21 Dicembre 2025

L’ordinazione episcopale di monsignor Tarantelli Baccari. I biglietti per i fedeli

Foto Diocesi di Roma / Gennari

L’ordinazione episcopale del vicegerente della diocesi di Roma e ausiliare del settore Sud, monsignor Renato Tarantelli Baccari, avrà luogo sabato 4 gennaio alle ore 16. L’ordinante sarà il cardinale vicario Baldassare Reina; co-ordinante il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo metropolita di Vienna, e il vescovo Michele Di Tolve.

I fedeli che vogliono partecipare alla celebrazione devono ritirare il biglietto gratuito disponibile presso l’Ufficio liturgico del Vicariato di Roma, dalle ore 8.30 alle ore 12.30.

LOCANDINA ORDINAZIONE EPISCOPALE TARANTELLI BACCARI

2 gennaio 2025

L’ordinazione episcopale di monsignor Enrico Feroci

Domenica 15 novembre, alle ore 15, al Nuovo Santuario della Madonna del Divino Amore si terrà la celebrazione con l’ordinazione episcopale di monsignor Enrico Feroci, parroco di Santa Maria del Divino Amore a Castel di Leva e rettore del Seminario della Madonna del Divino Amore, già direttore della Caritas diocesana di Roma (dal 2009 al 2018). A presiedere la liturgia sarà il cardinale vicario Angelo De Donatis; conconsacranti l’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente emerito del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali, e monsignor Vincenzo Apicella, vescovo di Velletri-Segni. Nel rispetto delle normative per il contenimento della pandemia di Covid-19, l’ingresso sarà consentito a un numero limitato di persone munite di apposito biglietto. La celebrazione sarà trasmessa in diretta su Telepace (canale 73 e 214 in hd; 515 su Sky) e in streaming sulla pagina Facebook della diocesi di Roma.

Monsignor Feroci è nato il 27 agosto 1940 a Pizzoli (L’Aquila). Si è formato al Pontificio Seminario Romano Minore e poi al Pontificio Seminario Romano Maggiore. Ordinato sacerdote nel 1965, è stato assistente sia al Minore che al Maggiore, quindi vicario parrocchiale a San Frumenzio ai Prati Fiscali, comunità di cui poi è stato parroco per ben ventiquattro anni. È stato eletto più volte prefetto della Prefettura IX, nonché membro del Consiglio dei prefetti, del Consiglio presbiterale, del Consiglio per gli affari economici e del Collegio dei consultori. Il 13 ottobre 1995 Papa Giovanni Paolo II gli ha conferito il titolo di Cappellano di Sua Santità. È divenuto poi parroco di Sant’Ippolito. Il 1º settembre 2009 è stato nominato direttore della Caritas diocesana.

Il 10 novembre 2017 il cardinale De Donatis lo ha nominato presidente dell’Associazione Pubblica Clericale degli Oblati Figli della Madonna del Divino Amore; un anno dopo ha assunto l’incarico di rettore del Santuario della Madonna del Divino Amore nonché del Seminario della Madonna del Divino Amore, ricevendo anche i titoli onorifici di camerlengo e canonico della basilica di San Giovanni in Laterano; contestualmente ha terminato il proprio mandato come direttore della Caritas, dove gli è succeduto don Benoni Ambarus. Dal 1º settembre 2019 è parroco di Santa Maria del Divino Amore a Castel di Leva. Sarà creato cardinale da Papa Francesco nel Concistoro del prossimo 28 novembre.

12 novembre 2020

L’ordinazione episcopale dei vescovi ausiliari Lamba, Salera e Reina

Foto Gennari/diocesidiroma

Gioia, governo, presbiterio. Tre le parole chiave che il cardinale vicario Angelo De Donatis ha voluto consegnare ai tre nuovi vescovi ausiliari della diocesi di Roma, nella celebrazione di ordinazione, che si è tenuta oggi pomeriggio nella basilica di San Giovanni in Laterano. Monsignor Riccardo Lamba, vescovo titolare di Medeli, è ausiliare del settore Est; monsignor Daniele Salera, vescovo titolare di Tituli di Proconsolare, è ausiliare del settore Nord; e monsignor Baldassare Reina, vescovo titolare di Acque di Mauritania, è ausiliare del settore Ovest e ha la delega per i seminari e le vocazioni. Conconsacranti sono stati il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo emerito di Agrigento, e il cardinale Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena – Colle di Val d’Elsa – Montalcino.

«Tre nostri fratelli, Riccardo, Daniele e Baldassare (Baldo) – ha esordito il cardinale vicario – verranno consacrati per l’ordine dell’Episcopato. E lo saranno oggi nella solennità degli apostoli Pietro e Paolo, le colonne della nostra chiesa diocesana. Noi cristiani di Roma siamo figli della loro testimonianza e della loro santità. A voi, nuovi vescovi ausiliari, il privilegio di tenere viva questa irradiazione che attraversa la storia».

Quindi le tre parole da consegnare ai nuovi vescovi. La gioia cristiana è la prima delle tre. È «il grande tesoro del credente, che segna la differenza tra le soddisfazioni umane e la festa del regno dei cieli. È una conseguenza della pace che il Risorto dona ai discepoli; è il sorriso del Padre che glorifica il suo Figlio unigenito ponendolo alla sua destra; è la danza degli angeli in cielo per un solo peccatore che si converte». Ancora, il governo, un «carisma» e un «dono» a cui non sottrarsi: «Nel linguaggio evangelico governare è ‘pascere’», ma indica anche «far crescere/nutrire». Il vescovo, spiega il cardinale De Donatis, «edifica la Chiesa valorizzando dal basso, perfezionando quel che il popolo santo offre al Padre». Infine, presbiterio, la parola «che deve esservi più cara della vita». Ai tre nuovi vescovi, il cardinale offre un consiglio: «Apprezzate e valorizzate il bene che troverete, e ce n’è tanto. Siate grati per il dono di tanti preti che da anni tutti i giorni – senza balzare all’onore delle cronache – rappresentano il volto prossimo della Chiesa nei quartieri di Roma. Non date retta alle voci, ai pronostici, ai ‘mi sembra’, ai ‘forse’ o ai ‘mah’. Guardate i preti negli occhi e date risposte da adulti!».

Leggi l’omelia del cardinale De Donatis.

29 giugno 2022

L’ordinazione dei diaconi permanenti: l’omelia del vicario Reina

Di seguito il testo integrale dell’omelia pronunciata dal vicario generale di Sua Santità per la diocesi di Roma, l’arcivescovo Baldassare Reina, nella Messa presieduta questa mattina nella basilica di San Giovanni in Laterano con l’ordinazione dei diaconi permanenti

La celebrazione che stiamo per vivere si colloca alla fine dell’anno liturgico; un tempo di grazia che il Signore ci ha regalato per contemplare i misteri della sua vita, morte e risurrezione e del suo passaggio costante in mezzo a noi. Insieme ai credenti sparsi su tutta la terra abbiamo avuto la possibilità di camminare alla luce della Parola, di confrontarci con mete e ideali che conosciamo e che tuttavia, talvolta, ci sembrano distanti dal nostro vissuto, di alimentare la speranza di una vita pienamente conforme a quella del Maestro. Adesso, giunti alla fine di questo itinerario annuale, siamo chiamati a fare sintesi, a sapere esattamente cosa il Signore si aspetta da noi e ad afferrare con chiarezza quale sia il fine esatto della nostra vita. Potremmo dire che alla fine di un anno ci viene ribadito il fine di tutta la nostra esistenza. E questo è molto bello!

Le letture che sono state proclamate convergono nel presentarci il motivo che giustifica la nostra esperienza credente. Le riprendo almeno nei passaggi più importanti mantenendo sullo sfondo il dono di questi nostri fratelli che a breve saranno ordinati diaconi, diventando così segno di Cristo servo per tutta la nostra Diocesi.

Nel brano del Vangelo Gesù si confronta con i suoi a seguito della richiesta della madre dei figli di Zebedeo: “Di che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno”. La tentazione del potere, della visibilità, del sentirsi importanti o dell’essere percepiti tali si annida nel cuore di tutti. Gli altri discepoli che ascoltano tale richiesta si indignano nonostante nella risposta Gesù avesse provato a farli ragionare sul fatto che c’era un calice di sofferenza da bere. A questo punto Gesù se li mette accanto e con dolcezza ferma ricorda che ai suoi discepoli è chiesto un modo di vivere e di essere differente da tutti gli altri. Alcuni dominano, altri opprimono o comandano, “però tra voi non sia così”. Tra voi non sia così. Cioè, io vi ho chiamati alla fede cristiana, al sacerdozio, al diaconato, all’episcopato perché con umiltà impariate e testimoniate un modo diverso di essere e di manifestarvi. Se vuoi comandare allora inizia a servire e se aspiri a diventare il primo diventa schiavo di tutti. Parole chiarissime, forti. Su queste poche parole si fonda la nostra identità. Noi siamo come tutti gli altri ma in virtù della fede e dell’accoglienza di Dio nella nostra vita siamo chiamati ad essere diversi da tutti altri. Non perché migliori ma diversi perché abbiamo accolto una logica che è diversa. A partire dal giorno del nostro battesimo abbiamo accolto la logica di Dio che è una logica capovolta rispetto a quella del mondo. Il mondo cerca la potenza, Dio l’umiltà; il mondo cerca il potere, Dio il servizio; il mondo cerca di opprimere gli ultimi, Dio li mette al centro; il mondo cerca gli interessi materiali, a Dio interessa solo la nostra salvezza.

Accogliere Dio significa accogliere la sfida ad essere differenti. Differenti per mentalità, per impostazione di pensiero, per cultura e – dunque – anche per scelte. Come cristiani non possiamo omologarci al pensiero di questo mondo, non possiamo conformarci alla mentalità di questo tempo. È vero che siamo nel mondo ma è altrettanto vero che non siamo del mondo. Non è facile tutto ciò perché facciamo i conti con la nostra umanità e con mille condizionamenti che, spesso, orientano le nostre scelte nella direzione del mondo piuttosto che in quella del Vangelo, nonostante le migliori intenzioni.

Gesù si offre a noi come modello: “Come il figlio dell’uomo che non è venuto per farsi servire ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”. Differenti dal mondo e somiglianti a Gesù. Potremmo sintetizzare così il messaggio del Vangelo. Ed essere somiglianti al Maestro lo si traduce soprattutto nella linea del servizio e del dono di se. Essere servi, amare e donare la vita. Ecco cosa è davvero essenziale! Ecco qual è il fine della nostra vita! Affinché questo obiettivo sia contemplato costantemente da tutti la Chiesa, raccogliendo le parole di Gesù, ha istituito i Diaconi.

Nella seconda lettura abbiamo ascoltato il brano di Atti che viene individuato come il fondamento di questo prezioso sacramento. Gli apostoli si accorgono che il servizio ai poveri li stava distogliendo dalla preghiera e allora individuano alcuni uomini di buona reputazione perché svolgano tale attività a nome di tutta la comunità. Diaconi, ovvero, servi. I diaconi ricordano a tutti il modello per eccellenza che è Gesù, il quale da ricco che era si è fatto povero e da Signore si è fatto schiavo.

Ai diaconi, in particolare a questi nostri fratelli oggi, chiediamo di saper stare laddove il buon Gesù li ha voluti: al servizio dei poveri. Il vostro posto è dove ci sono i poveri; poveri di pane, di giustizia, di speranza, di bene. State con i poveri per ricordare a tutti che Gesù è venuto per servire e non per essere servito. Cercateli, sporcatevi le mani per loro, curateli, custoditeli, amateli, serviteli. Come spesso ci ricorda il nostro Vescovo, i poveri sono la carne di Cristo. Stare all’altare ci permette di acquisire la forza necessaria per servire. È la spinta che prendiamo per raggiungere più velocemente i poveri; stare all’altare ci permette di assumere la sostanza e la qualità che poi siamo chiamati a dare ai poveri. Non c’è nessuna contrapposizione tra altare e servizio; semmai un costante richiamo e una circolarità costante; la forza motrice che si riceve dall’Eucarestia spinge al servizio e la cura degli ultimi si alimenta e si sostanzia del Corpo di Cristo.

Il Signore per mezzo del profeta Isaia è stato estremamente chiaro nella prima lettura: quando avremo introdotto in casa i miseri, i senza tetto, quando avremo vestito un uomo nudo, quando avremo diviso il pane con l’affamato allora – e solo allora – invocheremo il Signore ed egli risponderà “eccomi” e brillerà tra le tenebre di tanta indifferenza la nostra luce.
Siamo consapevoli di vivere un momento difficile della nostra storia. I volti della povertà sono così numerosi da scoraggiare il nostro agire. Ci sentiamo piccoli di fronte a tanta sofferenza; schiacciati da un grido di dolore che con sempre maggiore forza si innalza verso Dio. La solitudine, la povertà materiale, il disagio giovanile e quello psichico, l’incedere della violenza, la mancanza di casa o di lavoro, l’incertezza del domani e le paure del presente…sono tutti aspetti che dobbiamo saper leggere come Chiesa; è la realtà nella quale il Signore ci chiama a vivere ed è la sfida che ci mette davanti nella speranza che la facciamo nostra.

Proprio ieri è stato presentato l’ultimo rapporto della nostra Caritas diocesana dal titolo assai significato: “tra indifferenze e speranze”. Nelle nostre parrocchie accanto alla Bibbia e ai libri di catechesi dobbiamo tenere presente quelle pagine perché raccontano dell’uomo di oggi, ci dicono su quale terreno oggi cade il seme del Vangelo. Avere uno sguardo ampio sulla realtà aiuta tutti ad assumere realmente la logica del servizio, facendola diventare la cifra del nostro essere credenti. Chiediamoci: se non sappiamo leggere bene le gioie e i dolori di questa nostra umanità quale Vangelo annunciamo? A chi pensiamo possano interessare i nostri discorsi e le nostre belle catechesi se non intercettano la carne di chi soffre?
Una Chiesa è credibile non se sa organizzare ma solo se serve e dona la vita agli ultimi. I diaconi sono coloro che spingono la Chiesa a servire di più e meglio; sono la punta di diamante di una comunità che intende fare dell’amore la sua regola d’ora.

Raggiunti dal dono dell’ordinazione aiutano tutta la Chiesa ad essere serva; attraverso il loro cuore generoso e le loro mani operose tutti ci chiniamo sul fratello che soffre e gli regaliamo la speranza che non delude. Ecco perché, nella preghiera di ordinazione chiederemo al Signore che questi nostri fratelli “siano pieni di ogni virtù: sinceri nella carità, premurosi nella carità, premurosi verso i poveri e i deboli, umili nel loro servizio, retti e puri di cuore, vigilanti e fedeli nello spirito”.

Siamo consapevoli del dono che il Signore sta facendo ancora una volta a tutta la nostra Chiesa. Un mese fa abbiamo ordinato 12 diaconi orientati alla vita sacerdotale e oggi altri 7 nella forma del diaconato permanente. Una tale ricchezza va letta nella linea di un forte appello che ci arriva dal Signore il quale ci sta chiedendo di essere sempre di più e sempre meglio Chiesa che serve e che ama. Rendiamoci disponibili ad accogliere questo invito perché il nuovo anno liturgico ormai alle porte, con l’ulteriore ricchezza del Giubileo, sia per tutti tempo di riconciliazione profonda con Dio, tra di noi e con i poveri; sia tempo di speranza da raccogliere e da diffondere; tempo di autentica conversione per vivere in modo sempre fedele il Vangelo.
Signore Gesù, a tutti noi chiedi di essere come te, che non sei venuto per farti servire ma per servire e dare la vita in riscatto per molti. Ti chiediamo perdono se cediamo alla tentazione del potere o dell’orgoglio; vienici in aiuto quando pensiamo di essere importanti mettendo in mostra noi stessi; accresci in tutti noi l’impegno ad essere servi, servi inutili e senza pretese; fa che in tutto imitiamo te che da ricco che eri ti sei fatto schiavo. Donaci di essere una Chiesa che serve e che ama; e che con tutte le sue energie e potenzialità sa stare accanto a chi soffre e a chi piange per donargli forza e speranza. La tua e nostra Madre, serva gioiosa e fedele, ci prenda per mano e ci aiuti, ancora a riconoscere e a cantare che tu hai rovesciato i potenti dai troni e hai innalzato gli umili. Amen

L’omelia del cardinale vicario in occasione dell’ordinazione episcopale di mons. Renato Tarantelli

Mentre siamo ancora avvolti dalla luce del Santo Natale e dalla gioia per l’inizio del Giubileo della Speranza, ci raduniamo oggi, come Popolo di Dio in cammino, per rendere grazie al Signore che, nella sua infinita provvidenza, continua a donare alla Sua Chiesa pastori secondo il suo cuore, chiamati a guidarla con saggezza, amore e spirito di sacrificio. La presenza del nostro Vescovo, il Santo Padre Francesco, rafforza i vincoli di comunione tra di noi. Lo ringraziamo per quanto realizza ogni giorno a favore della Chiesa universale a partire da questa porzione di Chiesa che presiede nella comunione e nella carità e ci impegniamo a sostenerlo costantemente con la nostra preghiera.

Alla luce del Vangelo appena ascoltato vorrei soffermarmi su tre azioni che mi sembrano delineare in maniera chiara l’identità di ogni chiamato, la vocazione dei pastori e, in particolare per noi oggi, la missione affidata a don Renato.

La prima azione che desidero sottolineare è quella di “indicare”. Siamo nello spazio della prima testimonianza missionaria. Giovanni segna il tempo di un’attesa del Messia che richiede una preparazione rigorosa. Lui nella sua inflessibilità è un esempio. La sua voce si alza nel deserto che non è solo il luogo geografico che abita, ma è la condizione che nell’esperienza del popolo di Israele è la cornice della sete di Dio e del suo incontro. Chi lo segue è attratto dalla sua testimonianza: egli si è liberato da ogni orpello, vive sopravvivendo, cercando l’essenziale. Una sola cosa gli mancava ed era capire che non sarebbe stato lui a far fiorire il deserto, che non sarebbe stata sua la potenza di far scaturire acqua dalle rocce, che non sarebbe stato lui a salvare questo popolo di cui ha sorretto l’attesa. Il suo sguardo è limpido e riesce a vedere quello che altri non vedono, e spostare da sé lo sguardo di chi lo segue. Ed ecco compiere quella che diventa l’azione esemplare che contrassegna la missione: indicare la presenza di Gesù, intuendo anche il modo con il quale avrebbe realizzato la salvezza attesa: «ecco l’agnello di Dio». Il pastore è riconoscibile dal suo sguardo, e dalla sua capacità di farsi tramite, trasformando il proprio io in trasparenza di Cristo, facendo della sua persona un continuo rinvio a Chi veramente salva. Abbiamo bisogno di pastori che non si sostituiscano al Maestro e che guidino servendo una Chiesa sacramento della relazione con Cristo. In questo senso, il pastore è chiamato a essere non solo una guida, ma anche un custode, capace di discernere e valorizzare i segni della presenza di Dio nel mondo, per condurre ogni uomo e donna a contemplare il volto misericordioso di Cristo. Solo così il ministero pastorale diventa riflesso autentico della missione stessa di Cristo, che è venuto per indicare la via al Padre e condurci alla vita eterna.

La seconda azione che emerge dal racconto evangelico è quella di seguire. I discepoli di Giovanni Battista si presentano come pecore in cerca del vero Pastore. Rispondono all’invito del loro maestro e iniziano a seguire Gesù, senza sapere dove li condurrà o quale sia la sua dimora. La loro sequela è un atto di fiducia radicale, che li porta a compiere rinunce significative: abbandonano il primo maestro, segno di tutti i legami umani e delle appartenenze terrene che, in questo cammino di fede, rivelano il loro carattere provvisorio. Si spogliano di ogni sicurezza, rinunciando a muoversi entro confini familiari e rassicuranti, per aprirsi alla novità trasformante del cammino con il Signore. Seguire Cristo implica una continua conversione, un dinamismo spirituale che ci rinnova profondamente. È un percorso di liberazione e trasfigurazione, come insegna san Paolo: ⟪Le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove⟫ (2 Cor 5,17). In questo, il vescovo è chiamato ad essere il primo testimone, un esempio vivente che rende plausibile questa verità. Egli cammina con il suo popolo, ma sempre con lo sguardo rivolto al Maestro, in costante ascolto della sua voce e dei suoi segni. Come ci ricorda spesso il nostro Vescovo, la sequela cristiana è intrinsecamente dinamica: la fede non può essere statica, essa è ⟪un cammino che si deve compiere, e non si può pensare di viverla stando fermi. Quando la fede si ferma, si corrompe. La Chiesa ha bisogno di pastori che siano pellegrini instancabili, con l’orecchio teso verso la Parola di Dio e il cuore aperto per comprendere dove il Signore vuole condurli e, con loro, l’intero gregge affidato alla loro cura.

La terza azione che il Vangelo ci invita a contemplare è “rimanere”, che non sta a indicare qualcosa di statico che contraddirebbe quanto abbiamo compreso prima. Questo verbo molto importante nel contesto del Vangelo di Giovanni, indica la maturazione del rapporto e la profondità della relazione. ‘Rimanere’ significa radicarsi nella Parola, assimilare i passi di Gesù e trovare in Lui la dimora del cuore, in cui il credente può sperimentare la pienezza della grazia e la certezza del perdono. Il pastore diventa l’indicazione permanente del dov’è Dio, del dove trovare la sua pace, la sua grazia, il suo perdono. E così torniamo alla prima azione, alla sua forma che tanto ha ispirato gli artisti che hanno dipinto la figura di Giovanni il Battista, col braccio teso e l’indice puntato, come a dire non sono io il luogo, non siamo noi pastori i salvatori, ma possiamo aiutarvi a trovarlo, a riconoscere Chi vi potrà condurre, seguendolo. ‘Rimanere’ in Cristo non è un atto passivo, ma una continua conformazione al Suo amore e alla Sua volontà. Come il tralcio che rimane nella vite per portare frutto (Gv 15,4-5), così il pastore è chiamato a rimanere nella comunione con Dio attraverso una vita di preghiera incessante, di ascolto della Parola e di dedizione al ministero. Questo ‘rimanere’ genera una fecondità spirituale che si manifesta non solo nel proprio cammino di santità, ma anche nella capacità di guidare il gregge verso la pienezza della vita divina. In un mondo segnato dalla frammentazione e dall’incertezza, il pastore che rimane in Dio diventa un punto di riferimento stabile, una luce che orienta il cammino dei fedeli verso il Regno di Dio. È un testimone credibile della misericordia divina e un annunciatore instancabile della speranza cristiana. Così, ‘rimanere’ non è semplicemente un verbo, ma un invito a una relazione profonda e trasformante, che non solo edifica il pastore, ma dona vita e nutrimento a tutta la comunità ecclesiale.

Carissimi fratelli e sorelle, nel mistero che oggi celebriamo si riflette la bellezza della Chiesa, Popolo di Dio e Corpo di Cristo, chiamata a vivere nell’unità della fede, sotto la guida dei suoi pastori, per testimoniare al mondo la luce del Vangelo. Le azioni che abbiamo contemplato – indicare, seguire e rimanere – costituiscono il dinamismo della vita cristiana, che ciascuno di noi è chiamato a vivere nella propria vocazione. Nel ministero episcopale, che oggi, attraverso l’ordinazione, affidiamo al nostro fratello Renato, queste azioni si intrecciano e si perfezionano. L’episcopato, come ci insegna la tradizione apostolica, non è un onore, ma un servizio: quello di essere trasparenza di Cristo donando a Lui e al Suo corpo mistico tutta la vita.

Preghiamo dunque il Signore, perché il nuovo vescovo sia capace di indicare il Maestro, di seguirlo con fedeltà e di rimanere in Lui. Che, sostenuto dall’intercessione della Vergine Maria, egli sappia guidare il popolo di Dio verso le sorgenti della vita eterna, affinché la Chiesa, peregrinante nel tempo, si riveli sempre più come sacramento universale di salvezza e testimonianza viva dell’amore del Padre. Amen.

4 gennaio 2025

L’omaggio della diocesi nella Giornata della Memoria

Il 27 gennaio prossimo, in occasione della Giornata della Memoria, la diocesi di Roma compirà un gesto di prossimità e di solidarietà verso la Comunità Ebraica romana. I vescovi ausiliari Paolo Selvadagi e Daniele Libanori insieme ai parroci prefetti del settore Centro e i sacerdoti della II Prefettura, dove si estende il quartiere ebraico, si uniranno in visita silenziosa insieme al rabbino capo Riccardo di Segni che li accoglierà presso il Portico di Ottavia, e deporre una corona in memoria delle vittime dei campi di concentramento. Il 27 gennaio del 1945, venne liberato il campo di sterminio di Auschwitz–Birkenau, dove erano stati deportati gli oltre mille ebrei romani arrestati all’alba dello Shabbat del 16 ottobre 1943. Di essi fecero ritorno solo in 14!

La Shoà rimane una ferita sanguinante nella storia dell’Europa e segna ancora profondamente la Città di Roma. Il rigetto dell’antigiudaismo e dell’antisemitismo è stato dichiarato dal Concilio Vaticano II; i Vescovi di Roma lo hanno ribadito recandosi in visita al Tempio Maggiore, nel cuore della Città. Ma pensiamo che anche tutta la Comunità cristiana debba vivere qualche gesto che rafforzi la memoria e sostenga la solidarietà verso i nostri “Fratelli maggiori”.

«Credo che sia necessario e faccia bene anche a noi serbare nel cuore e mantenere viva la coscienza sul debito di prossimità che abbiamo verso il popolo ebraico e trasmettere alle nostre Comunità l’urgenza di sentirci e di vivere da fratelli; è una necessità che si fa più stringente oggi, che il tempo si porta via i sopravvissuti e i testimoni di quella tragedia» , ha affermato il Vescovo Daniele Libanori in una lettera inviata ai sacerdoti del settore Centro.

L’omaggio alla tomba di Francesco

Silenzio, molto raccoglimento, lacrime di commozione ma anche qualche accenno di sorriso. È il clima che si è respirato stamattina a Santa Maria Maggiore, nel primo giorno di omaggio e preghiera alla tomba di Papa Francesco. Centinaia i fedeli già in fila molto prima delle 7, consueto orario di apertura della basilica. I primi hanno iniziato ad aspettare dalle 5, e in un paio d’ore la coda è arrivata fino a piazza dell’Esquilino, alle spalle della basilica.

Tra loro Giovanna e il marito Claudio. Arrivano dalla provincia di Napoli ed erano in via della Conciliazione ieri per i funerali: «Eravamo molto in fondo, ma abbiamo vissuto lo stesso molto intensamente la Messa, è stato commovente ma ci tenevamo particolarmente ad essere qui stamattina, anche se per pochi secondi, per pregare davanti alla sua tomba. Abbiamo sempre seguito Francesco in questi anni, in televisione e venendo spesso a Roma, era il minimo essere qui».

In fila fin dal primo mattino anche suor Maurilia Pellicioli, di origine bergamasca ma da anni a Roma con le Orsoline di San Girolamo in Somasca, in fila con le altre sue consorelle, con le quali gestisce una scuola in periferia: «Anche semplicemente l’attesa di visitare la tomba – sottolinea – è un momento particolare ed emozionante, non solo perché possiamo pregare il Rosario ma anche perché la mente pian piano si affolla di ricordi, di pensieri felici di questo pontificato che ci ha dato tanta gioia, anche tanta simpatia. Francesco è stato per noi l’esempio per calarci tra la gente, tra i bambini che non hanno molte possibilità di studiare, tra i poveri».

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L’invito nella Messa Internazionale a Lourdes: scendere, contemplare, rallegrarsi

Mercoledì 28 agosto è stata la terza giornata del pellegrinaggio diocesano a Lourdes – organizzato da Opera romana pellegrinaggi con Unitalsi – ed è iniziata con la Messa Internazionale, presieduta dal cardinale vicario Angelo De Donatis, con più di cinquemila pellegrini riuniti nella basilica sotterranea San Pio X.

Nella sua omelia, il cardinale ha invitati i fedeli a vivere i tre verbi: scendere, contemplare, rallegrarsi. «È ciò che ha fatto Gesù con l’incarnazione. È ciò che ha fatto Maria a Lourdes. È ciò a cui siamo chiamati noi, pensando alla sete di misericordia che ha il mondo». Al termine della celebrazione, le reliquie di santa Bernadette sono state trasportate in processione sull’altare della grotta dove il cardinale ha recitato l’Angelus.

Alle ore 16, nella basilica del Rosario, gli oltre cinquecento fedeli romani si sono ritrovati per ascoltare la catechesi del cardinale, che si è conclusa con la recita del Rosario alle 18 alla Grotta. Alle ore 21 la tradizionale processione “aux flambeaux” è stata condotta dal cardinale che dopo la benedizione ha augurato a tutti una buona notte

Leggi l’omelia completa

29 ottobre 2019

L’invito del vescovo Ricciardi ai parroci: organizzare donazioni di sangue

Carissimi parroci,

in questa situazione di emergenza generale, è quanto mai urgente invitare a donare il sangue, sempre con le dovute precauzioni.

Se avete già contatti con i diversi ospedali o le associazioni autorizzate dalla Asl, con cui abitualmente organizzate donazioni di sangue nelle vostre parrocchie (generalmente di domenica), vi invitiamo a prevedere con loro, a breve, giornate per la donazione nelle vostre parrocchie.

Allo stesso modo invitate caldamente i parrocchiani già donatori e altri idonei a donare il sangue e, nel caso si organizzasse la donazione in parrocchia, a venire senza timori, assicurando che il servizio viene fatto con estrema attenzione. Si abbia cura che gli spazi che dovrebbero essere utilizzati (esterni e interni) siano debitamente puliti e disinfettati.

Sarebbe bene che chi volesse donare vi contatti prima, per organizzare un turno ed evitare assembramenti di persone fuori o dentro la parrocchia, rilanciando uno slogan: “DONO IL SANGUE E #TORNOACASA”.

Potreste essere anche contattati direttamente da alcune associazioni che solitamente utilizzano scuole o altri luoghi (ora chiusi), per chiedere l’utilizzo dei vostri spazi all’aperto. Siate generosi nell’offrire questa collaborazione.

Grati ancora per quanto state facendo per le vostre comunità in questo tempo di prova, aiutiamoci ancora gli uni gli altri per sostenere i malati e quanti si prendono cura di loro.

 

+ Paolo Ricciardi 

Vescovo Ausiliare – Delegato  per la Pastorale Sanitaria.

L’invito alla preghiera per il Santo Padre

Foto Diocesi di Roma / Gennari

Di seguito l’invito alla preghiera dal cardinale vicario Baldassare Reina per la guarigione del Santo Padre

Seguiamo con attenzione e fiducia le condizioni di salute del nostro Vescovo, Papa Francesco. Consapevoli di quanto sia preziosa la preghiera comunitaria chiediamo a tutte le comunità parrocchiali e di vita religiosa di vivere un’ora di adorazione silenziosa prima della Messa vespertina di oggi. Come una grande famiglia chiediamo che il Signore doni al nostro Vescovo la forza necessaria per affrontare questo momento delicato.

19 febbraio 2025

L’intervista al vicegerente Palmieri: il nuovo progetto della Pastorale giovanile

Nel cammino diocesano incentrato sull’ascolto, il Servizio diocesano per la pastorale giovanile fa un passo avanti: concedere uno spazio ai ragazzi per farli parlare. «Sono stati i ragazzi stessi a farsi avanti – spiega il direttore del Servizio don Alfredo Tedesco –, prima un paio e ora sempre di più, a chiederci di avere spazio, a chiederci di poter avere un luogo sicuro dove conoscersi, per ora in virtuale e prestissimo in presenza, per poter fare rete tra di loro. Il nostro compito è quello di coordinarli, rendere protetta e bella ogni idea che hanno». Per questo le pagine social della Pastorale giovanile diocesana si propongono di diventare “la casa dei giovani di Roma”: don Tedesco invita tutti a scrivere «senza differenze, senza preclusioni, in cui tutti posso essere ascoltati, in cui chiunque di loro avrà voce».

Primo progetto di questa nuova iniziativa è una intervista al vicegerente della diocesi monsignor Gianpiero Palmieri. «I ragazzi ci stanno mettendo anima e corpo – sottolinea ancora monsignor Palmieri – per far sì che sempre più ragazzi riescano a venire coinvolti da questo progetto pensato da loro, per loro e con loro».

Per vedere l’intervista clicca qui https://youtu.be/yi4GJJbUa_E

3 maggio 2021

L’intervento di padre Rupnik al Consiglio dei Prefetti

Si è svolto lunedì 18 gennaio il primo Consiglio dei Prefetti del 2021, nella Sala Tiberiade del Pontificio Seminario Romano Maggiore per garantire il rispetto delle normativa vigente in materia di prevenzione sanitaria. All’incontro è intervenunto padre Marko Ivan Rupnik, gesuita, fondatore del Centro Aletti.

Clicca qui per leggere il testo completo della sua riflessione

20 gennaio 2021

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