Gli e-sport sono sport? Un simposio sul fenomeno

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E-sport è sport?

“E-sport è sport?”. È questo il titolo del workshop di studio e approfondimento sul tema degli sport elettronici competitivi che si è svolto nel pomeriggio di venerdì 19 e nella mattina di sabato 20 ottobre nel Nobile Collegio Chimico Farmaceutico di via in Miranda 10, e ha visto partecipare esperti del settore sportivo e degli sport elettronici ma anche professori universitari e medici. A promuoverlo l’Ufficio nazionale per la pastorale del tempo libero, turismo e sport con l’organizzazione del Comitato di Roma del Centro sportivo italiano (Csi Roma) in collaborazione con le università appartenenti al progetto “UniSport Roma, Università per educare” e il patrocinio dell’Ufficio per la pastorale del tempo libero, del turismo e dello sport della diocesi di Roma (Uts Roma).

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Gli interventi di saluto delle autorità che hanno aperto il workshop venerdì 19 ottobre

La prima sessione di lavoro si è aperta con i saluti delle autorità e ha avuto al centro un approfondimento del fenomeno degli e-sport dal punto di vista storico, sociologico ed economico. Il primo intervento a essere introdotto da Daniele Pasquini, presidente del Csi di Roma, è stato quello di don Gionatan De Marco, direttore dell’Ufficio nazionale della Cei che ha detto di avvicinarsi al tema del workshop, «un mondo che non conosco», con «simpatia, in atteggiamento di ascolto sospendendo il giudizio, così da essere meglio coinvolto. Perché – ha aggiunto – solo mantenendo uno sguardo disarmato si potrà arrivare a un punto di vista condiviso, come compagnia educante, sulla persona nella sua integrità. Un punto di vista attivo, perché di per sé la dimensione ludica non è mai passiva».

Gli ha fatto eco monsignor Melchor Sanchez de Toca, sottosegretario del Pontificio Consiglio della Cultura, il quale ha parlato degli e-sport come di «un fenomeno importante e cresciuto molto rapidamente, che adesso però necessita una “pausa di riflessione”, a partire dai contenuti dove la violenza è preponderante». Poi il fenomeno degli e-sport e dei videogame, ha precisato «ci porta a riflettere sull’atmosfera che tutto questo contempla e cioè la cultura digitale, che sta orientando il nostro modo di vivere, la nostra quotidianità». E ha concluso: «Al momento il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) si sta aprendo agli e-sport. È quindi un dibattito aperto ma il nostro obiettivo rimane quello di mettere la persona al centro».

La scelta del CIO è stata contestualizzato anche alla luce del Sinodo sui giovani da Santiago Perez de Camino, responsabile Chiesa e Sport del Pontificio Consiglio per i laici, la famiglia e la vita, che ha accennato anche a “Dare il meglio di sé”, il documento sulla visione cristiana dello sport recentemente elaborato e pubblicato dal suo dicastero: «Nel Documento – ha spiegato – si definisce lo sport e quasi non si tocca l’argomento degli e-sport ma questo non vuol dire che la Santa Sede non ha interesse a parlarne».

Infine ha parlato di «sport come perno di aggregazione attraverso il gioco e il fitness», il rettore della Lumsa, Francesco Bonini, il quale ha chiuso il suo intervento ponendo al centro del dibattito sugli e-sport «due questioni: quella antropologica e quella educativa perché – ha sottolineato – in questo dibattito è in questione l’uomo, la persona. Non dimentichiamo che le attività fisiche hanno dei risvolti sul corpo ma passano anche dall’educazione».

Prima sessione di lavoro: “Gli e-sport, un fenomeno in crescita”

La tavola rotonda di riflessione è stata moderata da don Alessio Albertini, assistente ecclesiastico del Csi nazionale, che ha chiamato a parlare della crescita degli e-sport Marcel Vulpis, fondatore dell’A.i.esp (Associazione italiana e-sports), che ha fornito i numeri alla base di «un fenomeno ormai diventato mercato con delle regole e una struttura organizzata: 1,5 miliardi di euro l’indotto dei videogame in Italia, con 4,5 milioni di appassionati di e-sport. Ci troviamo di fronte a una realtà in grande crescita ma che necessita, a livello istituzionale, di regole condivise. E serve anche un patto sociale nuovo tra famiglia, scuole, aziende nella direzione dello sviluppo e della crescita psicofisica del ragazzo». Per Vulpis gli e-sport sono sport, «basta vedere – ha affermato a corollario della sua tesi – come si preparano gli atleti che li praticano».

Mattia Guarracino, “Lonewolf”

A questo proposito è risultata molto interessante la testimonianza di un atleta top level di e-sport, Mattia Guarracino, il suo nickname “Lonewolf”. Mattia è stato sei volte campione italiano, ha conseguito il terzo posto alle Olimpiadi di e-sport in Corea del 2011, e ha vinto il bronzo agli Europei, sempre nel 2011.  Attualmente è giocatore di FIFA per la Sampdoria calcio (con la quale ha appena rinnovato un contratto di lavoro triennale). «Gli e-sport – ha detto Guarracino rispondendo ai diversi dubbi emersi dal dibattito con l’assemblea – hanno dei punti di forza indiscutibili, ad esempio rompono le “barriere” sociali tra chi li pratica: non c’è differenza tra sessi, o tra giocatori differentemente abili e normodotati. E poi ti permettono di viaggiare molto e di vivere dinamiche aggregative con altri ragazzi che condividono la tua stessa passione. Quindi sono sport a tutti gli effetti, la parte dell’attività fisica mancante è similare a quella di altri sport come la dama o il tiro al piattello».

Ha espresso parere nettamente contrario a questo asserto Raniero Regni, professore della Lumsa, che nella sua relazione ha parlato degli “Elementi costitutivi della pratica sportiva” indicandone i «fondamenti arcaici» nel «gioco, nella centralità dell’essere umano come corpo in azione, in cui l’atleta diventa tutt’uno con la sua attività nel massimo della sua tensione. E poi c’è l’agonismo, la competizione, ma dentro la competizione c’è la condivisione, la scoperta dei propri limiti».

Le “regole”, poi, sono un altro elemento: «Quelle scritte sono fondamentali ma anche quelle non scritte sono importanti; pensiamo al FairPlay che fa diventare lo sport aristocratico, lo lega all’onore, lo rende nobile e non calcolante». E ha concluso: «Lo sport è una via privilegiata di educazione umana, ecco perché non dobbiamo “sporcarlo”».

La conclusione del pomeriggio è stata sancita dai tre gruppi di lavoro che hanno riflettuto sulle tante sollecitazioni dai relatori.

Sabato 20 ottobre: seconda sessione su “Gli e-sport e lo sviluppo integrale della persona”

La mattinata successiva, dopo la sintesi dei lavori di gruppo del giorno precedente, i partecipanti hanno approfondito l’influenza degli e-sport nello sviluppo integrale della persona attraverso un approccio etico, psico-pedagogico e medico.

L’occasione è stata offerta dalla tavola rotonda moderata da don Riccardo Pascolini, segretario del Forum Oratori Italiani, e che ha visto intervenire Luigi Janiri, docente di Psichiatria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Fabio Lucidi, docente di Psicologia alla Sapienza, Pasquale Moliterni, docente di Pedagogia speciale all’Università del Foro Italico, e Marco Accordi Rickards, direttore di Vigamus – Video Game Museum di Roma.

Al termine i gruppi di lavoro hanno lavorato alla stesura di un progetto etico ed educativo attraverso gli e-sport che prossimamente sarà pubblicato insieme a tutte le relazioni esposte negli atti del simposio. Le conclusioni sono state affidate a don Franco Finocchio, collaboratore dell’Ufficio nazionale per la pastorale del tempo libero, turismo e sport.

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