9 Agosto 2025

Il pellegrinaggio degli universitari a Siena

Più di cinquanta pullman, con a bordo oltre tremila studenti, partiranno da parrocchie, collegi, cappellanie universitarie alla volta di Siena, per il XVII pellegrinaggio degli universitari di Roma. Promosso dal Servizio per la cultura e l’università della diocesi, si terrà sabato 16 novembre.

L’arrivo nella città toscana è prevista attorno alle 10.30; i giovani partecipanti saranno accolti nel duomo e inizieranno la giornata con le lodi guidate da monsignor Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena – Colle Val d’Elsa – Montalcino. Quindi, alle 11.45, il direttore del Servizio diocesano monsignor Andrea Lonardo terrà una catechesi su “Il tempo traumatico e bellissimo dell’università”.

Dopo aver consumato il pranzo al sacco, dalle ore 14 sono in programma visite guidate in vari punti della città: da piazza del Campo all’Oratorio della Contrada della Civetta, dalla Biblioteca Piccolomini al Santuario Casa di Santa Caterina, solo per citarne alcuni.

I ragazzi prenderanno parte quindi a un momento conclusivo di riflessione nella basilica di San Domenico; attraverseranno poi a piedi diverse strade della città, fino a raggiungere il parcheggio dei pullman che, alle ore 17, ripartiranno alla volta della Città Eterna.

«Il pellegrinaggio vuole sottolineare innanzitutto il valore della comunità accademica universitaria – osserva monsignor Lonardo –; ancora oggi si usa questa bellissima espressione, ma di fatto molti ragazzi sono soli quando frequentano l’università; pensiamo, ad esempio, ai fuori sede. Fino al liceo e per tutto il percorso scolastico si vive la dimensione della classe, ma poi questa non esiste più. A Siena il senso di appartenenza comunitaria è molto sentito, grazie alla suddivisione in contrade». Ancora, riflette il direttore del Servizio diocesano, questa iniziativa vuole mettere in risalto «il valore della fatica dello studio e dell’università in sé: a Siena c’è un’antichissima università, di origine medioevale. Attraverso la figura di santa Caterina, e attraverso la scoperta di opere d’arte quali la Biblioteca Piccolomini, andremo a ritrovare il gusto dello studio, anche della fatica che c’è dietro». Questo tradizionale appuntamento di inizio anno «è forse l’unico momento – evidenzia infine monsignor Lonardo – in cui viene messo in risalto che a Roma ci sono sia università statali, che private, pontificie, telematiche. Al pellegrinaggio partecipano studenti di tutti gli atenei; laici e religiosi si ritrovano tutti insieme e scoprono questa caratteristica che li accomuna, in un dialogo silenzioso ma molto vero e bello».

12 novembre 2019

Il pellegrinaggio biblico in Turchia

«La Turchia è la terra dove san Giovanni apostolo ed evangelista ha annunciato il Vangelo e dove ha vissuto per alcuni anni la Madre di Gesù, Maria. Il pellegrinaggio partirà da Istanbul e terminerà a Efeso, presso la tomba di Giovanni e la casa di Maria. Attraversando una regione ricca di testimonianze cristiane approfondiremo il tesoro spirituale degli scritti giovannei (Vangelo, Lettere, Apocalisse), scoprendo che ognuno è il discepolo amato». Don Andrea Cavallini, direttore dell’Ufficio catechistico, presenta così il pellegrinaggio biblico in Turchia, in programma dal 4 al 13 agosto e pensato per i giovani dai 18 ai 35 anni.

Con volo di linea si arriverà da Roma a Istanbul, dove i partecipanti, guidati da don Cavallini, resteranno fino al 6 agosto. Le giornate successive saranno dedicate alle visite di Troia, Assos, Pergamo, Sardi, Laodicea, Gerapoli, della Penisola Dilek e di Efeso. Il 13 agosto il rientro a Roma.

Per ulteriori informazioni e iscrizioni, contattare l’Ufficio catechistico della diocesi di Roma: 06.698.86301.

13 giugno 2019

Il pellegrinaggio a piedi degli universitari

Foto DiocesiDiRoma/Gennari

Conoscere meglio Roma e in particolare i luoghi legati alla fede. Con questo obiettivo l’Ufficio diocesano per la pastorale universitaria promuove il Pellegrinaggio a piedi delle matricole e degli universitari di Roma, in programma sabato 6 maggio. Un centinaio di studenti sono pronti a mettersi in cammino, zainetto, scarpe comode e tanta voglia di passare una giornata all’insegna della condivisione e della preghiera.

Guidati da monsignor Andrea Lonardo, direttore dell’Ufficio diocesano, si ritroveranno alle 10 presso la basilica di San Paolo fuori le Mura e partiranno poi alla volta del parco delle Catacombe di San Callisto, tappa finale del cammino, dove si arriverà alle 14.30 circa. Nel percorso, toccheranno la Garbatella (piazza Brin), attraverseranno il Parco Scott, ammireranno la chiesetta del Quo Vadis.

La partecipazione è libera e gratuita. Richiesto il pranzo al sacco. Ulteriori informazioni possono essere richieste presso tutte le cappellanie universitarie e la parrocchia di San Tommaso Moro (via dei Ramni 40), oltre che all’Ufficio diocesano: 0669886584.

3 maggio 2023

Il Papa: abbattere l’omertà, aprire le vie della giustizia

Abbattere «i muri dell’indifferenza e dell’omertà», scardinare «le inferriate dei soprusi e delle prepotenze», aprire «le vie della giustizia, del decoro e della legalità», «sciogliere quei nodi che ci legano agli ormeggi della paura e dell’oppressione». Sono chiare e forti le parole che il Papa pronuncia a Ostia nella Messa del Corpus Domini, in un territorio segnato da un forte disagio sociale, dove Francesco ha voluto riprendere la tradizione inaugurata da Paolo VI di celebrare la solennità eucaristica tra la gente dei quartieri romani.

Prima della processione per le strade del quartiere del litorale grande come una città, all’omelia della Messa entra nel vivo dei problemi di Ostia e invita alla speranza e all’impegno. Quello in uscita, lo stile indicato ai credenti: «Gesù vuole visitare le situazioni, entrare nelle case, offrire la sua misericordia liberatrice, benedire, consolare. Apriamogli le porte e diciamogli: Vieni, Signore, a visitarci. Ti accogliamo nei nostri cuori, nelle nostre famiglie, nella nostra città per portare fraternità, giustizia e pace nelle nostre strade».

La risposta di Ostia è notevole, per un evento preparato accuratamente dai sacerdoti e dai laici delle otto comunità parrocchiali, ben visibile nei colori della piazza, nel clima festoso e raccolto che l’ha abitata ieri dal primo pomeriggio. In quattro settori nella grande piazza antistante la parrocchia Santa Monica, sono stati accolti bambini, ragazzi e giovani, ammalati. Tutt’intorno i fedeli, affacciati numerosi anche dai palazzi antistanti. Un coro di 200 persone, 40 i ministri straordinari dell’Eucaristia. Una risposta corale, «una vera sinfonia», per don Carlo Turi, parroco a Nostra Signora di Bonaria. Diecimila, secondo la stima della Gendarmeria vaticana, i presenti alla celebrazione e alla processione.

Nell’omelia l’invito forte del Santo Padre a collaborare con Gesù per preparare per tutti un cibo e un posto. Il corpo di Cristo e la Chiesa, «vitto e alloggio definitivi» che, ricorda, «vengono dati nell’Eucaristia, pane del futuro che sfama le nostre attese più grandi e alimenta i nostri sogni più belli, pegno – non solo promessa – di vita eterna, prenotazione del paradiso, Abbiamo fame di essere amati», sottolinea Francesco. «I complimenti più graditi, i regali più belli e le tecnologie più avanzate non ci saziano mai del tutto». L’Eucaristia sazia. «Non c’è amore più grande».

L’invito concreto è a scegliere questo cibo di vita, mettendo al primo posto la Messa, riscoprendo l’adorazione eucaristica. Quanto ai luoghi da preparare, afferma ancora il Papa, Gesù sceglie quelli «non raggiunti dall’amore, non toccati dalla speranza. In quei luoghi scomodi desidera andare e chiede a noi di fargli i preparativi. Tutti conosciamo delle persone sole, sofferenti, bisognose: sono tabernacoli abbandonati. Prepariamo posto e cibo a questi fratelli più deboli. L’Eucaristia nella vita si traduce passando dall’io al tu».

Ed è un richiamo forte alla vocazione stessa del quartiere romano, città nella città, scritta nel suo nome. «Ostia, richiama l’ingresso, la porta». È tempo anche qui di aprire varchi: «Gesù desidera che siano abbattuti i muri dell’indifferenza, dell’omertà, divelte le inferriate dei soprusi e delle prepotenze, aperte le vie della giustizia, del decoro e della legalità. L’ampio lido di questa città richiama alla bellezza di aprirsi – ricorda il Papa – e prendere il largo nella vita, scogliere i nodi che legano agli ormeggi della paura e dell’oppressione. L’Eucaristia invita a lasciarci trasportare dall’onda di Gesù, a non rimanere zavorrati sulla spiaggia in attesa che qualcosa arrivi, ma salpare liberi, coraggiosi, uniti».

E lungo le strade di Ostia la processione del Corpus Domini ha incontrato ieri «la passione e il calore» della sua gente, sottolinea ancora don Carlo Turi a margine della processione. «Tanta, quella che aspettava il Papa, è vero, ma anche professava, ciascuna nella misura in cui ce l’ha, la propria fede». A portare in processione il Santissimo Sacramento è stato l’arcivescovo Angelo De Donatis, vicario generale della diocesi di Roma, insieme a tutti i vescovi ausiliari, ai sacerdoti e ai tanti fedeli.

«Un evento rivoluzionario» per don Salvatore Tanzillo, prefetto della XXVI prefettura (che riunisce le parrocchie di Ostia). Un evento «che ha dato importanza a Gesù, centro della preghiera», lasciando la città spiazzata, incuriosita. «Grande momento di comunione e preghiera» per il vescovo Gianrico Ruzza, ausiliare per il settore Centro. «Credo che il Papa abbia voluto dare un segnale di forte spiritualità ed impegno nella società per riportare tutti alla responsabilità civica contro ogni forma di illegalità e corruzione. La partecipazione del popolo è stata molto corale, sentita e desiderosa. Un incoraggiamento per camminare insieme come parrocchie».

«Una riflessione da rileggere per continuare il percorso comune perché Ostia riveli la sua parte migliore», spiega monsignor Paolo Lojudice, vescovo ausiliare per il settore Sud. «C’è tanto da educare. La processione del Corpus Domini è la più alta, significativa ma anche difficile. Cercavano il Papa, lo sappiamo e lo sa anche il Papa. Si tratta di mettere insieme l’aspetto più emozionale e quello di contenuto. È la sfida della formazione, delle nostre parrocchie, delle scuole, dei gruppi e di quanti operano nel settore educativo per cercare di orientare tutti in particolare i giovani. Un forte impulso formativo che riprenderemo subito con gli otto parroci, per aiutare la gente a porsi delle domande, cercare risposte. Il grande evento serve per iniziare, per spingere, è faticoso da preparare ma poi quel che conta è la ricaduta nel quotidiano».

A piazza della Martinica, nei pressi della parrocchia Nostra Signora di Bonaria, la benedizione eucaristica del Papa, il congedo e la partenza alle 20 per il Vaticano. «Era molto contento e un po’ stanco – conclude Lojudice -. Per come si spende non possiamo chiedergli di più. Una dedizione al Vangelo, totale». Ancora una volta, nel magistero dei segni, una presenza che illumina, trasmette, educa.

4 giugno 2018

di Laura Galimberti, da Romasette

Il Papa: «Dio è vicino all’umanità come un bimbo alla madre»

Il nuovo anno si apre «nel nome della Madre di Dio». Lo ha sottolineato Francesco introducendo ieri, 1° gennaio, l’omelia della Messa della solennità di Maria Santissima Madre di Dio, nell’ottava di Natale e nella ricorrenza della 51ª Giornata mondiale della pace, dedicata ai migranti e ai rifugiati. Riflettendo sul «titolo più importante della Madonna», vale a dire “Madre di Dio”, il Papa ha osservato che «in queste parole è racchiusa una verità splendida su Dio e su di noi e cioè che, da quando il Signore si è incarnato in Maria, da allora e per sempre, porta la nostra umanità attaccata addosso. Non c’è più Dio senza uomo – ha affermato -. La carne che Gesù ha preso dalla Madre è sua anche ora e lo sarà per sempre». L’espressione “Madre di Dio”, secondo Francesco, «ci ricorda questo: Dio è vicino all’umanità come un bimbo alla madre che lo porta in grembo».

Nella parola “madre” – in latino “mater” -, però, c’è anche il rimando alla parola “materia”: «Nella sua Madre, il Dio del cielo, il Dio infinito si è fatto piccolo, si è fatto materia, per essere non solo con noi ma anche come noi», le parole di Francesco. Ecco allora «il miracolo, la novità: l’uomo non è più solo; mai più orfano, è per sempre figlio. L’anno si apre con questa novità. E noi la proclamiamo così, dicendo: Madre di Dio!. È la gioia di sapere che la nostra solitudine è vinta – ha proseguito il Papa -. È la bellezza di saperci figli amati, di sapere che questa nostra infanzia non ci potrà mai essere tolta. È specchiarci nel Dio fragile e bambino in braccio alla Madre e vedere che l’umanità è cara e sacra al Signore». Per questo allora «servire la vita umana è servire Dio e ogni vita, da quella nel grembo della madre a quella anziana, sofferente e malata, a quella scomoda e persino ripugnante», che pure «va accolta, amata e aiutata».

Francesco ha indicato anche un antidoto alle «banalità corrosive del consumo» e agli «stordimenti della pubblicità», così come al «dilagare di parole vuote» e alle «onde travolgenti delle chiacchiere e del clamore»: l’impegno a «ritagliare ogni giorno un momento di silenzio con Dio». Per il pontefice passa di qui la strada per «custodire la nostra anima e la nostra libertà». L’invito allora è a «rimanere in silenzio guardando il presepe, perché davanti al presepe ci riscopriamo amati, assaporiamo il senso genuino della vita. E guardando in silenzio, lasciamo che Gesù parli al nostro cuore: che la sua piccolezza smonti la nostra superbia, che la sua povertà disturbi le nostre fastosità, che la sua tenerezza smuova il nostro cuore insensibile».

Ancora una volta, il modello indicato è Maria, che, riferisce il Vangelo, «custodiva. Semplicemente custodiva. Maria – ha osservato Francesco – non parla: il Vangelo non riporta neanche una sua parola in tutto il racconto del Natale. Anche in questo la Madre è unita al Figlio: Gesù è infante, cioè senza parola, è muto. Il Dio davanti a cui si tace è un bimbo che non parla. La sua maestà è senza parole, il suo mistero di amore si svela nella piccolezza. Questa piccolezza silenziosa è il linguaggio della sua regalità. La Madre si associa al Figlio e custodisce nel silenzio». E il silenzio «ci dice che anche noi, se vogliamo custodirci, abbiamo bisogno di silenzio».

Il Papa ha indicato i due «segreti» della Madre di Dio: «Custodire nel silenzio e portare a Dio». Maria, ha rilevato, custodiva gioie ma anche dolori: «Da una parte la nascita di Gesù, l’amore di Giuseppe, la visita dei pastori, quella notte di luce. Ma dall’altra un futuro incerto, la mancanza di una casa, perché per loro non c’era posto nell’alloggio; la desolazione del rifiuto; la delusione di aver dovuto far nascere Gesù in una stalla. Speranze e angosce, luce e tenebra: tutte queste cose popolavano il cuore di Maria». Davanti a tutto questo, lei «non ha tenuto niente per sé, niente ha rinchiuso nella solitudine o affogato nell’amarezza, tutto ha portato a Dio. Così ha custodito. Affidando si custodisce – ha garantito il Papa -. Non lasciando la vita in preda alla paura, allo sconforto o alla superstizione, non chiudendosi o cercando di dimenticare, ma facendo di tutto un dialogo con Dio. E Dio che ci ha a cuore, viene ad abitare le nostre vite».

L’invito finale allora è a «ricominciare dal presepe, dalla Madre che tiene in braccio Dio». La devozione a Maria, ancora le parole di Francesco, «non è galateo spirituale, è un’esigenza della vita cristiana. Guardando alla Madre – ha spiegato – siamo incoraggiati a lasciare tante zavorre inutili e a ritrovare ciò che conta. Il dono della Madre, il dono di ogni madre e di ogni donna è tanto prezioso per la Chiesa, che è madre e donna», l’omaggio del Papa. Mentre l’uomo spesso astrae, afferma e impone idee, ha proseguito, «la donna, la madre, sa custodire, collegare nel cuore, vivificare. Perché la fede non si riduca solo a idea o dottrina, abbiamo bisogno, tutti, di un cuore di madre, che sappia custodire la tenerezza di Dio e ascoltare i palpiti dell’uomo».

L’augurio per il nuovo anno è che «la Madre, firma d’autore di Dio sull’umanità, porti la pace di suo Figlio nei cuori e nel mondo». Se è vero infatti che «il cuore invita a guardare al centro della persona, degli affetti, della vita», anche «noi, cristiani in cammino, all’inizio dell’anno sentiamo il bisogno di ripartire dal centro, di lasciare alle spalle i fardelli del passato e di ricominciare da ciò che conta». Il Papa ha indicato allora il «punto di partenza»: la Madre di dio. «Maria – ha evidenziato – è esattamente come Dio ci vuole, come vuole la sua Chiesa: Madre tenera, umile, povera di cose e ricca di amore, libera dal peccato, unita a Gesù, che custodisce Dio nel cuore e il prossimo nella vita. Per ripartire, guardiamo alla Madre. Nel suo cuore batte il cuore della Chiesa. Come figli – è la conclusione -, vi invito a salutarla con le parole dei cristiani di Efeso: santa madre di Dio».

Il Papa scrive all’Ordo Virginum nel 50° anniversario. Le consacrate a Roma

Sono passati esattamente cinquant’anni – era il 31 maggio 1970 – dalla promulgazione da parte della Congregazione del Culto Divino del nuovo Rito della Consacrazione delle vergini, voluto da Paolo VI. Papa Montini recepiva così la volontà dei Padri conciliari, che avevano chiesto di ripristinare questo rito in uso fin dai primi secoli della Chiesa. Per celebrare l’anniversario, Papa Francesco ha inviato una lettera alle consacrate dell’Ordo Virginum. «La vostra chiamata – dice il Santo Padre – mette in luce l’inesauribile e multiforme ricchezza dei doni dello Spirito del Risorto che fa nuove tutte le cose. Al tempo stesso essa è un segno di speranza».

Ricordando che «la pandemia ancora in corso ha costretto a rinviare l’incontro internazionale per festeggiare questo importante anniversario», il Pontefice evidenzia che «la fedeltà del Padre ancora oggi pone nel cuore di alcune donne il desiderio di essere consacrate al Signore nella verginità vissuta nel proprio ordinario ambiente sociale e culturale, radicate in una Chiesa particolare, in una forma di vita antica e al tempo stesso nuova e moderna». Di qui l’invito del Papa a proseguire «in questo cammino», e a collaborare con i vescovi perché «vi siano seri percorsi di discernimento vocazionale e di formazione iniziale e permanente».

Proprio nella diocesi di Roma avvenne la prima consacrazione con il nuovo rito: nel 1973, con Rosella Barbieri. Le vergini consacrate attualmente presenti in diocesi sono trentanove, mentre una ventina sono le donne in formazione; a guidarle è il vescovo delegato monsignor Paolo Ricciardi, mentre l’assistente è don Concetto Occhipinti. «L’Ordo Virginum è una realtà in cui l’antico e il nuovo si intrecciano e prendono la forma dell’oggi – riflette Cecilia Caiazza, vergine consacrata della nostra diocesi -. Forma antica perché affonda le sue radici nei tempi apostolici, nella originalità della vita evangelica, e nuova per la sua rifioritura all’indomani del Vaticano II, quando si stabilì anche il rito della consacrazione delle vergini fosse rivisto».

«Con il cuore abitato dallo Spirito di Dio – osserva ancora Caiazza – e dall’intimità con Cristo Gesù fino ad assumerne “gli stessi sentimenti”, potremo abitare col cuore la città, come “lampade accese” che scrutano, vegliano, vigilano, ascoltano, soffrono e offrono, amano, ed accendere la fiamma della fede con l’olio della carità, della tenerezza, della maternità, fino “a dare la vita per un amore più grande”».

2 giugno 2020

Il Papa nella Veglia di Pentecoste: «Ascoltiamo il grido della città»

«Quanto vorrei che la gente che abita a Roma riconoscesse la Chiesa, ci riconoscesse per questo di più di misericordia – non per altre cose –, per questo di più di umanità e di tenerezza, di cui c’è tanto bisogno! Si sentirebbe come a casa, la “casa materna” dove si è sempre benvenuti e dove si può sempre ritornare. Si sentirebbe sempre accolta, ascoltata, ben interpretata, aiutata a fare un passo avanti nella direzione del regno di Dio…. Come sa fare una madre, anche con i figli diventati ormai grandi». Papa Francesco, ieri (sabato 8 giugno) alle ore 18, ha celebrato la Messa vespertina nella vigilia di Pentecoste sul sagrato della basilica di San Pietro. In piazza, oltre 50 mila persone: i fedeli della diocesi di Roma, i partecipanti alla Conferenza internazionale dei Carismatici, ricevuti in mattinata dal Pontefice, e i membri di tante realtà ecclesiali.

«Lasciamoci prendere per mano dallo Spirito – ha detto ancora il Santo Padre nell’omelia – e portare in mezzo al cuore della città per ascoltarne il grido, il gemito». E per metterci davvero in ascolto, ha proseguito, «abbiamo bisogno che il Signore ci prenda per mano e ci faccia “scendere”, scendere dalle nostre posizioni, scendere in mezzo ai fratelli che abitano nella nostra città, per ascoltare il loro bisogno di salvezza, il grido che arriva fino a Lui e che noi abitualmente non udiamo». Si tratta, ha aggiunto, «di aprire occhi e orecchie, ma soprattutto il cuore».

L’appello del Papa è stato ripreso dal cardinale vicario Angelo De Donatis, nella preghiera conclusiva della celebrazione. «O Signore che ti fai Dono d’amore per noi, nel tuo Spirito, guarda oggi questa tua Chiesa di Roma, riunita per celebrare una rinnovata Pentecoste. È una Chiesa che accoglie di nuovo l’impeto dello Spirito Santo, per uscire, come gli Apostoli, ad annunciare la Gioia del Vangelo. È una Chiesa che, come Madre accogliente, vuole continuare a generare alla fede nuovi figli in una città dove nessuno si senta straniero. È una Chiesa ricca di memoria, ricolma di santità, fatta di gente generosa, vivace, creativa, che non vuole cedere al pessimismo, all’accidia, all’indifferenza».

Leggi l’omelia completa

Leggi la preghiera completa del cardinale vicario

9 giugno 2019

Il Papa nella solennità di Maria Santissima Madre di Dio

Il nuovo Anno “si apre nel nome della Madre di Dio”. “E’ quanto ha affermato Papa Francesco, presiedendo nella Basilica Vaticana la Santa Messa nella Solennità di Maria Santissima Madre di Dio e per la 51.ma Giornata mondiale della pace. Nella sua Madre, il Dio infinito si è fatto piccolo. L’uomo – ha detto il Papa – “non è più solo”, “mai più orfano”. L’Anno si apre con questa novità: E noi la proclamiamo così, dicendo: Madre di Dio! È la gioia di sapere che la nostra solitudine è vinta. È la bellezza di saperci figli amati, di sapere che questa nostra infanzia non ci potrà mai essere tolta. È specchiarci nel Dio fragile e bambino in braccio alla Madre e vedere che l’umanità è cara e sacra al Signore. Perciò, servire la vita umana è servire Dio e ogni vita, da quella nel grembo della madre a quella anziana, sofferente e malata, a quella scomoda e persino ripugnante, va accolta, amata e aiutata.

Il Papa invita a pregare il Rosario

ROMA 24-10-2009SUPERMERCATO - FARE LA SPESA TRA CRISI E ANTI CRISI PH: CRISTIAN GENNARI

Pregare il Rosario, da soli o in famiglia, per sconfiggere la pandemia. Ecco l’invito di Papa Francesco, che scrive ai fedeli e invita appunto a sgranare la corona nel mese tradizionalmente dedicato alla Madre di Dio. «È ormai vicino il mese di maggio – scrive il Santo Padre –, nel quale il popolo di Dio esprime con particolare intensità il suo amore e la sua devozione alla Vergine Maria. È tradizione, in questo mese, pregare il Rosario a casa, in famiglia. Una dimensione, quella domestica, che le restrizioni della pandemia ci hanno “costretto” a valorizzare, anche dal punto di vista spirituale».

Unico consiglio: pregare con «semplicità», seguendo schemi che possono essere trovati anche su internet, come suggerisce lo stesso Papa Francesco che offre, comunque, due testi di preghiere alla Madonna da recitare al termine del Rosario, «che io stesso reciterò nel mese di maggio – aggiunge –, spiritualmente unito a voi. Le allego a questa lettera così che vengano messe a disposizione di tutti».

«Contemplare insieme il volto di Cristo con il cuore di Maria, nostra Madre – è la conclusione della lettera –, ci renderà ancora più uniti come famiglia spirituale e ci aiuterà a superare questa prova. Io pregherò per voi, specialmente per i più sofferenti, e voi, per favore, pregate per me».

Leggi la lettere e le preghiere alla Madonna

27 aprile 2020

Il Papa incontra i sacerdoti con oltre 40 anni di ordinazione: «testimoni della memoria»

Questo pomeriggio, 14 maggio, Papa Francesco è arrivato poco prima delle 16 nella parrocchia di San Giuseppe al Trionfale per incontrare i circa 70 preti della diocesi di Roma con oltre quarant’anni di ordinazione. Al suo arrivo ha salutato quanti lo attendevano all’ingresso della chiesa, ha percorso la navata e raggiunto la sala dove si è svolto l’incontro.

Dopo la preghiera recitata insieme e il saluto del vescovo Di Tolve, Papa Francesco ha rivolto alcune parole ai presenti, ringraziandoli per l’accoglienza ed esortandoli a essere «testimoni della memoria», che si deve unire al coraggio giovanile e andare avanti insieme.

Nel corso della conversazione tra i preti e il Papa si è parlato di temi pastorali, dell’impegno nella diocesi e nelle parrocchie di Roma, e il Papa ha sottolineato il valore del lavoro del parroco e del prete sulla strada, l’importanza di usare dolcezza per condurre il gregge: «La gente quando vede la dolcezza del pastore si avvicina».

Il dialogo ha toccato i temi dell’accoglienza, del sacramento della confessione, dell’ascolto e del perdono, come quello dell’impegno nei santuari della diocesi. E sono emerse anche alcune delle difficoltà dei preti più anziani: la solitudine dopo anni di vita nel gregge, la fatica ad affrontare il cambiamento, l’amarezza talvolta, da vincere con la preghiera, il ricordo dell’amore del Signore e il senso di figliolanza con la Madonna.

Papa Francesco ha sottolineato in più occasioni il valore del rapporto tra sacerdoti vecchi e giovani: «Che discutano, è vita, e vadano avanti insieme», perché, ha aggiunto il Papa, «i nonni devono rimanere in famiglia».

Al termine di quasi due ore di colloquio, il pontefice ha ringraziato del dialogo, esortando i presenti a non stancarsi, a pregare e ad accompagnare le chiese. Quindi, dopo aver salutato individualmente i sacerdoti, si è fermato in chiesa con i circa 70 bambini della prima comunione, 100 bambini della vicina scuola San Giuseppe e un gruppo di un centinaio di fedeli. Al termine, il rientro in auto in Vaticano.

14 maggio 2024

Il Papa incontra i diaconi, «sentinelle» della comunità cristiana

«La ringraziamo con tutto il cuore per aver voluto questo incontro tra Lei, Vescovo di Roma, e i suoi diaconi. Il legame tra il Papa e i diaconi della sua Diocesi è profondo ed è il fondamento sacramentale del loro ministero». Così il cardinale vicario Angelo De Donatis ha introdotto l’incontro di ieri mattina (sabato 19 giugno) in Vaticano.

Papa Francesco ha esortato a «superare la piaga del clericalismo, che pone una casta di sacerdoti “sopra” il Popolo di Dio». Il che significa non «“mezzi preti” o preti di seconda categoria, né “chierichetti di lusso”» ma «servi premurosi». E in proposito ha riassunto «la spiritualità diaconale» nella «spiritualità del servizio» fatta di «disponibilità dentro e apertura fuori», con tre caratteristiche: umiltà, essere «bravi sposi e bravi padri. E bravi nonni» e essere sentinelle, capaci di aiutare «la comunità cristiana ad avvistare Gesù nei poveri».

All’inizio dell’udienza Papa Francesco ha salutato in modo particolare Giustino Trincia, nominato appena il giorno prima, nuovo direttore della Caritas di Roma. E ha scherzato sul fatto che il diacono sia piuttosto alto di statura, al contrario del suo predecessore monsignor Benoni Ambarus, vescovo delegato alla Carità per la diocesi di Roma. «Mi rallegro – ha commentato il Santo Padre – che tu, Giustino, sia stato nominato direttore della Caritas: guardando te penso che crescerà, tu hai il doppio di statura di don Ben, vai avanti!». Ancora, un saluto speciale il Pontefice lo ha riservato ad Andrea Sartori, a cui è affidata la parrocchia di San Stanislao: l’unica, all’interno della diocesi di Roma, guidata da un diacono e non da un sacerdote. «Nei primi secoli – ha ricordato il Papa – i diaconi si occupavano a nome e per conto del vescovo delle necessità dei fedeli, in particolare dei poveri e degli ammalati», e «a Roma si è cercato di recuperare questa antica tradizione con la diaconia nella chiesa di San Stanislao».

20 giugno 2021

Il Papa in visita alla parrocchia del Santissimo Sacramento

Papa Francesco visiterà domenica 6 maggio la parrocchia del Santissimo Sacramento a Tor de’ Schiavi. Un nuovo segno di attenzione per le periferie, fisiche ed esistenziali. Inaugurerà infatti la “Casa della gioia”, una casa famiglia per persone con disabilità realizzata nei locali del sottotetto, fino a qualche tempo fa adibiti a magazzino. Un progetto sostenuto e condiviso dal Vicariato di Roma. Momento culminante della visita sarà la Messa, durante la quale Francesco impartirà il sacramento della Cresima a una bambina della parrocchia affetta da malattia mitocondriale e a sua madre.

Ad accoglierlo, alle ore 16 circa, ci saranno il vicario di Roma Angelo De Donatis, il cardinale titolare José Gregorio Rosa Chàvez, il parroco don Maurizio Mirilli, il vice parroco don Vasile Alexandru Muresan, i collaboratori parrocchiali don Dieudonné Kambale Kasika, don Juan Pablo Castillo e don Mauro Riccardi. Con loro, anche l’arcivescovo di Manila e presidente di Caritas Internationalis, il cardinale Luis Antonio Tagle, legato alla nascita della “Casa della gioia”. Da una predicazione di Tagle agli esercizi spirituali scaturì infatti nel parroco l’impulso a mettere in piedi l’iniziativa.

In oratorio il Santo Padre risponderà a quattro domande, poste da un genitore, da un giovane, da un adolescente e da un bambino. Poi si sposterà nel salone parrocchiale, dove abbraccerà gli anziani e gli ammalati. Salirà quindi nei locali della “Casa della gioia”. Negli spazi adibiti a centro diurno, incontrerà alcune realtà parrocchiali legate alla carità. Quindi si fermerà con i disabili del centro diurno e con le loro famiglie. Passerà, subito dopo, a visitare la casa famiglia vera e propria e ne benedirà gli ambienti.

3 maggio 2018

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