21 Dicembre 2025

L’apertura della Porta Santa a San Paolo fuori le Mura

Foto Vatican Media

Con l’apertura della Porta Santa di San Paolo fuori le Mura da parte del cardinale arciprete James Michael Harvey, l’inizio del Giubileo è ufficiale in tutte le basiliche papali. Il rito, nella mattina di oggi, 5 gennaio, è stato preceduto dal suono di un corno di ariete proveniente dalla Terra Santa, quello “jobel” da cui deriva proprio il nome Giubileo. Poi il porporato americano ha pronunciato le orazioni iniziali, connotate da una forte impronta paolina.

Dopo l’apertura della Porta Santa e l’ingresso di Harvey, è seguita la lunga processione composta dai cardinali Francesco Monterisi, novantenne arciprete emerito di San Paolo, e Arrigo Miglio, arcivescovo emerito di Cagliari, che hanno poi concelebrato all’altare, da vescovi, tra cui il pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, Rino Fisichella, sacerdoti, fedeli e dai monaci benedettini, ai quali è affidata la cura della basilica che custodisce i resti dell’Apostolo delle Genti.

Nella sua omelia, il cardinale americano ha fatto riferimento alla gioia e alla speranza che caratterizzano il tempo di Natale e quello del Giubileo: «La Chiesa fa un ulteriore passo decisivo nella sua storia millenaria». Le parole «che il salmista canta alla città santa Gerusalemme ora la liturgia le canta alla Chiesa universale e a ogni singolo membro di essa. Questa mattina con l’apertura della Porta Santa, un atto tanto semplice quanto suggestivo, abbiamo varcato la soglia del tempio sacro con immensa gioia perché in modo emblematico abbiamo varcato la porta della speranza. La gioia e la speranza sono il binomio del rito liturgico. Gioia perché è nato il Salvatore, speranza perché Cristo Salvatore è la nostra speranza. È la letizia del tempo natalizio in cui il mondo cristiano contempla il disegno di salvezza di Dio».

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L’apertura della Porta Santa a San Giovanni in Laterano

Foto Diocesi di Roma / Gennari

Di seguito la lettera del vicario di Sua Santità per la diocesi di Roma in occasione dell’apertura della Porta Santa a San Giovanni in Laterano

Carissimi,
L’inizio dell’Anno Santo 2025 è ormai alle porte. Dopo aver celebrato, nell’anno che sta per terminare, il XVII centenario della basilica lateranense, Capo e Madre di tutte le chiese di Roma e del mondo, e aver rimesso a fuoco, soprattutto attraverso i tanti pellegrinaggi delle parrocchie e delle prefetture, lo stretto legame che tutti ci unisce attorno alla nostra cattedrale, ora siamo chiamati a vivere un anno speciale di grazia e di riconciliazione. Il suo significato affonda le radici nel Giubileo biblico del cinquantesimo anno, dopo le sette settimane di anni, che segnava un nuovo inizio nella vita, per cui gli schiavi riacquistavano la libertà e le proprietà vendute per soddisfare i debiti ritornavano al legittimo proprietario (Lev. cap. 25). Questo vuole insegnarci che la vita e i beni terreni sono di Dio, e noi ne siamo solo gli amministratori.

L’Anno Santo istituito nella Chiesa nel 1300 ad opera del Papa Bonifacio VIII, costituisce una grande opportunità di attingere al tesoro immenso della Chiesa formato dai meriti di Cristo, della Beata Vergine Maria e di tutti i Santi, il riscatto per i debiti dei nostri peccati e per l’affrancamento dalla schiavitù in cui essi ci hanno ridotto. Questo è il senso dell’indulgenza plenaria che la Madre Chiesa ci concede attraverso il sincero pentimento e il ritorno al Signore e all’impegno di santità insito nel nostro Battesimo.

Il Santo Padre Francesco ha dato a questo Anno Santo il titolo di “Pellegrini della speranza” per rianimare in un mondo di egoismi, ingiustizie e guerre fratricide, la gioia di vivere orientati ai beni eterni, costruendo sulla terra il Regno di Dio, che è Regno di Verità, di Libertà, di Giustizia e d’Amore (Giovanni XXIII “Pacem in Terris”).

Con questi sentimenti e propositi, vi invito a partecipare con fede all’apertura della Porta Santa che avrò la gioia e l’onore di spalancare, a nome del Santo Padre, nella nostra cattedrale di San Giovanni in Laterano, domenica 29 Dicembre, Festa della Santa Famiglia, alle ore 10.

Questa porta è simbolo di Cristo stesso, che ha detto di sé: “Io sono la porta: se uno entra attraverso di me sarà salvo” (Gv 10,9). Perciò, passeremo attraverso questa porta non solo in quel giorno, ma potremo ripetere questo gesto durante tutto l’anno, fino alla sua chiusura il 28 Dicembre 2025, sempre nella Domenica della Santa Famiglia. Questa simbologia della porta come “porta stretta” che conduce alla vita (Mt 7, 13-14), è stata usata per la prima volta proprio nella nostra cattedrale nell’anno santo indetto da Papa Martino V nel 1423, anche se Celestino V l’aveva già usata nel 1295 per la perdonanza nella basilica di Collemaggio a L’Aquila. Solo in seguito si è adottata l’apertura delle porte sante anche per le altre basiliche maggiori di San Pietro, San Paolo e Santa Maria Maggiore.

La cattedrale, attraverso i canonici e i coadiutori che la curano, intende mettersi a disposizione per l’accoglienza dei gruppi di pellegrini, previo accordo con la segreteria del capitolo, per un accompagnamento pastorale, e attraverso i frati penitenzieri, per facilitare l’accesso al sacramento della riconciliazione.
Auspicando copiosi frutti di conversione e di vita nuova per questa occasione provvidenziale, vi benedico di cuore nel Signore.

2 dicembre 2024

L’apertura della fase diocesana della causa di beatificazione del diacono Giampaolo Mollo

Giampaolo Mollo

La sessione di apertura dell’inchiesta diocesana sulla vita, le virtù eroiche e la fama di santità e di segni del Servo di Dio Giampaolo Mollo, diacono e padre di famiglia, si terrà venerdì 5 novembre 2021 alle ore 12 nella Sala della Conciliazione costituita per il Tribunale nel Palazzo Apostolico Lateranense. Il rito sarà presieduto da monsignor Gianpiero Palmieri, vicegerente, nominato vescovo della diocesi di Ascoli Piceno, delegato dal cardinale vicario Angelo De Donatis. I membri del Tribunale diocesano di Roma presenti saranno: don Emanuele Albanese, delegato episcopale; don Giorgio Ciucci, promotore di giustizia; Marcello Terramani, notaio attuario; Francesco Allegrini, notaio aggiunto. La cerimonia verrà trasmessa in streaming sulla pagina Facebook della diocesi di Roma.

Giampaolo Mollo nasce a Roma il 5 novembre 1941. Da ragazzo, trascorrendo le vacanze a Formia con la sua famiglia, conosce Anna Liberace, che diventerà sua moglie dopo cinque anni di fidanzamento. La loro vita scorre serena: Mollo lavora in banca, è impegnato nel sindacato, hanno due figli. Nel 1976, presso la parrocchia dell’Assunzione di Maria Santissima, al Quadraro, Mollo viene in contatto con la comunità carismatica qui presente, cioè la Comunità Maria, e inizia a frequentarla.

In questo nuovo contesto matura in lui, negli anni Ottanta, la vocazione al diaconato. All’età di 45 anni, il 22 novembre 1986, viene ordinato diacono permanente della diocesi di Roma, in San Giovanni in Laterano. Nel 1987, insieme a sua moglie e ad altre due coppie di coniugi – Alfredo e Jaqueline Ancillotti, Paolo e Carmen Serafini – e con la benedizione dell’allora cardinale vicario di Roma Ugo Poletti, fonda la “Comunità Gesù Risorto”. Nel 1991 è colpito da una grave malattia: il mieloma multiplo, che affronta con coraggio e fede. Muore il primo settembre del 1998. Il funerale si tiene due giorni dopo, in un’affollatissima basilica di San Giovanni Bosco, celebrato da monsignor Cesare Nosiglia, attualmente arcivescovo di Torino.

«Oltre che essere stato un padre spirituale per la sua comunità e un padre di famiglia, si è messo al servizio di tutta la diocesi con la scelta del diaconato – sottolinea il postulatore della causa Paolo Vilotta –. Mollo si è distinto anche negli ultimi otto anni della sua vita, durante i quali ha sofferto di una malattia gravissima. Seppure quasi immobilizzato, ha continuato a manifestare sempre la sua fede, ad essere presente. Era instancabile; era lui a confortare gli altri durante la malattia».

3 novembre 2021

L’apertura della causa di beatificazione di madre Maria Bernardetta dell’Immacolata

Nell’Aula della Conciliazione del Palazzo Lateranense, venerdì 10 maggio a mezzogiorno, sarà aperta la fase diocesana della causa di beatificazione e canonizzazione della Serva di Dio Maria Bernardetta dell’Immacolata, suora professa della congregazione religiosa delle Suore Povere Bonaerensi di San Giuseppe. Il cardinale vicario Angelo De Donatis presiederà il rito. Saranno presenti i membri del Tribunale diocesano: monsignor Slawomir Oder, delegato episcopale; monsignor Giuseppe D’Alonzo, promotore di giustizia; Marcello Terramani, notaio attuario; e Giancarlo Bracchi, notaio aggiunto.

Suor Maria Bernardetta dell’Immacolata, al secolo Adele Sesso, nasce il 15 ottobre 1918 a Montella (Avellino). All’età di 17 anni inizia il periodo di postulante a Roma nell’istituto delle Suore Povere Bonaerensi di San Giuseppe, fondato dalla Serva di Dio Camilla Rolon in Argentina nel 1880. Il 19 marzo 1943 professa i voti perpetui. Nel 1944 è già in Argentina, dove forma parte della Comunità Casa Josefina a Buenos Aires. Presta servizio in cucina ed è «un esempio per tutti di umiltà, pietà, laboriosità e abbandono alla Provvidenza divina», sottolinea la postulatrice della causa Silvia Correale. In Argentina si sposta tra diverse sedi e poi, nel 1965, suor MARIA BERNARDETTA arriva negli Stati Uniti: prima in Pennsylvania e poi a Richmond, in Virginia, presso il seminario di San Giovanni Maria Vianey. Qui si fa apprezzare «per i consigli che dava ai seminaristi afflitti, indecisi e dubbiosi nella loro vocazione – ricorda Correale –, incoraggiandoli e consigliando loro la preghiera e la devozione eucaristica». Per lo stesso motivo sarà amata e stimata alla Casa di esercizi Villa Sant’Ignazio della Compagnia di Gesù, a San Miguel, dove la sua strada – siamo al 1979 – si incrocia con quella di Jorge Mario Bergoglio, all’epoca provinciale dei gesuiti. «Madre Maria Bernardetta era una figura materna per i novizi – spiega ancora la postulatrice –; quando qualcuno di loro aveva un problema, Bergoglio li mandava da lei a chiedere consiglio. Aveva un tocco profondamente evangelico, una grande devozione».

Nel 1986 madre Maria Bernardetta torna in Italia, nella Casa di Roma; qui si manifestano i primi segni del tumore che la porterà alla morte. Ma l’amicizia con Bergoglio prosegue nonostante la distanza. «Ogni volta che veniva nella Città Eterna, da vescovo, da arcivescovo e da cardinale, passava a salutarla, e così anche facevano gli altri gesuiti che l’avevano conosciuta negli anni della loro formazione – racconta Correale –. Durante una delle sue ultime visite, la Serva di Dio gli chiese l’unzione degli infermi, perché sentiva che le rimaneva poco da vivere. Il cardinale Bergoglio le impartì il sacramento il primo novembre del 2001; il 12 dicembre madre Maria Bernardetta morì. Visse tutta la malattia esemplarmente, così come aveva vissuto: in un abbraccio d’amore e totale serenità con il Crocifisso».

«Dalle testimonianze che abbiamo di diversi padri gesuiti – evidenzia la postulatrice – ci dicono che “padre Jorge” sempre parlava di lei, la ricordava nei suoi discorsi come adesso fa ancora da Papa. Ne lodava la vita vissuta con autenticità e coerenza e la citava sempre come un esempio». Lo ha fatto anche lo scorso 2 febbraio, nell’omelia della Messa per la Giornata mondiale della vita consacrata: «In questo momento mi viene alla memoria una suora, umile, che aveva proprio il carisma di essere vicina ai sacerdoti e ai seminaristi – le parole di Papa Francesco –. Una suora semplice: non aveva grandi luci, ma aveva la saggezza dell’obbedienza, della fedeltà e di non avere paura delle novità. Chiediamo che il Signore, tramite suor Bernardetta, dia a tutti noi la grazia di andare per questa strada».

Il rito di venerdì sarà trasmesso in differita su Telepace alle ore 17 (canale 73 e 214 in hd, 515 su Sky) e sulla pagina Facebook della diocesi di Roma (@diocesiroma).

9 maggio 2019

L’anniversario della morte di Alcide De Gasperi: l’omelia del cardinale Reina

La tomba di Alcide De Gasperi nell'atrio della basilica di San Lorenzo fuori le Mura (foto Diocesi di Roma / Gennari)

Nella mattinata di oggi, martedì 19 agosto agosto, nella basilica di San Lorenzo al Verano, il cardinale vicario Baldo Reina presiede la Messa in occasione del 71° anniversario della morte di Alcide De Gasperi. Di seguito il testo integrale dell’omelia

Carissimi fratelli e sorelle,
anche quest’anno ci ritroviamo insieme per celebrare l’Eucarestia nel giorno in cui si ricorda la nascita al Cielo del Servo di Dio Alcide De Gasperi. Desidero anzitutto ringraziare la Fondazione De Gasperi per avermi invitato a presiedere questa liturgia e rivolgo un cordiale saluto alle gentili autorità presenti e a quanti si adoperano con dedizione per approfondire e diffondere il pensiero e la testimonianza cristiana di questo grande statista, la cui visione politica risulta estremamente attuale e meritevole di essere recuperata nella sua forza e nella sua spinta profetica.

Si è da poco concluso l’anno degasperiano in occasione del 70° anniversario della morte di Alcide che ha avuto nella chiusura della fase diocesana del processo di beatificazione uno dei momenti più alti. Questo evento si colloca significativamente all’interno del Giubileo della Speranza nel quale siamo ancora immersi e che fa da cornice a quanto oggi stiamo per vivere, invitandoci a riflettere sul pensiero e sull’opera di De Gasperi.

Le Letture proclamate ci offrono uno specchio attraverso il quale leggere il significato profondo della sua missione. La prima lettura racconta la vocazione e la missione del giovane Gedeone. Il popolo d’Israele, dopo l’ingresso nella terra di Canaan, si era velocemente allontanato da Dio cadendo nell’idolatria e nell’infedeltà; l’alleanza con divinità straniere aveva causato, di fatto, uno sfaldamento del popolo con la conseguente invasione di eserciti più forti. In questo contesto di totale fallimento, Dio chiama il giovane Gedeone a risollevare le sorti d’Israele e a sconfiggere l’esercito dei Madianiti. “L’angelo del Signore gli apparve e gli disse: Il Signore è con te, uomo forte e valoroso… va con questa tua forza e salva Israele dalla mano di Madian; non ti mando forse io?… Io sarò con te e tu sconfiggerai i Madianiti come se fossero un uomo solo”. Gedeone obbedisce al comando di Dio e realizza pienamente la missione che gli era stata affidata. La vicenda di questo giovane israelita è lo specchio di ogni esperienza credente; Gedeone è il nome di ognuno di noi, perché a ciascuno il Signore affida il compito di affrontare il buon combattimento della fede e di essere strumento di liberazione dal potere del male.

Questa pagina della Scrittura si rivela provvidenziale mentre ricordiamo Alcide De Gasperi. Anche lui, nella sua vita ha percorso le tappe di Gedeone. Come lui ha sperimentato più volte la forza del potere nemico, l’immane tragedia della guerra, la diffusione del regime nazista e lo sfaldamento della monarchia. Tutto attorno a lui sapeva di sconfitta e di morte. L’Italia che prende in mano subito dopo il referendum è un Paese annientato e senza alcuna credibilità internazionale. E lui stesso aveva già pagato un prezzo altissimo per aver difeso gli ideali della libertà e della democrazia: aveva conosciuto la prigionia, la povertà, l’umiliazione, il tradimento e persino delle trame oscure che ne avevano decretato la fine. Eppure, come Gedeone, egli accoglie la missione, non confidando nella forza delle proprie risorse umane, bensì abbandonandosi alla volontà di Dio, nel silenzio della preghiera e nella luce della fede. Chissà se nel segreto della sua stanza avrà meditato le parole rivolte dal Signore a Gedeone a ampiamente ripetute nella Bibbia: “Il Signore è con te, uomo forte e valoroso”. Sicuramente, ha sperimentato che la forza del credente e del politico non è opera umana ma viene dal Signore; non solo quindi strategie di potere e doti diplomatiche, pur indubbiamente presenti, ma una profonda spiritualità. Alcide come tutti i grandi testimoni della fede non è forte perché migliore di altri ma perché ha sperimentato che la forza viene dal Signore, dalla sua grazia, dall’incontro con Lui nella preghiera e nella meditazione personale, dall’Eucarestia.
Negli anni bui e interiormente faticosi del lavoro presso la Biblioteca Apostolica, De Gasperi matura lentamente gli ideali che animeranno il suo agire politico. Quel periodo di deserto esistenziale e spirituale gli permette di interiorizzare la convinzione che il cristianesimo non può essere relegato solo alla sfera privata, ma può e deve innervare la scelta collettiva di un popolo che ancora si riconosce nei valori del Vangelo. Il vero segreto di Alcide non è stato soltanto la sua abilità politica per districarsi nello scacchiere internazionale, ma la sua visione di Paese e di mondo, di civiltà e di ricostruzione. La preghiera personale e lo studio della spiritualità cristiana lo hanno portato a maturare l’idea che si poteva costruire e ri-costruire una nazione a partire dal Vangelo e con la forza del Vangelo. Non per imporre a tutti la fede cristiana, ma perché attraverso di essa si possano irradiare su tutti gli uomini gli effetti della salvezza e della redenzione operata da Cristo sulla croce. Questa sua relazione intima con Dio lo ha portato alla convinzione che era possibile organizzare una democrazia – dopo gli anni bui del fascismo e mentre la monarchia mostrava tutta la sua debolezza – animata dalla fede cristiana e orientata al bene comune, alla giustizia sociale e alla libertà.

Ritengo che questa intuizione sia di estremo interesse e di straordinaria attualità per il nostro tempo e nel contesto di quanto sta avvenendo in Europa e nel mondo intero. Siamo consapevoli che la vera sfida non è schierarsi da una parte o dall’altra, o inseguire leadership più o meno forti, ma suscitare un risveglio della coscienza cristiana, una ripresa della Trascendenza intesa come spinta costante verso l’Alto, verso tutto ciò che è vero, giusto, nobile, retto, onorato. Se si perde il senso della Trascendenza – e a mio avviso oggi stiamo seriamente correndo questo rischio – tutto appare confuso, privo di senso, sfuggente; tutto si consuma in un attimo e con esso anche l’animo umano così come tristemente constatiamo nelle cronache del nostro tempo.

Il sogno di De Gasperi, così come quello di Schumann, Adenauer e tanti altri, era quello di un’Europa che si strutturava attorno alla fede nel Dio di Gesù Cristo. E mi sembra che proprio questa sia oggi la questione cruciale. L’Europa non può inseguire solo mere strategie di commercio delle potenze economiche, ma è chiamata a riscoprire sé stessa, le sue profonde radici, la forza della cultura ellenistica, la potenza della fede cristiana, la solidità dell’umanesimo liberale. Sono queste le solide fondamenta che in passato l’hanno resa grande e che oggi potrebbero farle conoscere una nuova stagione — certamente difficile, ma carica di possibilità — di progresso umano e valoriale. La vita e l’impegno di De Gasperi ci dimostrano che queste cose non solo sono auspicabili, ma sono anche realizzabili nella misura in cui si permette che Dio operi con sapienza dentro una vita umile e generosa.

Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci mette davanti questa radicalità, più volte affermata da Gesù: “In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei Cieli. È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno di Dio”. E a Pietro che chiede come sia possibile ciò Gesù risponde: “Questo è impossibile agli uomini ma a Dio tutto è possibile”. È la stessa radicalità dei santi e dei martiri; è la radicalità che riconosciamo in De Gasperi che non ha mai seguito la strada del successo mondano, ma ha creduto che l’ingresso nel Regno dei Cieli passi solo attraverso la porta stretta del sacrificio personale. Alcide ha compreso che la costruzione della città degli uomini, se vuole essere riflesso di quella divina, richiede una oblatività assoluta, libera e liberante. Per chi crede tutto è possibile. E De Gasperi è stato innanzitutto un credente. Ha creduto che la salvezza operata da Cristo possa diventare opportunità di vita piena per gli uomini e le donne di buona volontà, può diventare buon governo nella ricerca e la promozione del bene comune, può diventare democrazia che dà spazio alla dignità umana e al progresso. L’attuale congiuntura internazionale, pesantemente segnata da una recrudescenza dei conflitti, interpretata alla luce della Parola di Dio e dell’illuminato magistero di Papa Leone XIV, impone a noi tutti una decisa assunzione di responsabilità. E qui sovviene il pensiero dello statista laddove, nel suo Discorso alla Conferenza di pace di Parigi, 10 agosto 1946, prendendo la parola, disse tra l’altro ai signori delegati che gravava su di loro “la responsabilità di dare al mondo una pace che corrisponda all’indipendenza e alla fraterna collaborazione dei popoli liberi”. E aggiunse: “Guardate a quella meta ideale, fate uno sforzo tenace e generoso per raggiungerla”.

Questi motivi, fratelli e sorelle, ci portano a invocare il Signore affinché conceda al nostro tempo uomini e donne come Alcide De Gasperi, desiderosi di affrontare con coraggio le difficoltà e le sfide del contesto storico nel quale siamo immersi, per gettare ancora il seme del Regno nell’attesa di frutti copiosi. Amen

Baldassare Card. Reina, Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma

19 agosto 2025

L’abbraccio del cardinale De Donatis a Bartolomeo

Al termine del vespro presieduto da Bartolomeo di Costantinopoli, lunedì 16 settembre, nella chiesa di san Teodoro al Palatino, il cardinale vicario Angelo De Donatis ha incontrato il patriarca ecumenico. In segno di amicizia, il porporato ha consegnato a Bartolomeo un frammento del corpo di Santa Ciriaca, martire romana del III secolo. Secondo un’antica fonte agiografica, fu Ciriaca a raccogliere il sangue di San Lorenzo e a provvedere alla sepoltura del martire nel campo Verano.

Le reliquie della santa oggi sono custodite nella chiesa di Santa Maria in Portico in Campitelli. Il patriarca Bartolomeo, come racconta il parroco di Santa Maria in Portico, padre Davide Carbonaro, “ha venerato la reliquia affermando che Santa Kyriaki è ricordata dalla tradizione ortodossa e che ad essa sono dedicate delle chiese”.

 

L’80° anniversario del voto a Maria Salus Populi Romani

Foto Diocesi di Roma / Gennari

Roma, 1944. La guerra infuria e i romani si ritrovano insieme, in preghiera, davanti alle immagini sacre. Particolarmente cara è quella del Divino Amore, sulla Torre diroccata. Papa Pio XII teme possa venire distrutta dalle bombe così, per preservarla, la fa spostare dal Santuario di Castel di Leva al centro di Roma. Prima viene ospitata nell’omonima chiesetta di piazza Fontanella Borghese; poi, a maggio, dato l’enorme afflusso di fedeli, si decide di trasferirla a San Lorenzo in Lucina e ancora a Sant’Ignazio di Loyola in Campo Marzio. Qui, il 4 giugno, migliaia di persone, tra fedeli e sacerdoti, pronunciano un voto cittadino alla Madonna, affinché la città venga risparmiata. Ed è proprio quello che accade: attorno alle 19 le truppe alleate entrano a Roma senza trovare la minima resistenza da parte dei tedeschi, che lasciano la città da nord. Il giorno seguente, 5 giugno, la folla si riversa in piazza San Pietro, dove Pio XII dice: «Con indicibile riconoscenza noi veneriamo la Ss.ma Madre di Dio e Madre nostra, Maria, che la titolo e alle glorie di ‘Salus Populi Romani’ ha aggiunto una nuova prova della sua benignità materna, che rimarrà in perenne memoria negli annali dell’Urbe».

Ottanta anni dopo la diocesi di Roma fa memoria di quegli eventi, con una serie di celebrazioni in quattro luoghi diversi; gli stessi che furono i protagonisti della storia del voto del 1944. Si comincia sabato primo giugno al Centro Don Orione di via della Camilluccia: alle 17 è prevista la commemorazione storica presso la parrocchia Santa Maria Mater Dei a cura di don Flavio Peloso, postulatore generale della Congregazione; alle ore 18 la processione verso la Madonnina e la preghiera del Rosario; ancora, alle 19, la solenne concelebrazione eucaristica, animata dal Coro della Diocesi di Roma e presieduta dal cardinale Enrico Feroci, rettore del Santuario del Divino Amore. Al termine della Messa si terrà l’omaggio floreale alla Madonnina, che fu realizzata nel 1953 proprio in memoria degli eventi del 1944, affinché fosse visibile da tutta la città.

Ancora, martedì 4 il voto sarà ricordato nella chiesa di Sant’Ignazio in Campo Marzio: alle ore 18 il vicegerente della diocesi di Roma, il vescovo Baldo Reina, presiederà la preghiera del Rosario guidata dalla Comunità del Divino Amore; alle 18.30 celebrerà la Messa. Sabato 8 giugno, nella basilica di Santa Maria Maggiore, alle 18 è in programma la celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Stanislaw Rylko, arciprete della basilica liberiana; alle 19.30, poi, la recita del Rosario con l’arcivescovo Rolandas Makrickas, arciprete coadiutore della basilica. La conclusione domenica 9 giugno al Santuario della Madonna del Divino Amore, a Castel di Leva. Qui, alle 11, il cardinale Feroci celebrerà la Messa, che sarà concelebrata, tra gli altri, dal vescovo ausiliare del settore Sud, monsignor Dario Gervasi. Poi è prevista la processione con omaggio floreale presso la Torre del primo miracolo, accompagnata dalla banda musicale del Divino Amore.

«Per la prima volta il 4 giugno 2024, dopo l’approvazione del nuovo Proprio della diocesi di Roma, si celebrerà la memoria di Santa Maria Salus Populi Romani – sottolinea il vescovo Reina –. La scelta della data è legata al Voto che i fedeli di Roma insieme al loro Pastore il Papa Pio XII fecero nella chiesa di Sant’Ignazio in Campo Marzio il 4 giugno 1944, davanti all’immagine della Madonna del Divino Amore, portata in quel luogo per salvarla dai bombardamenti sotto l’incubo della devastazione della città assediata».

La lettera del vicegerente
Locandina Anniversario salus populi

28 maggio 2024

L’8 settembre la Messa per i dipendenti. Uffici aperti dalle ore 9.30

Mercoledì 8 settembre, alle ore 8.15, il Cardinale Vicario Angelo De Donatis, all’inizio del nuovo anno pastorale, incontrerà i dipendenti del Vicariato di Roma per celebrare, a San Giovanni in Laterano, l’Eucarestia.

Tutti gli Uffici pertanto apriranno al pubblico a partire dalle ore 9.30.

 

6 settembre 2021

L’8 dicembre la solennità dell’Immacolata Concezione: la preghiera di affidamento a Maria

Martedì 8 dicembre si celebrerà la solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. In vista della giornata, la diocesi di Roma invita a pregare la Vergine Maria a casa propria: il cardinale vicario Angelo De Donatis ha infatti inviato una lettera alle famiglie con la preghiera di affidamento a Maria preparata per l’occasione.

«Come sapete la festa dell’Immacolata Concezione è molto sentita dagli italiani e in particolare da noi romani – scrive il cardinale De Donatis –, soprattutto dai nostri genitori e dai nostri nonni. Allora vi proponiamo per l’8 dicembre di rivolgere una preghiera di affidamento a Maria: in unione con Papa Francesco preghiamo per noi, per le persone che abitano nella nostra città, per la fine della pandemia. Ci mettiamo tutti sotto il manto della Madonna e insieme a lei ci stringiamo al Signore: sentiremo crescere la fraternità con tutti e si rinnoverà la forza per stare in piedi e andare avanti».

Durante la giornata di martedì prossimo, comunque, i francescani della parrocchia dei Santi XII Apostoli assicurano come di consueto la loro presenza nei pressi della colonna di piazza Mignanelli, a ridosso di piazza di Spagna, per quanti vorranno recarsi a rendere un omaggio spontaneo alla Vergine Maria. I primi saranno, come sempre, i Vigili del fuoco, in onore dei 220 colleghi che l’8 dicembre del 1857 inaugurarono il monumento: alle 7.30 del mattino saliranno fino in cima per deporre la propria ghirlanda di fiori sul braccio della Madonna. La colonna di marmo cipollino è alta 12 metri ed è stata progettata dall’architetto Luigi Poletti; sulla sommità svetta la statua mariana in bronzo realizzata dallo scultore Giuseppe Obici.

«È importante che i Vigili del fuoco possano compiere questo gesto davvero a nome di tutta la città – riflette il parroco della basilica di piazza Santi Apostoli frate Aniello Stoia –, un gesto che si carica di attesa. Chiediamo alla Vergine di intercedere perché possiamo essere liberati da questa situazione, e tornare a vivere in serenità con i nostri cari. È bene rimanere in casa e non assembrarsi nei pressi del monumento, ma se comunque qualcuno si trovasse a passare, noi francescani garantiamo la nostra presenza e una benedizione da lontano».

Nella basilica dei Santi XII Apostoli si tiene, tra l’altro, la più antica novena all’Immacolata di Roma: dal 29 novembre al 7 dicembre, alle ore 17.45, si inizia con la recita del Rosario e il canto delle litanie, a cui segue la Messa delle 18.30 presieduta ogni sera da un cardinale; la conclusione con il canto francescano “Tota Pulchra”. Oggi interverrà il cardinale Luis Antonio Tagle, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. Mercoledì 2 dicembre sarà la volta del cardinale Luis Francisco Ladaria Ferrer, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.

Giovedì 3 dicembre tocca invece al neo cardinale Mauro Gambetti, francescano, già Custode del Sacro Convento di Assisi, che ha ricevuto la porpora nel concistoro del 28 novembre. Il giorno successivo celebrerà la Messa il cardinale Beniamino Stella, prefetto della Congregazione del clero; sabato 5 interverrà il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano. Seguirà, domenica 6, il cardinale Mauro Piacenza, penitenziere maggiore, mentre il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, presiederà lunedì 7 dicembre. La conclusione l’8, con il cardinale Giovanni Re, decano del Collegio cardinalizio.

Leggi il messaggio del cardinale vicario alle famiglie e la Preghiera di affidamento a Maria

1 dicembre 2020

L’8 dicembre l’omaggio del Papa all’Immacolata

Domenica 8 dicembre si celebrerà la solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. In occasione della ricorrenza, per tutto il giorno la cittadinanza romana porterà il proprio omaggio alla statua dell’Immacolata in piazza Mignanelli, a ridosso di piazza di Spagna. Come tradizione, i primi saranno i Vigili del fuoco, in onore dei 220 colleghi che l’8 dicembre del 1857 inaugurarono il monumento: alle 7.30 del mattino saliranno fino in cima per deporre la propria ghirlanda di fiori sul braccio della Vergine. Poi, come avviene dal 1953, anche quest’anno parteciperà all’omaggio dell’Urbe il Pontefice, il cui arrivo a piazza di Spagna è previsto per le ore 16. Accolto dal cardinale vicario Angelo De Donatis e dalle autorità civili, pregherà davanti al monumento dedicato alla Madonna e lascerà dei fiori alla sua base.

Prima di PAPA FRANCESCO sarà lunga la schiera di gruppi e personalità che lasceranno serti floreali ai piedi della colonna alta 12 metri progettata dall’architetto Luigi Poletti, sulla cui sommità svetta la statua mariana in bronzo realizzata dallo scultore Giuseppe Obici. Tra i gruppi che porteranno il proprio omaggio, anche i nuclei aziendali delle Acli di Roma, Cotral-Atac, Acea, Inps-Inpdap e i dipendenti di Roma Capitale, come avviene da oltre mezzo secolo.

Animeranno la giornata i francescani della basilica dei Santi XII Apostoli, «con canti e momenti di preghiera – spiega il parroco frate Agnello Stoia –, accogliendo confraternite, gruppi di laici e parrocchie che portano il loro omaggio floreale alla Madonna, condividendo un gesto semplice, proprio come semplice e umile è la Madre». Il religioso sottolinea in particolare l’aspetto spirituale di questo servizio: «Non si tratta solo di mettere i fiori in maniera ordinata ma soprattutto di mantenere, in una giornata di festa e di gioia, un clima di riflessione che possa favorire davvero l’incontro con Maria». Per questo, prosegue, «c’è anche un piccolo gruppo di ascolto, con alcuni confratelli che offrono la “Medaglietta miracolosa” e ne spiegano la devozione. Molti, inoltre, chiedono di confessarsi, perciò dietro la colonna dell’Immacolata ci saranno sacerdoti per il sacramento della riconciliazione». Il servizio sarà offerto dalle 6.30 alle 20. Oltre ai frati della basilica sono coinvolti alcuni giovani chierici studenti del Seraphicum, il gruppo di evangelizzatori di strada della Sveglia francescana e alcuni laici della Milizia dell’Immacolata, l’associazione di fedeli fondata da san Massimiliano Kolbe.

Nella basilica dei Santi XII Apostoli si tiene, tra l’altro, la più antica novena all’Immacolata di Roma: dal 29 novembre al 7 dicembre, alle ore 17.45, si inizia con la recita del Rosario e il canto delle litanie, a cui segue la Messa delle 18.30 presieduta ogni sera da un cardinale; la conclusione con il canto francescano “Tota Pulchra”. Questa sera presiederà il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli; martedì 3 il cardinale Joa Braz De Aviz, prefetto per gli Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica; mercoledì 4 il cardinale Beniamino Stella, prefetto della Congregazione del Clero; giovedì 5 il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali; venerdì 6 il cardinale Giuseppe Versaldi, prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica; sabato 7 il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura.

2 dicembre 2019

L’8 dicembre l’omaggio del Papa al monumento della Vergine

Sabato 8 dicembre si celebrerà la solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. In occasione della ricorrenza, per tutto il giorno la cittadinanza romana porterà il proprio omaggio alla statua dell’Immacolata in piazza Mignanelli, a ridosso di piazza di Spagna. Come tradizione, i primi saranno i Vigili del fuoco, in onore dei 220 colleghi che l’8 dicembre del 1857 inaugurarono il monumento: alle 7.30 del mattino saliranno fino in cima per deporre la propria ghirlanda di fiori sul braccio della Vergine. Poi, come avviene dal 1953, anche quest’anno parteciperà all’omaggio dell’Urbe il Pontefice, il cui arrivo a piazza di Spagna è previsto per le ore 16. Accolto dal cardinale vicario Angelo De Donatis e dalle autorità civili, pregherà davanti al monumento dedicato alla Madonna e lascerà dei fiori alla sua base.

Prima di Papa Francesco sarà lunga la schiera di gruppi e personalità che lasceranno serti floreali ai piedi della colonna alta 12 metri progettata dall’architetto Luigi Poletti, sulla cui sommità svetta la statua mariana in bronzo realizzata dallo scultore Giuseppe Obici. Tra i gruppi che porteranno il proprio omaggio, anche i nuclei aziendali delle Acli di Roma, Cotral-Atac, Acea, Inps-Inpdap e i dipendenti di Roma Capitale, come avviene da oltre mezzo secolo.

Animeranno la giornata i francescani della basilica dei Santi XII Apostoli: «È un servizio che forniamo a confraternite, gruppi laicali, parrocchie che recano il loro omaggio floreale alla Madonna – sottolinea il parroco padre Agnello Stoia –. Non si tratta solo di mettere i fiori in maniera ordinata, ma soprattutto di mantenere, in una giornata di festa e di gioia, un clima di riflessione, di preghiera, di incontro con Maria». Nella chiesa del centro storico si tiene, tra l’altro, la più antica novena all’Immacolata di Roma: dal 29 novembre al 7 dicembre, alle ore 17.45, si inizia con la recita del Rosario e il canto delle litanie, a cui segue la Messa delle 18.30 presieduta ogni sera da un cardinale; la conclusione con il canto francescano “Tota Pulchra”.

Come tradizione, alle 9 nella chiesa della Santissima Trinità dei Monti ci sarà una celebrazione eucaristica dedicata al mondo del lavoro e alle aggregazioni laicali, che sarà presieduta dal vescovo ausiliare del settore Centro monsignor Gianrico Ruzza. Seguirà una processione dei partecipanti fino a piazza Mignanelli, per l’omaggio floreale alla Vergine. «La fanciulla di Nazareth che diviene madre di Gesù rappresenta e realizza la promessa di Dio – commenta don Francesco Pesce, responsabile della Pastorale sociale nella diocesi di Roma –: è il grande mistero gioioso della fede cristiana che per essere vero deve essere ancorato saldamente alla terra. E il mondo del lavoro desidera sempre ricominciare dal “mistero di Nazareth”».

A piazza di Spagna sarà presente anche l’Unitalsi (Unione nazionale italiana trasporto ammalati a Lourdes e santuari internazionali) con oltre 100 disabili e 120 volontari provenienti dalle sezioni romana-laziale, marchigiana, umbra, calabrese e pugliese. Verrà inoltre deposta ai piedi della statua della Madonna una corona di fiori che riproduce il logo dell’Unitalsi, a simboleggiare la devozione dell’associazione alla Vergine Maria.

L’11 marzo una giornata di digiuno e preghiera: la lettera del cardinale vicario ai fedeli della diocesi di Roma

Carissimi,
vi scrivo al termine degli esercizi spirituali con la curia romana ad Ariccia. In questi giorni di preghiera e di silenzio, ho sentito forte il grido della nostra città, dell’Italia e del mondo, in questo momento particolare che stiamo vivendo. È una situazione a cui non siamo abituati, che ci preoccupa, ma soprattutto ora siamo chiamati a vivere con la forza della fede, la certezza della speranza, la gioia della carità.

Mettendoci in ascolto della Parola di Dio di ogni giorno, vogliamo leggere questi tempi con i Suoi occhi, aiutando le nostre comunità a tornare a Lui, a riscoprire ciò che è essenziale, a ritrovare il gusto della preghiera. Sono questi i giorni in cui infondere speranza, in cui trasmettere fiducia, in cui metterci in ginocchio per intercedere per il mondo. Penso all’intercessione della regina Ester per la salvezza del suo popolo (cfr. Est 4,17) e all’insegnamento di Gesù sull’efficacia della preghiera (cfr. Mt 7,7-12). Questa forza la sperimentiamo in particolare quando siamo consapevoli delle nostre debolezze, delle nostre fragilità, del senso di smarrimento che avvertiamo davanti all’imprevisto e all’ignoto.

“Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” (Mt 7,7).
Chiedere è l’atteggiamento del mendicante che ha bisogno di ricevere dagli altri ciò che non può ottenere con le proprie forze. A Dio chiediamo ciò che non possiamo procurarci da soli: il soffio della vita, il perdono, la pace interiore, la salvezza. Cercare indica un movimento, un darsi da fare per avere prima di tutto “il Regno di Dio e la sua giustizia” (cfr. Mt 6,33), certi che Dio provvederà per ciò di cui abbiamo bisogno. Bussare è desiderare di entrare nell’intimità del Padre, cioè nella Sua volontà, attraverso la porta della misericordia che è Cristo stesso.

Il Centro per la Pastorale Sanitaria, dall’inizio dell’anno, invita a celebrare ogni mese, il giorno 11, la giornata mensile del malato. Vista la necessità del momento, in comunione con il Consiglio Episcopale, chiedo a tutti i cristiani di Roma, di offrire una giornata di preghiera e di digiuno, mercoledì 11 marzo 2020, per invocare da Dio aiuto per la nostra città, per l’Italia e per il mondo. Lo stesso giorno presiederò una Santa Messa dal Santuario del Divino Amore alle 19 che vi invito a seguire in diretta su Telepace (canale 73 e canale 515 di Sky) e in streaming sulla pagina Facebook della diocesi di Roma.

Pregheremo per quanti sono contagiati e per chi si prende cura di loro; e per le nostre comunità, perché siano testimonianza di fede e di speranza in questo momento.

Oltre al digiuno, rinunciando ad un pasto, vogliamo essere vicini, con un segno di elemosina, raccogliendo delle offerte che devolveremo a sostegno del personale sanitario che si sta spendendo con generosità e sacrificio nella cura dei malati (le offerte si potranno consegnare al Centro per la Pastorale Sanitaria del Vicariato).

Affidandoci a Maria, Madre del Divino Amore e Salute degli infermi,
Vi benedico,

Angelo card. De Donatis

6 marzo 2020

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