17 Dicembre 2025

E’ entrata nella luce della Resurrezione Clelia, mamma di don De Paoli

Il Cardinale Vicario Angelo De Donatis,

il Consiglio Episcopale e il Presbiterio della Diocesi di Roma,

sono vicini al dolore di Don Mauro De Paoli,

Vicario parrocchiale della Parrocchia di San Bernardo da Chiaravalle,

per la morte della sua cara mamma

Clelia

di anni 83

e, assicurando preghiere di suffragio, invocano Dio Padre,

ricco di misericordia, perché conceda a Clelia

il premio della vita eterna e dia conforto ai suoi familiari.

I funerali si svolgeranno sabato 11 marzo 2023, alle ore 10.30,

presso la Parrocchia Santa Maria Mater Ecclesiae

(Via Sciangai, 10)

 

10 marzo 2023

Corso di formazione permanente: La preghiera – online (Uff. Catechistico)

Corso di formazione permanente: La preghiera – online (Uff. Catechistico)

Nella Sala della Conciliazione presiede il Convegno “Pacem in terris” in occasione del 60° anniversario dell’Enciclica di San Giovanni XXIII

Nella Sala della Conciliazione presiede il Convegno “Pacem in terris” in occasione del 60° anniversario dell’Enciclica di San Giovanni XXIII.

Incontri su Leopardi: i testi della seconda serata

Scarica qui i testi

Due tra le più celebri liriche di Giacomo Leopardi, studiate a scuola, ascoltate, lette, ormai patrimonio collettivo e uno dei dialoghi delle “Operette Morali”: saranno “A Silvia”, “Il sabato del villaggio” e “Dialogo della moda e della morte” i testi sui quali Franco Nembrini, professore e saggista, si soffermerà nella seconda serata del ciclo di meditazioni quaresimali “Ed io che sono?”, questa sera (mercoledì 8 marzo) nella basilica di San Giovanni in Laterano. Come di consueto, l’appuntamento sarà aperto da una introduzione di don Fabio Rosini, direttore dell’Ufficio per le vocazioni della diocesi di Roma, e verrà concluso da una riflessione del cardinale vicario Angelo De Donatis.

Segui qui la diretta

https://www.youtube.com/live/aZmAxzAcUvw?feature=share

Di seguito i testi leopardiani

A Silvia
Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?
Sonavan le quiete
Stanze, e le vie dintorno,
Al tuo perpetuo canto,
Allor che all’opre femminili intenta
Sedevi, assai contenta
Di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
Così menare il giorno.
Io gli studi leggiadri
Talor lasciando e le sudate carte,
Ove il tempo mio primo
E di me si spendea la miglior parte,
D’in su i veroni del paterno ostello
Porgea gli orecchi al suon della tua voce,
Ed alla man veloce
Che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
Le vie dorate e gli orti,
E quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
Quel ch’io sentiva in seno.
Che pensieri soavi,
Che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
La vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
Un affetto mi preme
Acerbo e sconsolato,
E tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
Perché non rendi poi
Quel che prometti allor? perché di tanto
Inganni i figli tuoi?
Tu pria che l’erbe inaridisse il verno,
Da chiuso morbo combattuta e vinta,
Perivi, o tenerella. E non vedevi
Il fior degli anni tuoi;
Non ti molceva il core
La dolce lode or delle negre chiome,
Or degli sguardi innamorati e schivi;
Nè teco le compagne ai dì festivi
Ragionavan d’amore
Anche peria fra poco
La speranza mia dolce: agli anni miei
Anche negaro i fati
La giovanezza. Ahi come,
Come passata sei,
Cara compagna dell’età mia nova,
Mia lacrimata speme!
Questo è quel mondo? questi
I diletti, l’amor, l’opre, gli eventi
Onde cotanto ragionammo insieme?
Questa la sorte dell’umane genti?
All’apparir del vero
Tu, misera, cadesti: e con la mano
La fredda morte ed una tomba ignuda
Mostravi di lontano.

Il sabato del villaggio
La donzelletta vien dalla campagna,
In sul calar del sole,
Col suo fascio dell’erba; e reca in mano
Un mazzolin di rose e di viole,
Onde, siccome suole,
Ornare ella si appresta
Dimani, al dì di festa, il petto e il crine.
Siede con le vicine
Su la scala a filar la vecchierella,
Incontro là dove si perde il giorno;
E novellando vien del suo buon tempo,
Quando ai dì della festa ella si ornava,
Ed ancor sana e snella
Solea danzar la sera intra di quei
Ch’ebbe compagni dell’età più bella.
Già tutta l’aria imbruna,
Torna azzurro il sereno, e tornan l’ombre
Giù da’ colli e da’ tetti,
Al biancheggiar della recente luna.
Or la squilla dà segno
Della festa che viene;
Ed a quel suon diresti
Che il cor si riconforta.
I fanciulli gridando
Su la piazzuola in frotta,
E qua e là saltando,
Fanno un lieto romore:
E intanto riede alla sua parca mensa,
Fischiando, il zappatore,
E seco pensa al dì del suo riposo.
Poi quando intorno è spenta ogni altra face,
E tutto l’altro tace,
Odi il martel picchiare, odi la sega
Del legnaiuol, che veglia
Nella chiusa bottega alla lucerna,
E s’affretta, e s’adopra
Di fornir l’opra anzi il chiarir dell’alba.
Questo di sette è il più gradito giorno,
Pien di speme e di gioia:
Diman tristezza e noia
Recheran l’ore, ed al travaglio usato
Ciascuno in suo pensier farà ritorno.
Garzoncello scherzoso,
Cotesta età fiorita
È come un giorno d’allegrezza pieno,
Giorno chiaro, sereno,
Che precorre alla festa di tua vita.
Godi, fanciullo mio; stato soave,
Stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vo’; ma la tua festa
Ch’anco tardi a venir non ti sia grave.

 

Dialogo della moda e della morte/Operette Morali

 

Moda

Madama Morte, madama Morte.

Morte

Aspetta che sia l’ora, e verrò senza che tu mi chiami.

Moda

Madama Morte.

Morte

Vattene col diavolo. Verrò quando tu non vorrai.

Moda

Come se io non fossi immortale.

Morte

Immortale?

Passato è già più che ’l millesim’anno che sono finiti i tempi degl’immortali.

Moda

Anche Madama petrarcheggia come fosse un lirico italiano del cinque o dell’ottocento?

Morte

Ho care le rime del Petrarca, perché vi trovo il mio Trionfo, e perché parlano di me quasi da per tutto. Ma in somma levamiti d’attorno.

Moda

Via, per l’amore che tu porti ai sette vizi capitali, fermati tanto o quanto, e guardami.

Morte

Ti guardo.

Moda

Non mi conosci?

Morte

Dovresti sapere che ho mala vista, e che non posso usare occhiali, perché gl’Inglesi non ne fanno che mi valgano, e quando ne facessero, io non avrei dove me gl’incavalcassi.

Moda

Io sono la Moda, tua sorella.

Morte

Mia sorella?

Moda

Sì: non ti ricordi che tutte e due siamo nate dalla Caducità?

Morte

Che m’ho a ricordare io che sono nemica capitale della memoria.

Moda

Ma io me ne ricordo bene; e so che l’una e l’altra tiriamo parimente a disfare e a rimutare di continuo le cose di quaggiù, benché tu vadi a questo effetto per una strada e io per un’altra.

Morte

In caso che tu non parli col tuo pensiero o con persona che tu abbi dentro alla strozza, alza più la voce e scolpisci meglio le parole; che se mi vai borbottando tra’ denti con quella vocina da ragnatelo, io t’intenderò domani, perché l’udito, se non sai, non mi serve meglio che la vista.

Moda

Benché sia contrario alla costumatezza, e in Francia non si usi di parlare per essere uditi, pure perché siamo sorelle, e tra noi possiamo fare senza troppi rispetti, parlerò come tu vuoi. Dico che la nostra natura e usanza comune è di rinnovare continuamente il mondo, ma tu fino da principio ti gittasti alle persone e al sangue; io mi contento per lo più delle barbe, dei capelli, degli abiti, delle masserizie, dei palazzi e di cose tali. Ben è vero che io non sono però mancata e non manco di fare parecchi giuochi da paragonare ai tuoi, come verbigrazia sforacchiare quando orecchi, quando labbra e nasi, e stracciarli colle bazzecole che io v’appicco per li fori; abbruciacchiare le carni degli uomini con istampe roventi che io fo che essi v’improntino per bellezza; sformare le teste dei bambini con fasciature e altri ingegni, mettendo per costume che tutti gli uomini del paese abbiano a portare il capo di una figura, come ho fatto in America e in Asia;1 storpiare la gente colle calzature snelle; chiuderle il fiato e fare che gli occhi le scoppino dalla strettura dei bustini; e cento altre cose di questo andare. Anzi generalmente parlando, io persuado e costringo tutti gli uomini gentili a sopportare ogni giorno mille fatiche e mille disagi, e spesso dolori e strazi, e qualcuno a morire gloriosamente, per l’amore che mi portano. Io non vo’ dire nulla dei mali di capo, delle infreddature, delle flussioni di ogni sorta, delle febbri quotidiane, terzane, quartane, che gli uomini si guadagnano per ubbidirmi, consentendo di tremare dal freddo o affogare dal caldo secondo che io voglio, difendersi le spalle coi panni lani e il petto con quei di tela, e fare di ogni cosa a mio modo ancorché sia con loro danno.

Morte

In conclusione io ti credo che mi sii sorella e, se tu vuoi, l’ho per più certo della morte, senza che tu me ne cavi la fede del parrocchiano.’ Ma stando così ferma, io svengo; e però, se ti dà l’animo di corrermi allato, fa di non vi crepare, perch’io fuggo assai, e correndo mi potrai dire il tuo bisogno; se no, a contemplazione della parentela, ti prometto, quando io muoia, di lasciarti tutta la mia roba, e rimanti col buon anno.

Moda

Se noi avessimo a correre insieme il palio, non so chi delle due si vincesse la prova, perché se tu corri, io vo meglio che di galoppo; e a stare in un luogo, se tu ne svieni, io me ne struggo. Sicché ripigliamo a correre, e correndo, come tu dici, parleremo dei casi nostri.

Morte

Sia con buon’ora. Dunque poiché tu sei nata dal corpo di mia madre, saria conveniente che tu mi giovassi in qualche modo a fare le mie faccende.

Moda

Io l’ho fatto già per l’addietro più che non pensi.Primieramente io che annullo o stravolgo per lo continuo tutte le altre usanze, non ho mai lasciato smettere in nessun luogo la pratica di morire, e per questo vedi che ella dura universalmente insino a oggi dal principio del mondo.

Morte

Gran miracolo, che tu non abbi fatto quello che non hai potuto!

Moda

Come non ho potuto? Tu mostri di non conoscere la potenza della Moda:

Morte

Ben bene: di cotesto saremo a tempo a discorrere quando sarà venuta l’usanza che non si muoia. Ma in questo mezzo io vorrei che tu da buona sorella, m’aiutassi a ottenere il contrario più facilmente e più presto che non ho fatto finora.

Moda

Già ti ho raccontate alcune delle opere mie che ti fanno molto profitto. Ma elle sono baie per comparazione a queste che io ti vo’ dire. A poco per volta, ma il più in questi ultimi tempi, io per favorirti ho mandato in disuso e in dimenticanza le fatiche e gli esercizi che giovano al ben essere corporale, e introdottone o recato in pregio innumerabili che abbattono il corpo in mille modi e scorciano la vita. Oltre di questo ho messo nel mondo tali ordini e tali costumi, che la vita stessa, così per rispetto del corpo come dell’animo, e più morta che viva; tanto che questo secolo si può dire con verità che sia proprio il secolo della Morte: E quando che anticamente tu non avevi altri poderi che fosse e caverne, dove tu seminavi ossami e polverumi al buio, che sono semenze che non fruttano; adesso hai terreni al sole; e genti che si muovono e che vanno attorno co’ loro piedi, sono roba, si può dire, di tua ragione libera, ancorché tu non le abbi mietute, anzi subito che elle nascono. Di più, dove per l’addietro solevi essere odiata e vituperata, oggi per opera mia le cose sono ridotte in termine che chiunque ha intelletto ti pregia e loda, anteponendoti alla vita, e ti vuol tanto bene che sempre ti chiama e ti volge gli occhi come alla sua maggiore speranza. Finalmente perch’io vedeva che molti si erano vantati di volersi fare immortali, cioè non morire interi, perché una buona parte di sé non ti sarebbe capitata sotto le mani, io quantunque sapessi che queste erano ciance, e che quando costoro o altri vivessero nella memoria degli uomini, vivevano, come dire, da burla, e non godevano della loro fama più che si patissero dell’umidità della sepoltura; a ogni modo intendendo che questo negozio degl’immortali ti scottava, perché parea che ti scemasse l’onore e la riputazione, ho levata via quest’usanza di cercare l’immortalità, ed anche di concederla in caso che pure alcuno la meritasse. Di modo che al presente, chiunque si muoia, sta sicura che non ne resta un briciolo che non sia morto, e che gli conviene andare subito sotterra tutto quanto, come un pesciolino che sia trangugiato in un boccone con tutta la testa e le lische. Queste cose, che non sono poche né piccole, io mi trovo aver fatte finora per amor tuo, volendo accrescere il tuo stato nella terra, com’è seguito. E per quest’effetto sono disposta a far ogni giorno altrettanto e più; colla quale intenzione ti sono andata cercando; e mi pare a proposito che noi per l’avanti non ci partiamo dal fianco l’una dell’altra, perché stando sempre in compagnia, potremo consultare insieme secondo i casi, e prendere migliori partiti che altrimenti, come anche mandarli meglio ad esecuzione.

Morte Tu dici il vero, e così voglio che facciamo.

 

Scarica qui i testi

8 marzo 2023

Ascoltando i maestri: incontro su Galileo Galilei

«Due veri, la Scrittura Sacra e la natura, non possono mai contrariarsi». Parte da quest’affermazione, contenuta nella lettera a padre Benedetto Castelli di Galileo Galilei, l’incontro dedicato allo scienziato pisano del ciclo “Ascoltando i maestri”, promosso dall’Ufficio per la pastorale universitaria della diocesi di Roma, in programma venerdì 10 marzo alle ore 19.45 nella chiesa di Trinità dei Monti.

Interverranno monsignor Andrea Lonardo, direttore dell’Ufficio diocesano, e Francesca Favino, storica della scienza alla Sapienza Università di Roma. Modera Francesco d’Alfonso, dell’Ufficio per la pastorale universitaria. Come di consueto, il dialogo sarà intervallato e accompagnato da musica, danza e parti recitate, grazie agli attori Roberta Azzarone, Alberto Penna, Giorgio Sales, al liutista Eduardo Blasetti, ai danzatori Federica Bisceglia e Alessandro Scavello e al Coro Musicanova diretto da Fabrizio Barchi.

8 marzo 2023

Tavolo di ascolto per il cammino sinodale (Uff. Past. Universitaria)

Tavolo di ascolto per il cammino sinodale (Uff. Past. Universitaria)

Corso di formazione per catechisti istituendi – online (Uff. Catechistico)

Corso di formazione per catechisti istituendi – online (Uff. Catechistico)

Meditazione in occasione del primo incontro quaresimale ’23

La chiusura della fase diocesana della causa di beatificazione del servo di Dio Ivan Bonifacio Pavletić

La sessione di chiusura dell’inchiesta diocesana sulla vita, le virtù eroiche e la fama di santità e di segni del Servo di Dio Ivan Bonifacio Pavletić, religioso della Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione, si svolgerà venerdì 10 marzo 2023 alle ore 12 presso la Sala della Conciliazione, costituita per il Tribunale nel Palazzo Apostolico Lateranense. Il rito verrà trasmesso in diretta sulla pagina YouTube della diocesi di Roma.

La sessione di chiusura dell’inchiesta diocesana sarà presieduta da monsignor Giuseppe D’Alonzo, delegato dal cardinale vicario Angelo De Donatis. Il tribunale sarà così costituito: monsignor D’Alonzo, delegato a presiedere; monsignor Francesco Maria Tasciotti, delegato episcopale; don Andrea De Matteis, promotore di giustizia; Marcello Terramani, notaio attuario; Francesco Allegrini, notaio aggiunto. Sarà presente il postulatore Paolo Vilotta.

Ivan Pavletić nacque a Zbjegovača, frazione di Kutina, in Croazia, il 25 giugno 1864, in una famiglia di agricoltori di fede cattolica. Nel 1875 perse entrambi i genitori, ma venne affidato alla sorella e allo zio. Come tutti i ragazzi della zona, faceva il pastore di animali domestici e poi, all’età di 14 anni, iniziò a imparare un mestiere, quello di calzolaio. A 22 anni si recò a Graz, in territorio austriaco, dove si iscrisse alla “Società Cattolica dei giovani operai”, apprezzandone le iniziative religiose, dal momento che era molto riflessivo, amante del silenzio e della preghiera. Nel circolo incontrò un giovane moravo, Alberto Muller, che proveniva da Vienna e pensava di andare a Roma per realizzare la sua vocazione di consacrazione. Pavletić decise di accompagnarlo e consacrarsi anche lui.

Il 28 giugno 1887, Ivan fu accolto nell’Istituto Figli Ospedalieri dell’Immacolata Concezione, oggi Figli dell’Immacolata Concezione, e accettato come postulante dal fondatore LUIGI MARIA MONTI, oggi beato. Risiedeva in piazza Mastai, Roma, e prestava servizio nell’ospedale di Santo Spirito in Sassia come calzolaio e assistente dei malati. Prese il nome di fratel Bonifacio. Il 14 ottobre 1890, fu presso l’orfanotrofio di Saronno come “operaio calzolaio e maestro di orfani”, accompagnato dallo stesso fondatore. Nell’aprile del 1892, Pavletić tornò a Roma e fu nominato vice maestro dei novizi. Nel marzo del 1896 l’emissione dei voti perpetui.

Tutti gli anni di servizio nella congregazione, furano accompagnati dalla malattia, una tubercolosi polmonare laringea, che lo privò pian piano dell’uso della parola a tal punto da fargli annotare nel suo diario: «Il pregare con la bocca mi dà gran fastidio, pregherò con il cuore». Sabato 30 ottobre 1897, il Servo di Dio fece l’ultima confessione e giovedì 4 novembre morì. Venne sepolto al Verano, nella tomba della congregazione. Nel 2008 avvenne la traslazione nella chiesa della Casa generalizia dei Figli dell’Immacolata Concezione.

«Quando vi era qualche fatica da fare, non aspettava la chiamata, ma spontaneo si esibiva, e precedeva gli altri – racconta il postulatore della causa Paolo Vilotta –. Anzi dirò che egli aveva più bisogno di freno, che di sprone. Dopo qualche tempo dalla sua vestizione, essendo ancor novizio, sapendo i superiori che egli nel secolo faceva l’arte del calzolaio, fu destinato con un altro fratello a sopperire a tale ufficio. Con l’assidua attenzione, con l’umile sua sottomissione, col silenzio e con la fatica, doti indispensabili per bene apprendere qualunque arte e mestiere, egli in breve riuscì ottimo artista, e per la religiosa famiglia fu di grande utile ogni qualvolta di ciò aveva bisogno. Il beato Luigi Monti, testimone oculare del suo operato mentre apprendeva, dirà che per la sollecitudine di apprendere più presto possibile l’arte, domandava continuamente, come doveva fare la tal cosa, la tal altra, e spesso faceva vedere se andava bene o no ciò che aveva fatto. Sebbene, era contento, se non era poi come doveva, subito cercava, insegnato, di rimediarvi con la solita ilarità».

7 marzo 2023

Con la Quaresima torna il “momento della luce”

«Un incontro familiare, di venti-trenta minuti, che non richiede alcuna particolare preparazione religiosa, ma solo il desiderio di provare a parlare in modo vero tra voi». Questo è il “momento della luce”, un momento di condivisione e preghiera in famiglia che l’Ufficio catechistico della diocesi di Roma propone per i momenti forti dell’anno liturgico. Come la Quaresima. Di qui l’invito del direttore, don Andrea Cavallini: «Questi momenti di condivisione familiare proposti sono una possibilità per le famiglie nel percorso di catechesi; l’itinerario proposto durante il Tempo Quaresimale ci invita a riflettere su alcune parole che si incontrano nei vangeli domenicali».

Lo schema da seguire è lo stesso utilizzato nell’Avvento, in cinque punti: inizio, condivisione, ascolto, preghiera, conclusione. Al punto 3 è prevista la lettura di un testo o brano del Vangelo, diverso per ogni settimana. «Da questo schema essenziale non è opportuno togliere qualcosa – spiegano dall’Ufficio catechistico –. A seconda delle necessità della settimana o delle abitudini familiari, invece, potete aggiungere liberamente degli elementi nuovi: per esempio un simbolo particolare, una canzone o un canto religioso (all’inizio e/o alla fine), oppure delle preghiere spontanee (al punto 4 prima del Padre Nostro), oppure un momento in cui ci si chiede perdono per qualcosa, un momento in cui ci si ringrazia per qualcosa, ecc».

Per aiutare le famiglie a organizzare il “momento della luce” è disponibile anche un video sul sito dell’Ufficio diocesano: https://youtu.be/_Js5rW5TVW4

7 marzo 2023

Corso online di formazione sui casi difficili di matrimonio (Uff. Matrimoni)

Corso online di formazione sui casi difficili di matrimonio (Uff. Matrimoni)

Incontro per i cappellani ospedalieri – Vicariato di Roma (Sala terzo piano) (Uff. Past. Sanitaria)

Incontro per i cappellani ospedalieri – Vicariato di Roma (Sala terzo piano) (Uff. Past. Sanitaria)

Articoli recenti