12 Maggio 2025

X Incontro mondiale delle famiglie: l’immagine ufficiale dipinta da padre Rupnik

È dipinta da padre Marko Ivan Rupnik – artista, teologo e direttore dell’Atelier dell’Arte del Centro Aletti – l’immagine ufficiale del X Incontro Mondiale delle Famiglie, che avrà il suo centro a Roma dal 22 al 26 giugno del 2022.

Il dipinto, in cui predominano i colori caldi, ha un formato 80cmx80cm ed è stato realizzato con colori vinilici su gesso applicato su legno. Il titolo dell’opera è: “Questo mistero è grande”.

Come sfondo dell’immagine si è scelto l’episodio delle nozze di Cana di Galilea. Sulla sinistra gli sposi appaiono coperti da un velo. Il servo che versa il vino ha il volto con i tratti di San Paolo, secondo l’antica iconografia cristiana. È lui a scostare con la mano il velo e riferendosi al matrimonio esclama: «Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!» (Ef 5, 32). L’immagine rivela così come l’amore sacramentale tra uomo e donna sia un riflesso dell’amore e dell’unità indissolubile tra Cristo e la Chiesa: Gesù versa il Suo sangue per lei. «A Cana – spiega padre Rupnik – nella trasformazione dell’acqua in vino, si aprono gli orizzonti del sacramento, cioè del passaggio dal vino al sangue di Cristo.» «Paolo sta infatti versando lo stesso sangue che la Sposa raccoglie nel calice».

«Spero – sottolinea ancora l’artista e teologo – che attraverso questa piccola immagine possiamo comprendere che per noi cristiani la famiglia è l’espressione del Sacramento» del matrimonio e «questo cambia totalmente il suo significato, perché un sacramento implica sempre la trasformazione». Nel matrimonio cristiano, infatti, l’amore degli sposi viene trasformato, perché reso partecipe dell’amore che Cristo ha per la Chiesa. In tal senso, il matrimonio ha una dimensione ecclesiale ed è inseparabile dalla Chiesa.

Clicca qui per la meditazione completa di padre Rupnik

Clicca qui per la versione breve

Per l’uso dell’immagine si prega di citare l’autore con la seguente dicitura: Opera di p. Marko Ivan Rupnik, 2021

Scarica l’Immagine

28 luglio 2021

“Questo mistero è grande”: la meditazione di padre Rupnik

La famiglia di per sé appartiene all’esistenza secondo la natura. Noi sappiamo che anche nel mondo degli animali ci sono delle famiglie. Persino gli uccelli, i pesci hanno una famiglia.

Allora la famiglia esprime il modo di esistere degli esseri viventi, è qualcosa che appartiene alla natura del creato.
Ma, per la nostra fede, secondo la nostra tradizione cristiana, non è così perché con il Battesimo noi cristiani riceviamo una vita nuova, una vita non secondo l’esistenza della natura, ma secondo una vita che appartiene a Dio. Dio dà a noi in partecipazione il suo modo di essere.
Per noi cristiani la famiglia è l’espressione di un sacramento, che è il Matrimonio. E questo cambia totalmente il suo significato, perché un sacramento implica sempre la trasformazione. È dentro alla vita naturale che lo Spirito Santo realizza la trasformazione del modo di esistenza. E lo fa trasfigurando la vita naturale, non negandola, ma assumendola e trasformandola, perché il primato non è più della natura, ma della relazione.

Allora per impostare questa immagine, in occasione di questo grande raduno delle famiglie, ho pensato da cosa partire.
Quello che sentivo importante è far vedere la novità della famiglia secondo la Chiesa, secondo il Battesimo, secondo la vita in Cristo, secondo l’uomo nuovo.

Perciò mi sono ricordato del grande padre della Chiesa siriaca San Giacomo di Sarug, che parla del “velo di Mosé”.
San Giacomo imposta una bellissima omelia in versi sul passo del libro della Genesi quando viene detto che “Dio ha creato uomo e donna” e poi dice che “L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua moglie in modo che di due divengano completamente uno” cioè una sola realtà, una sola carne.

San Giacomo di Sarug dice che Mosè ha parlato, sì, di uomo e donna, ma di per sé lui ha visto dentro questa realtà: una realtà più profonda di cui non osava parlare. Per questo motivo ha messo sopra un velo, di modo che nessuno potesse vedere veramente ciò che i suoi occhi avevano contemplato. Perché? Perché l’umanità non era ancora pronta ad accogliere questo grande Mistero.
Poiché si tratta dell’uomo e della donna che si uniscono, ho scelto l’immagine delle nozze di Cana. Noi sappiamo dai testi sapienziali – come ad esempio il Siracide – che il vino è ciò che dà gusto alla vita perché il vino è l’amore che racchiude il senso dell’esistenza umana. Allora nell’episodio di Cana, quando Maria dice “Non hanno più vino”, in quel momento, Maria in realtà sta dicendo a Cristo: “Questi sono sposi, ma non hanno più l’Amore”.

E siccome si vedeva nell’immagine uomo-donna il rapporto tra Dio e l’uomo (basti pensare al Cantico dei Cantici), da questo passo si evince che il rapporto tra uomo e Dio si è esaurito, cioè non è più vissuto, non è più fondato sull’Amore.

Infatti, la tradizione patristica vede nelle sei giare la legge di Mosè che doveva servire per la purificazione. Le sei giare però sono vuote. Per di più sono di pietra. Allora praticamente, nell’episodio delle nozze di Cana avviene un enorme passo nel rapporto tra uomo e Dio: si esaurisce una relazione basata sulla legge che viene dall’esterno e che progressivamente è sempre più stata letta e capita in modo moralistico e si manifesta una nuova relazione tra Dio e uomo, che è una relazione tra Padre e Figlio, a cui partecipano tutti coloro che fanno propria la vita del Figlio.

È una relazione fondata veramente nell’Amore e che diventa espressione dell’Amore.
Allora ho preso l’immagine di Cana e sono andato da Giacomo di Sarug.
Chiunque si intende un po’ di iconografia cristiana antica, riconosce subito in questo servo delle nozze il volto di san Paolo.
Qualcuno potrebbe dire: “Ma che c’entra san Paolo con le nozze di Cana, se Paolo non era presente a Cana di Galilea durante le nozze?” C’entra, c’entra! Vediamo!

Vorrei leggere alcuni passi di Giacomo di Sarug.
Ho detto che Giacomo ha velato questa immagine. Giacomo dice infatti: “Il profeta Mosè introdusse il racconto dell’uomo e di sua moglie / poiché attraverso di loro si parla di Cristo e della sua Chiesa. / Con l’occhio rapito della profezia, Mosè vide Cristo, / e come Lui e la sua Chiesa sarebbero stati uno nelle acque del battesimo; / egli vide Lui indossarla nel grembo verginale / e lei indossarlo nell’acqua battesimale”.

È formidabile questo scambio! Lui si incarna e, come figlio di Dio, diventa uomo per poi manifestare nelle acque battesimali l’uomo rivestito di Cristo.

“…lo Sposo e la Sposa sono spiritualmente diventati uno, / ed era di loro che Mosè scrisse ‘I due saranno uno’… Allora Mosè, evidentemente velato, “vide Cristo e lo chiamò uomo, / vide anche la Chiesa e la chiamò donna”. È formidabile: lui ha chiamato uomo ciò che era Cristo e l’umanità assunta da Cristo l’ha chiamata Chiesa. “E poiché c’era il velo disteso sopra, / nessuno sapeva ciò che era quella grande pittura, o chi rappresentava.”

Ma adesso arriva il più bello.
“Dopo la festa di nozze [dunque dopo la Pasqua di Cristo], Paolo entrò e vide / il velo steso là, lo prese e lo tirò via dalla bella coppia. / Così scoprì e rivelò al mondo intero Cristo e la sua Chiesa / che il profeta Mosè aveva raffigurato nella sua profezia. / L’Apostolo tremò e gridò: ‘Questo mistero è grande’ / e cominciò a mostrare ciò che la pittura coperta era: / “In coloro chiamati «uomo e donna» nelle scritture profetiche / io riconosco Cristo e la sua Chiesa, i due che sono uno”. / Il velo sul volto di Mosè ora è stato rimosso; / venite tutti e vedete uno splendore che non stanca mai; / il grande mistero che fu velato ora è venuto alla luce. / Che gli invitati alle nozze gioiscano dello Sposo e della Sposa, così belli. / Egli si donò a lei, ed era nato da una ragazza povera; / la fece sua, ed essa è legata a lui e gioisce con lui. / Egli scese nelle profondità e sollevò l’umile fanciulla alle altezze, / perché sono uno, e dove è lui, là lei è con lui. / Il grande Paolo, quella grande profondità tra gli apostoli, / espose il mistero, che ora è detto chiaramente. / La grande bellezza che era stata velata ora era venuta all’aperto, / e tutti i popoli del mondo videro il suo splendore. / Il promesso Sposo fece entrare la figlia del giorno in un nuovo grembo, / e le acque di prova del battesimo furono nelle doglie e la partorirono: / Egli rimase nell’acqua e la invitò: essa scese, si ammantò di Lui e risalì; / nell’eucarestia lo ricevette, e così le parole di Mosè che i due saranno uno furono provate. / Dall’acqua deriva la casta e santa unione / della Sposa e dello Sposo, uniti in spirito nel battesimo. / Le donne non sono unite ai loro mariti allo stesso modo / di come la Chiesa è unita al Figlio di Dio. / Quale sposo muore per la sua sposa, tranne nostro Signore? / Quale sposa ha scelto un trucidato per marito? / Chi, dall’inizio del mondo, ha mai dato il suo sangue come dono nuziale, / tranne il Crocifisso, che suggellò il matrimonio con le sue stesse ferite? / Chi ha mai visto un cadavere posto in mezzo a una festa nuziale, / con la sposa che lo abbraccia, aspettando di essere consolata da lui? / A quale festa nuziale, tranne questa, spezzarono / il corpo dello sposo per gli ospiti invece di altro cibo? / La morte separa le mogli dai loro mariti, / ma qui è la morte ad unire questa Sposa al suo Amato! / Egli morì sulla croce e dette il suo corpo alla Sposa resa gloriosa, / che lo coglie e lo mangia ogni giorno alla sua mensa. / Egli aprì il suo fianco e unì il suo calice al santo sangue / per darlo a lei da bere così da farle dimenticare i suoi molti idoli. / Lei lo unse con olio, lo indossò nell’acqua, lo consumò nel Pane, / lo bevve nel Vino, affinché il mondo potesse conoscere che i due sono uno. / Egli morì sulla croce, ma lei non lo cambiò con un altro; / lei è piena d’amore per la sua morte, sapendo che da essa ha la vita”. (Giacomo di Sarug)

È molto forte il fatto che l’uomo e la donna nel sacramento del Matrimonio sono innestati nell’unità nel figlio di Dio con l’umanità, con la Chiesa. Mai più Cristo è senza il corpo, ma si tratta del corpo di gloria, del corpo risorto. Il Matrimonio è dunque partecipe di questa indissolubile e incrollabile unità tra Dio e l’uomo.

Parafraso, ma molto poco, san Giovanni Crisostomo, che afferma una cosa che forse oggi potrebbe essere contestata da tantissimi. Egli afferma che il sacramento del Matrimonio è una testimonianza anche per i consacrati che seguono il cammino della verginità. Esso infatti attesta loro ciò che potrebbero anche non cogliere così immediatamente, e cioè che il Matrimonio realizza ed è l’espressione nella vita e nella storia di quell’unità di Cristo con la sua sposa, di Cristo con la Chiesa. Anche i consacrati, pertanto, attraverso gli sposati, comprendono che anche loro, grazie alla loro vocazione battesimale, partecipano di questa unità di Cristo, figlio di Dio, e l’umanità.

Penso che Nikolaj Berdjaev, in questo nostro contesto storico, abbia davvero da dire una grande cosa. Una volta lui ha scritto che nelle tradizioni cristiane, il Matrimonio non è stato ancora esplorato, perché lo abbiamo troppo velocemente coperto con la famiglia, ma secondo la natura. Spero che, attraverso questo testo e anche attraverso questa piccola immagine, possiamo comprendere che per noi cristiani la famiglia è l’espressione del Sacramento e che essa ha una dimensione ecclesiale, pertanto è inseparabile dalla Chiesa. In essa, il legame di sangue non può essere in competizione con la nostra partecipazione al sangue di Cristo, anche se è facile che vinca il sangue secondo la natura e non il sangue dell’Eucarestia. Ma, come dice un altro grande padre, Nicola Cabasilas: “Noi siamo veramente consanguinei di Cristo”. I genitori ci hanno dato il sangue ma il nostro sangue non è quello dei genitori. Appena ce lo hanno dato, il nostro sangue non è più il loro. Mentre noi ci nutriamo della vita, cioè del sangue di Cristo che diventa il nostro.

La famiglia per i cristiani è pertanto un’espressione del sacramento e della ecclesialità e fa vedere in questo mondo come vive l’uomo quando è unito a Dio. Diventa un’espressione della divinoumanità di Cristo.

 

Per l’uso dell’immagine si prega di citare l’autore con la seguente dicitura: Opera di p. Marko Ivan Rupnik, 2021

Download

 

28 luglio 2021

Explication de l’image peinte par le Père Marko Ivan Rupnik

La famille en soi appartient à l’existence selon la nature. Même dans le monde animal, nous savons qu’il existe des familles. Les oiseaux et les poissons ont eux aussi des familles. La famille exprime donc la façon dont les êtres vivants existent. Elle appartient à la nature de la création.

Mais, selon notre foi, selon notre tradition chrétienne, ce n’est pas le cas, car par le baptême, nous, chrétiens, recevons une vie nouvelle, une vie qui n’est pas conforme à l’existence selon la nature, mais une vie qui appartient à Dieu. Dieu nous donne de participer à sa manière d’être.

Pour nous les chrétiens, la famille est l’expression d’un sacrement: le sacrement du mariage. Et cela change totalement sa signification, car un sacrement implique toujours une transformation. C’est au sein de la vie naturelle que l’Esprit Saint opère la transformation du mode d’existence. Et il le fait en transfigurant la vie naturelle, non pas en la niant, mais en l’assumant et en la transformant, car le primat n’est plus de la nature, mais de la relation.

Ainsi, pour concevoir cette image, à l’occasion de ce grand rassemblement des familles, j’ai été à la recherche d’un point départ.

Ce qui me semblait important, c’était de montrer la nouveauté de la famille selon l’Église, selon le baptême, selon la vie en Christ, selon l’homme nouveau.
C’est pourquoi je me suis souvenu du célèbre Père de l’Église syriaque, saint Jacques de Saroug, qui parle du “voile de Moïse”.

Saint Jacques prononce une belle homélie en vers sur le passage du livre de la Genèse où il est dit que “Dieu créa l’homme et la femme” et où il est dit ensuite que “l’homme quittera son père et sa mère et s’attachera à sa femme pour que de deux ils deviennent complètement un”, c’est-à-dire une seule réalité, une seule chair.

Saint Jacques de Saroug dit que Moïse a parlé, certes, de l’homme et de la femme, mais en fait, il y voyait une réalité bien plus profonde dont il n’osait pas parler. C’est pourquoi il l’a couverte d’un voile, afin que personne ne puisse vraiment voir ce que ses yeux ont contemplé. Pourquoi ? Parce que l’humanité n’était pas encore prête à accepter ce grand Mystère.
Vu qu’il s’agit de l’union d’un homme et d’une femme, j’ai choisi l’image des noces de Cana. Nous savons par les textes de sagesse – comme le Siracide – que le vin est ce qui donne du goût à la vie, car le vin est l’amour qui résume e lui le sens de l’existence humaine. Ainsi, dans l’épisode de Cana, lorsque Marie dit “Ils n’ont plus de vin”, en fait, Marie dit au Christ : “Ces époux n’ont plus d’Amour”.

Et puisque l’image de l’homme et de femme renvoyait à la relation entre Dieu et l’homme (il suffit de penser au Cantique des Cantiques), il est clair dans ce passage que la relation entre l’homme et Dieu est brisée, c’est-à-dire qu’elle n’est plus vécue, elle n’est plus basée sur l’Amour.

En effet, la tradition patristique voit dans les six jarres la loi de Moïse qui devait servir à la purification. Mais les six jarres sont vides. De plus, les jarres sont en pierre. Ainsi, pratiquement, dans l’épisode des noces de Cana, il se produit un énorme pas en avant dans la relation entre l’homme et Dieu : la relation fondée sur la loi qui vient de l’extérieur et qui a été progressivement lue et comprise de manière moralisatrice prend fin et une nouvelle relation entre Dieu et l’homme voit le jour: il s’agit de la relation entre le Père et le Fils, à laquelle participent tous ceux qui vivent de la vie du Fils.

C’est une relation qui est vraiment fondée sur l’Amour et qui devient une expression de l’Amour.
J’ai donc pris l’image de Cana et j’ai fait le lien avec l’homélie de Jacques de Saroug.

Quiconque s’y connaît un peu en iconographie chrétienne ancienne reconnaîtra immédiatement le visage de saint Paul dans ce serveur de mariage.

Quelqu’un pourrait dire : “Mais qu’est-ce que saint Paul a à voir avec les noces de Cana, si Paul n’était pas présent aux noces de Cana de Galilée ?”. Certes, certes! Mais voyons voir !
Je voudrais lire quelques passages de Jacques de Saroug.
J’ai dit que Jacques avait voilé cette image. En effet, Jacques dit : “Le prophète Moïse introduisit l’histoire de l’homme et de sa femme / car à travers eux , l’on parle du Christ et de son Église / Avec le regard extasié de la prophétie, Moïse vit le Christ, / et comment Lui et son Église seraient devenus une seule chose dans les eaux du baptême ; / il Le vit la revêtant dans le sein virginal / et elle, le revêtant dans l’eau baptismale”.

Cet échange est formidable ! Il s’incarne et, comme fils de Dieu, Il se fait homme, pour révéler dans les eaux baptismales l’homme revêtu du Christ.
“…L’Époux et l’Épouse sont spirituellement devenus une seule chose/ et c’est à leur sujet que Moïse écrit : “Les deux seront un”… Puis Moïse, de toute évidence voilé, “vit le Christ et l’appela homme, / il vit aussi l’Église et l’appela femme”. C’est formidable : il a appelé homme ce qu’était le Christ et l’humanité assumée par le Christ, il l’a appelée Église. “Et parce qu’il y avait le voile qui la couvrait / personne ne savait ce qu’était cette grande peinture, ou qui elle représentait.”

Mais maintenant arrive le plus beau.
“Après les noces [donc après la Pâque du Christ], Paul entra, vit / le voile étendu dessus, le prit et l’arracha au beau couple / Il découvrit et révéla ainsi au monde entier le Christ et son Église / que le prophète Moïse avait dépeints dans sa prophétie. / L’Apôtre, tremblant, s’écria : “Ce mystère est grand” / et commença à montrer ce qu’était le tableau couvert : / “En ceux qui sont appelés “homme et femme” dans les écritures prophétiques / je reconnais le Christ et son Église, les deux qui ne font qu’un” / Le voile sur le visage de Moïse a maintenant été ôté ; / venez tous voir une splendeur dont on ne se lasse point ; / le grand mystère qui fut voilé a maintenant été révélé/ Que les invités aux noces se réjouissent de l’Époux et de l’Épouse, si beaux. / Il se donna à elle, et il était né d’une pauvre fille ; / il la fit sienne, et elle est liée à lui et se réjouit avec lui ; / il descendit dans les profondeurs et éleva l’humble jeune fille dans les hauteurs, / car ils ne font qu’un, et là où il est, elle y est avec lui. / Le grand Paul, cette grande profondeur parmi les apôtres, / a exposé le mystère, qui est maintenant clairement raconté. / La grande beauté qui avait été voilée est maintenant apparue au grand jour, / et tous les peuples du monde virent sa splendeur. / L’Époux promis fit entrer la fille du jour dans un nouveau sein, / et les eaux du baptême entrèrent en travail et lui donnèrent naissance : / Il resta dans l’eau et l’invita : elle descendit, se revêtit de Lui et remonta ; / elle Le reçut dans l’Eucharistie, et ainsi se vérifièrent les paroles de Moïse selon lesquelles les deux ne feront qu’un. / De l’eau naît l’union chaste et sainte / de l’épouse et de l’époux, unis en esprit dans le baptême. / Les femmes ne sont pas unies à leurs maris de la même manière / que l’Église est unie au Fils de Dieu. Quel époux meurt pour son épouse, si ce n’est notre Seigneur ? Quelle épouse a choisi un homme mort pour époux ? / Qui, depuis le commencement du monde, a jamais donné son sang en guise de cadeau de noces, / si ce n’est le Crucifié, qui scella les noces avec ses propres blessures ? / Qui a jamais vu un cadavre placé au beau milieu d’un repas de noces, / la mariée l’embrassant, attendant d’être consolée par lui ? / Dans quel repas de noces, si ce n’est celui-ci, a-t-on jamais rompu / le corps de l’époux pour nourrir les invités à la place d’autres aliments ? / La mort sépare les femmes de leurs maris, / mais ici c’est la mort qui unit cette Épouse à son Bien-aimé ! / Il mourut sur la croix et donna son corps à l’Épouse glorifiée, / qui s’en empare et le mange chaque jour à sa table. / Il ouvrit son côté et joint sa coupe au sang sacré / pour le lui donner à boire afin qu’elle oublie ses nombreuses idoles. / Elle l’oint d’huile, s’en revêtit dans l’eau, le consomma dans le Pain, / le but dans le Vin, afin que le monde sache que tous deux ne font qu’un / Il mourut sur la croix, mais elle ne l’échangea pour un autre / elle est pleine d’amour pour sa mort, sachant que par elle, elle a la vie”.

C’est très fort que l’homme et la femme, par le sacrement du mariage, soient greffés sur l’unité du Fils de Dieu avec l’humanité, avec l’Église. Le Christ n’est plus jamais sans corps, mais il s’agit désormais d’un corps de gloire, le corps ressuscité. Le mariage participe donc de cette unité indissoluble et inébranlable entre Dieu et l’homme.

Je paraphrase, mais très légèrement, saint Jean Chrysostome, qui affirme quelque chose qui pourrait peut-être être contesté par beaucoup aujourd’hui. Il affirme que le sacrement du mariage est aussi un témoignage pour les personnes consacrées qui ont fait le choix de la virginité. En effet, il leur révèle ce qu’elles ne saisissent peut-être pas immédiatement, à savoir que le mariage réalise et est l’expression dans la vie et dans l’histoire de cette unité du Christ avec son épouse, du Christ avec l’Église. Par conséquent, à travers les personnes mariées, les personnes consacrées comprennent qu’elles aussi, grâce à leur vocation baptismale, participent de cette unité du Christ, Fils de Dieu, et de l’humanité.

Je crois que Nikolaï Berdjaev, dans le contexte historique qui est le nôtre, a vraiment quelque chose d’important à dire. Il a écrit un jour que le mariage n’a pas encore été exploré dans les traditions chrétiennes, parce que nous l’avons trop rapidement couvert par la famille, mais la famille selon la nature. J’espère qu’à travers ce texte et à travers cette petite image, nous pourrons comprendre que, pour nous les chrétiens, la famille est l’expression du Sacrement et qu’elle a une dimension ecclésiale, et partant, qu’elle est inséparable de l’Église. En elle, le lien du sang ne peut rivaliser avec notre participation au sang du Christ, même s’il est facile que le sang naturel ait la meilleure sur le sang de l’Eucharistie. Mais, comme le dit un autre célèbre Père, Nicolas Cabasilas : “Nous sommes vraiment des consanguins du Christ”. Nos parents nous ont donné leur sang mais notre sang n’est pas celui de nos parents. À peine ils nous l’ont donné que dejà notre sang n’est plus le leur. Nous nous nourrissons de la vie, c’est-à-dire du sang du Christ qui devient le nôtre.

La famille est donc pour les chrétiens l’expression du sacrement et de l’ecclésialité, et montre dans ce monde comment l’homme vit quand il est uni à Dieu. Elle devient l’expression de la divino-humanité du Christ.

Pour l’utilisation de l’image, veuillez citer l’auteur avec la mention suivante : Œuvre du P. Marko Ivan Rupnik, 2021

Download

 

27 juillet 2021

Explicação da pintura realizada pelo padre Marko Ivan Rupnik

A família, por si, pertence à existência segundo a natureza. Sabemos que mesmo no mundo animal há famílias. Até mesmos os pássaros e os peixes têm uma família.
Isso quer dizer que a família exprime o modo de existir dos seres vivos: é uma realidade que pertence à natureza do mundo criado.

Mas, para a nossa fé, segundo a tradição cristã, não é assim. Pelo Batismo, nós, cristãos, recebemos uma vida nova, não conforme a existência da natureza, mas conforme uma vida que pertence a Deus. Deus faz-nos participantes do seu modo de existir.

Para nós, cristãos, a família é a expressão de um sacramento, o Matrimônio. E isso muda totalmente o seu sentido, porque um sacramento acarreta sempre uma transformação. É em meio à vida natural que o Espírito Santo realiza a transformação do modo de existência. E fá-lo transfigurando a vida natural, não a negando, mas assumindo-a e transformando-a, porque a primazia não é mais da natureza, mas da relação.

Assim, para realizar esta pintura, por ocasião desta grande reunião das famílias, pensei por onde começar.

O que eu considerava mais importante era mostrar a novidade da família segundo a Igreja, segundo o Batismo, segundo a vida em Cristo, segundo o homem novo.
Por isso lembrei-me do grande padre da Igreja siríaco, São Jacó de Serugh, que fala do “véu de Moisés”.

São Jacó compõe uma belíssima homilia em versos sobre a passagem do livro do Gênesis em que se diz que “Deus criou-os homem e mulher”, e depois que “O homem deixará o seu pai e a sua mãe e unir-se-á à sua mulher de modo a tornarem-se um só”, isto é, uma realidade só, uma só carne.

São Jacó de Serugh diz que Moisés falou, sim, de homem e mulher, mas o que ele viu foi algo além dessa realidade, uma realidade mais profunda, da qual não ousava falar. Por esta razão, pôs sobre ela um véu, de modo que ninguém pudesse ver realmente o que os seus olhos contemplaram. Por quê? Porque a humanidade ainda não estava pronta para acolher este grande Mistério.
Já que se trata da união do homem e da mulher, escolhi a imagem das bodas de Caná. Sabemos através dos textos sapienciais — como o Eclesiástico, por exemplo — que o vinho é o que dá gosto à vida, porque o vinho é o amor que encerra em si o sentido da existência humana. Nesse sentido, no episódio de Caná, quando Maria diz “Não têm mais vinho”, naquele momento, o que Maria diz a Cristo na verdade é: “São esposos, mas já não têm amor”.

E dado que na imagem homem-mulher via-se a relação entre Deus e a Igreja (basta pensar no Cântico dos Cânticos), podemos deduzir desta passagem que a relação entre o homem e Deus se esgotou, não é mais vivida, não é mais fundamentado no Amor.

Assim, a tradição patrística vê nas seis talhas a lei de Moisés que devia servir para a purificação. Essas seis talhas, porém, estão vazias. Além do quê, são de pedra. Desta forma, no episódio de das bodas de Caná, dá-se um passo enorme na relação entre o homem e Deus: acaba uma relação baseada numa lei que vem de fora, lei que vinha sendo cada vez mais lida e percebida de maneira moralista; no seu lugar, manifesta-se uma nova relação entre Deus e o homem, que é uma relação entre Pai e Filho, na qual tomam parte todos os que fazem sua a vida do Filho.
É uma relação construída verdadeiramente no Amor e que se torna expressão do Amor.

Tomei então essa imagem de Caná e fui ter com Jacó de Serugh.
Qualquer pessoa que se entenda um pouco de iconografia cristã antiga vai reconhecer neste servo das bodas o rosto de São Paulo.
Alguém poderia dizer: “Mas o que é que tem a ver São Paulo com as bodas de Caná, se Paulo não estava nem em Caná no dia desse casamento?” Juro que tem a ver! Vamos ver!
Gostaria de ler alguns trechos de Jacó de Serugh.

Eu disse há pouco que Jacó velou, escondeu essa imagem sob um véu. Jacó diz: “O profeta Moisés introduziu a história do homem e da sua mulher, / pois que por meio destes fala-se do Cristo e da sua Igreja. / Com olhos arrebatados pela profecia, Moisés viu a Cristo, / e como Ele e a sua Igreja viriam a ser um nas águas do batismo; / a Ele, viu-O vestido de Igreja no seio virginal / e a Ele, viu-a vestida de Cristo na água batismal”.

Que troca admirável! Ele encarna-se e, na qualidade de Filho de Deus, torna-se homem para manifestar nas águas do Batismo o homem revestido de Cristo.
“o Esposo e a Esposa tornaram-se espiritualmente um, / e foi sobre eles que Moisés escreveu ‘os dois serão um’.” Então Moisés, certamente coberto com um véu, “viu a Cristo e chamou-o homem, / viu também a Igreja e chamou-a mulher”. É formidável: chamou homem o que era Cristo, e à humanidade da qual Cristo se revestiu chamou Igreja. “E posto que fora coberta com um véu, / ninguém sabia o que era aquela grande pintura, nem o que representava.”

Mas agora vem a parte mais bonita.
“Depois da festa de núpcias [ou seja, depois da Páscoa de Cristo], Paulo entrou e viu / o véu a cobri-la; tomou-o e tirou-o do belo casal. / Assim descobriu e revelou ao mundo inteiro Cristo e a sua Igreja / que o profeta Moisés havia retratado na sua profecia. | O Apóstolo estremeceu e gritou: ‘Grande é este mistério’ / e pôs-se a mostrar o que era a pintura coberta: / ‘Nos que a escritura chama homem e mulher / eu reconheço Cristo e a sua Igreja, os dois que são um só’. / O véu do rosto de Moisés foi removido; / vinde todos e vede um esplendor que nunca se exaure; / o mistério outrora velado veio agora à luz, / Regozijem-se os convidados às núpcias com o Esposo e a Esposa, quão belos! / Ele deu-se a ela, ele que nascera de uma pobre donzela; / fê-la sua, e esta foi a ele ligada, e com ele rejubila. / Ele desceu às profundezas e ergueu a humilde menina às alturas, / porque são um, e onde ele está, lá está ela com ele. / O grande Paulo, de tão grande profundeza entre os apóstolos, / expôs o mistério, agora dito com clareza. / A grande beleza que fora velada agora foi aberta, / e todos os povos do mundo viram o seu esplendor. / O Noivo fez entrar a filha do dia num novo ventre, / e as águas de provação do batismo foram as dores que a trouxeram à luz: / Ele permaneceu na água e convidou-a: ela desceu, cobriu-se dele como um manto, e subiu; / na Eucaristia recebeu-o, e assim as palavras de Moisés, que os dois seriam um, cumpriram-se. / Da água deriva a casta e santa união / da Esposa e do Esposo, unidos em espírito pelo batismo. / Nem as mulheres se unem aos maridos da mesma forma / como a Igreja está unida ao Filho de Deus. / Que esposo morre pela sua esposa, senão Nosso Senhor? / Que esposa escolhe um homem massacrado como marido? / Quem, desde o princípio do mundo, já deu o seu próprio sangue como dom nupcial, / a não ser o Crucificado, que selou o matrimônio com as suas feridas? / Quem já viu um cadáver colocado em meio à festa de casamento, / com a esposa a abraçá-lo e a esperar ser por ele consolada? / Em que casamento, a não ser neste, despedaçaram / o corpo do esposo e ofereceram aos convidados em vez de qualquer outra comida? / A morte separa as mulheres dos maridos, / mas aqui é a morte que une esta Esposa ao seu Amado! / Ele morreu na cruz e deu o seu corpo à Esposa glorificada, / que o recebeu e o come todos os dias à sua mesa. / Ele abriu o seu lado e uniu o seu cálice ao santo sangue / para o dar de beber a ela e fazer-lhe esquecer os seus muitos ídolos. / Ela ungiu-o com óleo, revestiu-se dele na água, consumiu-o no Pão / bebeu-o no Vinho, para que o mundo pudesse saber que os dois são um. / Ele morreu na cruz, mas ela não o trocou por outro; / ela foi cumulada de amor com a sua morte, sabendo que desta vem a vida”.

É muito forte o fato de o homem e a mulher, no sacramento do Matrimônio, serem enxertados na unidade do Filho de Deus com a humanidade, com a Igreja. Cristo não existe mais sem um corpo, mas se trata de um corpo de glória, de um corpo ressuscitado. O Matrimônio participa dessa união indissolúvel e inabalável entre Deus e o homem.

Vou parafrasear aqui, mas só um pouquinho, São João Crisóstomo, que afirma uma coisa que hoje muitos poderiam contestar. Ele afirma que o sacramento do Matrimônio é um testemunho mesmo para os consagrados que seguem o caminho da virgindade. Este sacramento, com efeito, atesta-lhes algo que poderiam não perceber imediatamente, nomeadamente que o Matrimônio realiza e é a expressão, na vida e na história, da unidade de Cristo com a sua esposa, de Cristo com a Igreja. Portanto, mesmo os celibatários, através dos casais desposados, compreendem que eles, graças à sua vocação batismal, participam também desta unidade de Cristo, Filho de Deus, com a humanidade.

Acredito que Nikolaj Berdjaev, neste contexto histórico atual, tem algo valioso a nos dizer. Uma vez, escreveu que nas tradições cristãs, o Matrimônio não foi ainda explorado, porque o cobrimos rapidamente com a família segundo a natureza. Espero que através deste texto e desta pequena imagem possamos compreender que, para nós, cristãos, a família é a expressão do Sacramento, e que essa expressão tem uma dimensão eclesial, logo, é inseparável da Igreja. Nela, os laços de sangue não podem estar em oposição à nossa participação ao Sangue de Cristo, embora seja fácil deixar vencer o sangue segundo a natureza e não o sangue da Eucaristia. Mas, como diz outro grande padre, Nicolau Cabásilas: “Somos verdadeiros consanguíneos de Cristo”. Os nossos pais deram-nos o sangue, mas o nosso sangue não é o dos nossos pais. Do momento em que no-lo deram, o sangue não é mais deles. Ao mesmo tempo, nós alimentamo-nos da vida, do sangue de Cristo, que se torna o nosso.

Portanto, para os cristãos, a família é expressão do sacramento e da eclesialidade, e mostra como vive neste mundo o homem quando permanece unido a Deus. Torna-se expressão da divino-humanidade de Cristo.

Para o uso da imagem, favor citar o autor com a seguinte redação: Obra de Pe. Marko Ivan Rupnik, 2021

Download

 

28 julho 2021

Explicación de la imagen pintada por el Padre Marko Ivan Rupnik

La familia en sí misma pertenece a la existencia según la naturaleza. Sabemos que también en el mundo animal hay familias. Incluso los pájaros y los peces tienen familia.
Así que la familia expresa la forma de existir de los seres vivos, es algo que pertenece a la naturaleza de la creación.

Pero, según nuestra fe, según nuestra tradición cristiana, no es así, porque por el Bautismo los cristianos recibimos una vida nueva, una vida no según la existencia de la naturaleza, sino según una vida que pertenece a Dios. Dios nos da en participación su forma de ser.

Para nosotros, los cristianos, la familia es la expresión de un sacramento, que es el Matrimonio. Y esto cambia totalmente su significado, porque un sacramento siempre implica transformación. Es dentro de la vida natural donde el Espíritu Santo realiza la transformación del modo de existencia. Y lo hace transfigurando la vida natural, no negándola, sino asumiéndola y transformándola, porque la primacía ya no es de la naturaleza, sino de la relación.

Así que, para configurar esta imagen, con motivo de este gran encuentro de familias, he pensado de qué partir.

Lo que me parecía importante era mostrar la novedad de la familia según la Iglesia, según el Bautismo, según la vida en Cristo, según el hombre nuevo.
Por eso me acordé del gran padre de la Iglesia siríaca, san Jacobo de Sarug, que habla del “velo de Moisés”.

San Jacobo hace una hermosa homilía en verso sobre el pasaje del libro del Génesis cuando se dice que “Dios creó al hombre y a la mujer” y luego dice que “el hombre dejará a su padre y a su madre y se unirá a su mujer para que de dos se conviertan completamente en uno”, es decir, una sola realidad, una sola carne.

San Jacobo de Sarug dice que Moisés hablaba de hombre y mujer, pero en sí mismo él veía en ello esta realidad: una realidad más profunda de la que no se atrevía a hablar. Por eso puso un velo sobre él, para que nadie pudiera ver realmente lo que sus ojos habían contemplado. ¿Por qué? Porque la humanidad aún no estaba preparada para acoger este gran Misterio.

Como se trata de la unión de un hombre y una mujer, he elegido la imagen de las bodas de Caná. Sabemos por los textos sapienciales -como el Eclesiástico- que el vino es lo que da sabor a la vida, porque el vino es el amor que contiene el sentido de la existencia humana. Así, en el episodio de Caná, cuando María dice “Ya no tienen vino”, en ese momento, María en realidad le está diciendo a Cristo: “Estos son esposos, pero ya no tienen Amor”.

Y como la relación entre Dios y el hombre se veía en la imagen hombre-mujer (basta pensar en el Cantar de los Cantares), de este pasaje se desprende que la relación entre el hombre y Dios está agotada, es decir, ya no se vive, ya no se funda en el Amor.

De hecho, la tradición patrística ve en las seis tinajas la ley de Moisés que debía servir para la purificación. Pero las seis tinajas están vacías. Además, son de piedra. Así, prácticamente, en el episodio de las bodas de Caná se produce un paso enorme en la relación entre el hombre y Dios: se acaba una relación basada en la ley que viene de fuera y que progresivamente se ha leído y entendido de forma moralista, y se manifiesta una nueva relación entre Dios y el hombre, que es una relación entre el Padre y el Hijo, en la que participan todos los que hacen suya la vida del Hijo.

Es una relación que está verdaderamente fundada en el Amor y que se convierte en una expresión de Amor.
Así que tomé la imagen de Caná y me dirigí a Jacobo de Sarug.

Cualquiera que entienda un poco de iconografía cristiana antigua reconoce inmediatamente en este sirviente de la boda el rostro de San Pablo.
Alguien podría decir: “Pero, ¿qué tiene que ver San Pablo con las bodas de Caná, si Pablo no estuvo presente en Caná de Galilea durante las bodas?”. Pues, sí que tiene que ver. ¡Veamos!

Quisiera leer algunos pasajes de Jacobo de Sarug.

Dije que Jacobo velaba esta imagen. De hecho, Jacobo dice: “El profeta Moisés introdujo el relato del hombre y su mujer / porque a través de ellos se habla de Cristo y su Iglesia. / Con el ojo arrebatado de la profecía, Moisés vio a Cristo, / y cómo Él y su Iglesia serían uno en las aguas del bautismo; / lo vio a Él llevándola en el vientre virginal / y a ella llevándolo a él en el agua bautismal”.

¡Este intercambio es formidable! Se encarna y, como Hijo de Dios, se hace hombre y luego manifiesta en las aguas bautismales al hombre revestido de Cristo.
“… el Esposo y la Esposa se han convertido espiritualmente en uno, / y fue de ellos que Moisés escribió’ ‘Los dos serán uno’… Entonces Moisés, evidentemente velado, “vio a Cristo y lo llamó hombre, / vio también a la Iglesia y la llamó mujer”. Es formidable: llamó hombre a lo que era Cristo y la humanidad asumida por Cristo la llamó Iglesia. “Y como estaba el velo tendido, / nadie sabía qué era esa gran pintura, ni a quién representaba”.

Pero ahora viene lo mejor.
“Después del banquete de bodas [por tanto, después de la Pascua de Cristo], Pablo entró y vio / el velo allí extendido, lo tomó y lo apartó de la hermosa pareja. / Así descubrió y reveló a todo el mundo a Cristo y a su Iglesia / que el profeta Moisés había descrito en su profecía. / El Apóstol se estremeció y gritó: ‘Este misterio es grande’, / y comenzó a mostrar lo que era la pintura cubierta: / “En los llamados «hombre y mujer» en las escrituras proféticas / reconozco a Cristo y a su Iglesia, los dos que son uno”. / El velo del rostro de Moisés ya se ha quitado; / venid todos y ved un esplendor que nunca se cansa; / el gran misterio que estaba velado ya ha salido a la luz. / Que los invitados a la boda se regocijen en el Esposo y la Esposa, tan hermosos. / Se entregó a ella, y nació de una pobre muchacha; / la hizo suya, y ella está ligada a él y se alegra con él. / Descendió a las profundidades y elevó a la humilde doncella a las alturas, / porque son uno, y donde él está, allí está ella con él. / El gran Pablo, esa gran profundidad entre los apóstoles, / expuso el misterio, que ahora se cuenta claramente. / La gran belleza que había estado velada ahora salió a la luz, / y todos los pueblos del mundo vieron su esplendor. / El Esposo prometido llevó a la hija del día a un nuevo vientre, / y las aguas de prueba del bautismo se pusieron de parto y la dieron a luz: / Él permaneció en el agua y la invitó: ella bajó, se vistió con Él, y subió; / en la eucaristía lo recibió, y así se probaron las palabras de Moisés de que los dos serán uno. / Del agua surge la unión casta y santa / de la Esposa y el Esposo, unidos en espíritu en el bautismo. / La mujer no está unida a su marido de la misma manera / que la Iglesia está unida al Hijo de Dios. / ¿Qué esposo muere por su esposa, excepto nuestro Señor? / ¿Qué esposa eligió a un hombre masacrado por su marido? / ¿Quién, desde el principio del mundo, ha dado alguna vez su sangre como regalo de bodas, / excepto el Crucificado, que selló el matrimonio con sus propias heridas? / ¿Quién ha visto alguna vez un cadáver colocado en medio de un banquete de bodas, / con la novia abrazada a él, esperando ser consolada por él? / ¿En qué banquete de bodas, excepto en éste, se partió / el cuerpo del esposo para los invitados en lugar de otra comida? / La muerte separa a las esposas de sus maridos, / pero aquí es la muerte la que une a esta Esposa con su Amado. / Murió en la cruz y dio su cuerpo a la Esposa hecha gloriosa, / que lo toma y lo come cada día en su mesa. / Abrió su costado y unió su copa a la sangre santa / para dársela a beber y que olvidara sus muchos ídolos. / Lo ungió con aceite, lo vistió con agua, lo consumió en Pan, / lo bebió en Vino, para que el mundo supiera que los dos son uno. / Murió en la cruz, pero ella no lo cambió por otro; / está llena de amor por su muerte, sabiendo que por ella tiene vida”.

Es muy fuerte que el hombre y la mujer en el sacramento del Matrimonio se injerten en la unidad del Hijo de Dios con la humanidad, con la Iglesia. Nunca más Cristo sin el cuerpo, sino que es el cuerpo de la gloria, el cuerpo resucitado. El Matrimonio es, pues, partícipe de esta unidad indisoluble e inquebrantable entre Dios y el hombre.
Parafraseo, pero muy levemente, a san Juan Crisóstomo, que afirma algo que quizá pueda ser rebatido por muchos hoy en día. Afirma que el sacramento del Matrimonio es un testimonio también para las personas consagradas que siguen el camino de la virginidad. De hecho, les atestigua lo que quizá no capten tan inmediatamente, es decir, que el Matrimonio realiza y es la expresión en la vida y en la historia de esa unidad de Cristo con su esposa, de Cristo con la Iglesia. Por tanto, a través de los esposos, las personas consagradas comprenden también que también ellas, gracias a su vocación bautismal, participan de esta unidad de Cristo, Hijo de Dios, y de la humanidad.

Pienso que Nikolai Berdjaev, en este contexto histórico nuestro, tiene realmente una gran cosa que decir. Una vez escribió que, en las tradiciones cristianas, el matrimonio aún no ha sido explorado, porque lo hemos cubierto demasiado rápido con la familia, pero según la naturaleza. Espero que, a través de este texto y también de esta pequeña imagen, podamos comprender que, para nosotros, los cristianos, la familia es la expresión del sacramento y que tiene una dimensión eclesial, por lo que es inseparable de la Iglesia. En ella, el vínculo de la sangre no puede competir con nuestra participación en la sangre de Cristo, aunque sea fácil que gane la sangre según la naturaleza y no la sangre de la Eucaristía. Pero, como dice otro gran padre, Nicolás Cabasilas, “somos verdaderamente consanguíneos con Cristo”. Los padres nos dieron la sangre, pero nuestra sangre no es la de los padres. En cuanto nos la dieron, nuestra sangre ya no es suya. Mientras nos alimentamos de la vida, es decir, de la sangre de Cristo que se hace nuestra.

La familia para los cristianos es, pues, expresión del sacramento y de la eclesialidad y nos hace ver en este mundo cómo vive el hombre cuando está unido a Dios. Se convierte en una expresión de la divino-humanidad de Cristo.

Para el uso de la imagen, se ruega citar al autor con la siguiente mención: Obra de Fr. Marko Ivan Rupnik, 2021

Download

28 mes de julio 2021

Explanation of the image painted by Father Marko Ivan Rupnik

According to nature the family in itself is part of existence. We know that even in the animal world there are families. Even birds and fish have families.
So the family expresses the way living beings exist; it is something that belongs to the nature of creation.

Nevertheless, for our faith, according to our Christian tradition, this is not the case because with Baptism we Christians receive a new life, a life not according to the existence of nature, but according to a life that belongs to God. God shares His way of being with us.

For us Christians, the family is the expression of a sacrament, which is Marriage. And this changes its meaning completely, because a sacrament always implies transformation. It is within natural life that the Holy Spirit brings about the transformation of the way of existence. And he does so by transfiguring natural life, not by denying it, but by embracing it and transforming it, because the primacy is no longer of nature, but of the relation.

So to set up this image, on the occasion of this great gathering of families, I thought about where I should start from.

What I felt was important was to show the novelty of the family according to the Church, according to Baptism, according to life in Christ, according to the new man.
Therefore, I remembered the great Syriac Church father St. Jacob of Sarug, who speaks of the “veil on Moses’ Face.”

St. Jacob wrote a beautiful homily in verse on the passage from the book of Genesis where it says that “God created man and woman” and then it says that “That is why a man leaves his father and mother and clings to his wife, and the two of them become one body” that is, one life, one flesh.

St. Jacob of Sarug says that Moses spoke, yes, of man and woman, but per se he looked into this reality: a deeper reality of which he dared not speak. For this reason, he placed a veil over it, so that no one could truly see what his eyes had beheld. Why? Because humanity was not yet ready to accept this great Mystery.

Since it is about man and woman coming together, I chose the image of the Wedding at Cana. We know from the wisdom texts – such as Sirach – that wine is what gives zest to life because wine is the love that embraces the meaning of human existence. So, in the episode of Cana, when Mary says “They have no more wine”, at that moment, Mary is actually saying to Christ: “These are newlyweds, but they have no more Love”.

And since the relationship between God and man was perceived in the man-woman image (just think of the Song of Songs), this passage shows that the relationship between man and God is worn-out, that is, it is no longer lived, it is no longer based on Love.

In fact, the patristic tradition interprets the six jars as the law of Moses, to be used for purification. However, the six jars are empty. Moreover, they are made of stone. Thus, in practical terms, in the episode of the Wedding at Cana an enormous step forward in the relationship between man and God takes place. A relationship based on the law that comes from the outside and that has progressively been read and understood in a moralistic way comes to an end, and a new relationship between God and man is revealed, a relationship between Father and Son, embodied by all those who make the life of the Son their own.

It is a relationship that is truly founded in Love and becomes an expression of Love.
So I took the image of Cana and turned to Jacob of Sarug.

Anyone who understands a bit of ancient Christian iconography will immediately recognize St. Paul in the face of this wedding servant.
Someone might say, “But what does St. Paul have to do with the Wedding at Cana, if Paul was not present at Cana of Galilee during the wedding?” It does, it does! Let’s see!
I would like to read some passages from Jacob of Sarug.

I said that Jacob veiled this image. In fact, Jacob says, “The prophet Moses introduced the story of the man and his wife / for through them one speaks of Christ and his Church. / With the enraptured eyes of prophecy, Moses saw Christ, / and how He and his Church would be one in the waters of Baptism; / he saw Him covered by her in the virginal womb / and she covered by Him in the baptismal water.”

This encounter is formidable! He is made flesh and, as the son of God, he becomes man to then reveal the man clothed with Christ in the baptismal waters.
“…the Bridegroom and the Bride have spiritually become one, / and it was of them that Moses wrote ‘The two shall be one’… Then Moses, evidently veiled, “saw Christ and called him man, / he also saw the Church and called her woman.” This is remarkable: he called man that which Christ was and the humanity assumed by Christ he called Church.
“And because the veil was stretched over it, / no one knew what that great painting was, or who it represented.”

But now comes the best part.
“After the wedding feast [thus after Christ’s Passover], Paul went in and saw / the veil spread out there, he took it and pulled it away from the beautiful couple. / In this way he uncovered and revealed to the whole world Christ and his Church / whom the prophet Moses had depicted in his prophecy. / The Apostle trembled and cried out, ‘This mystery is great,’ / and began to show what the covered painting was: / “In those called «man and woman» in the prophetic scriptures / I recognize Christ and his Church, the two who are one.” / The veil over Moses’ face has now been removed; / come all and see the glory that never fades away; / The great mystery that was veiled has now come to light. / May the wedding guests rejoice in the Bridegroom and the Bride, so beautiful. / He gave himself to her, born from a poor girl; / he made her his own, and she is bound to him and rejoices with him. / He has reached deep down and raised up the humble girl / for they are one, and where he is, there she is with him. / The great Paul, that great profundity among the apostles, / exposed the mystery, which is now clearly told. / The great beauty that had been veiled has now came into the open, / and all the peoples of the world saw its splendor. / The promised Bridegroom brought the daughter into a new womb, / and the Baptismal waters represented the birth and she was born: / He remained in the water and invited her: she went down, covered herself with Him and came back up; / she received Him in the Eucharist, and so the words of Moses that the two shall be one were proven. / From the water comes the chaste and holy union / of Bride and Bridegroom, united in spirit through baptism. / Women are not united to their husbands in the same way / as the Church is united to the Son of God. / What bridegroom dies for his bride, / except for our Lord? / What bride has chosen a slain man as her husband? / Who, since the beginning of time, has ever given his blood as a wedding gift, / except for the Crucified One, who sealed the marriage with his own wounds? / Who has ever seen a corpse placed in the middle of a wedding feast, / with the bride embracing him, waiting to be consoled by him? / At what wedding feast, except this one, did they break / the body of the bridegroom for the guests instead of other food? / Death separates wives from their husbands, / but here it is death that unites this Bride to her Beloved! / He died on the cross and gave his body to the Bride made glorious, / who embraces him and eats him every day at her table. / He opened his side and joined his cup to the holy blood / to give it to her to drink so that she might forget her many idols. / She anointed him with oil, covered herself with him in water, consumed him in the Bread, / drank him in the Wine, so that the world would learn that the two are one. / He died on the cross, but she did not replace him with another; / she is full of love for his death, knowing that she is given life from it.”

The concept that man and woman in the sacrament of Matrimony are grafted into the unity of the son of God with humanity, with the Church, is very strong. Never again is Christ without a body, but it is the body of glory, the risen body. Marriage is therefore a part of this indissoluble and unshakeable unity between God and man.

I would like to very briefly paraphrase St. John Chrysostom, who states something that perhaps could be challenged by so many today. He affirms that the Sacrament of Matrimony is a testimony as well for consecrated persons who follow the path of virginity. In fact, it attests to them what they might not grasp so straightaway, namely, that Matrimony is fulfilling and it is an expression throughout life and history of that unity of Christ with his Bride, of Christ with the Church. Consecrated people, therefore, through married couples, understand that they too, thanks to their baptismal vocation, share in this unity of Christ, the Son of God, and humanity.

I think that in our present historical context Nikolai Berdjaev has something truly great to say. He once wrote that in Christian traditions, Marriage has not been explored yet, because we have included it too quickly into family, however according to nature. I hope that, through this text and also through this small image, we can understand that for us Christians, the family is the expression of the Sacrament and that it has an ecclesial dimension, therefore it is inseparable from the Church. In it, the bond of blood cannot compete with our participation in the blood of Christ, even if it is easy for the blood according to nature to prevail and not the blood of the Eucharist. But, as another great father, Nicholas Cabasilas, puts it: “We are truly blood relatives of Christ.” Our parents gave us blood, but our blood is not the parents’ blood. As soon as they gave it to us, our blood is no longer theirs. While we are nourished by life, that is, by the blood of Christ that becomes ours.

Therefore, for Christians the family is an expression of the sacrament and of ecclesiality, and it indicates how in this world man lives when he is united with God. It becomes an expression of the divine humanity of Christ.

For the use of the image, please cite the author with the following: Work of Fr. Marko Ivan Rupnik, 2021

Download

28 july 2021

Chiusura estiva del Palazzo Lateranense

Si comunica che il Palazzo del Vicariato rimarrà chiuso per la pausa estiva dal 7 al 22 agosto 2021.

28 luglio 2021

A San Luigi Gonzaga una serata su santa Edith Stein

Giovedì prossimo, 29 luglio, alle ore 21, si terrà nella parrocchia di San Luigi Gonzaga, via di Villa Emiliani 15, un incontro di preparazione alla novena per la festa di Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein), compatrona d’Europa (9 agosto). L’incontro prende spunto da una frase di Gertrud von Le Fort (con la quale la santa carmelitana ebbe un intenso scambio epistolare): «Se cade la donna, cade un intero mondo».

Interverranno don Ricardo Reyes sul tema: “Edith e la riforma liturgica”; Pier Luigi Fornari: “Due grandi donne di fronte alla crisi degli anni ’30”. Saranno anche proiettate scene dal film il Dialogo delle Carmelitane (1960), dalla corrispondente opera lirica di F. Poulenc e dal film la Settima Stanza. In conclusione lettura delle testimonianze di coloro che incontrarono Edith Stein ad Auschwitz.

26 luglio 2021

Presiede la processione sul fiume Tevere della “Madonna Fiumarola”

Presiede la processione sul fiume Tevere della “Madonna Fiumarola”.

E’ tornato alla casa del Padre Giuseppe Cataldo, papà di don Giovanni Matichecchia

Il Cardinale Vicario Angelo De Donatis,

il Consiglio Episcopale e il Presbiterio della Diocesi di Roma,

sono vicini al dolore di Don Giovanni Matichecchia,

Cappellano ospedaliero presso gli Istituti fisioterapici ospedalieri I.F.O. – Istituto nazionale tumori Regina Elena –

Istituto dermatologico San Gallicano,

già Addetto del Centro per la Pastorale Sanitaria del Vicariato dal 2018 al 2020,

per la morte del suo caro papà

Giuseppe Cataldo

di anni 90

e, assicurando preghiere di suffragio, invocano Dio Padre,

ricco di misericordia, perché conceda a Giuseppe Cataldo

il premio della vita eterna e dia conforto ai suoi familiari.

I funerali si svolgeranno lunedì, 26 luglio 2021, alle ore 16.30,

presso la Parrocchia Santa Maria delle Grazie

(Carosino, TA)

 

25 luglio 2021

Nella Basilica Vaticana concelebra nella liturgia eucaristica presieduta dal Santo Padre in occasione della Giornata Mondiale dei Nonni

Nella Basilica Vaticana concelebra nella liturgia eucaristica presieduta dal Santo Padre in occasione della Giornata Mondiale dei Nonni.

Gli anziani nelle parrocchie: la scoperta di un tesoro

Anziani che aiutano i loro coetanei in difficoltà, sono di supporto alle famiglie e rappresentano un punto di riferimento fondamentale nelle comunità parrocchiali della diocesi di Roma. È quanto emerge dalla ricerca “La scoperta di un tesoro” che la Caritas diocesana presenta in occasione della prima Giornata mondiale dei Nonni e degli Anziani promossa da Papa Francesco. Si tratta di un’indagine svolta nelle tredici comunità parrocchiali che hanno aderito al programma Quartieri Solidali con iniziative che prevedono il coinvolgimento attivo del territorio nella pastorale per la Terza età.

«Amore, riconoscenza e gratitudine sono i sentimenti che ci legano agli anziani – scrive il cardinale Angelo De Donatis, vicario per la diocesi di Roma, nel presentare l’iniziativa – e per questo il nostro Vescovo Papa Francesco ha voluto istituire la Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani nella quarta domenica di luglio, vicino alla festa liturgica dei santi Gioacchino e Anna. In un’epoca in cui l’invecchiamento della popolazione viene presentato come una serie minaccia alla nostra società e alla vita delle comunità cristiane, grazie all’iniziativa del Papa e all’emersione delle tante testimonianze delle parrocchie, possiamo trovare negli anziani quel contesto necessario per la riscoperta della fede e dei valori che ci fanno cristiani. Tra questi vi sono la solidarietà tra generazioni e tra le famiglie».

Nell’introduzione della ricerca, il cardinale evidenzia come «ben 280 volontari che hanno superato i 65 anni di età si dedicano ad altre persone, più di 300, che hanno bisogno di compagnia, di aiuto per le incombenze domestiche, di accompagnamento per il disbrigo di pratiche amministrative e visite mediche. Ma non è solo questo. Sono di supporto alle loro famiglie, soprattutto dove ci sono nipoti da accudire e, grazie al loro coinvolgimento nelle comunità parrocchiali, diventano il perno per le attività liturgiche e per la catechesi dei ragazzi. I gruppi di Quartieri Solidali sono inoltre il punto di incontro della parrocchia con il quartiere: con i centri sociali anziani, con le scuole, con le associazioni di volontariato».

La Caritas di Roma ha svolto un sondaggio tra quanti sono coinvolti in Quartieri Solidali per conoscere l’impatto della pandemia sulle loro vite. Sono stati intervistati 87 anziani, in tredici parrocchie, in rappresentanza dei circa 600 che aderiscono alle iniziative promosse nelle comunità. Si tratta soprattutto di donne (81%) di età superiore ai 75 anni (66%), prevalentemente vedove (51%), che vivono sole (49%) e con un’istruzione medio alta (62% diploma o laurea). Durante il periodo della pandemia, quasi il 70% delle persone anziane già assistite dal progetto si è messa a sua volta a disposizione offrendo un qualche servizio di aiuto. In modo specifico il 30% ha offerto un servizio per un familiare, il 24,1% per le persone della parrocchia e il rimanente 27,5% per persone con cui hanno relazioni o contatti (12,6% amici, 11,5% vicini di casa, 3,4% conoscenti). Solo il 31% delle persone dichiara di non avere potuto essere di aiuto a nessuno. Il dato è molto significativo e dimostra che l’età anziana è contrassegnata certamente da diverse fragilità ma anche da variegate possibilità di mettersi a servizio degli altri, con un atteggiamento di apertura, di disponibilità e di prossimità pur nella separazione fisica.

La metà degli intervistati (il 60,9%) è riuscito a mantenere stabili le sue amicizie, mentre nel 25,3% dei casi esse sono diminuite e nel 10,3% hanno visto un certo aumento. Gli strumenti di comunicazione maggiormente utilizzati dalle persone anziane assistite risultano essere nel 56,3% dei casi le telefonate e nel 25,3% gli Sms o le chat WhatsApp. Pur avendo potuto compensare il distanziamento con i mezzi di comunicazione, l’insostituibilità della relazione di contatto appare come la richiesta più urgente. L’avvento della pandemia e del distanziamento forzato ha di fatto impedito la prosecuzione degli incontri in luoghi diversi dall’abitazione che molte persone vivevano anche in maniera informale, nella quotidianità delle loro abitudini. Infatti, se il 73,6% riferisce che nel periodo antecedente la pandemia aveva la parrocchia come luogo di riferimento per gli incontri nel proprio quartiere, un altro 32,2% utilizzava anche parchi o giardini, un 12,6% i bar di zona e il 10,3% centri ricreativi o di intrattenimento e il 3,4% indica la piazza come luogo aggregativo. Per questo, il 39,1% afferma che il bisogno maggiormente percepito durante il periodo della pandemia è stato proprio quello della compagnia, a cui succedono quelli di carattere più materiale: aiuto per fare la spesa (10,3%), supporto per le tecnologie informatiche (10,3%), aiuto per bisogni sanitari (9,2%), aiuto nella mobilità (2,3%), supporto amministrativo (2,3%). Il 25,3% ha però dichiarato di non aver avuto alcun bisogno specifico.

Invitati a riflettere sui cambiamenti intervenuti nel periodo pandemico relativamente all’aspetto della solitudine, il 48,3% dichiara di non avere notato cambiamenti di grande rilievo, la metà circa lamenta un aggravamento della sua condizione (46%) o afferma che già in precedenza soffriva una condizione di isolamento (4,6%) non dissimile da quella provocata dalla pandemia.

Quartieri Solidali è un progetto promosso dalla Caritas di Roma e finanziato con i fondi 8xmille della Conferenza episcopale italiana. Rivolto alle comunità parrocchiali, il progetto presenta nuove opportunità di animazione e di cura pastorale rivolte alle persone anziane e alle loro famiglie attraverso lo stare accanto alle storie di solitudine. L’iniziativa prende vita formalmente a partire da dicembre 2013. L’idea ispiratrice è sostanzialmente quella di ricostruire i rapporti “naturali” e sostenere le persone nel proprio quartiere mediante nuove forme di vicinanza, in modo complementare alla famiglia. Una ricostruzione della rete di aiuto possibile grazie alla creazione di un modello organizzato che faccia diventare soggetto la comunità e non il singolo. L’iniziativa propone di cambiare punto di osservazione, ossia considerare l’anziano non solo come destinatario di servizi e interventi, ma soggetto portatore di esperienza, competenze, capacità pratiche e teoriche; come risorsa per sé stesso e per la comunità. Significa quindi restituire dignità e riconoscere quel valore che fa di ogni persona l’identità e l’immagine del creatore. In particolare, sono coinvolte le parrocchie Santa Bernadette Soubirous, San Giuseppe al Trionfale, San Luca Evangelista, Nostra Signora di Lourdes, San Saturnino, Sant’Ugo Vescovo, Santa Maria Ausiliatrice, Santa Maria Maddalena De’ Pazzi, San Pio V, Santissima Annunziata, Santissimo Sacramento, San Tommaso D’Aquino, San Giuseppe al Nomentano.

Il Dossier realizzato dalla Caritas è scaricabile a questo link: https://tinyurl.com/za5a74b2

23 luglio 2021

Articoli recenti