’accoglienza e nel sostegno ai profughi ucraini giunti in Italia: gli Uffici Caritas e Migrantes diocesani, innanzitutto, e poi la Comunità di Sant’Egidio, il Centro Astalli, l’Opera Don Calabria, gli scalabriniani, i comboniani, i vincenziani. Ma sono tanti i gruppi che hanno voluto esserci e dare il proprio contributo, come la comunità congolese, che ha offerto un canto; il Collegio Ucraino San Giosafat; i poveri ospitati nella struttura della Cittadella della Carità Santa Giacinta della Caritas diocesana, che hanno preparato i rami di ulivo poste su tutte le sedie nella cattedrale.

«Permettetemi di rivolgere un pensiero verso tutte le persone che si adoperano per la pace – ha detto il cardinale De Donatis nella meditazione offerta durante la preghiera –. Non scoraggiatevi per favore, continuate! Sappiamo bene che oggi la strada più semplice da percorrere sembra non sia quella della pace bensì la strada della guerra. Ma la strada più difficile, cioè quella della pace, è l’unica che può costruire il futuro. Oggi, come dice Papa Francesco, dobbiamo togliere la guerra dalla storia umana, altrimenti sarà la guerra a togliere l’umanità dalla storia. Che il Signore rinnovi in noi tutti l’impegno di essere operatori di pace, nei piccoli gesti del quotidiano, per essere uomini e donne delle Beatitudini!».

24 febbraio 2023

«La santità, una vita vissuta nella gioia e nell’amore»

«Parlare oggi di chiamata alla santità rappresenta una sfida». Esordisce così il cardinale vicario Angelo De Donatis nella catechesi che ha aperto ufficialmente il ciclo di incontri dedicati all’esortazione apostolica di Papa Francesco “Gaudete et exsultate”. Erano tantissimi i fedeli, ieri sera (lunedì 8 ottobre) nella basilica di San Giovanni in Laterano, che hanno ascoltato le riflessioni del porporato e quelle di monsignor Marco Frisina, rettore della basilica di Santa Cecilia a Trastevere. Tra un intervento e l’altro, la lettura di alcuni brani del documento di Papa Francesco e meditazioni musicali, a cura di studenti dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico” di Roma e del Dipartimento di Musica Antica del Conservatorio “Santa Cecilia” di Roma.

«La santità – ha spiegato il cardinale vicario – non è un’altra cosa rispetto alla vita che facciamo tutti i giorni, ma è esattamente questa nostra stessa esistenza ordinaria vissuta in maniera straordinaria, perché resa bella dalla grazia di Dio, dall’azione dello Spirito Santo ricevuto nel battesimo. Il frutto dello Spirito è infatti una vita vissuta nella nella gioia e nell’amore, e in questo consiste la santità».

Leggi il testo completo della catechesi

Leggi l’intervento completo di monsignor Frisina

9 ottobre 2018

«La santità è di moda, il sogno di Dio su di noi» (video all’interno)

La santità è una «meta desiderabile», una «chiamata che Dio rivolge a ciascuno di noi». Il cardinale vicario Angelo De Donatis dedica a questo tema la catechesi di mercoledì pomeriggio, 29 agosto, in una basilica del Rosario gremita di pellegrini italiani. «Vorrei richiamare l’attenzione su quella lettera così bella sulla santità che ci ha scritto Papa Francesco, in modo che tornando a casa dopo questo bellissimo pellegrinaggio, ognuno di noi è invitato a iniziare la lettura e la meditazione di questa lettera, Gaudete et exsultate». Un testo non lungo, ma di una «bellezza straordinaria», lo definisce il porporato. E annuncia una iniziativa diocesana dedicata all’esortazione apostolica del Santo Padre: degli incontri nella basilica di San Giovanni in Laterano, il secondo lunedì del mese, che prenderanno il via l’8 ottobre.

«Forse qualcuno pensa che questo non sia un tema che ci riguarda», dice il cardinale vicario, ma non è così. «Questa lettera – spiega – è una sfida che va affrontata: cioè mostrare l’attualità perenne della santità cristiana. Possiamo dire che la santità cristiana è di moda». Ancora, «è il sogno che Dio ha su di noi». «Il contrario della santità – prosegue – è accontentarsi di una esistenza mediocre, annacquata, una esistenza inconsistente. Essere cristiani significa ricevere da Dio il dono di una vita bella, di una vita ricca di senso, di una vita piena di gusto. Mettersi in un cammino che renda più vivi e più umani».

Al termine della catechesi, si è tenuto un momento di festa organizzato dall’Opera romana pellegrinaggi, durante il quale è stato fatto un piccolo omaggio a quanti festeggiavano compleanni o anniversari particolari. Tra i premiati, anche una coppia che partecipava al pellegrinaggio per la quarantesima volta. Quindi il cardinale vicario ha avuto un incontro con i consacrati e le consacrate di Roma, a cui ha partecipato anche don Antonio Panfili, vicario episcopale per la vita consacrata. Infine, la recita del Rosario.

30 agosto 2018

«La Quaresima è l’occasione di un’operazione di verità e di libertà»

«La Quaresima è questo tempo opportuno, questa occasione donata per rinnovare il nostro cuore e la nostra mente, un invito alla conversione, ad andare oltre al modo di pensare, di sentire, di agire a cui siamo arrivati. Si tratta del coraggio di fare un passo avanti, di un cambiamento che abbia anche conseguenze visibili che gli altri possono leggere e comprendere». Ha esordito con queste parole il cardinale vicario Angelo De Donatis nella Messa con l’imposizione delle Ceneri celebrata questa mattina (mercoledì 22 febbraio) nella basilica di San Giovanni in Laterano. Seduti nella navata centrale, i dipendenti del Vicariato di Roma e della Pontificia Università Lateranense.

«Gesù invita a una conversione visibile e al tempo stesso denuncia i rischi della visibilità – ha detto il porporato commentando il Vangelo –. Come mai? Gesù sta dicendo che la conversione è un cammino che richiede fatica, attenzione, impegno e coraggio, perché è una scelta che contraddice fortemente la nostra tendenza all’autoconservazione, al dominio sugli altri, alla pigrizia; è una scelta che richiede disciplina. Il Papa nel suo messaggio per la Quaresima sottolinea che l’ascesi quaresimale è un impegno, sempre animato dalla grazia, per superare le nostre resistenze a seguire Gesù. Occorre una capacità di rinuncia a ciò che pulsa dentro di noi come istinto primario, come sensibilità non ordinata e purificata, sono le passioni che ci tengono schiavi».

L’invito, allora, è a intraprendere un cammino ascetico, restando aperti al primato della grazia e della misericordia. «Rinunciare all’ammirazione degli uomini – ha spiegato il vicario – significa lasciare che il Vangelo smascheri quel desiderio di riconoscimento e plauso che abita il nostro profondo. In altri termini la ricerca del consenso, della lode, della fama. Lo possiamo fare in molti modi, ma spesso ciò segnala un’evasione dalla nostra verità intima».

Nel tempo della Quaresima bisogna dunque provare a rispondere alla domanda di Gesù: che cosa cerchiamo? «Il Signore Gesù – ha concluso De Donatis – ci invita a guardare a noi stessi con lo sguardo di Dio che è nel segreto e vede nel segreto dei cuori. La Quaresima è l’occasione di un’operazione di verità e di libertà. Quando la verità è posta davanti a Dio ci libera e non ci schiaccia. Ci solleva e ci fa respirare perché non ci condanna, ci dona una leggerezza che non è di questo mondo, ma è la pace di chi sa accogliere se stesso qui e ora nella luce della misericordia di Dio, che non giudica secondo l’apparenza e accoglie ogni persona nella sua interezza».

Il testo completo dell’omelia del cardinale De Donatis

22 febbraio 2023

Articoli recenti